… e i misteri del Pnrr
PoliticaInsieme.it, 15 ottobre 2024. Una Legge di bilancio pesante e miserrima allo stesso tempo. Dissolta la nebbia delle polemiche, meglio dire del gioco delle parti, resta un quadro che è quasi da austerity. In sostanza, si gestisce l’esistente e, ancora una volta, si è costretti a rinviare a tempi migliori una Finanziaria che parli di investimenti per lo sviluppo. Tutto è ridotto ad assicurare che non ci saranno aumenti di tasse. Sembra che tutto il resto non conti.
Non ci sono soldi: è il mantra cui non sfugge anche il Governo Meloni che, però, fino a ieri ha tenuto a dirci che da noi cose stanno andando a gonfie vele. A dispetto di quel che butta per Germania e Francia.
Importanti voci del bilancio non vedranno molte risorse. Anzi, per far quadrare i conti, il Ministro Giorgetti ha fatto la voce grossa riproponendo i famosi “tagli lineari” dei fondi assegnati ai ministeri. Il che vuol dire che mancheranno alcuni miliardi, forse tre, per cose che riguardano direttamente gli italiani. Un gruppo di ministri ha già fatto sapere di non pensare affatto di pensano accettare i tagli, nonostante la minaccia di Giorgetti farli direttamente lui se non gli daranno retta. Salvini, Lollobrigida e Urso sono dipinti come i più determinati.
È comprensibile: ognuno pensa a difendere il proprio ministero e le relative spese previste e che tutti, sperano ogni anno di vedere ampliate invece che decurtate. Vedremo chi la spunterà in questo scontro che è tutto interno alla compagine governativa. Stando alle notizie di ieri sera, l’hanno vinta loro e non sarà Giorgetti a decidere i tagli definitivi da apportare ai bilanci di ciascun ministero.
Colpisce, almeno alla maggior parte degli italiani che seguono queste vicende, con scarse comunicazioni al riguardo, e consapevoli della pressoché loro conoscenza approssimativa delle cose, che in tutte le discussioni di questi giorni si parli di tutto fuorché della relazione tra Bilancio generale e Pnrr. Avvertono che manca una visione d’insieme. Oggi, invece, più necessaria che mai.
Saremo sicuramente rimbeccati da qualche profondo conoscitore dei meccanismi di formazione e di gestione dei conti pubblici, ma ci perdoniamo da soli se osiamo pensare che, a rigor di logica, bisognerebbe pure cercare di capire come le due questioni si colleghino tra di loro in una visione di crescita e rigenerazione.
Perché si piange miseria, e con questo si giustifica la mancanza di importanti investimenti su settori vitali come l’innovazione, lo sviluppo tecnologico, la sanità, la casa. Solo per citarne alcuni, mentre siamo stati letteralmente inondati di soldi grazie al Next Generation Europa per il quale non ringrazieremo mai abbastanza il Governo Conte e Mario Draghi che ne ha reso concettualmente possibile l’attuazione grazie al lavoro svolto in precedenza alla guida della Bce. E, poi, lo stesso Draghi che ha avuto modo di metterci le mani per i mesi in cui alla guida di Palazzo Chigi.
Giorgia Meloni ci ha abituato alle proprie grida di vittoria per il roboante successo registrato sull’attuazione del Pnrr. Siamo giunti alla quinta rata, per un totale di 113,5 miliardi di euro di incassi su un totale di 194 miliardi, e dunque pari al 58,4% della quota del nostro Pnrr. Un bel successo. Non c’è che dire. E questo è stato possibile perché avremmo soddisfatto tutti gli obiettivi richiesti dalla Ue per autorizzare il versamento delle successive rate. Peccato che gli italiani gli effetti di questi oltre 110 miliardi non riescano ancora a percepirli. Colpa loro?
In effetti, sembra che il 78% circa delle risorse impegnate debba ancora essere speso. E l’unica cosa che si è riusciti ad appurare, lacerando appena appena una cortina di segreti che ancora resistono attorno alla più grossa operazione finanziaria che ha, fortunatamente, coinvolto il nostro Paese. Vieppiù importante perché ha segnato un radicale cambio di passo da parte dell’Europa.
Si vuole deliberatamente continuare a gestire solo l’esistente. Ma tutti saremmo bravi a farlo.
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