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IL FASCINO DELLA PALETTA, possibilmente magica

In questi giorni mi sono ritrovato a guidare una piccola comitiva di bambini per accompagnarli, lungo le strade adiacenti l’ospedale, dal capolinea del pedibus fino a scuola

Pescara, 14 ottobre 2023. Abbiamo camminato lungo i marciapiedi, spesso ridotti e malconci, di quasi tutta Via M.te Faito e di un piccolo tratto di Via Fonte Romana: di fianco l’ampia carreggiata piena di auto in transito e di parcheggi, da attraversare più volte su incerte strisce pedonali per una distanza che in un tratto diventa estrema.

Per aprirmi un varco agli incroci ho usato la paletta di riconoscimento in dotazione, come un machete in una giungla: in effetti si tratta di una simil racchetta da ping-pong adattata alla bisogna, con i vari loghi istituzionali in grado di aprire il solco nel flusso di auto. Mi piacerebbe arrivare fin dentro le aule e chiedere alle ragazze e ai ragazzi cosa, durante il percorso, abbiano visto, sentito, annusato, in sostanza cosa i loro sensi abbiano rilevato. Perché più di una sensazione è stata pure registrata, messa inconsciamente in chissà quale scatola della memoria, ma non buttata. Andrebbe invece tirata fuori subito, insieme, fresca, per farla fruttificare, perché diventi sedimento elaborato di valutazione e conoscenza.

Il percorso del pedibus di questi giorni si snoda per circa 600 mt per una decina di minuti: il marciapiede di riferimento va e viene, tra restringimenti e ostacoli di auto parcheggiate, come anche gli attraversamenti agli incroci che sono senza strisce pedonali, come su via M.te Pagano. Su Via M.te Faito bisogna fare un doppio cambio e quindi cimentarsi in una doppia prova sulla distanza che nei tratti zebrati arriva fino a 16 metri (misurati), il che significa che la comitiva, lunga circa 8 metri, è esposta al transito delle auto per tutta la sua estensione una volta per ogni singola corsia, quindi due! Le deviazioni sono dovute al fatto che sul tratto di marciapiede scartato incombe la rigogliosa e colorata vegetazione dei giardini privati, che costringe chi va a piedi a infilarsi tra le automobili parcheggiate a pettine lì di fronte e che quindi, anche loro, con il muso incombono su buona parte del già esile spazio pedonale.

Con il potere della paletta arriviamo fin davanti la scuola, dove la riservatezza di certi spazi dovrebbe essere garantita: una zona franca, di filtro, che estendesse la missione educativa che viene praticata all’interno delle aule fino alle mura perimetrali, ma anche oltre, come certi disegni sulle facciate degli edifici lasciano intendere e sperare.

Invece scopro che la presunta portata rivoluzionaria del messaggio del pedibus si affievolisce al cancello di ingresso, dove un semplice ma chiaro cartello governa e quindi consente l’ingresso delle auto all’interno del cortile, per insegnanti e genitori.

Durante gli attraversamenti e all’entrata e uscita di scuola tutti sorridono, da dietro il parabrezza, al passaggio dell’allegra e colorata comitiva: è lontano il pensiero che questa generazione, che transita a piedi tenendosi ordinatamente allineata sui nodi di una piccola fune, stia camminando per invertire le parti.

Guardo sconsolato la mia autorevole paletta: mi piacerebbe che per un attimo diventasse magica per poter accorciare in un sol colpo gli anni che dovranno ancora passare perché tutto questo cambi, subito.

Giancarlo Odoardi

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