di Antonio Macera, Presidente Associazione “Antonio Gramsci – Abruzzo”
Si può morire di guerra anche se non sei in guerra. La Esplodenti Sabino spa è una società specializzata nel recupero di tutte le tipologie di munizioni convenzionali, sistemi d’arma, razzi, missili, testate belliche, bombe aeree, mine navali, bombe di profondità, mine.
Un arsenale di guerra che viene accumulato per finalità civili. Sembra un ossimoro, ma così non è. Avere a che fare con la guerra per scopi civili, non la depotenzia, non la ingentilisce, non la sottrae alla sua funzione primaria, causare morti. In quella fabbrica, per quelle finalità civile inseguite per profitto, sono morti operai. Ieri, così come nel dicembre 2020. Morti nell’ipocrisia sconcertante ed inaccettabile delle istituzioni, che si domandano come sia potuto accadere. La vera domanda è come sia potuto accadere che la Esplodenti Sabino abbia potuto riaprire dopo la strage del 2020, prima ancora che il processo per quella strage iniziasse. Come sia potuto accadere che il Comitato Valutazione di Impatto Ambientale regionale abbia deciso di fermarsi al mero screening preliminare. Accade dunque, in questo Paese, in questa regione, che una fabbrica che maneggia materiale esplosivo di origini belliche, sotto processo per la morte di tre operai dilaniati dall’esplosione di quel materiale nel dicembre 2020, torni a maneggiare esplosivi, torni ad essere palcoscenico osceno e tragico di altre morti. Quell’atteggiamento accondiscende e compiacente, delle istituzioni che hanno sottovalutato la pericolosità di quella produzione e consentito che la Esplodenti Sabino tornasse a “recuperare armi per finalità civili”, ha tutto il sapore di una partecipazione consapevole o irresponsabile alle attività della fabbrica. Se la magistratura dovesse accertare la fondatezza delle ipotesi di reato ipotizzate, quella partecipazione consapevole o irresponsabile avrebbe una definizione precisa, complicità.
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