di Franco Cercone
Articolo pubblicato alla pagina n. 46 del Bollettino Trimestrale ASTRA
[Tradizioni Popolari Abruzzesi. Anno II Numero 3 (aprile-maggio-giugno) 1974]
Quando un giovane di Caramanico aveva «aducchiàte» una ragazza, le metteva un ceppo (ticchie) davanti l’uscio di casa, ciò che equivaleva ad una richiesta formale di matrimonio cui la ragazza era obbligata a rispondere.
Se la mattina dopo il giovane notava che il ceppo era ancora davanti l’uscio, la sua richiesta era da intendersi respinta.
Se invece la ragazza o qualche familiare avevano preso il ceppo portandolo in casa, questo significava che la richiesta era stata accolta.
Di solito il ceppo veniva messo davanti l’uscio di casa di una ragazza nella notte del sabato. La domenica mattina, la ragazza «’ntecchiata›› (conquistata) si recava alla messa grande che si celebra ancora oggi nella bellissima chiesa di Santa Maria Maggiore, accompagnata dal fidanzato, raggiante soprattutto per aver concluso felicemente un lungo periodo di tempo fatto di appostamenti, tacite intese e sguardi fugaci.
Se l’uso di mettere il ceppo davanti l’uscio di casa si riscontra in molti paesi abruzzesi, tuttavia soltanto a Caramanico, Campo di Giove e Roccaraso esiste il verbo ‘ntecchià con il particolare significato di catturare, conquistare.
In qualche altro centro, come per esempio a Capestrano, si usa mettere dietro l’uscio delle ragazze il « ciocco ». E il verbo che ne deriva è « ‘nciacculà ».
Dell’uso particolarissimo di tali verbi non è possibile trovare traccia in nessuno dei nostri folkloristi.
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