La legge post calamità
Roma, 16 maggio 2024. “Grazie all’accurato lavoro svolto dal Ministro Nello Musumeci e a quello in corso di svolgimento in Parlamento, a breve l’Italia potrà dotarsi di una legge in materia di ricostruzione post calamità che comprende un corpus di norme in grado di garantire maggiore programmazione, omogeneità ed efficacia degli interventi. Si tratta di una pietra miliare relativamente ad alcuni aspetti fondamentali come il modello unico, o l’individuazione dei due grandi momenti stato emergenza e stato di ricostruzione: è un passo in avanti decisivo per il nostro Paese. Mi fa piacere che una parte dell’esperienza del sisma 2016 abbia alimentato le proposte ordinamentali sviluppate nel testo, a partire dalla governance multilivello che, quantomeno per calamità che abbiano estensione macroregionale, ha rappresentato una soluzione efficace che ci ha consentito poi di compiere un cambio di passo nella ricostruzione”.
Lo ha detto il Commissario Straordinario al sisma 2016 nel corso del convegno “Calamità, nuovi percorsi per la ricostruzione”, che si è svolto oggi a Roma. “Rispetto al disegno di legge attualmente all’esame della Camera vorrei sottoporre alcuni temi sui quali auspico che il dibattito parlamentare possa compiere ulteriori approfondimenti. Il primo riguarda il ruolo dei comuni nella ricostruzione: ritengo possa essere utile che vi sia un organo intermedio tra livello centrale e comunale, che coordini, coadiuvi e sostenga gli enti locali negli interventi. Gli uffici speciali per la ricostruzione, ad esempio, sono stati un’esperienza particolarmente positiva nell’ambito sisma 2016.
Altro aspetto riguarda lo stato di emergenza e di ricostruzione, due momenti che attraverso questa nuova legge sono stati giustamente separati. In alcune specifiche occasioni però potrebbero non essere divisi nettamente e considerati come consecutivi. Alcune sovrapposizioni funzionali infatti sono possibili, come nel caso della ricostruzione per danni lievi mentre è ancora in corso la fase emergenziale. Altro punto che sottopongo è quello della rilevazione iniziale de danno, che rappresenta un momento decisivo di tutto il processo verso la ricostruzione. Dunque, potrebbe essere utile arricchire il set degli strumenti di rilevazione del danno e delle quantificazioni economiche, così da definire un quadro più dettagliato fin dall’inizio.
Passo alla questione delle difformità urbanistiche. Non c’è ricostruzione che non si imbatta nelle piccole difformità parziali, che sono la costante del mio lavoro, giorno dopo giorno. Certamente non può esservi alcuna legittimazione rispetto agli abusi ma il tema va posto perché queste difformità spesso portano al blocco totale dei lavori. Infine, vi è il tema dell’inerzia dei proprietari o della loro irreperibilità. A tale riguardo ritengo che prevedere una norma primaria sia necessario per avere a disposizione uno strumento giuridico utile per dirimere questo problema. Nel caso del terremoto del Friuli, ad esempio, vi fu la ricostruzione pubblica in luogo della privata, in altri casi si può sancire che, in assenza di interesse verso un edificato, si può agire attraverso la sua eliminazione o rifunzionalizzazione.
Sappiamo che il nostro è un Paese caratterizzato da un’accentuata vulnerabilità sismica e idrogeologica che non hanno pari a livello europeo. In Italia ci sono 678 mila frane attive, due terzi di tutta l’Europa. Questa nostra fragilità rischia di essere accentuata dall’avanzare della crisi climatica dal momento che l’abbandono delle aree interne e l’assenza dell’uomo determina un ampiamento della potata degli eventi catastrofali. Dunque, dobbiamo essere consapevoli del fatto che crisi demografica e crisi climatica sono due facce della stessa medaglia e che di ciò dobbiamo tenere conto nell’ambito del processo di ricostruzione, che è una creatura viva, in costante evoluzione. Infine, concordo appieno con il Ministro Musumeci quando dice che la ricostruzione deve essere un’occasione di prevenzione, per ricostruire meglio, e di innovazione: il dov’era com’era ci porta lontani dal rendere i nostri luoghi più abitabili. Abbiamo a disposizione nuove tecnologia, la digitalizzazione ed è dunque necessario farne un buon uso”.
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