Di Paolo Girola
PoliticaInsieme.com, 18 ottobre 2023. Siamo tutti colpiti dall’orrore di quello che gli stessi terroristi di Hamas hanno postato sui social e di quanto si vede in tv sui bombardamenti israeliani che colpiscono la striscia di Gaza.
Inutile fare la classifica degli orrori che avvengono da 70 anni in Terra Santa, partendo dal peccato originale della prima guerra arabo israeliana del 1948, dopo la decisione dell’ONU di dividere la Palestina in due piccoli Stati. Come ci sembra saggia oggi quella decisione e folle la risposta araba che la rifiutò e fu sconfitta.
La violenza non ha risolto nulla, né da parte araba né da parte israeliana. La vendetta chiama nuova vendetta. I cosiddetti “accordi di Abramo”, fra Israele e alcuni Paesi arabi (si era alla soglia di un clamoroso accordo con l’Arabia Saudita), non chiariscono come risolvere il problema di alcuni milioni di palestinesi ammassati fra Gaza e la Cisgiordania (o West Bank), fra i quali si intrufolano ancora nuovi insediamenti di coloni ebrei, intransigenti e armati, che occupano terre in teoria destinate all’Autorità palestinese. C’è anche il problema dei profughi palestinesi nei Paesi arabi limitrofi, soprattutto in Libano.
Proprio nei giorni della violenza terroristica di Hamas, il quotidiano israeliano “Haaretz” ha pubblicato un breve filmato in cui si vede senza censure un colono ebreo armato di fucile automatico uccidere a sangue freddo un arabo palestinese disarmato con il quale stava discutendo. Siamo vicini al villaggio palestinese di At-Tuwani, che si trova a sud di Hebron. Sullo sfondo un reparto dell’esercito israeliano che non interviene (filmato diffuso dall’organizzazione israeliana non governativa B’Tselem).
La violenza è frutto della paura e della diffidenza. Nessuno si fida di nessuno fra le due parti. Raid violenti da parte di gruppi armati israeliani sono avvenuti quest’anno in diversi villaggi palestinesi della Cisgiordania. Ne dà notizia sempre il giornale israeliano “Haaretz”, molto critico sulla politica del governo Netanyahu. Atti di violenza o terroristici vengono compiuti da militanti palestinesi ai danni di cittadini israeliani.
Se è vero che il movimento sionista non ha mai pensato allo sterminio dei palestinesi. “È vero però che l’idea dell’espulsione degli arabi per garantire il nostro Stato è stata costante” ha detto lo scrittore israeliano Tom Segev al “Corriere della Sera”.
Penso che i governi israeliani degli ultimi anni abbiano pensato di attuare questa politica, anche una politica del divide et impera, cioè di poter convivere con Hamas, lavorando per indebolire l’Autorità palestinese in Cisgiordania. Così non hanno contrastato fino in fondo il rafforzamento militare di Hamas (possibile che non sapessero di quanti missili si stava dotando una enclave così controllata e infiltrata di spie al soldo dello Stato ebraico?). D’altronde la nascita di Hamas –acronimo di Ḥarakat al-Muqāwama al-Islāmiyya, movimento di resistenza islamica – alla fine degli anni Ottanta non è stata contrastata dagli israeliani che vi vedevano un elemento di indebolimento dell’OLP. Insomma, la politica che fa del nemico del mio nemico un mio amico.
Una politica assai praticata in Medio Oriente, ad esempio in Libano e Siria, ma sempre con effetti di violenza e sopraffazione.
Così non cresce nessuna prospettiva di pace. Nessun leader in grado di far uscire quelle disgraziate popolazioni da una condizione di paura e sottosviluppo. Così si mantengono al potere dittatori e autocrati. Ma il ragionamento potrebbe estendersi alle repubbliche ex sovietiche dell’area asiatica, a maggioranza musulmana.
È evidente che “se non c’è limite all’odio e alla vendetta a prosperare è solo il terrore”, come ha scritto Maurizio Maggiani sulla “Stampa”.
E il terrore non può aver limiti se in campo scendono altri attori come l’Iran, direttamente o più probabilmente attraverso i suoi alleati Hezbollah o le sue milizie Pasdaran. Oppure si rinfocolano movimenti terroristici come i vari movimenti che si rifanno alla Jihad islamica.
La vendetta non è mai giustizia, vale per tutti e in tutti i casi. O almeno così pensano i cattolici che si rifanno all’insegnamento del Papa che anche in questi ultimi anni non ha mai smesso di predicare contro la follia della guerra nelle sue varie declinazioni.
Pubblicato su Rinascita Popolare dell’Associazione I Popolari del Piemonte
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