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L’ABOLIZIONE DELLA RISERVA DEL BORSACCHIO

Mare colline, speculazioni e possibili connivenze

Roseto degli Abruzzi, 15 gennaio 2024. Mi è capitato in questi giorni per l’Associazione Demos, di occuparmi di una vicenda che presenta risvolti e sfaccettature a dir poco incredibili: l’approvazione in Consiglio regionale di un emendamento alla finanziaria che riduce la perimetrazione della Riserva del Borsacchio da 1100 ettari a soli 24,7 confinati nella fascia marina. Uno stravolgimento degli equilibri ambientali e naturalistici di un’are di grande pregio, nella quale insistono interessi pubblici di tutela e di valorizzazione che attendevano solo di trovare riconoscimento, avvio e realizzazione attraverso un Piano Ambientale e Naturalistico che dopo quasi vent’anni stava per essere approvato. Questo avrebbe finalmente interrotto su quei territori il regime giuridico (certamente restrittivo) derivante dalla normativa di salvaguardia e avrebbe finalmente creato un sistema di regole volto allo sviluppo sostenibile dell’intera area. Era tutto pronto. Vero, con un ritardo di quasi due decenni, ma il Tavolo tecnico Regione/Comune di Roseto degli Abruzzi aveva concluso i suoi lavori due giorni prima e mancava solo l’atto definitivo del Comune. Il PAN era ormai cosa fatta, ma con questo emendamento la Riserva del Borsacchio viene inaspettatamente quasi abolita.

Il fatto si è verificato alle due e mezza di notte del 28 dicembre 2023. Si trattava in realtà di una votazione talmente importante che avrebbe dovuto indurre anche il più “dormiente” dei consiglieri regionali a scattare in piedi per chiedere: cosa succede? Da 1100 ettari a 24,7? Ma che è? Mi spiegate meglio prima del voto? Invece no. L’emendamento è passato a maggioranza.

Tutto si può fare, anche la riperimetrazione di un’area protetta e di un parco naturalistico, ma per fortuna ci sono delle regole stabilite da direttive europee e dalla legge dello Stato. In questo caso, però, tale “riperimetrazione” non è in effetti una riperimetrazione, bensì l’istituzione di una nuova riserva, dato che l’emendamento ne modifica quasi il 90%. L’iter avrebbe dovuto coinvolgere, per legge e in via preventiva, tutti gli enti locali interessati con un notevole dispendio di informazioni, confronti e dibattiti. Lo ha ribadito più volte la Corte costituzionale, ma chi ha proposto l’emendamento non ci ha badato, anzi, studiando bene tempistica e circostanze, ha chiesto un voto in fretta e furia a un Consiglio regionale un po’ addormentato.

Non amo girare attorno alle cose e non ne vale la pena, ma sembra che si sia avuto il voto contrario del solo Movimento cinque stelle mentre il PD, che almeno avrebbe potuto fare altrettanto, si sarebbe esibito in una performance poco comprensibile: ci sarebbe stato un voto contrario poi diventato astensione, ma nessun consigliere di opposizione avrebbe chiesto la parola per discutere, capire, vederci chiaro, contestare tempi e procedure, esercitare insomma, come sarebbe nei doveri di ogni consigliere regionale, un minimo di controllo su quello che si stava decidendo.

Se tutto questo fosse vero, ci troveremmo di fronte a uno schieramento politico forse già predisposto perché non si potrebbe dare dell’«impreparato» a nessuno: né a chi proponeva, né a chi accettava, né a chi votava contro senza dire una parola; tanto meno a chi prima votava contro, poi si asteneva; ancor meno a chi si assentava. Tutti avevano capito che si trattava della riserva del Borsacchio e questo doveva bastare, credo, per far suonare i campanelli d’allarme.

Ammesso che, come dice il consigliere regionale Mariani «I consiglieri hanno avuto gli emendamenti alle 02:15 circa, alle 02:22 è iniziato il voto e alle 02:33 si è discusso l’emendamento sulla Riserva del Borsacchio: circa 15 minuti» – che a me non sembra una spiegazione sufficiente per i campanelli che non si sono accesi – come si fa ora a proporre l’improponibile? Aggiunge Mariani, infatti, «il 30 gennaio prossimo abbiamo l’ultimo Consiglio Regionale nel pieno dei poteri: all’ordine del giorno c’è un progetto di legge per modificare alcune norme regionali, tra le quali anche l’ultima legge finanziaria, ancora non pubblicata e quindi non vigente, nella quale è inclusa la riperimetrazione del Borsacchio», ma il 30 gennaio non sarà ancora legge, cosa si propone di modificare? la realtà è un’altra: il collega Enzo Di Salvatore ha già spiegato per primo che siamo completamente fuori tempo. Egli dice in un post: «i consiglieri regionali di opposizione hanno annunciato la presentazione di un progetto di legge finalizzato a ripristinare l’originario perimetro della Riserva del Borsacchio […] il prossimo 30 gennaio si terrà l’ultima seduta utile del Consiglio regionale, prima dell’entrata in regime di prorogatio, durante il quale il Consiglio non potrà più legiferare. Ora, se la legge che ha soppresso la Riserva verrà pubblicata, come pare, solo a febbraio, questo vuol dire che il 30 gennaio non ci sarà ancora niente da abrogare; e d’altra parte, quando saremo a febbraio il consiglio regionale sarà ormai “scaduto” e non potrà più legiferare. Peraltro, questo comporta anche che il Governo Meloni, avendo 60 giorni di tempo per impugnare la legge a partire dalla sua pubblicazione, la impugnerà, semmai, solo dopo le elezioni. Solo un cretino potrebbe, infatti, farlo durante la campagna elettorale, con le elezioni regionali alle porte».

Insomma, non c’è più tempo per fare nulla. È evidente che questi calcoli erano stati già fatti a tavolino da chi ha proposto l’emendamento e l’opposizione sembrerebbe esserci cascata scioccamente. O no?…

In realtà, nella quasi totalità dell’area del Borsacchio, all’entrata in vigore della legge finanziaria emendata (sembra a febbraio) sarà in vigore «il Vincolo Paesaggistico – come detto dall’Arch. Maria Antonietta Adorante nella sua relazione introduttiva al Dibattito Pubblico promosso da Demos – è molto più leggero, pensato per mediare fra le esigenze costruttive e il rispetto di un’area. Ma è un vincolo che varia da situazione a situazione, oscillando fra discrezione amministrativa locale e varie opportunità». E si tratta di una situazione che si protrarrà per molti mesi se non per anni. Chi ha avuto interesse a tutto questo? Lo scopriremo solo vivendo.

Però una domanda viene spontanea: come fanno i rappresentanti politici autori di questo indegno blitz e coloro che non sarebbero stati capaci neanche di chiedere la parola per tentare un minimo di ostruzionismo democratico a presentarsi o ri–presentarsi alle prossime elezioni regionali? Con quale faccia potranno chiedere voti ai cittadini depauperati di un immenso patrimonio culturale, ambientale e naturalistico in una notte in cui tutti i lupi sembravano grigi?

Carlo Di Marco

Già Professore di Diritto Pubblico Università degli Studi di Teramo, Italy

Foto: www.abruzzocitta.it

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