La partecipazione degli squadristi di Chieti
Chieti, 27 ottobre 2022. Il fascio di combattimento nasce a Chieti l’11 dicembre 1920, per iniziativa di una quarantina di giovani ex combattenti e di studenti, capeggiati dai fratelli Cesare, Umberto e Giuseppe Taralli e da Raffaele e Francesco Di Pretoro. (Alla data del 31 dicembre 1921, gli iscritti saliranno a 206; composizione sociale: studenti, ex combattenti, impiegati, commercianti, possidenti, professionisti, artigiani). Per l’organizzazione e la propaganda, hanno ricevuto da Mussolini 150 lire e un pacchetto di opuscoli. In rapida successione, altri fasci sono organizzati in diversi comuni della provincia. I promotori del fascio di Chieti precisano la direttiva del nascente movimento:
“Combattere sino all’ultimo sangue l’abbietto partito che si propone di mascherare l’Italia alla moda di Lenin. E combatteremo con le armi”.
Sono i socialisti i nemici da abbattere con la violenza. Nell’immediato dopoguerra si sono riorganizzati e si stanno espandendo pericolosamente. A Chieti, con Torrese, hanno costituito la Camera del lavoro e pubblicano il settimanale “La Conquista Proletaria”. Nel 1920 hanno celebrato il 1° Maggio col deputato Giacomo Matteotti. Nelle elezioni amministrative di ottobre hanno conquistato la maggioranza in 13 comuni e la minoranza in altri 11 – compreso il capoluogo – e hanno eletto 3 consiglieri provinciali.
Per combattere il pericolo “bolscevico”, i fascisti trasformano il movimento in partito e costituiscono squadre di azione militarmente inquadrate e disciplinate: a Chieti la “Pacifico Taralli” e la “Me ne frego”; a Vasto la “Squadra Mussolini”; a Guardiagrele la “Squadra dei Lupi”, guidata da Guido Cristini; a Bomba “La Spaventa”, comandata da Aminta Ciarrapico.
Approfittando del disorientamento dei socialisti dopo la scissione al Congresso di Livorno (21 gennaio 1921), lo squadrismo fascista entra in azione durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 5 maggio 1921, definite da “ La Conquista Proletaria” “elezioni di terrore e di sangue”, per i numerosi episodi di violenza: imboscate, invasione a mano armata delle case, scontri a fuoco, distruzioni delle organizzazioni economiche (leghe, cooperative, camere del lavoro – incendio della Camera di Vasto, minacce d’incendio di quella di Chieti – ).
I principali episodi nel capoluogo:
– minacciano di morte Guido Torrese: lo costringono a lasciare la città e a rifugiarsi ad Anzio;
– 26 aprile: 9 squadristi, armati di pugnali, coltelli e bastoni, sfondano la porta di casa del socialista
Luigi Zulli e, dopo aver minacciato le sorelle e il padre, lo aggrediscono con calci e pugni, restando impuniti;
– 5 maggio: 20 squadristi della “Me ne frego” compiono una spedizione punitiva contro i socialisti della contrada Brecciarola, per distruggerne la cooperativa “La Fratellanza”; scontro armato tra gli aggressori e gli aggrediti, con feriti da entrambe le parti. Corre pericolo di morte il capo della cooperativa Giustino Falasca: per sfuggire all’arresto, si rifugia su per la cappa del camino; colpito da un fascista, cade al suolo; altri fascisti gli sparano a bruciapelo per ammazzarlo; sono fermati da un carabiniere; ferito gravemente, è trasportato in ospedale.
Nell’estate del 1922, con la complicità degli organi dello Stato, i fascisti procedono nella bonifica della provincia dal “bolscevismo”: costringono alla chiusura “La Conquista Proletaria” e le sezioni socialiste, e alle dimissioni i tre consiglieri provinciali; avviano lo smantellamento e la “conquista” dei comuni rossi.
Alla vigilia della “marcia su Roma”, ordinati per squadre e armati di moschetti e pistole, sono pronti per partecipare al movimento insurrezionale. Alla squadra di Chieti, composta da 34 camicie nere e guidata dall’avv. Giustino Troilo, segretario politico della federazione provinciale, si uniscono quelle di Francavilla, Ortona, Vasto, Orsogna, Casalbordino, Paglieta, dei paesi della montagna (al comando di Cristini) e di Pescara. Le squadre si aggregano alla legione abruzzese-molisana, che, sotto il comando militare del console Ettore Giannantonio, via treno raggiunge Tivoli e si unisce alla colonna abruzzese-marchigiana affidata a Giuseppe Bottai, attendendo l’ordine di marciare sulla capitale. Da Tivoli, il 28 ottobre, dopo che Vittorio Emanuele III, rifiutando di firmare il decreto sullo stato d’assedio, ha di fatto consegnato il governo nelle mani di Mussolini, il console annuncia agli abruzzesi e alle famiglie degli squadristi partiti la “buona novella”, con il seguente proclama:
COMANDO GENERALE SQUADRE D’AZIONE
SEZIONE D’ABRUZZO E MOLISE
“In alto i cuori! La Vittoria è nostra! L’Italia è redenta! Di ora in ora attendiamo di entrare vittoriosi a Roma e purificarla dalle lordure che non sono riuscite a fuggire! L’esercito è tutto con noi! L’entusiasmo, l’ordine e la disciplina sono superiori ad ogni immaginativa! L’ora per la redenzione del nostro popolo è giunta! Arrestate i propalatori di notizie false! Se in mala fede puniteli! Con l’aiuto di Dio vinciamo la nostra battaglia!
VIVA L’ITALIA! VIVA MUSSOLINI! VIVA IL FASCISMO!
ETTORE GIANNANTONIO
CONSOLE
Dopo il proclama, la colonna Bottai, composta da 2.400 abruzzesi, marciando a piedi (la linea ferroviaria è stata danneggiata da ferrovieri rossi), il 30 ottobre entra a Roma attraversando il quartiere San Lorenzo, accolta a revolverate e lanci di sanpietrini da gruppi di Arditi del Popolo.
I 34 squadristi tornano incolumi a Chieti, accolti da una grande manifestazione popolare e un corteo di camicie nere, che inneggiano alla rivoluzione compiuta a difesa dello Stato, della Monarchia, delle Leggi e dell’Esercito. Segue un banchetto al Ristorante Pace (menù: maccheroni “alla Fascista”, budini “alla Nazionale”, dolce “alla Marcia su Roma”). La sera, al Teatro Marrucino, gran “Ballo fascista” con l’orchestra diretta dal maestro Tommaso Ciampella.
Filippo Paziente
storico
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