Si parla della protezione esercitata dalle Edicole votive nei rioni di paesi e città, fra cui Sulmona
[Pubblicato in “La Gazzetta peligna”, Anno I, n° 9, Sulmona 1985.]
Un capitolo particolarmente interessante della religiosità popolare sulmonese, che stranamente non ha suscitato alcun interesse nel Pansa e nel De Nino, è costituito dall’analisi delle cosiddette edicole votive, consistenti per lo più in affreschi di limitate dimensioni e realizzate in epoche diverse sulle facciate delle abitazioni site nel centro storico di Sulmona, su commissione di un singolo devoto o ad istanza degli abitanti di un vicolo, di una piazzetta o addirittura di un intero rione. La bibliografa sull’argomento è comunque assai scarsa. Per quanto mi consta l’unica pubblicazione al riguardo ha visto la luce a Napoli nel 1978 a cura di G. Provitera, G. Ranisio ed E. Giliberti ed ha per titolo: “Lo spazio sacro. Per un ‘analisi della religiosità popolare napoletana”, prefazione di Luigi Lombardi Satriani.
Nel presentare il volume, l’illustre antropologo ha confermato appunto quanto prima si asseriva e cioè che il tema delle edicole votive “non è certo frequente nell’indagine demologica e storico-religiosa”, che ha privilegiato piuttosto lo studio degli ex voto pittorici, cugini stretti delle edicole votive. Osserviamo subito, rispetto alla tipologia rilevata dal Provitera per Napoli, che a Sulmona risultano scarsi gli altarini e le nicchie votive. La maggior parte delle edicole votive è costituita infatti da affreschi non incassati nelle pareti degli edifici, o da vecchie stampe coperte spesso, per esigenze protettive, da materiale plastico o da vetro, risalenti per lo più a tempi recenti. Non mancano esempi tuttavia di edicole antiche, come la bella Madonna, probabilmente cinquecentesca, affrescata sulla facciata dell’attuale mattatoio comunale, e l’edicola – anch’essa di pregevole fattura – affrescata sulla facciata di un palazzo sito in via De Nino.
La freschezza di esecuzione avvicina tali edicole all’arte naïve ed al mondo degli ex voto pittorici, mentre negli affreschi più antichi si percepisce talvolta traccia di influenze artistiche del passato. Dagli ex voto pittorici le edicole votive differiscono tuttavia per una serie di motivi, soprattutto per quanto concerne la tecnica con cui quest’ultime vengono realizzate. L’ex voto infatti è destinato ad ornare la parete di una chiesa o di un santuario (si pensi agli ex voto esistenti al Santuario dell’Incoronata) e viene eseguito ad olio oppure a tempera su tavola. L’edicola invece, quando non contenga una immagine stampata, è realizzata secondo la tecnica dell’affresco e destinata non ad uno spazio già sacro, ma a trasformare, come nota il Lombardi Satriani, “lo spazio realistico in spazio protetto” e pertanto “sacro” L’ex voto inoltre costituisce un rapporto singolo tra la divinità e l’offerente, colui cioè che ha ricevuto una grazia.
Le edicole ricalcano spesso questo modello comportamentale, ma sorgono anche per mera devozione, al di fuori cioè della struttura temporale “voto fatto, grazia avuta”, ponendosi su un piano culturale collettivo ed agendo come fattore di aggregazione e di ulteriore identificazione del vicolo, del rione, del quartiere. L’edicola, infine, nota il Lombardi Satriani, “si pone come una variante liturgica, abolendo la mediazione ecclesiastica nel rapporto con il Divino e superando lo spazio chiuso dell’edificio adibito a culto”. L’edicola votiva, dunque, una volta realizzata, spezza i legami che la tenevano unita all’offerente ed accentra a sé il culto di un intero vicolo, diventa oggetto di culto di un ristretto gruppo sociale, legato da quei “sentimenti del noi” analizzati come è noto dal Sumner.
Così, nota efficacemente il Provitera, “l’edicola diventa parte integrante della vita del vicolo, facilita l’istituirsi del rapporto con l’effige rappresentata che, per chi vive questa realtà ed è partecipe di uno stesso orizzonte culturale, diviene personaggio familiare cui rivolgersi, confidando ad essa i propri problemi, i propri timori, le proprie aspirazioni. Le edicole votive sulmonesi sono costituite per la maggior parte da affreschi realizzati su pareti esterne e privi di quelle protezioni costituite da nicchie, dotate e non di sportello con vetro. Non mancano importanti eccezioni, come per esempio, a Largo Mercatello, dove un’edicola votiva di consistenti dimensioni e rappresentante la “Madonna della Neve”, è protetta da tali accorgimenti che le hanno assicurato un buono stato di conservazione. Nelle edicole costituite da affreschi ed esposti, senza protezione, all’azione corrosiva degli agenti atmosferici, tale stato ha raggiunto invece livelli allarmanti e ben farebbe la Civica Amministrazione a favorire il loro restauro, da affidare eventualmente allo stesso Istituto d’Arte di Sulmona. Degna di nota è poi la circostanza che alcune edicole mostrano preesistenti e primitive tracce di illuminazione, impianti che probabilmente furono favoriti all’inizio del secolo dalle stesse Autorità comunali in zone del centro storico non ancora servite dalla corrente elettrica.
La rete elettrica, infatti, inaugurata a Sulmona nei primi anni del nostro secolo, non serviva allo stesso modo piazze e strade cittadine e molti vicoli restavano perciò immersi nel loro buio storico. Se illuminati, accadeva spesso nei primi momenti che le scarse e fioche lampadine si fulminavano “misteriosamente” o venivano intenzionalmente rotte per diversi motivi, compreso quello – si legge in un numero di maggio 1907, del periodico sulmonese “La Riscossa” – di impedire che occhi indiscreti potessero osservare merci introdotte clandestinamente di notte, per sfuggire al “rapace” dazio, nonché a causa dell’esigenza, avvertita dagli innamorati, di “colloquiare” in piena oscurità.
Si intuisce allora come da parte delle autorità comunali si fosse prodighi nel concedere ai devoti l’autorizzazione per l’illuminazione dell’edicola votiva. Rompere una lampadina equivaleva, in questo caso, ad un’azione profanatrice nei confronti di uno “spazio sacro” e dell’immagine venerata, che, in tal modo, si riteneva che non espletasse più la sua azione protettiva sul singolo o sul gruppo. La paura di trasformarsi in persona sacrilega proiettava dunque sull’edicola illuminata un vero e proprio tabù sicché questa, accanto a tipiche funzioni salvifiche, svolgeva anche paradossalmente, un importante “servizio” sociale. Le edicole votive, dunque, costituiscono una importante pagina di religiosità popolare, e ci aiutano a ricostruire il complesso “pantheon” devozionale sulmonese. Pertanto, un recupero del centro storico della Città, che non tenesse conto dell’esigenza di un loro completo restauro, equivarrebbe alla ricomposizione di un mosaico mancante di alcuni indispensabili tasselli.
Franco Cercone
Altre Notizie
LETTERA APERTA
PREMIO INTERNAZIONALE GIULIO RAIMONDO MAZZARINO
NATALE NEL BORGO