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ZAMAGNI SULL’ODIO SOCIALE

L’Avvenire  ha intervistato Stefano Zamagni su quel fenomeno che sta richiamando sempre più attenzione e preoccupazione: l’odio sociale. Che colpisce in particolare il povero, gli ultimi e gli indifesi come possono essere considerati migranti, disabili, senza dimora, detenuti.

L’intervista è a firma di Diego Motta che così la introduce

Politicainsieme.com, 25 gennaio 2024. Non è più paura, non è nemmeno disprezzo del povero. «Sta accadendo molto peggio: siamo ormai in presenza di odio sociale». Nel 2019, Stefano Zamagni non aveva esitato a parlare con Avvenire di «aporofobia»: erano i tempi dell’offensiva contro il Terzo settore, della criminalizzazione della solidarietà voluta anche a livello istituzionale. Cinque anni dopo, l’intellettuale bolognese che ha guidato la Pontificia accademia delle scienze sociali, ricostruisce lo scenario attuale in modo ancora più diretto, guardando all’Italia e all’Europa. «Oggi il povero non è visto semplicemente con sentimenti di indifferenza e ostilità. È percepito come altro da sé da una parte dell’opinione pubblica e questo porta a compiere azioni contro la persona fragile». Sullo sfondo c’è la violenza gratuita contro gli ultimi, siano essi : la cronaca è piena, quotidianamente, di fatti che rimandano al desiderio di supremazia di pochi prepotenti verso i più deboli, di persone escluse o nascoste, di dimenticati che rivendicano il diritto ad esistere, mentre il dibattito pubblico tende a relegare tutto questo nelle periferie, esistenziali e mediatiche. Così, nei bassifondi della nostra scala sociale, si avverte avanzare un senso di disumanità che preoccupa per le conseguenze possibili.

Professor Zamagni, si moltiplicano gli “invisibili”. Eppure, si fa finta di non vedere o, peggio, si cerca di negare qualsiasi emergenza sociale per non creare allarme nell’opinione pubblica. Perché questa ostilità verso il povero?

Siamo abituati a parlare di povertà come di un fenomeno legato al reddito, ma la povertà è anche emarginazione, indifferenza. Con l’aporofobia eravamo al disprezzo degli indigenti, adesso siamo all’odio sociale, un fenomeno mai visto prima a queste latitudini. Odio e violenza hanno un’origine comune e questo spiega ciò che sta succedendo in questa epoca storica. L’odio sociale ha un inizio, 30 anni fa, quando in America nasce anche nel mondo universitario una corrente di pensiero che poi approderà in Europa e nel nostro Paese: si tratta del singolarismo.

L’altra faccia dell’individualismo.

Il singolarismo è l’estremizzazione dell’individualismo, che nasce invece molto tempo prima, all’epoca dell’Illuminismo. In quella fase storica, l’individuo almeno era parte della comunità, aveva un’appartenenza. Il singolarismo recide proprio questo tipo di legame: adesso ognuno si pensa come un unicuum e, in quanto tale, deve differenziarsi. L’atteggiamento aporofobico è stata una prima conseguenza della diffusione del singolarismo, che prevede l’espulsione e l’annullamento dell’altro.

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