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CITTADINI PER IL G7

di Giancarlo Odoardi – Ri-media.net

Pescara, 19 ottobre 2024.  Mi aspettano circa 7 km in bici stamattina, per andare a sistemare certe faccende. Ma per prima cosa devo buttare le bottiglie e i barattoli di vetro. Trovo i bidoni carrellati stracolmi. Ma  la gente non guarda la televisione? Non so se più o meno di me, che ne faccio un uso morigerato, ma la pubblicità del COREVE, il consorzio di filiera di recupero del vetro, non mi è  sfuggita: sulla melodia di Morandi del “Fatti mandare dalla mamma“, il fatto che il “sacchetto non ci va” è un tormentone. Eppure, il messaggio non passa!

E dalle parti del mio ufficio c’è il rincaro della dose: le bottiglie di vetro, che sicuramente vengono del bar che è lì di fianco e che agevolmente potrebbe consentire il recupero del prezioso materiale, finisce nel cestino stradale, insieme al sacco nero dell’indifferenziato. Possibile?

Mi allontano dal centro città, verso la periferia, costeggiando il fiume. All’angolo di via Orazio che immette sulla golena sud,  una volta c’erano dei cassonetti dei rifiuti, adesso non più. Ma se l’elemento fisico del conferimento/raccolta è stato rimosso, per diverse persone ne è rimasta la memoria, per cui il luogo a quello resta dedicato, a prescindere.

Mentre mi avvicino alla meta e percorro la pista ciclabile lungo fiume sud, penso ai lavori che fervono in alcune zone della città per l’imminente G7, aree che saranno tirate a lucido, messe in sicurezza e interdette al traffico, forse anche al passaggio ciclabile nonché pedonale: la chioma degli alberi rifatta, tombini … tombati e cassonetti serrati. La sicurezza prima di tutto.

Però lungo il mio percorso, lontano da quello previsto per le autorità, trovo le cose strampalate di sempre, che non risentono dei grandi eventi ma che attraggono sempre l’attenzione e muovono il disappunto di tanti, compreso il mio.

Mentre rifletto sul degrado, sull’abbandono, sulla scarsa informazione, sull’inciviltà, intercetto lungo la strada, fuori dai riflettori, dalle telecamere, dalle macchine fotografiche, un curioso segnale di speranza. Alcuni cittadini, due donne e due uomini, muniti di guanti, sacchetti e pinze, sono intenti a raccogliere plastiche varie, bottiglie, flaconi, buste, bicchieri, insomma quella roba lì. Si muovono con le spalle rivolte alla città, quasi fuori dalla scena, dietro il palco dove si svolge lo spettacolo. Procedono a testa bassa, intenti a ispezionare il terreno.

Al mio saluto mi sorridino, con una smorfia di chi non si cruccia della propria solitudine, consapevole della giustezza del proprio gesto.

Quattro cittadini, quattro amici, come quelli della canzone di Gino Paolo, al bar. Non vorranno mica cambiare il mondo?

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