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IL CULTO DI SANT’ERASMO in territorio di Acciano …

un capitolo sconosciuto di religiosità popolare abruzzese

[Articolo pubblicato in Rivista Abruzzese, Anno XLIII, n°3-4, Lanciano 1990, pp. 231-235.]

Nella desolata area montuosa situata tra la piana di Navelli ed il medio corso dell’Aterno, s’erge un brullo massiccio, il monte Offermo, che con i suoi 1303 m. di altitudine funge da spartiacque fra il territorio di Caporciano e Bominaco e quello delle frazioni appartenenti al Comune di Acciano, cioè Succiano, Beffi, S. Lorenzo e Roccapreturo.

In quest’area geografica e propriamente alle pendici sud-orientali del monte Offermo, sorge un piccolo santuario dedicato a S. Erasmo vescovo e martire, che è meta nella prima domenica di giugno di numerosi fedeli provenienti da tutti i centri della media valle dell’Aterno e della piana di Navelli. La chiesetta, ascrivibile alla tipologia della ecclesia ruralis e sorta probabilmente come ex voto, presenta elementi architettonici che permettono di farne risalire la costruzione alla seconda metà del ‘500.

In un’altra zona del monte Offermo, in direzione nord-ovest e quindi opposta a quella dove è situato il piccolo santuario, vi sono altri due toponimi legati al culto erasmiano e cioè i calmi di S. Erasmo e la cunetta (o cunicella) di S. Erasmo, mentre lo stesso oronimo Offermo sembra indicare una ulteriore testimonianza del culto professato al santo martire, in quanto il nome Erasmus si rinviene in lingua mediolatina alterato in Ermus e Fermus (Fermo) nonché in Elmas (Elmo) e può pertanto aver contribuito alla designazione oronimica dell’Offermo.

Se la nostra supposizione fosse esatta, tutto il massiccio dell’Offermo designerebbe dunque un’area geografica sacrale posta sotto la protezione del vescovo martire, di cui si hanno scarse ed incerte notizie storiche. Infatti, sia il “Martyrologium romanum” che gli “Acta Sanctorum” ci presentano tre santi di nome Erasmo: il Confessore, il Martire di Antiochia ed il Vescovo di Formia, città di cui è patrono e dove all’epoca di Diocleziano subì, secondo una tradizione consolidata, un crudele martirio, l’esportazione cioè delle viscere mediante un argano a manovella. Un noto quadro del Poussin, conservato nella Pinacoteca del Vaticano, mostra appunto il martirio di S. Erasmo mediante l’argano, sicché tale attrezzo è diventato un attributo delle raffigurazioni antiche e moderne del vescovo martire, come il pane per S. Nicola di Bari, il maialetto per S. Antonio Abate e via dicendo.

Il martirio per estrazione delle viscere ha conferito a S. Erasmo patronati corrispondenti, come quello sui dolori del ventre, sulle coliche e sulle malattie dell’intestino. Molti santi diventano infatti protettori degli stessi organi che nel loro corpo subirono il martirio e ne causarono la morte: così S. Lucia protegge gli occhi e la vista, Sant’Agata, cui furono recisi i seni, protegge il petto da carenze di latte o dai tumori (si confronti per tale patronato il culto di S. Agata a Castelvecchio Subequo e Montenerodomo). Come si è detto, l’area geografica consacrata al culto di S. Erasmo coincide con il territorio di Acciano, che comprende le frazioni di Succiano, Beffi, S. Lorenzo e Roccapreturo. A S. Lorenzo, nella chiesa sub eodem titulo, si ammira una bella tela seicentesca che raffigura la terribile tortura cui fu sottoposto il santo.

L’ignoto artista, che probabilmente conosceva l’opera del Poussin, ha saputo ricostruire efficacemente l’atmosfera drammatica del martirio: i carnefici hanno strappato a S. Erasmo i paramenti da vescovo che giacciono per terra; e mentre alcuni lo sorreggono con forza disteso su una panca, altri gli estraggono gli intestini avvolti ad un argano a manovella. A Beffi (chiesa di S. Michele Arcangelo) e Succiano (chiesa di S. Giovanni Battista), si conservano due statue, lignea la prima e di gesso la seconda, che raffigurano invece S. Erasmo in veste da vescovo, con mitra e pastorale, senza l’attributo dell’argano. Queste due statue sono involontarie protagoniste di una singolare contesa, in quanto le due frazioni di Succiano e Beffi ne rivendicano ciascuna l’autenticità, sottolineando in tal modo la priorità del culto, con piati che esplodono proprio in occasione della festa, cioè nella prima domenica di giugno.

L’episodio conferma dunque un aspetto caratteristico della religiosità popolare, in quanto i devoti sogliono attribuire poteri miracolosi solo alle immagini ‘originarie’ e perciò più antiche di santi e madonne, venerate in quel particolare spazio sacro che è il santuario e dove solitamente si manifesta il portentoso.

Due sono pertanto le processioni organizzate separatamente nel dies natalis di S. Erasmo: la prima parte da Succiano e la seconda da Beffi. In prossimità del santuario agreste si originano talvolta forti contrasti per il diritto di precedenza, che ricordano quelli che si verificano fra le varie confraternite fondate in una medesima città. Comunque, devoti e pellegrini intervistati, non residenti né a Beffi e né a Succiano, sono stati concordi nel riconoscere che Succiano è il vero epicentro del culto ed è proprio in questa frazione che essi accorrono numerosi nella prima domenica di giugno (il dies natalis del santo cade però il 2 giugno) per rendere omaggio a S. Erasmo.

Già nelle prime ore del mattino la chiesa di S. Giovanni a Succiano è gremita di pellegrini provenienti da tutti i centri limitrofi. La statua del santo, che poggia sopra un pesante baldacchino, è costellata di catenine, collane, anelli d’oro offerti come ex voto al santo, dalla cui mano destra pende un nastro rosso sul quale si appuntano offerte in denaro. Dollari USA e canadesi testimoniano la preesistenza del culto presso comunità originarie di questi luoghi e trapiantatesi in America. Verso le sette di mattina lo sparo assordante dei mortaretti annuncia l’inizio della festa; si forma quindi una processione che lentamente imbocca il ripido sentiero che conduce al santuario, sito in una zona brulla e montagnosa, molto distante da Succiano.

In testa al corteo sfilano tre alti stendardi; il primo di S. Antonio da Padova (bianco), il secondo di S. Erasmo (rosso) ed il terzo della Madonna di Loreto (azzurro). Seguono quindi la banda e la statua di S. Erasmo. Il sentiero è ripido, impervio e faticoso. Dai circa 700 m. di Succiano si sale fino a 1.165 m., l’altitudine cioè in cui è situato il piccolo santuario; sicché coloro che portano la statua ricevono di tanto in tanto il cambio e riprendono fiato. Dopo circa un’ora di cammino la banda si stacca dal corteo ed imbocca un sentiero più breve che porta alla chiesetta, in modo da accogliere con musica i pellegrini al loro arrivo. Il corteo continua frattanto la sua faticosa marcia e compie la prima sosta alla cosiddetta cunicella o cunetta di S. Erasmo, cioè una edicola votiva in pietra dalla quale si può osservare lontano in basso l’abitato di Succiano.

Secondo la tradizione S. Erasmo avrebbe sostato nei pressi di questa edicola durante il suo peregrinare in Abruzzo, notizia questa non sorretta da documenti storici perché non risulta da alcuna fonte la presenza del santo nelle nostre contrade. Nell’interno della cunicella, forse alterazione dialettale indicante “piccola icona”, sono visibili tracce di un affresco raffigurante un tempo, con ogni probabilità, lo stesso S. Erasmo, di cui non esistono, in questa località, riferimenti relativi ad “impronte miracolose”.

Ricevuta la benedizione del sacerdote officiante, il corteo dei pellegrini riprende il suo cammino e passando per i “calmi di S. Erasmo” perviene infine alla solitaria chiesetta, addossata alla quale è stato costruito, in epoca successiva alla sua edificazione, un locale adibito a ricovero per i pastori sorpresi da tempeste atmosferiche, particolare questo degno di nota e sul quale tomeremo in seguito.

L’interno della chiesetta presenta una volta a botte ed un altare in pietra incassato in una nicchia. Sulla parte alta della medesima parete sono visibili tracce di un affresco deturpato dall’umidità. Alcune iscrizioni votive, effettuate sull’affresco con punte di chiodi o con temperini e risalenti anche alla prima metà del secolo scorso, attestano la presenza costante dei devoti nel piccolo santuario, le loro speranze, le loro angosce o la gioia per le grazie ricevute. L’affresco raffigura S. Erasmo con paramenti da vescovo, manto rosso, mitra e pastorale; con un braccio sollevato sembra additare una Madonna col Bambino, dipinta in alto sulla sua destra.

Ai piedi del santo, su uno sfondo azzurro cupo, si nota un gruppo di case sovrastate da una torre, forse una delle caratteristiche torri medievali di Beffi o Roccapreturo, supposizione che, se esatta, potrebbe costituire un indizio sull’origine del devoto che ha commissionato l’affresco, in epoca forse immediatamente successiva a quella dell’erezione del piccolo santuario.

Alla fine della funzione religiosa il sacerdote benedice i pani di S. Erasmo ed il vino offerti separatamente dalle “deputazioni” di Succiano e di Beffi.

Verso mezzogiorno il corteo si ricompone per far ritorno a Succiano.

Altrettanto fa l’altro corteo venuto da Beffi. Le due statue, riposte nelle rispettive chiese, restano esposte per tutto il pomeriggio all’adorazione dei fedeli. I pani benedetti nel piccolo santuario vengono donati a parenti ed amici che per qualsiasi motivo non hanno preso parte al pellegrinaggio in montagna. Anche una semplice mollica di questo pane preserva lo stomaco da una vasta gamma di malattie. Il pane di S. Erasmo si aggiunge così alla lunga lista dei pani sacrali ed apotropaici che esercitano il loro potere soprattutto se mangiati nel “dies natalis” del santo da cui prendono nome, il “tempo sacro” appunto della religiosità popolare.

Tutta l’area geografica compresa tra le pendici occidentali del monte Offermo ed il medio corso dell’Aterno, fiume che secondo l’umanistica Guido da Montopoli era chiamato anticamente Aperno per la grande presenza di cinghiali (Aper), sembra così consacrata a S. Erasmo. Il toponimo Acciano, menzionato nell’8l6 dal “Chronicon Vulturnensis” come possedimento del monastero benedettino di S. Pietro in Trite, compare nelle forme Azano e Anzano, mentre le sue attuali frazioni di Beffi, Succiano, Roccapreturo e S. Lorenzo sono attestate in documenti redatti in epoche diverse. Questo territorio attraversato dall’Aterno faceva parte della Diocesi di Valva e Sulmona, ma più tardi, con la Costituzione di Papa Martino V del 1426, fu assegnato alla Diocesi aquilana. I toponimi che in tale sede interessano appaiono alla Costituzione nelle forme di Roche de preturo (Roccapreturo), Aczani

(Acciano) e Beffiy (Beffi). Non sono citate dunque le altre due frazioni di Acciano, cioè Succiano e S. Lorenzo. In quest’ultima località, tuttavia, la chiesa sub eodem titulo presenta nella parte posteriore materiale riutilizzato per il suo ampliamento e di evidente stile romanico, sicché il borgo deve essersi formato successivamente attorno alla primitiva chiesetta. La Bolla corografica di Clemente III (1188), menziona per Beffi le chiese di S. Savino, S. Pietro e S. Maria; per Roccapreturo le chiese di S. Cecilia, S. Giovanni e S. Pelino; per Acciano le chiese di S. Pietro, S. Petronilla e S. Lorenzo.

Nessuna notizia ci hanno tramandato dunque i documenti più antichi, relativi a chiese esistenti in territorio di Acciano e consacrate al culto di S. Erasmo. Lo stesso Calendario valvense, affrescato nel XIII secolo nella chiesa di S. Pellegrino nella vicina Bominaco, non contiene alcun riferimento in merito al vescovo martire di Formia ed avvalora l’ipotesi che il culto stesso sia stato introdotto in territorio di Succiano nel corso del XVI secolo e registra la massima diffusione in concomitanza con l’erezione del santuario campestre di Succiano.

Va sottolineato che il culto di S. Erasmo doveva essere presente anche ad Introdacqua, nei pressi di Sulmona. Gaetano Susi, nella sua opera Introdacqua nella storia e nel folklore (Sulmona, 1970, pp. 311-12), ci dice infatti che in una “Memoria” del 1714 si parla delle chiese campestri esistenti in territorio di Introdacqua e fra queste ve ne era una dedicata a S. Erasmo, “divenuto poi Ermo per facilità di pronuncia, come il cognome locale D’Erasmo diventò D’Eramo”. Dell’esistenza di questa chiesetta fa tuttora fede una grotta di S. Erasmo sita in loco, ai piedi della Plaja, e ricordata anche dalla Canziani nella sua nota opera Attraverso gli Appennini e le Terre degli Abruzzi (Londra 1928).

Come si diceva in precedenza, S. Erasmo, per il particolare martirio subìto, l’asportazione cioè delle viscere mediante un argano, esercita un patronato nei confronti di tutte le malattie viscerali e dello stomaco. Il Wörterbuch der deutschen Volkskunde (s.v Erasmus), sottolinea tuttavia che l’attributo dell’argano, che appare in molti dipinti raffiguranti il santo (per es. nel quadro conservato nella frazione di S. Lorenzo) “stammt aus seiner westeuropäischen Geltung als Patron der Schiffer”, deriva cioè dal suo patronato, diffuso nell’Europa occidentale, nei confronti dei marinai, essendo il verricello a mano un attrezzo indispensabile per il sollevamento delle merci da caricare sulle navi. Pertanto con il termine Erasmuswickel (gomitolo di S. Erasmo), i marinai indicavano l’argano con la fune aggomitolata, espressione che ben proìettava l’idea del martirio subito dal vescovo di Formia.

Il nome Erasmo si trasforma inoltre in lingua mediolatina in Ermo ed Elmo; e proprio con l’espressione “fuochi di S. Elmo”, i marinai indicavano quelle manifestazioni luminose di elettricità atmosferica, assumenti la forma di un velo incandescente, che apparivano di notte sull’estremità degli alberi delle navi, ed anche su aste metalliche, preposte a vari usi, in campagna o montagna. Ed è proprio questo il secondo patronato esercitato da S. Erasmo nell’area di Acciano. Specialmente nelle notti tempestose il fuoco di S. Erasmo fa ritrovare la via smarrita agli atterriti viandanti che lo invocano. I “miracoli” avvenuti in tal senso per intercessione del santo sono numerosissimi, come hanno riferito i miei informatori. Così una volta un uomo di Succiano, vagando per la notte alla ricerca della giusta strada da seguire per far ritorno in paese, scorse un lumicino che gli fu da guida fino alla chiesetta campestre di S. Erasmo, dove poté trovare riparo. In un’altra occasione, una intera banda musicale si era persa per queste montagne e poté ritrovare la strada seguendo “il lumicino di S. Erasmo”.  Una “strada” intesa anche in senso metaforico, per cui anche il malato di mente, il disoccupato ed in genere gli ‘indecisi’, cioè coloro che non sanno ‘quale strada scegliere’ nella vita, ricorrono al vescovo martire e ne implorano l’aiuto.

S. Erasmo, dunque, sembra decisamente esercitare patronati che sono, oggi, di grande attualità.

Franco Cercone

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