IL FESTIVAL DELL’APPENNINO INCLUSIVO DI NATURA 2024

Torna in Abruzzo, sabato 6 luglio con Domenico Turchi e il concerto della band Burro e Salvia. Nel pomeriggio escursione, al rientro performance di Domenico Turchi con “I racconti di Vallonia” e a concludere la serata il concerto della band Burro e Salvia

Ascoli Piceno 1° luglio 2024. Per l’ottavo appuntamento il Festival dell’Appennino torna in Abruzzo sabato 6 luglio ai piedi dei Monti Gemelli, questa volta rivolti verso il massiccio del Gran Sasso, a Valle Piola di Torricella Sicura nella provincia di Teramo. Il pomeriggio inizierà con un’escursione fino ad Acquaratola e poi al rientro performance di Domenico Turchi con “I racconti di Vallonia” e a concludere la serata il concerto della band Burro e Salvia. In questa tappa vivremo un’esperienza unica, un viaggio nel tempo attraverso la storia di un borgo abbandonato che sta rinascendo grazie alla volontà di iniziative di valorizzazione, per portare gli amanti del turismo lento a scoprire questo lato dell’Appennino centrale. Questa edizione della manifestazione è caratterizzata da una “espansione” dei suoi tradizionali confini, promossa dal Commissario Straordinario Ricostruzione e Riparazione Sisma 2016, Guido Castelli e dal Bim Tronto. Per la prima volta, infatti, oltre alle Marche il Festival coinvolge anche l’Abruzzo, il Lazio e l’Umbria insieme alla collaborazione dei Bim Vomano-Tordino Teramo, Bim Nera-Velino Cascia e Bim Nera-Velino Rieti. L’obiettivo resta però invariato: dare vita a un evento dedicato al benessere, sostenibile ed esperienziale. Una manifestazione a vocazione turistica e culturale che unisce, in un fitto programma di appuntamenti diverse attività: escursioni, spettacoli, performance, concerti, incontri, presentazioni ed enogastronomia, favorendo un tipo di turismo esperienziale e accessibile. Il Commissario Straordinario al sisma 2016, Guido Castelli, ha dichiarato che “Quello di Torricella Sicura è un territorio sul quale la Struttura commissariale sta ponendo la massima attenzione. Lo conferma la recente approvazione da parte della Conferenza dei servizi del Piano straordinario di ricostruzione del Comune Teramano.

Un rilevante intervento per il tessuto urbano e sociale di Torricella Sicura che non solo consente di recuperare il danno da sisma, ma anche di migliorare e valorizzare infrastrutture e servizi come le scuole, gli impianti sportivi e il centro sociale polivalente. Luoghi fondamentali per tenere vivo e coeso il tessuto comunitario. Altro intervento che ci tengo a sottolineare è quello per il progetto di rigenerazione di Villa Celommi-Capuani, per il quale abbiamo portato il contributo a 1,4 milioni di euro. Si tratta di un punto di riferimento per Torricella Sicura che potrà così tornare a svolgere pienamente la sua funzione: un luogo attrattivo di memoria e di cultura. Un’opera di riparazione sociale ed economica, così come lo è il Festival dell’Appennino, che si inserisce proprio in questa strategia di valorizzazione delle bellezze, della storia e delle tradizioni dei nostri territori attraverso attività culturali e nella natura. Una manifestazione che vuole contribuire a far conoscere meglio l’Appennino centrale, e a incentivarne la fruizione turistica, resa possibile grazie all’impegno e alla collaborazione dei quattro Bim”.

Il Presidente del Consorzio BIM Vomano-Tordino di Teramo, Marco Di Nicola ha dichiarato: “L’appuntamento di Valle Piola, nel comune di Torricella Sicura, è la seconda tappa teramana e abruzzese del Festival dell’Appennino, per noi particolarmente significativa perché ambientata in un borgo un tempo abbandonato, che è stato oggetto di un rilevante intervento di recupero e valorizzazione.

Il Festival dell’Appennino, in questo senso, costituisce un veicolo culturale importante per contrastare lo spopolamento e favorire la conoscenza dei territori su cui si fonda la nostra identità. Il Consorzio BIM di Teramo ha voluto farsi parte attiva di questa iniziativa in sinergia con gli altri BIM del centro Italia, perché la ricostruzione non è solo un processo materiale ma passa anche e soprattutto attraverso la rigenerazione culturale e sociale delle nostre aree interne.”

Il ritrovo è alle ore 15.45 a Valle Piola, per poi partire per l’escursione alle ore 16.

IMPORTANTE: per raggiungere Valle Piola per chi viene dalla Piceno Aprutina non seguire assolutamente le indicazioni di Google Maps. Arrivare fino alla rotonda prima di Teramo, sul ponte Vezzola e svoltare a destra in direzione Castagneto. Da Castagneto seguire le frecce Festival dell’Appennino per Pastignano, poi Poggio Valle e Valle Piola, gli ultimi tre km sono su strada bianca.

L’escursione con partenza e ritorno a Valle Piola, ha una difficoltà E (Escursionistico per tutti) è lungo 5,4 km, con un dislivello di 185 mt e un tempo di percorrenza di circa 2 ore e trenta (andata e ritorno). Al rientro dall’escursione alle ore 19 per performance di Domenico Turchi con “I racconti di Vallonia”.

Alle ore 20 cena libera, per chi vuole sarà possibile cenare presso il punto ristoro al Rifugio del Pastore organizzato dalla Proloco di Torricella Sicura.

Il menù fisso a 15 euro prevede: mezzemaniche a ragù, pecora alla callara, acqua o bicchiere di vino. Inoltre, vi saranno a parte altri prodotti: panino con salsiccia, frittella farcita, panino con formaggio fritto.

Possibilità di piatti vegani o vegetariani su richiesta chiamando solo in questi orari 13.30-14.30/20.30-21.30 il numero 3332179561 entro e non oltre venerdì 5 luglio ore 21.30.

La serata proseguirà alle 21,30 con il concerto della band Burro e Salvia che con un repertorio di canzoni Italiane dagli anni ‘20 fino ai ‘50 ci faranno divertire e commuovere con brillanti motivetti e grandi sentimenti d’amore, attraverso la voce tenorile, condita con un poco di swing, di David Mazzoni. La partecipazione è gratuita ma è necessaria la prenotazione al fine di organizzare meglio l’evento, compilando il form nella data sul sito www.festivaldellappennino.it. Raccomandazioni:

• obbligatorio indossare scarpe da trekking

• avere con sè almeno un litro d’acqua

• portare felpa/kway e telo/stuoia

• consigliato un cambio completo da lasciare in auto

• consigliato portare lampada frontale o torcia per la sera

Festival dell’Appennino 2024, inclusivo di natura

Il Festival è promosso da Commissario Straordinario Ricostruzione Sisma 2016 e Bim Tronto, con la collaborazione di Bim Vomano-Todino Teramo, Bim Nera-Velino Cascia e Bim Nera-Velino Rieti, Regione Marche, Regione Umbria, Regione Abruzzo, Regione Lazio, Camera di Commercio delle Marche, Camera di Commercio dell’Umbria, Camere di Commercio Gran Sasso d’Italia, Camera di Commercio Rieti-Viterbo, in sinergia con i 23 Comuni dell’Appennino centrale, partner dell’evento, Accumoli, Acquasanta Terme, Amatrice, Arquata del Tronto, Ascoli Piceno, Civitella del Tronto, Colledara, Comunanza, Esanatoglia di Narco, Force, Leonessa, Montefortino, Montegallo, Montemonaco, Norcia, Pieve Torina, Rieti, Roccafluvione, Rotella, Sant’Anatolia di Narco, Torricella sicura, Ussita, Venarotta, con la direzione artistica dell’Associazione Culturale Appennino up e Mete Picene.




L’ARRIVO DI UN NUOVO MEZZO

Sabato di festa per il comitato della Croce Rossa Italiana. Festeggiati il nuovo direttivo, i volontari di lungo corso e l’arrivo del nuovo mezzo

Giulianova, 1° luglio 2024. Quella di sabato 29 giugno è stata una giornata importante per il comitato di Croce Rossa di Giulianova. Nella sede dell’ associazione di via dei Pioppi, è stato festeggiato l’insediamento del nuovo direttivo, presieduto da Danilo Di Giancamillo e sono stati consegnati gli attestati delle croci di anzianità per i 15 e 25 anni di servizio. Significativa, inoltre, l’  inaugurazione di un nuovo mezzo di trasporto per disabili.

All’ eccezionale appuntamento, segnato da una triplice motivazione, hanno preso parte l’assessore alle Politiche Sociali Lidia Albani, che ha portato i saluti istituzionali, ed il Prefetto Vicario di Teramo Alberto Di Gaetano.  Presenti, inoltre, il consigliere regionale Marilena Rossi, i consiglieri comunali Paolo Calafiore e Marialuigia Orfanelli. Tra le autorità militari, il Maggiore Nicolò Morandi, Comandante della Compagnia Carabinieri di Giulianova, ed il Tenente di Vascello Alessio Fiorentino, Comandante della Guardia Costiera di Giulianova.

Alla cerimonia è seguita una partecipata conviviale.




NUVOLE NELL’ANIMA di Lina Colacillo

Un libro che spinge a riflettere sulle fragilità della vita

Torino, 1° luglio 2024. È uscito il libro “Nuvole nell’anima” di Lina Colacillo, scrittrice torinese, pubblicato da Buckfast Edizioni (2024). Un libro introspettivo che, senza giudizi, vuole far riflettere il lettore sulla vita e su come si può cercare di migliorarla.

I protagonisti del libro sono Alessio, Angela e Divina. Alessio è un giovane ventenne che soffre della sindrome di hikikomori: da tempo ormai ha cominciato a chiudersi in sé stesso, a non voler vedere nessuno e a vivere una vita vuota e priva di significato. Nulla più lo entusiasma, nulla gli crea interesse. Dorme di giorno, tenta di vivacchiare nella notte, incollato a videogames e computer, rinchiuso nella sua camera buia, trascurando sé stesso e tutto ciò che gli sta intorno. Con il passare del tempo, inizia a fare gesti ossessivi, quando – all’apice della crisi – un mattino all’alba si butta dal sesto piano. Miracolosamente si salva, nonostante le gravi fratture riportate nel corpo e nell’anima.

Comincia così un percorso di recupero fisico e psicologico che viene raccontato dal punto di vista della madre, Angela, che è disperata. Si chiede dove ha sbagliato, cosa poteva fare e cosa non ha fatto. Dove, lei e il marito, hanno fallito. Un giorno come tanti, in palestra, Angela incontra Divina e presto tra le due donne nasce una bella amicizia. Cominciano a frequentarsi, a uscire insieme e a raccontarsi a vicenda, con le loro domande e le loro preoccupazioni, facendo lunghe chiacchierate tra le vie della città di Torino e le sale dei caffè storici.

Le due donne si confidano reciprocamente: Angela racconta della sofferenza del figlio, che lei non ha saputo comprendere, e delle fragilità del marito Felice, padre assente e poco responsabile, seppur uomo in carriera. Divina, a sua volta, confida ad Angela la delusione che vive con il marito Dylan, un imprenditore faccendiere abituato a frequentare altre donne e a sminuire la moglie.

Molte nuvole offuscano le loro anime, ma alla fine, ogni destino avrà il suo compimento.

Una scrittura snella e asciutta, a volte cruda, racconta con lucidità le debolezze e le fragilità di due donne e di un ragazzo che non vogliono darla vinta al destino, e che percorrono con coraggio un difficile sentiero di rinascita.

“Ho voluto raccontare una storia reale, come tante se ne sentono parlando con le persone – spiega l’autrice. – La sindrome dell’hikikomori è una piaga sociale che si sta velocemente diffondendo anche in Italia e colpisce i ragazzi molto più di quanto si possa pensare. Ho parlato con insegnanti di scuola superiore che mi hanno raccontato quanto questo sia un fenomeno diffuso tra i ragazzi d’oggi. Gradualmente, si chiudono in sé stessi, si isolano, cominciano a non uscire di casa e a vivere una vita che non può essere definita tale. Manifestano, con il tempo, gesti nervosi e scatti violenti. Gli stessi genitori, anche se attenti, possono non comprendere subito la gravità di questo atteggiamento: pensano che sia una crisi adolescenziale, che prima o poi passerà, e non intervengono. Quando se ne accorgono, è troppo tardi. Difficile è riuscire a riprendere in mano la vita di questi giovani che non hanno più stimoli, ne interessi. Nulla più li entusiasma”.

“Mi sono immedesimata nella madre. Una madre “normale”, che lavora, e che affronta la vita con le sue debolezze e le sue fragilità. All’inizio non comprende la gravità e la sofferenza del figlio. Quando poi Alessio compie il gesto più grave, lei si mette in discussione, si pone delle domande, ma percorre questo viaggio da sola. Accanto a lei, un marito inesistente, dedito al lavoro ma non interessato alle dinamiche della famiglia – ruolo a cui è relegata la moglie. È una figura totalmente assente: pensaci tu, risponde alla moglie quando ci sono discorsi delicati da affrontare. Sei pazza, le dice quando lei prova a lamentarsi, salvo poi colpevolizzarla quando le cose vanno male”.

“Un giorno Angela conosce Divina e le due donne diventano amiche – aggiunge ancora Lina Colacillo. – Si raccontano le loro rispettive vita, senza omettere le difficoltà e le fragilità dei loro rispettivi rapporti famigliari. Ho voluto ambientare queste lunghe chiacchierate tra le vie più note della città di Torino e all’interno dei caffè storici della città, come Baratti & Milano, Pepino, Platti, il Bicerin e altri. Un modo per raccontare anche la città che mi ha adottata ormai da molti anni”.

“La figura maschile, nel mio libro, ne esce sminuita: non è volutamente un attacco generalizzato agli uomini, ma è il frutto di tanti racconti veri di amiche e conoscenti. Ho semplicemente raccontato figure maschili che, a mia volta, mi sono state tratteggiate con queste caratteristiche da molte donne. Uomini anche colti e istruiti, con un bel lavoro, affermati nella loro carriera, ma totalmente assenti nelle dinamiche famigliari e convinti che la gestione della famiglia e l’educazione dei figli sia un ruolo che compete solo alle mogli/madri e, marginalmente, alla scuola”.




L’INTERNATIONAL IMAGO FILM FESTIVAL SI SPOSTA

Grandi nomi per la terza edizione dal 27 al 3 agosto. Record di opere iscritte, più di 1800

Teramo, 1° luglio 2024. Giunto alla sua terza edizione l’International IMAGO Film Festival con la Direzione artistica di Claudio Rossi Massimi e l’organizzazione di Lucia Macale, si appresta ad aprire le porte per una full immersion di otto giorni nel magico mondo del cinema a Teramo dal 27 luglio al 3 agosto e proprio grazie agli ottimi risultati ottenuti nelle scorse edizioni, si sposta nel capoluogo di provincia e si arricchisce di ospiti e appuntamenti evidenziando la sua crescita sia nei contenuti che nella partecipazione. Il festival sarà presentato a Roma durante un happening tra esperti ed appassionati del settore che saranno presenti presso la Casa del Cinema il prossimo 3 luglio ore 17.00.

Oltre alle proiezioni il festival offre anche una vasta quantità di spettacoli dal vivo e concerti: la kermesse, infatti, vedrà un calendario fitto di proiezioni, quelle pomeridiane in lingua originale provenienti da tutto il mondo dalle 16.00 alle 20.00 proiettati nella Sala L’arca di Teramo; tutte le sere in Piazza Martiri della Libertà ci saranno proiezioni di film in concorso precedute dagli ospiti. Sono oltre 2800, addirittura più dello scorso anno, le opere iscritte che prevedono un grande lavoro di giuria per assegnare a film italiani e stranieri gli ambiti 14 premi.

Nelle scorse due edizioni molti e noti sono stati i cineasti che, da tutto il mondo, hanno partecipato al festival che ha ottenuto anche il riconoscimento del Ministero della Cultura Direzione Cinema.

Presenta ed intrattiene il pubblico, anche per questa edizione, la coppia nel lavoro e nella vita formata da Federico Perrotta e Valentina Olla con gli ospiti che saranno diversi per ogni serata; tra i tanti si annoverano anche Antonio Catania, Demo Morselli e Marcello Cirillo, Maria Grazia Cucinotta, Maurizio Mattioli. Inoltre, il 2 agosto ci sarà il concerto del Maestro Enrico Pieranunzi con il suo trio jazz, mentre per il 3 agosto è prevista la serata di gala con assegnazione dei premi e ospite Antonella Attili.

Le proiezioni sono sempre ad ingresso libero sia nel pomeriggio sia in piazza a Teramo, per il cinema sotto le stelle dalle 21.30.

Cos’è IMAGO?

La realtà IMAGO è nata a Roma nel 2000 per iniziativa di professionisti con grande esperienza nei settori del cinema e della televisione.

Nel corso degli anni ha prodotto più di 50 documentari di vario genere, per la maggior parte dedicati alla cultura, al turismo, alla storia, all’archeologia, all’ambiente e alle tradizioni popolari. Oltre a sit com, cortometraggi e due lungometraggi.

Dal 2000 è fornitore RAI Radio Televisione Italiana. Le prestigiose collaborazioni che IMAGO ha avuto nel corso degli anni includono, tra gli altri: Il Messaggero, A.C.L.I. (Associazione Cristiana dei Lavoratori Italiani). Unicef, Banca d’Italia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico Agostino Gemelli e molti Istituti di Cultura Italiana all’Estero. Nel 2015 IMAGO ha realizzato il lungometraggio La sindrome di Antonio, diretto da Claudio Rossi Massimi; il film è stato selezionato e proiettato in prima mondiale nella sezione KINO del Festival del Cinema di Roma. È stato inoltre selezionato tra i sei film italiani per N.I.C.E. Festival Internazionale del cinema di Mosca e San Pietroburgo; è stato finalista all’Oiff Turin Cinefest e, nell’aprile 2017, ha vinto il Festival Internazionale del Cinema di Imperia come Miglior film. La sindrome di Antonio ha anche ricevuto una menzione speciale all’Ariano Film Festival per i suoi dialoghi e la sceneggiatura.

Nel giugno 2017, IMAGO ha prodotto il documentario Papa Francesco, La mia idea di arte, un itinerario del Santo Padre nei Musei Vaticani, prima opera audiovisiva il cui soggetto è stato scritto da un Pontefice.

Nel 2021 IMAGO produce Il diritto alla felicità, girato tra Civitella del Tronto e Teramo. Il film, scritto e diretto da Claudio Rossi Massimi, riceve numerosi e importanti riconoscimenti internazionali. Ad oggi, infatti, ha ricevuto ben 44 premi da festival del cinema in Italia e nel mondo.

IMAGO organizza da anni l’Italian Film Days in collaborazione con gli Istituti di Cultura Italiana all’Estero.

In passato ha organizzato anche il Festival del Cinema Italo Azerbaigiano in Azerbaigian a Baku. In queste e altre sedi ha organizzato e organizza mostre dedicate alla storia del cinema.

Per info è possibile consultare il sito www.internationalimagofilmfestival.com, e seguire le pagine social alla voce @internationalimagofilmfestival.




SETTIMANA SOCIALE DEI CATTOLICI ITALIANI

Tre delegati a Trieste alla 50.ma  edizione

Sulmona, 1° luglio 2024. Con grande gioia la Diocesi di Sulmona-Valva annuncia la partecipazione di tre delegati alla 50^ Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, che si terrà a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024.

Sotto il tema “Al cuore della democrazia”, la Settimana Sociale riunirà centinaia di cattolici da tutta Italia per riflettere sul ruolo della Chiesa nella costruzione di una società più giusta e partecipativa. Un ricco programma di incontri, dibattiti, tavole rotonde e testimonianze animerà i giorni a Trieste, con la partecipazione di esperti di scuola, sport, salute, famiglia e conversione ecologica.

“È un’occasione importante per la nostra Diocesi per confrontarci con altre realtà ecclesiali e approfondire il nostro impegno per il bene comune”, afferma Mons. Fusco, Vescovo di Sulmona-Valva. “In un tempo caratterizzato da sfide e incertezze, la Settimana Sociale ci invita a riscoprire la forza della democrazia come strumento per costruire una società più inclusiva e solidale”.

Oltre ai momenti di riflessione, la Settimana Sociale darà spazio anche alla presentazione e alla visita di “buone pratiche”, ovvero iniziative concrete di impegno sociale promosse da realtà locali. Un’occasione preziosa per conoscere esperienze virtuose e trarne ispirazione per il proprio impegno sul territorio.

“La partecipazione dei nostri delegati sarà un’occasione per la nostra Diocesi di arricchirsi e di portare il proprio contributo alla riflessione comune”, conclude Mons. Fusco. “Confido che questa esperienza possa essere un seme fecondo per un rinnovato impegno nella costruzione di una società più giusta e fraterna a partire dal nostro territorio”.

Programma e relatori

La Settimana Sociale vedrà la partecipazione di numerosi relatori di alto profilo, tra cui Andrea Lucchetta, Marta Cartabia, Silvio Brusaferro e Lorena Bianchetti. Non mancheranno momenti di spettacolo con artisti come Riccardo Cocciante, Roberto Vecchioni, i Tiromancino e Simone Cristicchi.

L’apertura ufficiale avverrà il pomeriggio di mercoledì 3 luglio con il saluto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. I lavori si concluderanno domenica mattina 7 luglio con la Celebrazione Eucaristica presieduta da Papa Francesco.

Per seguire la Settimana Sociale

È possibile seguire la 50^ Settimana Sociale dei Cattolici Italiani sul sito ufficiale: Al cuore della Democrazia – Settimane Sociali




CORRERE PER ESSERE

La corsa degli zingari a Pacentro

di Franco Cercone

[Articolo di Franco Cercone, pubblicato in Rivista “D’Abruzzo”, Anno VII, N 26 Ed. Menabò Ortona – CH 1994]

Pacentro è un pittoresco paese della provincia dell’Aquila, arroccato alle pendici settentrionali del Morrone. Il castello medioevale che sovrasta il centro abitato ci parla del suo illustre passato e delle lotte insorte tra i Cantelmo e i Caldora per assicurarsene il possesso. La poca gente rimasta vive per lo più di agricoltura. I giovani sono occupati nel terziario oppure nelle fabbriche del nucleo industriale di Sulmona. Rilevante è tuttora il numero dei diplomati senza impiego.

L’8 settembre, in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna di Loreto, si svolge una singolare manifestazione che di anno in anno richiama un numero di spettatori sempre più numeroso

sia dall’Abruzzo che dalle regioni vicine.

Va subito chiarito che l’espressione zingari non deve trarre in inganno. Nel dialetto di Pacentro essa indica infatti chi cammina scalzo ed è stata coniata evidentemente in base all’osservazione costante che gli zingari andavano in giro con pochi indumenti addosso e soprattutto a piedi nudi, date le scarse possibilità che essi avevano in passato di poter acquistare delle scarpe.

Coloro che partecipano alla terribile gara sono contadini e operai del paese.

I figli delle persone benestanti e dei professionisti solitamente non si cimentano, anche se una delle ultime edizioni è stata vinta dal figlio del medico del paese che ha interrotto un secolare primato delle classi meno abbienti.

Il numero dei concorrenti non è mai rivelato dalla Confraternita della Madonna di Loreto che gestisce i festeggiamenti e diventa noto solo quando i giovani, verso le cinque del pomeriggio si radunano in località Pietra spaccata, un contrafforte roccioso di Colle Ardinghi, situato di fronte al paese e separato da quest’ultimo da una profonda gola in cui scorre il Vella, un torrente che scende precipitoso dalle falde della Maiella e che è ricordato da Ovidio nel terzo libro degli Amores.

Al primo rintocco di campana della chiesa della Madonna di Loreto gli zingari, a piedi nudi, e in pantaloncini e maglietta (indumenti forniti dalla stessa Confraternita), si gettano a capofitto lungo il ripido pendio del colle, cosparso ovunque di pietre, oltrepassando a valle il torrente Vella e puntando di nuovo a monte, in direzione di Pacentro, attraverso un sentiero che conduce direttamente alla chiesa.

Una folla enorme segue la corsa che si snoda lungo il tratto finale del percorso, lungo tre chilometri

circa. La maggior parte degli spettatori si accalca tuttavia attorno al sagrato di Santa Maria di Loreto, poiché l’altare della chiesa, il cui portale è lasciato aperto, costituisce il traguardo della emozionante gara.

Quando i concorrenti sono in prossimità della meta, gli spettatori (genitori e parenti, ma soprattutto le mamme), seguono passo passo, fino alla meta, gli zingarelli incitandoli a sopportare il dolore, spesso lancinante, dei piedi feriti, e cominciano ad oscillare, invasi da un crescente fermento, mentre

urla di entusiasmo si levano dalla folla allorché da una curva non lontana dalla chiesa si vede sbucare il primo concorrente. Con gli occhi dilatati dal dolore, provocato da un percorso quasi ordalico, il vincitore infila il portale e si inginocchia prima davanti all’altare, dopo di che si accascia stremato, seguito man mano dagli altri concorrenti che ripetono lo stesso cerimoniale.

A corsa ultimata viene chiuso il portale. Solo negli ultimi anni è stato permesso a studiosi e fotografi di restare nell’interno della chiesa e di assistere così ai momenti conclusivi della manifestazione.

La scena che si svolge assume a tratti toni drammatici e non facili da descrivere. Con i piedi cosparsi

di piaghe e sanguinanti, gli zingari giacciono sdraiati sul pavimento e si aiutano a vicenda, mentre il

dolore atroce dai piedi sembra propagarsi tutto sui loro volti. Un medico presta le prime cure alle ferite vistose, ma la sua azione è vanificata spesso dalle richieste di soccorso che si accavallano fra le grida concitate degli organizzatori impegnati ad accertarsi velocemente delle condizioni più o meno

gravi in cui versano gli zingari che hanno concluso la gara.

Sull’angusto piazzale antistante la chiesa la folla attende ansiosa che si riapra il portale e fa commenti sullo svolgimento della gara e sul vincitore.

Questi attimi di pausa ci permettono di aggiungere particolari importanti alla descrizione della manifestazione. La chiesa è dedicata, come si è detto, alla Madonna di Loreto ed un affresco eseguito nel tondo centrale raffigura, con una tecnica di esecuzione che ci ricorda quella degli ex-voto pittorici, la traslazione della Casa santa di Nazareth da Tersatto (Iugoslavia) a Loreto Marche. L’edificio sacro presenta caratteristiche tali da essere ascritto, come conferma un organo portativo coevo, al XVIII secolo e sorge in base a una tipica leggenda di fondazione dei santuari: una misteriosa donna, nella quale i fedeli riconosceranno in seguito la Madonna, si riposa proprio sul posto dove sarà eretta più tardi la chiesa.

La modesta facciata è movimentata da tre tondi a stucco e in quelli laterali sventolano fin dalla mattina della festa due tagli di stoffa avvolti a mo’, di bandiera su un’asta di legno. Tali stoffe sono di diverso colore e sufficienti a confezionare due vestiti da uomo.

Su ognuna di esse gli organizzatori appuntano un santino riproducente l’immagine della Madonna di Loreto. Questi tagli di stoffa costituiscono il cosiddetto palio, il premio cioè assegnato insieme a coppe, targhe ricordo e modeste somme di denaro, ai primi due classificati.

Durante la corsa i deputati alla festa sorvegliano affinché nessuno aiuti con spinte i partecipanti, a meno che per difficoltà sopravvenute durante il terribile percorso qualcuno di essi non dichiari espressamente di rinunciare alla gara. D’altro canto, una sorveglianza per così dire indiretta e reciproca viene effettuata dagli stessi tifosi appartenenti ai rioni in cui abitano i concorrenti, la cui contesa, alimentata da quei sentimenti intrattenibili che affiorano spesso nel blasone popolare, si esaurisce solo nell’ambito di una esperienza vissuta anche a livello ludico. Degna di nota al riguardo è la circostanza che a Pacentro non v’è un santo protettore ufficiale. Metà popolazione festeggia infatti la Madonna del Rosario e l’altra metà San Carlo Borromeo.

I “rosaristi” non fanno di conseguenza offerte per la festa di San Carlo e allo stesso modo si comportano i “carlisti” nella ricorrenza della Madonna del Rosario.

Fra le due fazioni si scatena così una gara per organizzare la festa più bella del paese e ad essa prendono parte, con cospicue rimesse, anche gli emigrati.

In passato, infatti, le rivalità esplodevano in modo violento durante la manifestazione e in una edizione della corsa svoltasi subito dopo la prima guerra mondiale, una persona venne accoltellata per aver aiutato, “con una spinta” nella parte finale della gara, un concorrente del proprio rione.

Ma torniamo, dopo questa necessaria parentesi, alla descrizione della corsa. Dai due tondi della facciata della chiesa vengono ammainati i palii, segno questo che sta per aver inizio la sfilata degli zingari. Si apre il portale. Il clamore crescente degli spettatori sommerge le note della marcia intonata dalla banda, mentre applausi ed espressioni di compiacimento fioccano sui primi due classificati che, seguiti come alfieri dal terzo e dal quarto, ricevono l’onore del trionfo. Portati a spalla da amici e parenti i quattro sfilano in ordine di arrivo lungo le strade principali del paese, preceduti dalla banda. Gli sguardi della folla sono puntati ovviamente sul vincitore della corsa. Sorreggendo l’asta su cui è avvolto il palio, egli viene portato a spalla dai suoi tifosi, seguito allo stesso modo dal secondo classificato. La sfilata termina nella casa del vincitore, dove si offre a tutti il vino attinto dalle caratteristiche conche di rame.

Non poche sono le considerazioni che suscita la corsa degli zingari, che secondo il giudizio dei vecchi del luogo si svolgerebbe da tempo immemorabile.

Come in altri episodi folcloristici, la ricerca delle origini non spiega però le funzioni del rito e l’elemento diacronico risulta il più delle volte sterile.

Per quanto concerne specificatamente l’area abruzzese, manifestazioni simili a quella di Pacentro dovevano svolgersi anche altrove, poiché si apprende da De Nino che: “a Rivisondoli, nelle feste principali, e a Pratola Peligna in San Rocco, è singolare la corsa dei ragazzi, dai sette ai dodici anni,

che nudi vanno a precipizio da un punto all’altro del paese per guadagnare un palio. E il piccolo vincitore poi, nudo, entra nella chiesa a ringraziare il santo”.

Analoga testimonianza è offerta da Tommolini per la festa della Madonna del fuoco nelle campagne di Pescara.

Benché le notizie siano insufficienti a stabilire utili raffronti, tuttavia occorre dire che anche in altre

località, in occasione di determinate ricorrenze religiose, si svolgono corse simili a quella degli zingari. Una notizia piuttosto vaga riguarda la corsa che i giovani eseguono ad Ottaviano di Napoli per la festa di San Sebastiano, o quella non competitiva che si svolge il 4 settembre a Cabras, in provincia di Oristano, nella vigilia della festa di San Salvatore in Sinis, dove i giovani del luogo, in tunica bianca, accompagnano “correndo scalzi” la statua del santo in una chiesetta campestre situata vicina al paese.

In passato partecipare alla corsa per conquistare il palio, cioè un vestito, doveva costituire certamente una motivazione non indifferente per gli zingari di Pacentro, appartenenti ai ceti sociali subalterni. Oggi le cose sono cambiate; questi giovani non camminano scalzi nei loro poderi coltivati con mezzi meccanici che essi stessi, con estrema perizia, guidano nei momenti della seminagione e dell’aratura.

Fra coloro che prendono parte alla competizione vi sono però anche operai che lavorano nel vicino nucleo industriale di Sulmona e che appena si staccano dalla catena di montaggio si riversano di nuovo sui campi per quell’insopprimibile esigenza di contatto con la terra che purifica e rigenera, poiché una tuta e un capannone non sono sufficienti di per sé a trasformare un contadino in operaio.

Altri concorrenti sono invece artigiani o persone che svolgono i più disparati mestieri, anche come emigranti all’estero. È il caso di Mario Raso vincitore negli anni passati di parecchie edizioni della corsa che ogni anno tornava da Berlino e rivelava con grande semplicità di non correre per una particolare forma di devozione verso la Madonna di Loreto, ma per una ragazza del paese di cui era innamorato. Le sue parole richiamano alla memoria il noto passo del Ramo d’oro, in cui Frazer descrive le gare di corsa per la sposa che, in altri tempi, si svolgevano un po’ ovunque in Europa. Si sa però con quanta circospezione vanno fatti tali accostamenti, poiché sotto il profilo antropologico si corre il rischio di assemblare episodi dalle funzioni diverse, sia sul piano sincronico che su quello diacronico.

Comunque, e ciò è veramente straordinario, c’è qualcuno in un angolo sperduto dell’Abruzzo che alle soglie del duemila “corre per amore” ed almeno in un giorno dell’anno offre una dimostrazione di forza e di vitalità nei confronti di altri giovani che non sono in grado, per costituzione fisica o per educazione, di cimentarsi in una incredibile corsa in cui gli zingari di Pacentro riscattano un anno di

anonimato, trascorso nel duro lavoro quotidiano. E ciò che è straordinario è che essi corrono non per avere, ma per essere.

Franco Cercone.




HO BISOGNO DI TE

Beniamino Cardines vince il Premio Letterario Nazionale Il silenzio uccide 2024 contro la violenza di ogni genere

Pescara, 1° luglio 2024. Sabato 29 giugno a Roseto degli Abruzzi presso la Villa Comunale, si è svolta la cerimonia di premiazione del Premio Letterario Nazionale “Il silenzio uccide 2024”. Premio organizzato dall’Associazione Il Guscio Aps, che sensibilizza contro la violenza di ogni genere.

Vince il primo premio assoluto lo scrittore e giornalista abruzzese Beniamino Cardines con il racconto “Ho bisogno di te”. Ricordiamo che l’autore pluripremiato, da anni al centro di una intensa programmazione tra letteratura sociale e scrittura creativa, è stato proclamato lo scorso anno da LFA Publisher (Italia-Spagna) “Autore dell’anno 2023” al Salone Internazionale del Libro di Torino. Inoltre, il suo ultimo libro “Sirena Bambina” pubblicato da ES/SanPino Edizioni di Torino è  stato inserito nel prestigioso catalogo della Diffusione San Paolo 2023. 

Andreina Moretti, presidente ass. Il Guscio: “La nostra Associazione è impegnata attivamente nella lotta alla violenza contro le donne e di ogni genere. Tra le attività di sensibilizzazione è nato il premio letterario, che offre la possibilità a chiunque di esprimere il proprio pensiero su questa dolorosa piaga sociale, in modo particolare i giovani. Vogliamo combattere anche con le parole, qualunque forma di violenza. Un concorso letterario quindi, che dà spazio, non solo agli scrittori affermati, ma anche a tutte quelle persone che vogliono raccontare una storia. È nata così l’antologia Il silenzio uccide giunta oggi alla quarta edizione.”

Beniamino Cardines, scrittore: “Scrivo per tradurre in emozioni e forza la vita e le sue contraddizioni. Per accendere fari sugli angoli bui della realtà. Questo racconto è parte della raccolta pluripremiata Cleopatra o Meryl Streep? ancora inedita. Una storia senza nessuna pietà, tragica crudele dolorosa. Una storia ferita e senza cuore, in cui i protagonisti sembrano arrendersi alla sopraffazione della violenza e del dolore. Il mostro è assente, restano le sue mani a parlarci di strappi e di degrado umano. Un uomo violento nei confronti della moglie, della suocera, del figlio unica voce ad avere il coraggio della denuncia, della verità, del riscatto, dell’amore che guarisce. Impossibile restare indifferenti.”




TOLTA ANCHE LA SPIROMETRIA

Continua la spoliazione dell’Ospedale Val Vibrata,  Zunica – Italia Viva Val Vibrata

Sant’Omero, 1° luglio 2024. Sei un cittadino della Val Vibrata e hai bisogno di una Spirometria? Da qualche settimana all’Ospedale di S. Omero non la puoi fare più.

Ora, anche per questo semplice ma importante esame pneumologico, almeno per il momento, bisogna spostarsi dalla Val Vibrata ed andare ad Atri o a Teramo, con tutti gli inconvenienti del caso, a cominciare dalle liste di attesa. 

Tra l’altro, a scanso di equivoci, l’apparecchio a supporto della suddetta attività in dotazione da tempo all’ospedale vibratiano è stato trasferito, dicono temporaneamente, presso l’Ospedale di Atri.

Insomma, dopo la soppressione delle due Unità Operative Complesse di Chirurgia e Ostetricia – Ginecologia e quindi di quelli che una volta chiamavamo “Primari”, continua il lento ma inesorabile declino dell’Ospedale Val Vibrata

Come è possibile che un comprensorio come la Val Vibrata, che tra l’altro esprime l’Assessore regionale D’Annuntiis ed il consigliere regionale di maggioranza Di Matteo, venga trattato in una simile maniera, in un settore così importante quale quello della Sanità?

Nei fatti è evidente come i membri vibratiani di questa maggioranza regionale, dopo aver votato favorevolmente alla soppressione delle due unità operative complesse, continuino a non farsi carico di difendere il proprio territorio e quindi gli interessi e i diritti dei propri concittadini.

A tutto ciò si aggiunge il fatto che per il nostro Ospedale non si intravede nemmeno alcuna seria prospettiva per la carenza di personale, soprattutto medico, che, nei reparti di Cardiologia, Pediatria e Rianimazione, è grave. 

Italia Viva lancia un appello a tutta la politica e a tutti i cittadini vibratiani, affinchè si uniscano al nostro grido di sdegno e di protesta nei confronti di queste decisioni scellerate e drammatiche che continuano a penalizzare il nostro Ospedale e la nostra vallata.

“Dopo il declassamento dell’Ospedale di Sant’Omero, dopo il ridimensionamento della Riabilitazione Territoriale di Nereto, ora è la volta della Spirometria. Quelle che vengono chiamate razionalizzazioni sono in realtà tagli ai servizi sanitari per i cittadini della Val Vibrata, nell’assordante silenzio dei rappresentanti vibratiani dell’attuale maggioranza in Regione.” – conclude Elvezio Zunica membro del coordinamento di Italia Viva Val Vibrata.




UNALTROTEATRO: LA STAGIONE TEATRALE 2024/25

La presentazione per il Cinema Auditorium Zambra di Ortona

Ortona, 30 giugno 2024. Con il claim “Dove tutto è” la compagnia Unaltroteatro di Arturo Scognamiglio e Lorenza Sorino ha annunciato il programma della stagione teatrale 2024/25 con una conferenza stampa che si è rivelata più una festa, ieri sera, presso il Cinema Auditorium Zambra di Ortona (Ch): “per questa terza stagione – hanno spiegato – abbiamo scelto uno slogan che crediamo possa raccogliere in sé e restituire appieno il carattere multidisciplinare che Unaltroteatro è riuscito a imprimere nei primi due anni di lavoro quotidiano in un luogo che è partito da zero dal momento della restituzione alla cittadinanza. Teatro, Cinema, Formazione, eventi, mostre d’arte e fotografiche, presentazioni di libri e incontri con autori, registi, produttori, si sono avvicendati con grande naturalezza. Dopo una splendida e partecipata stagione teatrale ci auguriamo che anche quella che ci accingiamo ad accogliere possa piacere al pubblico, e anticipiamo che oltre agli spettacoli ci saranno tante altre attività che comunicheremo di volta in volta”.

La stagione teatrale, che si estenderà fino ad aprile 2024, taglierà il nastro il 26 Ottobre con “Azzurro – stralci di vita” tratto dall’omonimo libro di Curzio Maltese di Paola Conti con Antonio Catania, la scrittura di Maltese si sposa alla perfezione con la musica di Nicola Piovani; spettacolo di Viola Produzioni – Centro di produzione teatrale.

Il 9 novembre sarà la volta de “Il Dio del massacro” di Yasmina Reza, diretto e interpretato da Michele Cipriani, Arianna Gambaccini, Saba Salvemini, Annika Strøhm, realizzata con il supporto di TRAC_Centro di residenza teatrale pugliese e Tex_il Teatro dell’ExFadda oltre che con la collaborazione del Comune di Pergola e la compagnia teatrale Malalingua: un viaggio  nelle relazioni famigliari e sociali, fitte di contraddizioni e paradossi.

Il 15 dicembre è la volta de “La neve del Vesuvio” dall’omonimo romanzo di Raffaele La Capria con Andrea Renzi: produzione della Casa del Contemporaneo, Teatri Uniti, mTeatro Mercadante, Teatro Stabile di Napoli; una neve fugace e meravigliosa come l’infanzia, spinge con leggerezza verso un essenziale contatto con la parte  infantile delle persone, una rara esperienza di equilibrio tra grazia e ragione, tra fantasia e verità.

Il 22 febbraio sarà Elisa Di Eusanio, abruzzese nota soprattutto per DOC insieme a Luca Argentero con il suo “Club 27” a calcare la scena dell’Auditorium Zambra: voce, interpretazione e regia sono della stessa attrice che parte dai grandi artisti morti a ventisette anni per raccontare il dolore delle dipendenze, delle anime fragili e della paura che mangia vite.

Il 22 Marzo “ESAGERATE! Più che un aggettivo un’esortazione”, di e con Cinzia Spanò di Effimera Produzioni, porterà sul palco una Stand Up Comedy che, intrecciando numeri, dati, storia, sacro e profano, intende divertire, indignare e soprattutto “mettere i puntini sulle i” perché le vie dedicate alle donne sono solo il 4%, se ne esigono di più.

L’11 aprile 2025 si chiuderà la stagione teatrale con l’ode alla gioventù e alla vita “Io e tu” di Lauren Gunderson con Aurora Spreafico e Derli Do Rosario Soares di Viola Produzioni – Centro di Produzione Teatrale: al centro dello spettacolo i diciassettenni che s’interrogano sulla morte, sui misteri della vita, sull’eroismo della poesia e proprio con le armi della poesia, apparentemente noiosa, si svela un mistero molto più profondo che li unisce.

È possibile fare l’abbonamento: per info e prenotazioni chiamare il 3454367809 o mandare una mail a segreteria@cinemauditoriumzambra.com.




CENTO ANNI PER ELVIRA

La signora Marinucci ha festeggiato il 26 giugno scorso

Giulianova, 30 giugno 2024. Autonomia, perseveranza e una dieta varia, i punti di forza della sua longevità. Il Sindaco Jwan Costantini le ha portato gli auguri e l’abbraccio di Giulianova.

Un traguardo tagliato con gioia e in perfetta forma. La signora Elvira Marinucci ha compiuto 100 anni il 26 giugno e li ha festeggiati ieri, stretta dall’affetto dei familiari, dei tanti amici, dei vicini di casa. La sua casa,  in piazza Marà, un luogo che in serata è stato animato da una bella festa estiva e che, durante la settimana, da sempre, è spazio di serena attività quotidiana, di operosità e di incontro.

Ieri, il Sindaco Jwan Costantini le ha fatto visita, per salutarla, farle gli auguri e regalarle una pergamena che testimonia della stima e della simpatia dell’ Amministrazione Comunale e della Città.

Elvira Marinucci, sarta negli anni giovanili, è un modello straordinario di autosufficienza, determinazione  spirito di iniziativa. La signora conduce una vita in totale autonomia. La malattia l’ha sfiorata raramente. Anche il Covid, affacciatosi con sintomi lievi, è battuto in ritirata. Elvira cucina, si lava da sé, coltiva interessi ed  amicizie. Il suo piatto preferito, i peperoni in padella, che consuma abitualmente, spesso accompagnati da frittata. Non disdegna la carne, costolette comprese, mangiate a cuor leggero e senza togliere il grasso.

Un esempio, il suo, che farebbe arrossire il popolo dei salutisti, ma che conta e vale,  soprattutto,  per il messaggio di positività e vitalità che continua a trasmettere.




AL SINDACO DI PESCARA

Pescara, 30 giugno 2024. Le sottoscritte associazioni sono venute a conoscenza di un ordine di abbattimento per  61 alberi adulti in viali ed altri luoghi storici della città di Pescara che l’Amministrazione Comunale ha emanato già nel  dicembre 2023. Tale ordine sarebbe entrato nella fase attuativa con il contrassegno in loco degli esemplari da abbattere.

Le sottoscritte associazioni ritengono che ogni cautela debba essere assunta ed ogni ricerca di pratiche alternative vada esperita prima di arrivare a tagli  che impoveriscono l’intera città privandola di alberi storici, dispensatori di benessere urbano e significativa componente della sua immagine identitaria, oltre che della sua gradevolezza, decisiva anche per la sua attrattività turistica.

Come già in passato, attraverso consulenze tecniche e pareti di illustri cattedratici, le associazioni sono disponibili ad un confronto anche nel merito tecnico delle scelte comunali al fine di trovare una soluzione equilibrata che  circoscriva il taglio agli elementi irrecuperabili, per favorire, d’altra parte,  una consapevole conservazione dell’importante patrimonio vegetale cittadino.

A tal fine  le sottoscritte associazioni chiedono di essere convocate con i propri tecnici di fiducia per poter fornire il proprio contributo  attraverso il confronto con le istanze tecniche e politiche preposte sia nel merito della questione attuale, per la quale si ravvisano i caratteri dell’urgenza,  sia sul metodo col quale affrontare la manutenzione del sistema del verde urbano.

Tale istanza partecipativa è prevista anche dal vigente Regolamento comunale per il verde.
Un confronto come quello da noi proposto può inaugurare la consiliatura appena rinnovata con una diversa apertura all’associazionismo civico che,  a vario titolo, pone il tema dell’ambiente e della identità urbana.

Italia Nostra Sezione “L. Gorgoni” Pescara

Archeo Club d’Italia sede di Pescara

Touring Club Italiano Club di territorio di Pescara

Co.N.Al.Pa Delegazione Pescara-Chieti

Ville e Palazzi Dannunziani




RISOTTO CON CREMA DI ZUCCHINE E SOTTILETTE DI FORMAGGIO

Chieti, 30 giugno 2024. È un risotto vegetariano, facile da preparare, gustoso e cremoso, con l’aggiunta della sottiletta di formaggio.  La ZUCCHINA è un ortaggio generalmente verde e dalla forma allungata che si trova tutto l’anno. Le proprietà nutrizionali sono molte: proteine, carboidrati, lipidi, vitamine A/C/E/K e fibre, che aiutano a promuovere la regolarità intestinale, a ridurre il rischio di cancro al colon e, a controllare l’assorbimento di colesterolo e zuccheri.

INGREDIENTI PER DUE PERSONE

riso carnaroli 160 g

zucchine 200 g

Sottilette (fettine di formaggio fuso) al parmigiano 125 g

parmigiano grattugiato 20 g

burro 15 g

brodo vegetale 1/2 l

Olio extravergine di oliva 2 cucchiai -16 grammi

Timo q.b.

Pepe nero q.b.

Sale fino q.b.

PROCEDIMENTO

Preparare il brodo vegetale con i classici ingredienti. In un tegame antiaderente, far rosolare nell’olio extravergine di oliva per qualche minuto, le zucchine tagliate a rondelle. Successivamente toglierle dal tegame e frullare nel mixer, per creare la crema. Mettere però sei rondelle da parte per guarnire il piatto Tagliare finemente la cipolla e farla appassire lentamente nello stesso tegame, quindi tostare il riso per qualche minuto. Cucinarlo per circa 20 minuti e quando il liquido sarà assorbito, bagnarlo con un mestolo di brodo vegetale. A metà cottura, unire la CREMA di ZUCCHINE.   Quando il riso è cotto, spegnere la fiamma e mantecarlo, (operazione fondamentale, per renderlo cremoso e vellutato), per circa due minuti, nel tegame chiuso con il coperchio, con burro, metà del parmigiano grattugiato, sottilette, una macinata di pepe e timo, (se graditi). Quindi, mescolare energicamente il risotto, aggiungere l’altra metà del formaggio parmigiano grattugiato per insaporirlo ancora di più. Disporlo nei piatti, con le zucchine rosolate e buone da mangiare, come elementi decorativi, in modo che risulti gradevole alla vista.

Accompagnare con un vino bianco fresco.

Luciano Pellegrini




IL BENE NON SI FA PER APPARIRE O PER TORNACONTO

Il bene si persegue nel silenzio, con umiltà e garbo

di don Rocco D’Ambrosio

Globalist.it, 30 giugno 2024. Noi ci agitiamo molto, facciamo molto rumore, vogliamo che i media amplifichino, da FB alla TV, quel poco di bene che realizziamo. Così non va: dobbiamo bandire i rumori

Il Vangelo odierno: In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.

Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare (Mc 5,21-43 – XIII TO/B).

Mi ha sempre molto affascinato pensare a cosa sia successo in quei pochissimi secondi: una donna, che soffre di perdite di sangue, tocca Gesù, una forza esce da Lui e ferma il flusso di sangue, guarendola, Gesù vuole incontrare colei che lo ha toccato. Un miracolo potente e rapido; nella sua prima fase anonimo e silenzioso: la donna pensa tra sé e sé, vuole toccarlo nel caos della folla senza presentarsi a Lui, Gesù sente di essere toccato ma non la vede.

“Il bene non fa rumore e il rumore non fa bene” (“Good does not make noise, and noise does not do good”, diceva Louis Claude de Saint Martin) o nella saggezza cinese: “Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce” (frase attribuita a Lao Tzu, filosofo cinese del IV sec. a.C) Il bene non fa rumore, in questo è antipolitico, nel senso che la politica contemporanea fa molto rumore per quel poco di bene che realizza e ne fa ancor di più per il bene che promette e non realizza. Soprattutto quando, tra i leader di tutte le istituzioni, religiose e laiche, ci sono anche (non solo, grazie a Dio) commedianti spocchiosi e ignoranti, quanto incapaci. Il bene, quel flusso vitale da Gesù alla donna, non ha fatto nessun rumore, come anche non ha fatto rumore quando Gesù ha guarito la figlia di Giairo, rimproverando i presenti per il loro agitarsi e piangere.

Noi ci agitiamo molto, facciamo molto rumore, vogliamo che i media amplifichino, da FB alla TV, quel poco di bene che realizziamo. Così non va: dobbiamo bandire i rumori, lavorare contro l’inquinamento acustico (e non solo), riscoprire il valore del bene segreto, non suonare la tromba ogni volta che operiamo il bene, amare il segreto e il silenzio. “E il Padre tuo – dice Gesù – che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 5). Apprezzare sempre più il valore della riservatezza, segretezza, umiltà e garbo… E nel silenzio gioire del bene che facciamo!

E il problema, qui, non è politico ma interiore. Dipende dalla personale dedizione – commitment la chiamano gli inglesi – cioè dal come rispondiamo alla domanda: ma per chi o cosa faccio il bene? Per me? Per apparire? Perché parlino di me? Per un tornaconto economico? O per gli altri? Per il loro concreto bene? Per gloria di Dio? Perché gli altri vedano questo bene e rendano gloria al Padre che è nei Cieli (Mt 5)? Senza rumore. Senza chiasso. Senza social. ”Good does not make noise, and noise does not do good”.




UNA NUOVA STAGIONE DI PARTECIPAZIONE

Monsignor Renna alla cinquantesima  Settimana Sociale

PoliticaInsieme.com, 30 giugno 2024. Mancano pochi giorni all’inizio della 50esima Settimana Sociale dei cattolici in Italia, che ha scelto di affrontare il tema cruciale della partecipazione come strumento fondamentale per la costruzione di una società democratica, più giusta e solidale.

Il 3 luglio in Piazza Unità d’Italia a Trieste sarà il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ad aprire i lavori. Mille delegati da tutta la Penisola saranno impegnati in laboratori composti da gruppi di 20 persone che consentiranno di rielaborare esperienze e contenuti in vista di una prospettiva comune che aiuti tutti ad andare “Al cuore della democrazia” e a sviluppare la partecipazione. Ai laboratori della partecipazione si affiancheranno relazioni tematiche e opportunità offerte a tutti gli ospiti non delegati, come ad esempio la visita dei Villaggi delle Buone pratiche e le Piazze della Democrazia. A chiudere i lavori della Settimana sociale sarà Papa Francesco che, alle 10,30 del 7 luglio in Piazza Unità d’Italia, presiederà la concelebrazione eucaristica.

Il Comitato scientifico Organizzatore della Settimana sociale  è presieduto dall’arcivescovo di Catania mons. Luigi Renna, che ha risposto alle nostre domande. Mons. Renna, con la sua esperienza e profonda conoscenza delle dinamiche sociali, ci ha offerto una visione illuminante su come la partecipazione possa trasformare le nostre comunità e sul ruolo che ogni cittadino può giocare in questo processo, con un particolare focus sul mondo dei giovani.Tre parole pensando a Partecipazione: «Speranza, fatica, necessità.»

Ascoltiamo i giovani, sono il presente della nostra società

Quali ritiene possano essere le maggiori difficoltà che i giovani incontrano quando cercano di impegnarsi attivamente nella società e nella politica?

I giovani non incontrano una società che parla di meritocrazia o delle persone pronte a promuovere i loro talenti. A volte si cercano semplicemente dei giovani che siano disposti a condividere un progetto che altri hanno pensato per loro e questo naturalmente blocca la realtà e la ricchezza più grande che ha una persona: la sua fantasia, i suoi desideri, il desiderio di mettersi in gioco, anche di rischiare fino al sacrificio. Tante volte i giovani trovano il posto già occupato da chi vuole volare basso, da chi non vuol prendere il largo; allora incontrano purtroppo poca lungimiranza da parte di noi adulti. Se tutti quanti ci ricordassimo del grande insegnamento di Socrate, che parla di una maieutica che fa venir fuori il meglio di una persona, i giovani rigenererebbero la nostra società e si sentirebbero valorizzati».

I recenti dati sulle elezioni europee mostrano un alto tasso di astensionismo. Quali sono, secondo lei, le principali cause di questo fenomeno? Come si può intervenire per combattere questa apatia?

«I giovani sentono che le grandi narrazioni, che entusiasmano la vita e che entusiasmano i progetti, sono finite in mano di pochi e non osano pensare in maniera diversa il loro presente e il loro futuro. Vedono una grande distanza tra la loro vita quotidiana e le decisioni che si prendono nel Parlamento, in questo caso nel Parlamento Europeo. Invece dovrebbero comprendere che le decisioni li riguardano profondamente, perché alcune linee vengono proprio da Strasburgo, da Bruxelles. È molto importante che anche i politici stessi, una volta eletti, siano presenti nei territori e che tutti coloro che vogliono educare e che vivono già questo compito sollecitino i giovani a vedere quali legami e corrispondenze vi siano tra il loro presente, il loro futuro, la loro quotidianità e tutto ciò che riguarda la politica, che è un’organizzazione del bene e del futuro. Come fare? Parlarne, parlarne tanto, creare dei legami, provocare. Quando Papa Francesco dice ai giovani di fare rumore, non li invita alla sovversione, al caos; li invita a riprendere in mano il proprio posto perché loro non sono il futuro della società ma il presente. Bisogna far sì che i giovani facciano rumore, bisogna provocarli tanto e bisogna che essi stessi si affaccino nelle istituzioni. E noi dovremmo ascoltarli di più.»

Più volte lei, Eccellenza, è intervenuto sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale e la diocesi di Catania è stata sede di diverse importanti iniziative sul tema. Possono, e se sì come, le nuove tecnologie facilitare i processi di partecipazione?

«Il rischio della tecnologia può essere quello di isolare la persona, almeno isolarla in una relazione di prossimità, in un dialogo di prossimità che vada al di là del mezzo che si ha a disposizione. Per cui io credo che l’intelligenza artificiale e ogni altro mezzo di comunicazione vadano utilizzati in una cosiddetta modalità mista: cioè ci devono servire ma poi ci devono portare a incontrarci di persona, a confrontarci e a scontrarci, con molta educazione. È molto importante non sostituire con l’intelligenza artificiale e con i mezzi tipicamente tecnologici quello che è il rapporto personale, il rapporto con gli altri, con un gruppo, perché è questo che genera partecipazione ed esalta la nostra umanità permettendo ad essa di maturare».

Quali sono gli obiettivi principali di questa cinquantesima edizione delle Settimane Sociali?

«La Settimana Sociale vuole essere un laboratorio di discernimento. I cattolici di tutta Italia si incontrano, anzitutto, per dialogare e per dialogare su temi che li vedano già impegnati. Per questo non solo l’importanza delle grandi relazioni ma anche delle piazze della democrazia, dove ci si confronterà su quelle tematiche che ci appassionano ogni giorno e che ci interpellano perché siamo chiamati a dare il nostro contributo con grande umanità al bene comune. Spero semplicemente che rinasca una nuova stagione di partecipazione per la democrazia, superando da una parte le nostalgie del passato e dall’altra le paure per il momento presente».

Pubblicato su https://www.prospettive.eu/




COLIBRÌ ENSEMBLE: PRESENTATA LA STAGIONE 2024-2025

Solisti prestigiosi, concerti sinfonici e la novità di Opera e Balletto

Pescara, 30 giugno 2024. La dodicesima stagione dell’Orchestra da Camera di Pescara prevede 14 appuntamenti in cartellone, da ottobre ad aprile 2025. Il Colibrì Ensemble ha presentato la Stagione Concertistica 2024-2025, svelando il cartellone dei 14 appuntamenti in calendario, a partire da ottobre 2024, fino ad aprile 2025.

Una stagione con un’offerta oltremodo ampia e in grado di rivolgersi ad un pubblico eterogeneo, spaziando dalla musica sinfonica, a quella da camera, dal barocco, al Novecento, dal jazz, all’opera e al balletto.

Grande spazio viene riservato all’orchestra, che sarà sul palco in ben 13 occasioni, ma non mancano di certo ospiti di prestigio. Guardando dall’alto possiamo contare infatti oltre venti solisti, tra i quali spiccano, solo per citarne alcuni, il celebre pianista Alessandro Deljavan, il primo flauto dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Andrea Oliva, il Premio Paganini Giuseppe Gibboni, il primo clarinetto del Teatro alla Scala Aron Chiesa, il pianista Leonardo Pierdomenico, il bandoneonista Massimiliano Pitocco.

Il cartellone propone diverse tipologie di concerti e spettacoli, indicati dai quattro colori della stagione: 9 sono gli appuntamenti Classical dedicati alla musica nella forma di concerto tradizionale, due di questi sono all’interno della Serie Beethoven “Beeth’up to nine”, ovvero l’integrale delle Sinfonie.

Si aggiungono quindi tre appuntamenti denominati Emmet Concert dal nome del Music Club (Emmet Club) inaugurato lo scorso anno, che ha già riscosso grande successo. Si tratta di concerti con un diverso sguardo e un’apertura ad altri generi e suoni volti a contaminare il format del concerto standard.

Gli eventi speciali della stagione sono racchiusi nei due appuntamenti che vedono in programma un balletto e un’opera.

L’opera e il balletto sono di fatto le grandi novità di questa edizione. La lirica sarà protagonista con il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini all’Auditorium Flaiano, mentre l’unico appuntamento che si svolgerà al Teatro Circus sarà il balletto Lo Schiaccianoci di Tchaikovsky. Per l’occasione il Colibrì inaugurerà una interessante collaborazione con il Centro Danza Art Nouveau de L’Aquila a cui si aggiungeranno solisti provenienti dal Teatro San Carlo di Napoli e dal Teatro Massimo di Palermo.

«Mettere in cartellone un’opera lirica è una richiesta che il nostro pubblico ci fa da diverso tempo – spiega il direttore artistico, Andrea Gallo-. L’opera sarà per noi un’esperienza nuova che abbiamo voluto unire a quella del balletto Lo Schiaccianoci dopo il grande successo riscosso dalla suite dello scorso anno».

Il genio di Tchaikovsky è presente non solo per via del balletto, ma anche per la sua meravigliosa musica sinfonica. Colonne portanti della stagione saranno infatti due suoi celeberrimi concerti per solista e orchestra: quello per pianoforte in apertura di stagione, affidato a Alessandro Deljavan, e quello per violino che vedrà il Premio Paganini Giuseppe Gibboni nuovamente insieme al Colibrì.

Scorrendo il cartellone ci si imbatte in musica di ogni epoca e di ogni genere.

«Il viaggio nel tempo è una delle tematiche di questa stagione» – spiega infatti il direttore artistico.

Ci si perderà “Nell’iride del Novecento”, concerto nel quale compaiono le più variegate forme, suoni, ritmi e contaminazioni che hanno segnato il secolo scorso con autori quali Stravinsky, Gulda, Cage e Berio. Ma il tempo è anche quello che attraverserà la storia del Tango, ne “Il tango fino a Piazzolla”.

«Con il concerto Brandebur… Gap avremo l’impressione di convivere in due epoche, – continua Gallo – di sovrapporre due frequenze come quando una volta si cercava una stazione della radio girando la manopola. Ne deriverà un salto nel tempo, un gap, pilotato dal suono della chitarra elettrica di Christian Mascetta che, come un booster, ci farà viaggiare più veloci della luce, per poi farci ritornare nel mondo di Bach».

Il concerto di chiusura, come sempre, è quello con l’organico più ampio e avrà in programma un capolavoro come Quadri di un’esposizione, composizione originariamente scritta da Mussorgsky per pianoforte e mirabilmente orchestrata dal genio di Ravel. Ma la perla di questa chiusura sarà la presenza di Andrea Oliva, uno dei musicisti italiani più prestigiosi al mondo, eccezionale flautista, primo flauto dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Suonerà il Concerto di Khachaturyan originale per violino che pochi flautisti al mondo hanno il coraggio di affrontare.

Nel corso dell’anno, il Colibrì continuerà anche muoversi sul territorio con concerti e repliche previste in Abruzzo a L’Aquila, a Teramo presso la stagione de “La Riccitelli”, a Celano in “Celano Classica” e anche fuori regione nel cartellone di “Umbria Classica”.

«Nel corso della stagione il Colibrì sarà impegnato anche in alcuni progetti discografici – spiega la Presidente Gina Barlafante – uno dei quali per l’etichetta Brilliant con un programma interamente dedicato a Beethoven con la settima sinfonia e il quinto concerto per pianoforte con un’eccellenza del territorio, Leonardo Pierdomenico con il quale si è ormai instaurata una fortunata collaborazione».

L’orchestra può contare su un pubblico in grande ascesa, la campagna abbonamenti è già a buon punto e vede rinnovati ormai quasi tutti gli abbonamenti. È possibile effettuare l’acquisto online sul sito Diyticket.it o presso i punti vendita in città.

Virginia Gigante




CENTO MELE ROSSE E NOVE PERFORMERS

A Funambolika arriva “Smashed”, lo spettacolo cult applaudito in tutto il mondo.

Pescara, 30 giugno 2024. Lunedì 1° luglio, nell’unica data italiana, al Funambolika sarà la volta della compagnia Gandini Juggling, con il suo attesissimo spettacolo “Smashed”. La XVIII edizione del Festival Internazionale del Nuovo Circo ideato da Raffaele De Ritis e prodotto dall’Ente Manifestazioni Pescaresi, dopo aver ospitato in apertura lo spettacolo “Puccini Dance Circus Opera, per coro di corpi e strumenti”, si conferma ancora una volta come una delle rassegne più amate dal pubblico pescarese.

“Smashed”, spettacolo cult che si terrà al Teatro Massimo di Pescara con inizio alle ore 21.15, ha già superato le 4000 rappresentazioni in tutto il mondo e celebrerà il ventennale dalla fondazione della compagnia inglese Gandini Juggling, confermandosi come una delle realtà di circo contemporaneo più prestigiose al mondo.

In questo lavoro pionieristico, Sean Gandini ha messo insieme nove giocolieri internazionali tra i più talentuosi, trasformandoli in danzatori: Iñaki FERNANDEZ SASTRE, Tedros GIRMAYE, Doreen GROSSMANN, Jose TRIGUERO, Tom NEYRET, Harm VAN DER LAAN, Cecilia ZUCHETTI, Antoni (Antek) KLEMM e Niels SEIDEL. Lo spettacolo è un omaggio alla celebre coreografa Pina Bausch e al suo Tanztheater attraverso un Tanzjonglage con nove straordinari giocolieri che ricreano una serie di immagini dal sapore cinematografico ispirate alle coreografie della Bausch. Sean Gandini ha sempre riconosciuto il suo debito verso la grande coreografa tedesca, creatrice del teatro-danza.

Introdotto da un centinaio di mele che adornano il palco in una griglia attentamente formata, “Smashed” “gioca” al Tanztheater, alternando crudeltà, umorismo e senso dell’assurdo, per condividere con il pubblico un’esperienza di complicità e divertimento che celebra l’unione perfettamente riuscita tra giocoleria e danza. Sul palco, gesti quotidiani in perfetto unisono, ripetuti minuziosamente con precisione ipnotizzante, artisti che sfilano in parata, sedie, tacchi alti, momenti di arguzia e umorismo ironico.

“Smashed” nasce in concomitanza con la residenza della compagnia al National Theatre di Londra e rappresenta il culmine di una continua indagine di Sean Gandini sul rapporto tra giocoleria, danza e teatro, grazie anche alla lunga collaborazione con il coreografo Gill Clarke.

Sean Gandini è ampiamente riconosciuto come uno dei più formidabili “juggler” del mondo. Ha trascorso gli ultimi vent’anni nella ricerca, esplorando tutte le possibili funzioni della giocoleria, contaminandola felicemente con altre forme espressive come la danza e il mimo. Creatore originale e prolifico di materiale di “manipolazione”, il suo lavoro, grazie alla co-direzione artistica con Kati Yla-Hokkala, spazia dalla coreografia al virtuosismo, esplorando mille sfumature di quest’arte così spettacolare.

Gandini Juggling è da oltre due decenni una delle compagnie più creative del circo contemporaneo mondiale; ha spinto in avanti i confini artistici e tecnici dell’arte della giocoleria, dando vita a spettacoli che deliziano e stupiscono, sfidando ogni facile categorizzazione e cambiando la percezione di ciò che il “juggling” è e può essere.

Sotto la spinta dell’insaziabile sete di creare, comunicare e provocare di Sean Gandini, la compagnia ha collaborato con alcuni dei migliori coreografi, compositori, registi e performer del mondo. Negli ultimi 25 anni, ha creato oltre 30 lavori, si è esibita nei festival e nei teatri più prestigiosi del mondo, per un totale di oltre 5000 spettacoli in 50 paesi. Nel 2010 inizia la residenza al National Theatre di Londra per la creazione di “Smashed” e sviluppa prestigiose collaborazioni con la BBC, con il Cirque du Soleil e con l’Ecole Nationale de Cirque de Montréal, dove Sean e Kati sono chiamati ad insegnare.  L’ultima creazione, LIFE – A Love Letter to Merce Cunningham, in collaborazione con il Cunningham Trust di New York, ha debuttato a gennaio 2022. Il lavoro dei Gandini Juggling ha ottenuto sin qui prestigiosi riconoscimenti come: The Archangel Award (nel 2017) e l’Herald Award per “Smashed” (nel 2014) e “Sigma” (nel 2017), il Total Theater Award per il miglior spettacolo di teatro visivo, l’Arts Award per la miglior regia per “Sigma” (nel 2017) e un Olivier Award per la miglior nuova opera per “Akhnaten”, una produzione dell’English National Opera diretta da Phelim McDermott, con musiche di Philip Glass e coreografie di Sean Gandini.

I biglietti per “Smashed” sono divisi in quattro settori, tutti numerati. Sono previste riduzioni per i bambini e un conveniente carnet di abbonamento che include anche il Gran Gala du Cirque (prezzi per lo spettacolo a partire da 8 euro per i bambini e 10 euro per gli adulti). Sono disponibili sul circuito Ciaotickets (e relativi punti vendita) e presso il botteghino di Viale C. Colombo (Piazzale del Teatro d’Annunzio). La sera degli spettacoli, il botteghino sarà aperto anche al Teatro Massimo dalle ore 20. Ulteriori informazioni e curiosità sono disponibili sul sito www.funambolika.com e sulle pagine Facebook e Instagram.

Funambolika proseguirà il 4 e 5 luglio con il XVI GRAN GALA DU CIRQUE, lo spettacolo più atteso dell’anno, ricco di sorprendenti novità inedite dal mondo: i biglietti stanno come sempre andando a ruba.

Franca Terra




LA SACRA AMPOLLA

Si sono chiuse le celebrazioni solenni della sacra ampolla ad Ortona

Ortona, 29 giugno 2024. 458 anni sono trascorsi dal Miracolo del Sangue che sgorgò dal crocifisso presso l’Oratorio della Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria.

Un evento prodigioso che risale a quando i Turchi arrivarono ad Ortona nel 1566; per vendicarsi della disfatta di Lepanto attaccarono le coste adriatiche ed anche Ortona distruggendo quasi completamente la Basilica di San Tommaso ma inspiegabilmente non si avvicinarono alla Chiesa di S. Caterina né al Convento delle monache che pregando davanti al crocifisso assistettero al prodigio del sangue che sgorgò dalla ferita del Crocifisso.

Il Sangue fu raccolto da un prelato in due ampolle che nel 1570 portò con se a Venezia. Solo nel 1934, novant’anni fa, un’ampolla fu restituita alla città di Ortona.

Miracolo poco conosciuto alla massa ma molto profonda è la devozione di quel popolo che ogni venerdì pomeriggio è presente alle sante celebrazioni liturgiche presso l’Oratorio della chiesa sconsacrata di Santa Caterina d’Alessandria.

Ps. Sarebbe necessario e quanto meno doveroso che istituzioni preposte, devoti religiosi e studiosi del campo sia scientifico che spirituale iniziassero e portassero a termine analisi, studi e ricerche per accertamenti e per consegnare l’evento prodigioso nella sua bellezza ed autenticità, libero da ogni silenzioso ed oscuro mistero.

nm




SCENARIO FRUTTO SISTEMA MAGGIORITARIO

Con le ultime elezioni europee

Roma, 29 giugno 2024. “Con le ultime elezioni europee si è verificata la creazione naturale di uno scenario politico nazionale come se fosse il frutto di un sistema maggioritario, malgrado le elezioni si siano svolte attraverso il metodo proporzionale. Vedo positivamente questo scenario che da all’Italia solidità politica nazionale e che, speriamo, le consentirà di essere protagonista nella determinazione del futuro dell’Europa che verrà”. Lo ha affermato il presidente del Movimento Cristiano Lavoratori, Alfonso Luzzi, commentando il recente voto europei e i prossimi scenari legati all’Unione Europa.

“Credo che molto merito lo abbiano le donne. Meloni e Schlein hanno condotto una campagna elettorale pugnace, ma hanno avuto la capacità di esprimere, nella diversità, con chiarezza le loro posizioni e catalizzare i rispettivi consensi, oltreché hanno dato prova di maturità nella conduzione della vis politica. Ora inizia per il presidente del Consiglio Meloni il confronto con un’altra donna, che non è Ursula Von der Leyen, bensì è la regina Europa. Una regina burocratica e con tendenze assolutiste e un po’ libertine, con una corte piena di principi ambiziosi ma senza autorevolezza e cortigiani assetati, ma che, non dobbiamo dimenticare, da 80 anni, come mai nella sua storia, riesce a garantire la pace ai suoi sudditi e che per farli guarire dall’ultima epidemia li ha curati con duemila miliardi di euro. Una regina che però non può intendere la democrazia come uno strumento contabile necessario solo per ripartire il potere tra coloro che comandano il gioco e che hanno come obiettivo reale la difesa dei loro interessi nazionali, ma come uno strumento politico da utilizzare per la costruzione di una comunità popolare europea che abbia al centro della propria azione il raggiungimento del bene comune rappresentato dalla valorizzazione della persona umana e, quindi, in primis, la pace, il lavoro e la salute delle donne e degli uomini, la famiglia”.




FINANZIATO L’INTERVENTO PER LA FRANA DI BORRANO

Agevolazioni per chi deve delocalizzare

Roma, 29 giugno 2024. La Cabina di Coordinamento sisma presieduta dal Commissario alla Riparazione e Ricostruzione sisma 2016 Guido Castelli ha raggiunto l’intesa su alcune modifiche all’Ordinanza speciale in deroga 66, dedicata alla ricostruzione di Borrano, frazione di Civitella del Tronto (Teramo).

È stato previsto un finanziamento di 5,5 milioni di euro per la mitigazione del movimento franoso di parte dell’area, oltre a una serie di misure per agevolare chi è sottoposto alla delocalizzazione obbligatoria. A Borrano il sisma, oltre ad aver reso inagibile una parte dell’abitato, ha anche accelerato un movimento franoso, all’esito degli studi sull’area, si è rivelata solo in parte mitigabile. Per questo motivo si è reso necessario delocalizzare una parte delle case, anche se agibili. Presente ai lavori della Cabina anche l’assessore della Regione Abruzzo Umberto D’Annuntiis.

Il Commissario Castelli ha inoltre incontrato i cittadini di Borrano ieri (28 giugno) insieme al sindaco Cristina Di Pietro, per illustrare le novità e il piano d’azione dei prossimi mesi. Il Commissario Castelli ha dichiarato: “La vicenda di Borrano ha da subito impegnato la Struttura commissariale, insieme alla Protezione Civile regionale, al Comune e all’Ufficio speciale ricostruzione, per impostare una strategia che desse certezze a questa popolazione.

Ad anni di distanza dal terremoto purtroppo gli studi hanno evidenziato la necessità di evacuare le case per gli effetti indotti dal sisma sulla tenuta idrogeologica dell’area. Un sacrificio necessario alla luce del principio di sicurezza che sta ispirando la ricostruzione. Una sicurezza che, per forza di cose, deve essere anche quella idrogeologica e statica dei versanti. Insieme al sindaco Di Pietro abbiamo ascoltato le preoccupazioni della comunità di Borrano, che ringrazio per il grande spirito di collaborazione e ribadisco che la Struttura commissariale continuerà ad assistere tutti i cittadini in questo momento difficile.

Ringrazio il Presidente Marsilio e il Direttore dell’Usr Vincenzo Rivera e il professor Sciarra dell’Università D’Annunzio, per aver lavorato insieme nel fornire risposte efficaci alla risoluzione di questa situazione, che teniamo costantemente monitorata”. Il sindaco Cristina Di Pietro dichiara: “Esprimo soddisfazione per i provvedimenti già adottati dal Commissario Castelli e dalla Struttura commissariale per affrontare la difficile situazione di Borrano. L’ordinanza speciale approvata nella cabina di coordinamento di mercoledì scorso tutela a pieno i diritti degli abitanti di Borrano, costretti ad abbandonare la loro abitazione riconoscendo loro il diritto alla costruzione di una nuova abitazione”.




SCUSA THOMAS la colpa è mia…

…ora ho capito! Quella voce che, sentivo nel sottofondo, quella che mi chiamava, che cercava la mia attenzione da tempo, forse era la tua?

Da qualche giorno è come scomparsa, all’inizio ho pensato che, finalmente, avevi capito che dovevi vedertela da solo, tu eri la tua causa e tu dovevi essere la tua soluzione, qualunque essa fosse stata! Diciamo sempre ai nostri figli che bisogna si responsabilizzino, mi sono convinta, per una mia egoistica comodità, che ti stavi responsabilizzando e mi sono quasi sentita fiera di aver tenuto duro e di non averti dato retta, di aver guardato dall’altra parte.

Pensare che mi è sempre apparsa fastidiosa, esagerata, chiassosa, immotivata e invadente, quella tua vocina. Non mi sono mai chiesta, realmente, cosa volesse, la sua insistenza bastava a farmi tornare in maniera lesta alle mie cose, le tue, secondo me, erano lacrime di coccodrillo!

Non mi sono curata neppure di quello strascico di inquietudine che, ogni tanto ai bordi delle strade sporche, buie e odoranti di fiele raffermo, me la faceva riemergere. La mia vita ha poco a che vedere con i luoghi chiassosi di povertà, bagnati di solitudine e denudati della dignità, io ho un’altra vita, la mia è una vita sana, incontaminata! Io ho saputo seminare meglio, mica come te! Il tuo peccato originale dovrà essere stato differente dal mio, sennò non si spiega perché tu ti sei incasinato in questo modo e hai fatto questa finaccia!

Forse io sono stata più brava di te?

Forse Io profumo di pulito, faccio le cose che si devono fare, vivo nei contesti giusti, mica bazzecole. Come puoi vedere, ancora, uso la “coperta sintetica” del forse! Mica sto per strada a procurami sostanze, io! Fin dove arriva il mio sguardo è tutto allineato, in ordine e coperto. Questo basta a farmi sentire in coscienza con me stessa e sicura.

È sempre bastata una doccia, in un bagno nuovo e riscaldato, una crema corpo alla fragranza di cocco per togliermi di dosso, quando mi ci imbattevo per sbaglio, il lercio del marcio che, per diritto acquisito e per norma comoda doveva essere tuo, perché alla fine, nel tuo marcio, seppur per sbaglio e per pochi minuti capita di imbattercisi.

Poi tu di punto in bianco, hai deciso di piangere e di urlare in solitudine, senza darmi una spiegazione, non mi hai più chiamata, e ora da qualche giorno il tuo lasciarmi in pace, mi sta torturando, mi chiedo quanti come me hanno disatteso la tua chiamata?

Quanti come me hanno programmato i loro aperitivi cenati, cullandosi del fatto che non sei un nostro figlio, quanti come me sanno, però si assolvono, pensando che, in certe strade, nelle strade che frequentavi tu, non possono esserci le panchine, non possono esserci i fiori, non possono esserci le risa, perché certe strade, una volta imboccate, non finiscono mai. La verità è che in certe strade mancano certe cose, perché ci è più facile non portarcele quelle certe cose!

Tu ti sei visto costretto a diventare muto, obbligato a farti scorrere e scaldare dal tuo sangue giovane, abbandonato e dileggiato da chi oltre ad essere sordo come me, è convinto di essere migliore di te e di quelli come te, ignorando che, se tutti continuiamo a rispondere ad un’altra chiamata, alla chiamata che ci fa comodo, quelli come te diventeranno di più di quelli come me, e quelli come me saranno i veri mandanti di ciò che accade in certe strade.

 Tu forse una strada migliore l’hai imboccata e te la sei sicuramente sudata sul campo. Noi? Noi continuiamo a restare, a restare qui e ad accumulare vittime, le accatastiamo l’una sull’altra e l’ultima ci aiuta a nascondere la precedente. Il nostro registro di carico e scarico è sempre più dinamico, mai fermo, come mai ferma può essere la nostra coscienza, non so da chi, non so quanto ma ci verrà chiesto conto, perché la verità è che, non si possono aspettare i lampeggianti per scoprire che tu non ci sei più, che tu non ci saresti stato più lo dovevamo mettere in conto e sbatterci affinché a te fosse garantito un ugual posto su questa terra ed un ugual diritto alla vita, lo stesso del mio e di quelli come me.

 Spero che, né tu né noi stessi, riusciremo ad assolverci da tanta indifferenza, da tanta distrazione, da tanta apatia, da tanta non curanza, da tanto distacco dal prossimo, ma anche in questo caso mi fido più di te che di me e di quelli come me.

Aiuta il prossimo tuo, ci disse qualcuno in tempi non così sospetti, uno dei tanti prossimi nostri eri tu e ti abbiamo lasciato solo nella notte, ti abbiamo fatto svuotare ogni arteria, forse pensavamo di ripulirti; invece, ti abbiamo ucciso e abbiamo anche atteso, comodamente nei nostri salotti, che qualcuno ci rendesse edotti sull’accaduto.

Un accaduto che, come i dieci comandamenti era inciso su pietra, stava solo scegliendo una notte più adatta di altre o forse si è catapultato sulla prima venuta, perché non ne poteva più di chiedere aiuto, di barcamenarsi, avrà creduto che il mondo fosse divenuto sordo, avrà pensato che il tuo problema fosse niente in confronto ai problemi degli altri; eppure, ti stavano aspettando lame, lame di coltello, che vista la tua giovane carne, non hanno avuto bisogno, neppure, di un’affilatura.

Il bello è che noi lo sappiamo che di lame ce ne sono troppe, le hanno in troppi; eppure, continuiamo a farle tagliare, perché ci siamo convinti che sanno tagliare solo la carne dei più poveri, di quelli come te, di quelli che non riescono a mettere insieme poche centinaia di euro. In verità, a valere poche centinaia di euro sono quelli che, come me, hanno fatto finta di non sentire la tua vocina. Siamo sulla scia del fogliame umano se, non capiamo che chi commette e chi subisce non è classificabile in un elenco, le parti, la vita le inverte in un istante e lo fa perché sa che noi siamo distratti, siamo superficiali, siamo vigliacchi, non siamo capillari fra le strade, fra la disperazione, fra la solitudine, fra i nostri figli, perché nella maggior parte dei casi a commettere e a subire sono i nostri figli, e quindi una fottuta colpa dobbiamo pur averla Noi. Basta raccontarci che non possiamo far nulla, che il mondo va così, che le cose sono cambiate.  È una bugia che ci somministriamo da troppo e più nulla può assolverci, siamo da condannare e dobbiamo auguraci di essere in tempo per una riabilitazione all’amore per il prossimo, poi i nostri figli saranno migliori e tu non dovrai più farti scaldare dal tuo sangue giovane!

Ciao Thomas, ti prego vienici in sogno a ricordarci cosa ci siamo persi perdendo te!

Cesira Donatelli




LA GUERRA FREDDA: DI NUOVO L’UNICA PACE POSSIBILE?

di Umberto Baldocchi

PoliticaInsiem.com, 29 giugno 2024. Tra le tracce della maturità 2024 non si è forse prestata la dovuta attenzione ( politica oltre che culturale e didattica) alla  interessante traccia sulla “guerra fredda” ( non sull’atomica, come si è scritto) dello storico  Giuseppe Galasso.  E’ il tema che hanno svolto il 17,3% dei maturandi , a testimonianza che forse l’interesse o il desiderio di una storia “fatta sul serio”  non è ancora  svanito nelle nuove generazioni.

Il contesto storico entro cui si svolge la vita pubblica italiana genera inevitabilmente però anche considerazioni di attualità politica che forse non sono sfuggite ai maturandi.   Il testo di Galasso non propone tanto un discorso di denuncia dei pericoli della guerra atomica e degli arsenali nucleari, quanto invece una interessantissima riflessione sulla “guerra fredda” letta  in prospettiva storica. Che cosa è stata la “guerra fredda”? Il testo si esprime in questi termini:

“La condizione così determinatasi nelle relazioni internazionali, e in particolare fra i grandi vincitori della guerra e in Europa, fu definita «guerra fredda». La definizione, volutamente antitetica, esprimeva bene la realtà delle cose. Lo stato di pace tra le due massime potenze dei rispettivi campi e tra i loro alleati non poteva ingannare sulla realtà di un conflitto ben più consistente…”(Giuseppe Galasso, Storia d’Europa, Vol. III, Età contemporanea, CDE, Milano, 1998, pp. 441- 442. ) 

Forse bisognerebbe precisare che la “guerra fredda” in realtà non è una “definizione antitetica” ( come definizione mancherebbe dei due elementi classici della definizione il genus e la species) È però un concetto rovesciato, che usa il termine antitetico per designare la pace, che è notoriamente, nell’uso corrente, un concetto debole, costruito per negationem vale a dire in relazione al suo opposto, alla guerra. Semplicemente nel linguaggio corrente  la PACE o è assenza di guerra oppure è un equilibrio precario tra forze ostili, cioè una “guerra” mascherata. Non ha alcuna consistenza autonoma, indipendente. Vale a dire   PACE può solo significare una SITUAZIONE, un RAPPORTO DI FORZE  non un  ORDINE delle cose.

Nessuno oggi sembra notare questa anomalia. Eppure, in piena “guerra fredda” vi è stato chi forse aveva avvertito il pericolo delle “parole tiranniche” ed aveva  usato un termine diverso. Poteva farlo  anche perché possedeva un diverso concetto di PACE. Si tratta di Papa Pio XII, che certamente non ignorava il termine “guerra fredda”, ma  usava per il medesimo  contenuto concettuale il termine PACE FREDDA. Un termine sicuramente più rigoroso e coerente, caratterizzato da  quel rigore che dovrebbe piacere anche agli storici e non soltanto a chi si deve attenere alla rigorosa logica evangelica che vuole un linguaggio umano dica sì al sì’ e no al no e non inverta mai la realtà. Così si esprimeva infatti Pio XII nel Radiomessaggio natalizio del 1954:

“ Che cosa si intende infatti  nel mondo della politica per pace fredda se non la mera  coesistenza di diversi popoli, sostenuta  dal vicendevole timore  e dal reciproco disinganno? ora è chiaro che la semplice coesistenza non merita il nome di pace quale la tradizione cristiana , formatasi alla scuola  dei sommi intelletti di Agostino e di Tommaso D’Aquino , ha appreso a definire tranquillitas ordinis. La pace fredda è soltanto una calma provvisoria, il cui durare è condizionato dalla sensazione mutevole del timore  dal calcolo oscillante delle forze presenti, mentre dell’ordine giusto , il quale suppone una serie di rapporti convergenti  in un comune scopo giusto e retto , non ha nulla”.

La pace fredda (guerra fredda) non è dunque mai un ordine , ma una situazione provvisoria anche se essa produce una pericolosa illusione così descritta da Galasso:

“Come non era mai accaduto prima, l’uomo restava, così, prigioniero della potenza che aveva voluto e saputo raggiungere. Uno strumento di guerra, di distruzione e di morte di inaudita efficacia si convertiva in una garanzia, del tutto impreveduta, di pace a scadenza indefinita”.

A prima vista pare essere la stessa straordinarietà della potenza umana  a garantire la pace . A prima vista un comodo meccanismo automatico, una sorta di pilota invisibile infallibile, in realtà una incredibilmente ingenua illusione. L’illusione di chi può pensare che l’uomo, essere naturale non rinchiuso entro confini prestabiliti, ma essere libero essenzialmente, non possa mai far saltare questa estrema misura, e non rechi in sé la possibilità della tragedia esistenziale, la possibilità di rivolgere questo potere contro sé stesso.

Ma c’è di più. La deterrenza nucleare può assicurare (precariamente, si è visto) la pace, ma  solo a certe condizioni. E qui Galasso è chiarissimo. 

“Che cosa sarebbe potuto accadere se essi fossero venuti nella disponibilità di un gran numero di paesi e, soprattutto, se si fossero ritrovati nelle mani di leader che non fossero quelli di grandi potenze aduse a una valutazione globale dei problemi politici mondiali e continentali e fossero, invece, fanatici o irresponsabili o disperati o troppo potenti in quanto non soggetti al controllo e alle limitazioni di un regime non personale e alle pressioni dell’opinione pubblica interna e internazionale?”.

In altri termini cosa potrebbe succedere oggi se il nucleare non fosse più monopolizzato dalle grandi potenze (un tempo solo due), le potenze  “aduse ad una valutazione globale dei problemi” ma se esso fosse in mano di leader “fanatici, o irresponsabili o disperati” ? Se cioè il nucleare fosse nelle mani di leader come quelli della Corea del Nord, del Pakistan, magari anche dell’ Iran, se non vogliamo aggiungerne altri e se per ora escludiamo ancora di porre i leader della ex potenza sovietica tra i “fanatici” e gli “irresponsabili”? E’ evidente, e l’alunno intelligente o con buone antenne, avrebbe dovuto scriverlo, che la guerra fredda e cioè la miserabile pace assicurata dalla deterrenza nucleare non può più funzionare e che la guerra deve tornare all’ordine del giorno per la nostra difesa. Cominciando dal riarmo e dall’educazione dei giovani. Sarà  certo una guerra diversa fatta coi droni e con l ‘ Intelligenza Artificiale, ma ancora uno strumento che lavora attraverso morti e massacri. 

E’ questa in effetti una conclusione logica, che non fa una grinza, a patto ovviamente che noi non conosciamo altri concetti di PACE se non quello debole prima citato costruito a partire dal concetto di GUERRA.  Possiamo solo notare  che non è così strano chiamare pace la guerra come si fa nel mondo orwelliano, non lontano dal nostro mondo della comunicazione vincolante e accecante del “pensiero unico”.

   Bisogna per avere questo risultato  però cancellare del tutto l’altra idea di pace quella che è stata la “pace europea”, la pace come “invenzione moderna” della civiltà europea dopo i due grandi cataclismi mondiali. Bisogna cancellare cioè la storia e la logica della intelligenza  umana.  E bisogna cancellare il compito storico dell’ Europa, vale a dire quello di dominare e criticare la potenza che solo essa è stata in grado di creare. Bisogna cioè travolgere queste che sono le vere frontiere che consentono di costruire la pace.

Le parole mediatiche e culturalmente deprivate e deprivanti-   che siamo indotti ad usare in realtà imprigionano il pensiero, lo rendono meno capace o del tutto incapace di pensare in modo difforme. Non possiamo difendere la PACE se non riusciamo nemmeno a pensarla. Il termine “guerra fredda” ci ostacola a farlo. La “guerra fredda” come termine storico è stato, credo, introdotto  da Walter Lippman nel 1947. Ma il termine era già esistente. Lo aveva usato un finanziere,  Bernard Baruch (1870-1965), un ex consigliere di Roosevelt.  Un termine di geopolitica coniato da un finanziere, Già, che strano! Un termine riguardante le vicende militari coniato da un finanziere. Chi  avrebbe mai potuto immaginarlo ? 

Umberto Baldocchi




DELLE STRANE IDEE SUL GIORNALISMO

A Giorgia Meloni è proprio andata di traverso la lunga inchiesta giornalistica su quale razza di “allevamento” è stato, anche da lei, messo in piedi nella sua organizzazione di partito, Gioventù Nazionale.

PoliticaInsiem.com, 29 giugno 2024. Non l’è andata giù per tanti motivi. Perché gliel’hanno buttata tra i piedi in un momento delicato nel pieno della definizione degli incarichi europei. Perché è costretta a vedere nello specchio riflesso di un reportage quel che motiva la “pancia” del suo mondo, fatto di modestia intellettuale ed intellettiva. Perché svela la “doppiezza” nel presentarsi diversi da chi si è. Una pratica che non le è del tutto sconosciuta, in particolare, in campo internazionale.

E c’è voluto l’antisemitismo dilagante tra i suoi giovani a svegliarla. Chissà se questo non fosse venuto fuori come avrebbe provato a continuare a fare finta di niente. L’imbarazzo verso ambienti che pure l’hanno sostenuta e la sostengono nonostante tutto, perché sulla questione della razza Giorgio Almirante, che ha formato quasi tutti i dirigenti di Fratelli d’Italia che contano, fa parte dei punti di riferimento suoi e di tanti altri.

Ma si sa, ognuno si cerca i compagni di strada. Salvo poi ritrovarsi di fronte a delle brutte sorprese. E magari qualcuno degli eletti è costretto a scoprire che quella ragazza o quel ragazzo tanto perbenini, e che t’hanno votato, t’hanno aiutato a raccogliere voti, sono in realtà tuoi nemici dentro.

Il punto vero, però, non è solo l’antisemitismo. E finalmente, dopo un lungo silenzio, e anche questa la dice lunga, Giorgia Meloni si è accorta di come stanno le cose. Ma ha pensato bene di rimarcare come il problema principale non fosse l’oggetto della sconvolgente inchiesta, bensì com’è stata realizzata.

È giunta persino a rivolgersi a Mattarella parlando di un metodo da regime. E che c’entra Mattarella?

Questa è un’altra cosa che Giorgia Meloni poteva risparmiarsi. O  cosa vuole insinuare?

E per di più sorvolando su come i suoi stanno gestendo la Rai: questa sì che appare sempre più irreggimentata.

Il giornalismo d’inchiesta, fortunatamente, c’è sempre stato e speriamo che aumenti in un Paese che ha sempre bisogno di trasparenza e di libertà di stampa. Oltre a dimenticare altre inchieste clamorose che hanno pure ricordato la sinistra, forse Giorgia Meloni è troppo giovane per ricordare cosa s’inventavano i giornalisti del passato per scoprire gli altarini dei politici della Prima repubblica.

Avrebbe saputo delle esilaranti gesta di che giunse persino a nascondersi nello studio del Segretario della Dc per carpirne i segreti o affermazioni imbarazzanti. Ma il tutto finì a risate perché nessuno era permaloso, o lo nascondeva bene, come invece sembrano esserlo un po’ tutti quelli di Fratelli d’Italia che ogni giorno annunciano due, tre querele. Certo, nel caso dei suoi giovani ragazzotti c’è un qualcosa che ammette poco umorismo giacché di mezzo ci sono cose tanto odiose come l’antisemitismo e il razzismo.

E allora che Giorgia Meloni spolveri davvero, ma con le grandi pulizie di fine stagione, in casa sua. Getti via, e faccia gettare via, i busti di Mussolini, leghi quelle mani sempre pronte ad alzarsi con il saluto romano e, soprattutto, faccia una scuola di partito vera dove non ci si appassioni solo di ingialliti ricordi di brutti personaggi e di brutte storie, come quelle legate al fascismo e al neofascismo.




TORNA ALESSANDRO DI TULLIO

Ad Ortona nel ruolo di schiacciatore

Ortona, 29 giugno 2024. Ancora un rientro in Casa Impavida, questa volta si tratta di Alessandro Di Tullio, nato a Lanciano il 9 luglio 2001 e cresciuto a Vasto. Con i suoi 194 cm di altezza, Alessandro ha già giocato in Serie A3 proprio con gli ortonesi nel ruolo di opposto.

Di Tullio ha mosso i suoi primi passi nella pallavolo indoor con l’Enjoy Volley Vasto, ma è nel Beach Volley che ha scoperto la sua vera passione. La svolta della sua carriera è arrivata quasi per caso, quando, ancora giovane opposto dell’Enjoy Volley, ha sfiorato l’ingresso nella selezione abruzzese per il Trofeo Delle Regioni. Tuttavia, il suo talento non è passato inosservato ai tecnici della Sieco Impavida Ortona, che lo hanno accolto nel loro settore giovanile.

Con i colori bianco-azzurri della Sieco, Alessandro ha ottenuto le sue prime grandi soddisfazioni, vincendo i campionati regionali under 18 e under 20. Questi successi gli hanno permesso di crescere e confrontarsi con altri giovani talenti nelle Finali Nazionali. Inoltre, è diventato un punto fermo nella squadra di Serie C della Sieco ed è stato spesso chiamato a supportare gli allenamenti della squadra di Serie A2.

Nonostante la sua giovane età, Alessandro ha già compiuto il salto di categoria, disputando due stagioni con la Virtus Paglieta in Serie B, dove al primo anno ha anche raggiunto i playoff promozione. Il trampolino di lancio arriva nella stagione 2022/2023 quando la Sieco lo sceglie come vice dell’opposto Bulfon.

Dopo la stagione ad Ortona, Alessandro accetta la proposta della Canottieri Ongina in Serie B dove gioca da schiacciatore terminando la stagione con un buon piazzamento al quinto posto.

Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia, e non sa quel che trova, recita un vecchio adagio, ma quello che Alessandro Di Tullio trova nella sua nuova strada da giocatore di banda è una nuova e congeniale dimensione nella quale cresce rapidamente.

Il Di Tullio che giocherà per la Sieco la prossima stagione in A3 è un giocatore nuovo sotto ogni punto di vista: «Come mi sono trovato a giocare in posto quattro? Benissimo», risponde Alessandro. «Mi sono allenato tantissimo in questo ruolo e soprattutto ho vissuto il campo. Questo mi ha permesso di crescere tecnicamente come schiacciatore di mano. Sono pronto a dimostrare quello che valgo e quanto sono migliorato rispetto all’ultima stagione ad Ortona. Anche se consapevole di avere davanti giocatori di grande livello ed esperienza darò il massimo per continuare a migliorarmi e farmi conoscere ed apprezzare da Coach Denora sperando di riuscire a ripetere un’annata vincente come quella della promozione in Serie A2 nel 2022-2023»

Alessandro Di Tullio

Nascita: 9/07/01

Luogo: Lanciano

Nazionalità Sportiva: Italiana

Ruolo: Opposto

Altezza: 194cm

Carriera

2024 / 2025 Sieco Service Impavida Ortona (Serie A3)

2023 / 2024 Canottieri Ongina Volley (Serie B)

2022 / 2023 Sieco Service Impavida Ortona (Serie A3)

2021 / 2022Virtus Paglieta (Serie B)

2020 / 2021 Virtus Paglieta (Serie B)

2019 / 2020 Sieco Service Impavida Ortona (Serie C)




STORIA DELLA MIA VITA

Incontri d’autore e musica nell’isola pedonale delle Vacanze luchesi. Protagonista dello spazio letterario, Alessandro Faonio

Luco dei Marsi, 29 giugno 2024.  Sarà un’opera toccante, un tratteggio di vita vissuta che intreccia radici antiche e lo sguardo vivido, tenace delle donne, capace di superare le tempeste e condurre verso ogni futuro possibile sé stesse e i mondi di cui si prendono cura, ad inaugurare il nuovo ciclo di appuntamenti a tema “Incontri d’Autore – Giardino letterario” a Luco dei Marsi, nell’ambito della rassegna estiva “Vacanze luchesi”, giunta alla settima edizione.

Protagonista dello spazio letterario, Alessandro Faonio presenterà questa sera, alle 21, in piazza Alfidi, nell’isola pedonale di viale Duca degli Abruzzi, il libro “Storia della mia Vita”, uno sfogliare epoche e personali epopee, celate tra le pieghe della quotidianità, che tracciano, con la storia della protagonista, Vita Mongelli, nonna dell’Autore, le linee dell’emancipazione e della libertà collettive che nel tempo saranno, conquistate per tutte attraverso percorsi costellati di lotte, dolori e sacrifici spesso consumati nella silenziosa “dignità dell’altruismo”.

Vita attraversa “Un’Italia perduta, bombardata… che rinasce, che cresce e che costruisce, un’Italia che man mano si assopisce e resta a guardare”, tessendo la propria storia, dal caos a un ordine nuovo e in perenne mutamento, senza mai perdere la capacità di sorridere e accelerare il passo negli snodi più critici della sua esistenza. Parteciperanno all’incontro Maria Gabriella Martignetti, docente; Angelo Rosati, avvocato e scrittore; Claudio Greco, scrittore; Gianni De Rosa, presidente dell’associazione culturale Lucus, organizzatrice dell’incontro. Reading e intermezzi musicali nell’interpretazione di Domenica Stornelli, con musiche a cura di Giovanni Stornelli.

“Alessandro Faonio è uno scrittore che non smette di stupirci”, sottolinea la sindaca Marivera De Rosa, “Abbiamo avuto la fortuna e il piacere di essere testimoni dei suoi esordi e di poter apprezzare il percorso, la crescita e il progressivo disvelarsi di un talento caleidoscopico, capace di toccare corde profonde nei lettori con ogni produzione, come certamente sarà con questa nuova opera, da leggere e custodire nel cuore insieme alla figura di Vita, potente ed emblematica. Invito tutti a non mancare”. La serata delle “Vacanze luchesi” continuerà con la musica del duo “Stornelli” nell’isola pedonale del viale Duca degli Abruzzi.




LA FABBRICA DI SAN PIETRO

Si inaugura  la mostra fotodocumentaria visitabile fino al 15 agosto. La storia della chiesa di San Pietro Apostolo raccontata in 14 pannelli per celebrare il cinquantesimo anniversario della dedicazione

Giulianova, 29 giugno 2024. Si inaugura domani, e sarà visitabile fino al 15 agosto,  “La Fabbrica di San Pietro”, mostra fotodocumentaria allestita nella chiesa di San Pietro Apostolo, nell’ambito delle iniziative organizzate per celebrare il cinquantesimo anniversario della dedicazione dell’edificio.

La mostra, curata da Giovanni Basilici, Marco Cappelletti e Marzia Tassoni, ripercorre in 14 pannelli la lunga storia della realizzazione della chiesa, iniziata nel 1951, come testimoniano i giornali dell’epoca, con la costituzione di un comitato promotore, ad opera del parroco don Raffaele Baldassarri. La prima battuta d’arresto, sul finire degli anni Cinquanta, fu superata, quando, nel 1961, don Ennio Lucantoni divenne titolare della parrocchia. Il 16 agosto 1964, la posa della prima pietra. Nel 1969, l’impresa Albani avviò  i lavori di realizzazione, per concluderli cinque anni dopo, nel 1974. Il 29 Giugno di quell’anno, con una Messa solenne, il Vescovo Abele Conigli celebrò la Messa di dedicazione e di intitolazione della chiesa a San Pietro Apostolo.

La mostra mette a disposizione lettere, fotografie, schede di progetto, documenti. Ricostruisce la storia dell’edificio, proponendo in sintesi una galleria testimoniale che racconta di un passato significativo, per la parrocchia e per l’intera città.

Le ultime due tavole, conclusa la ricostruzione diacronica, descrivono gli arredi sacri che, negli anni, sono stati collocati nella chiesa.

Il primo pannello reca invece una breve presentazione della mostra. “La vita di tanti – si spiega – è trascorsa dentro queste mura. Sacramenti, anniversari, festività,  momenti di preghiera e di riflessione, ricordi (…) “La Fabbrica di San Pietro”, al di là della ricostruzione temporale degli eventi,  intende assecondare e rendere visibile  il profondo attaccamento delle famiglie a questa chiesa, che da sempre testimonia il fraterno spirito di appartenenza, la devozione, la fede, della comunità parrocchiale.”




QUANDO IL GRANO MATURÒ

Festa di apertura dell’Estate dell’Aratro. Il Presidente Mattoscio “in questo spettacolo c’è la verità storica”

Pianella, 29 giugno 2024. In occasione dell’Estate dell’Aratro a Pianella, ci sarà lo spettacolo “Quando il grano maturò” di e con Marcello Sacerdote, della produzione CuntaTerra, per la regia di Laura Curino e le musiche originali di Vonric. L’appuntamento è per domenica 30 giugno alle 21:30 e rappresenta la conclusione della Festa di apertura della rassegna estiva della Compagnia dell’Aratro nelle Terre di Arotron con la direzione artistica di Franco Mannella.

Si tratta di uno spettacolo di narrazione teatrale sul tema della Resistenza Umanitaria durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale in Abruzzo: il punto di di vista è quello della gente comune, la “Storia” viene messa in scena insieme alle storie di donne e uomini che, con azioni tanto eroiche quanto silenziose, espresse il più delle volte in termini di solidarietà indiscriminata e umana fratellanza, hanno contribuito in maniera fondamentale alla lotta di Liberazione del Paese.

Una Resistenza che è donna: molti momenti del lavoro sono dedicati a figure femminili che in quel contesto storico furono attive su più fronti.

Lo spettacolo è un intreccio di memorie, racconti e musica contemporanea, risultato di un lungo lavoro di ricerca sul campo, tra l’analisi di fonti storiche e le interviste  realizzate con i testimoni del passato.

Il lavoro si colloca sul territorio abruzzese che in quegli anni fu un vero e proprio laboratorio della Resistenza, per molti versi unico, in Italia. L’Abruzzo infatti, oltre a essere la regione con il maggior numero di campi di prigionia per prigionieri di guerra e prigionieri politici, è stato anche attraversato in pieno dalla famosa Linea Gustav, nota per essere la principale linea difensiva tedesca sul fronte dell’Italia meridionale, divenendo quindi scenario di una delle fasi più drammatiche dello scontro bellico. Ma fu altresì il territorio in cui si accesero i primi moti resistenziali e dove nacque la celebre Brigata Maiella, unica formazione partigiana in tutta Italia decorata con la medaglia d’oro al valor militare alla bandiera e tra le pochissime aggregate all’esercito alleato, con il quale combatte anche dopo la liberazione del territorio di origine.

Come spiega il Presidente della Fondazione Brigata Maiella/Pescarabruzzo, Nicola Mattoscio: «Lo spettacolo “Quando il grano maturò” è eccellente. Per raggiungere l’eccellenza abitualmente gli addetti ai lavori descrivono se c’è stata una buona scrittura, un buon soggetto, una buona impostazione scenica, una buona narrazione, le musiche appropriate e così via. Io invece desidero sottolineare tre aspetti che hanno reso questo spettacolo un grande successo: la verità storica, la grande passione civile che traspare da ogni passaggio scenico, la straordinaria bravura professionale dell’attore protagonista, Marcello Sacerdote.

La Fondazione Brigata Maiella, che mi onoro di presiedere, ha un debito morale in più di riconoscenza verso questo lavoro, poiché tutta la narrazione ha come filo conduttore gli anni tragici e gloriosi che la videro protagonista».

La prenotazione è obbligatoria al numero 3455411135, numero a disposizione per ulteriori informazioni e biglietti.




ARCHITETTURE E CITTÀ NEL CORNO D’AFRICA

Un patrimonio condiviso

L’Aquila, 29 giugno 2024. Architetture e città nel Corno d’Africa. Un patrimonio condiviso, a cura del MAXXI Architettura con Andrea Mantovano, è una riflessione sul processo di decolonizzazione del patrimonio architettonico in Etiopia, Eritrea e Somalia attraverso lo sguardo contemporaneo di artisti, architetti e studiosi locali e internazionali.

Se da un lato i paesi del Corno d’Africa continuano a soffrire, in misura diversa, gli effetti di conflitti mai completamente estinti, dall’altro mostrano grandi energie per costruire il proprio futuro, nella consapevolezza di un passato che li accomuna. Dalla devastazione di Mogadiscio alla rapidissima trasformazione di Addis Abeba, fino alla consapevole conservazione di Asmara, emergono approcci differenti nei confronti di questo patrimonio architettonico e urbano che, a tutti gli effetti, può essere definito un patrimonio condiviso. La mostra inoltre racconta la corposa eredità dell’attività progettuale italiana, per rileggerla alla luce di nuove conoscenze e sensibilità.

Con il Patrocinio di: Presidenza del Consiglio dei ministri, Ambasciata d’Italia ad Addis Abeba, Ambasciata d’Italia ad Asmara, Ambasciata d’Italia a Mogadiscio, Comune dell’Aquila. Con il sostegno di CDP – Cassa Depositi e Prestiti. Sponsor tecnico Parco 1923.

Alessandro Giuli, Presidente Fondazione MAXXI: «Questa mostra si inserisce in una linea di ricerca molto importante per il MAXXI, che volge lo sguardo a Sud, verso il Mediterraneo e oltre fino ai paesi dell’Africa. L’intento è esplorare e approfondire le radici di un’identità comune, creando occasioni di confronto e scambio attraverso i linguaggi universali dell’arte e dell’architettura. Rappresenta inoltre il contributo del MAXXI al rafforzamento delle relazioni culturali nella cornice istituzionale del Piano Mattei. Grazie al rigoroso lavoro scientifico portato avanti dal Dipartimento Architettura, alla curatela di Andrea Mantovano e al prezioso apporto di architetti, studiosi e creativi locali, questo progetto restituisce un panorama complesso ed estremamente interessante, in cui protagonista è la capacità dei popoli africani di acquisire il lascito architettonico italiano e di riappropriarsene in quanto parte della propria storia».

Lorenza Baroncelli, Direttore MAXXI Architettura e Design contemporaneo: «Architetture e città nel Corno d’Africa è la prima vera mostra di architettura esposta al MAXXI L’Aquila. Ben radicata nella tradizione costruita in questi quindici anni nella sede romana e nella missione del museo nazionale di arte e architettura contemporanea, la mostra orienta il suo sguardo su un tema di estrema attualità concentrandosi sul destino del patrimonio architettonico italiano nel Corno d’Africa. Grazie al coinvolgimento di artisti, architetti e studiosi locali l’esposizione documenta i diversi modi e atteggiamenti che i tre paesi del Corno D’Africa mettono in atto nei confronti dell’heritage italiana».

Michael Tsegaye, fotografo etiope: «il mio lavoro incoraggia una riflessione sullo sviluppo urbano collegando esperienza umana e cambiamento fisico e ci invita a riconsiderare le città, non solo come paesaggi in evoluzione, ma come registri viventi di memoria e identità».

Nelle sale maggiori di Palazzo Ardinghelli si articola un percorso che documenta le differenti dinamiche di approccio all’eredità architettonica e urbana del Novecento.

Per l’Etiopia, a testimoniare il repentino processo di modernizzazione delle città di Addis Abeba e Jimma, sono le immagini del fotografo locale Michael Tsegaye che con il suo lavoro, realizzato su committenza del MAXXI, documenta le rapide trasformazioni di questo patrimonio. Parallelamente le voci di studiosi e architetti italiani e locali raccontano un processo spontaneo di appropriazione culturale che rappresenta uno strumento di resistenza alla cancellazione indiscriminata del passato attualmente in atto a favore di una “modernizzazione” considerata anonima e poco attenta alla salvaguardia dell’identità storica della città e delle comunità che la abitano.

Per la Somalia è invece il fotoreporter e giornalista Farah Omar Nur a documentare le poche tracce quasi irriconoscibili di ciò che resta della città di Mogadiscio dopo anni di conflitto. La mostra accoglie poi la testimonianza dell’encomiabile lavoro di documentazione e archivio delle architetture storiche che studiosi locali e giovani professionisti, come gli architetti del gruppo Somali Architecture, portano avanti, consapevoli dell’importanza di tramandare testimonianze del passato per costruire una coscienza futura.

Diametralmente oppostala situazione dell’Eritrea dove il lascito architettonico del Novecento è considerato un bene da curare e conservare. Ne è un esempio la città di Asmara, al centro del racconto del MAXXI, portato avanti con l’aiuto dell’Asmara Heritage Project, in particolare dell’Ingegnere Medhanie Teklemariam e del fotografo inglese Edward Denison. Qui passato, presente e futuro sono legati agli edifici realizzati dagli italiani nel secolo scorso, diventati luoghi simbolici e identitari per le comunità locali che, attraverso la candidatura e il riconoscimento quale Patrimonio Unesco nel 2017, sono riuscite a evitare il rischio di trasformazioni indiscriminate. In mostra è presentato anche l’esito del programma di ricerca Decolonizing Architecture Advanced Studies (DAAS) del Royal Institute of Art di Stoccolma, guidato da Alessandro Petti che, nel 2019, ha sollevato interrogativi sul controverso tema dell’eredità coloniale proprio a partire dalle conseguenze che la nomina di Asmara a Patrimonio dell’Umanità avrebbe comportato.

Architetture e città nel Corno d’Africa. Un patrimonio condiviso è anche un omaggio all’eredità dell’attività progettuale italiana, opera di architetti e urbanisti noti e meno noti. Nella sequenza di sale più piccole, attraverso materiali d’archivio, alcuni focus storici raccontano le città di Addis Abeba, Asmara e Mogadiscio e le storie, fatte di scambi e relazioni, di due professionisti italiani – Arturo Mezzedimi in Eritrea e Etiopia e Veglio Bertani in Somalia – che hanno avviato la propria attività negli anni Trenta del Novecento per poi continuare a lavorare intensamente che nei decenni successivi. 

Lungo il percorso, infine, tre monitor, uno per ogni Paese, offrono ai visitatori la possibilità di ascoltare il racconto diretto di ambasciatori, accademici e professionisti locali e italiani, che hanno collaborato con il MAXXI per la realizzazione della mostra.

Elisa Cerasoli




LA NOTTE BIANCA DEI BAMBINI

Torna il 6 luglio una festa dedicata alle famiglie, al divertimento e alla creatività

Roseto degli Abruzzi, 29 giugno 2024. Dopo il grande successo dello scorso anno torna, con la seconda imperdibile edizione, “La Notte Bianca dei Bambini – Roseto Junior Fest” organizzata dall’Amministrazione Comunale di Roseto degli Abruzzi in collaborazione con “Chronos Animazione”. Appuntamento sabato 6 luglio, a partire dalle ore 19 sul lungomare Celommi, con l’evento dedicato alle famiglie e ai più piccoli, che promette di essere anche quest’anno una serata indimenticabile caratterizzata da intrattenimento e attività creative.

I bambini potranno partecipare a laboratori artistici, spettacoli circensi e altre attività che stimolano l’immaginazione. Inoltre, sarà predisposto un angolo dedicato al “Truccabimbi” e allo zucchero filato e attività dedicate ai giochi di legno e al “Circo Ludobus”. Ad allietare la serata sarà la presenza di personaggi simpatici e colorati, come trampolieri e mascotte, che intratterranno i bambini durante tutta la manifestazione. Non mancheranno, ovviamente, la musica e gli show con esibizioni diffuse su tutto il lungomare che renderanno l’atmosfera ancora più festosa.

L’evento riflette l’impegno dell’Amministrazione Comunale e della comunità di Roseto nel promuovere momenti culturali e ricreativi per i più giovani.

La serata sarà arricchita dalla festa ufficiale per la consegna della Bandiera Blu, organizzata dall’Amministrazione Comunale per aver ricevuto anche quest’anno il prestigioso riconoscimento che certifica la qualità del mare di Roseto.

“Siamo entusiasti di presentare la seconda edizione de “La Notte Bianca dei Bambini” – affermano il Sindaco Mario Nugnes e l’Assessore al Turismo Annalisa D’Elpidio – Questo evento rappresenta un momento di aggregazione e divertimento per le famiglie di Roseto degli Abruzzi e per i tanti turisti che arrivano in città durante l’estate. Sarà una serata speciale, all’insegna della gioia e della spensieratezza. Organizzare eventi che coinvolgono sia i più giovani che le famiglie è di fondamentale importanza per la nostra Amministrazione perché questi momenti di condivisione e divertimento creano legami tra le diverse generazioni e promuovono uno spirito di amicizia. Ci piace rimarcare come si sia riusciti ad organizzare un cartellone delle manifestazioni ricco e variegato, dove grandi eventi dedicati ai bambini e alle famiglie si affiancano a importanti manifestazioni per i giovani e per gli adulti, garantendo un’esperienza completa per tutti”.




COAPI LANCIA LA SFIDA ALLA POLITICA

Agricoltori e pescatori in un’affollata sala del Parlamento Europeo  

Roma, 29 giugno 2024. Il Coapi a Roma ha sviluppato l’iniziativa ‘Per una Europa Giusta e della Sovranità Alimentare con gli agricoltori, i pescatori e gli artigiani’. Hanno partecipato anche i sindaci della Rete dei Municipi Rurali, CNA Agroalimentare e l’ANAPI (Associazione Nazionale Pescatori Italiani). È stata condivisa la piattaforma rivendicativa in vista della manifestazione del 14 luglio a Roma, quando sarà precisata e adottata

Comunicato Stampa – Roma 28 giugno 2024. Vedi e approfondisci (documenti, foto e video): https://coapi.sovranitalimentare.it/articoli/in-una-affollata-sala-del-parlamento-europeo-a-roma-agricoltori-e-pescatori-lanciano-la-sfida-alla-politica/

Il Coapi – Coordinamento Agricoltori e Pescatori Italiani – che affilia non meno di 40 tra associazioni locali e nazionali di agricoltori, pescatori e cittadini, ha tenuto oggi a Roma nella sede italiana del Parlamento europeo, l’iniziativa “Per una Europa Giusta e della Sovranità Alimentare con gli Agricoltori, i pescatori e gli artigiani” nel quadro della campagna “#99 giorni per salvare l’agricoltura e la pesca, riaprendo alla speranza” e ha sviluppato il focus sul necessario cambiamento delle politiche europee su agricoltura e pesca.

Gianni Fabbris, portavoce del movimento ha ripercorso le tappe del Coapi, nato lo scorso febbraio, e ha confermato l’ampliamento in corso del Coordinamento che culminerà nella manifestazione del 14 luglio 2024 alla Città dell’Altra Economia a Roma (lo stesso luogo in cui il Coapi è nato a fine febbraio scorso). In quella occasione è attesa una larga partecipazione di realtà sociali e movimenti espressioni delle mobilitazioni dei trattori dei mesi scorsi.

Il 14 luglio verrà decisa nel dettaglio e ampliata la piattaforma rivendicativa del movimento, mentre nella giornata di oggi è stata condivisa con tutti i partecipanti mettendo a fuoco le 10 proposte di cambiamento delle politiche europee.

Nel dettaglio le proposte del Coapi sono a questi link:

https://coapi.sovranitalimentare.it/wp-content/uploads/2024/06/invito_e-proposte_28.6.24.pdf

Dagli interventi è uscito confermato l’impianto della piattaforma, nella quale verranno rafforzati alcuni punti, a cominciar da quello della tutela del lavoro nel mondo agricolo. In secondo luogo sono state confermate due iniziative operative: una delegazione del movimento sarà a Bruxelles per incontrare le rappresentative italiane di tutti i gruppi politici per aprire il confronto su tutte le proposte del Coapi; fra settembre e ottobre sarà messa in cantiere la due giorni di Ventotene per scrivere la Nuova Carta di Ventotene per un Mediterraneo della Sovranità Alimentare, con l’invito a partecipare a tutte le realtà associative dei pescatori e degli agricoltori del Mediterraneo.

Durante l’incontro di oggi è stata rilanciata l’idea di una sanatoria d’emergenza europea dei debiti delle imprese agricole e della pesca– già condivisa con il Governo Italiano – sottolineando come al centro delle scelte di politica comunitaria dovrà esservi la tutela dei redditi delle aziende agricole, insidiata dalla speculazione internazionale e dalla grande industria e l’agroecologia, per risolvere le contraddizioni tra produzione e ambiente.

Carmine Caputo, sindaco di Ventotene, che ha ospitato recentemente l’iniziativa del Coapi per un Nuovo manifesto di Ventotene, ha inteso essere presente e portare un saluto ed un augurio di buon lavoro

Francesca Petrini (imprenditrice produttrice di olio Evo a Monte San Vito, Marche – presidente CNA Agroalimentare) “Vedo con molto favore i contenuti espressi oggi in questa sala, perché contengono la forte domanda di una nuova rappresentanza.” Nel suo intervento, la Petrini ha parlato delle sfide poste all’Unione europea nell’ultimo mandato dell’Europarlamento e della necessità di un’Europa capace di semplificare innanzitutto la vita delle piccole imprese. “Vogliamo un’Europa che salvaguardi i diritti civili e in grado di tutelare l’ambiente e pesare nel mondo, un’Europa che finalmente torni a parlare di agricoltura e che faccia dell’agricoltura il suo fiore all’occhiello, promuovendo una concezione olistica del cibo”. “Occorre ridare dignità all’agricoltura e al cibo – ha sottolineato la Petrini.” A favore di un modello “agroartigianale” e ad un approccio agroecologico della produzione primaria.

Dario Dongo, candidato di Pace Terra e Dignità alle ultime elezioni europee, esperto di diritto agroalimentare. “Mi sono sempre occupato di tradurre in regolamenti e posizioni le istanze delle parti. Mi sento di raccomandare al movimento di darsi una stabile rappresentanza presso l’Unione europee, perché è impossibile avere ascolto in Europa senza una rappresentanza.” Dal mio punto di vista l’unica forma di rappresentanza europea è quella della Via Campesina europea.” “È urgente modificare la direttiva sulle pratiche commerciali sleali, che è ancora troppo debole, è la priorità assoluta, perché bisogna ridare marginalità alle aziende agricole, che devono essere in grado di dare sostentamento delle famiglie degli imprenditori e dei dipendenti”.

Marco Giani, direttore Caa Canapa – Ha comunicato che Agea da oggi ha riammesso gli Agrotecnici a trattare le domande Pac e ha dato la disponibilità a partecipare delle iniziative della Campagna sulla libertà sindacale e contro la burocratizzazione del sistema.

Angelo Di Stefano, dell’Associazione Partite Iva, esportatore di ortofrutta “L’Agricoltura è stata svenduta dai tempi di Spadolini, quando fu deciso che l’Italia deve essere un paese industriale”. “Abbiamo gli accordi bilaterali che stanno favorendo l’ingresso in Italia di qualsiasi prodotto agricolo a prezzi bassi da parte di Paesi a basso livello di democrazia come Turchia ed Egitto”. Con il Piano Mattei, secondo Di Stefano “Non stanno portando sviluppo in Africa, fanno accordi con aziende agricole enormi, che hanno i dipendenti che vivono

Annamaria Mele, Associazione nazionale pescatori italiani “Il 41% della Sau italiana rappresenta una quota importante del territorio nazionale, mentre noi condividiamo il mare con i pescatori non professionali e le aziende di pesca sono più esposte alle problematiche climatiche che hanno impatto diretto sugli stock ittici. La Pcp è finalizzata allo sfruttamento sostenibilità delle risorse, per cui a cascata implica delle limitazioni, la programmazione del Feamp quotava appena 520 milioni di euro contro gli ingenti contributi pagati all’agricoltura. Le imprese di pesca sono 22mila appena. Serve uno spostamento dal basso, un approccio diverso al

Adriano Noviello, allevatore casertano della Rete Interregionale Allevamento di Territorio “Nella lettura del programma del Coapi trovo la strada per la salvezza del Made in Italy, occorre invertire così la rotta rispetto al modello industriale imposto dall’Europa.” Sull’allevamento “Sul prezzo di mercato, esiste un solo reddito, la vendita o di latte o di carne, mentre le voci di costo sono tante, per noi il reddito è il primo tema e va assolutamente garantito contro la concorrenza sleale.” Poi c’è il problema dei nitrati: “Chi ha detto che bisogna per forza realizzare denitrificatori e impianti a biogas? Non sarebbe meglio ottimizzare l’utilizzo del letame nella concimazione del terreno?” Sul piano sanitario Noviello ha ricordato come il mondo allevatoriale del Centro – Sud sia in attesa della nomina del commissario nazionale sulla brucellosi e la tubercolosi. Infine l’allarme per il prezzo di latte di bufala “A settembre i caseifici non pagheranno più di 1,40 euro al litro, ma abbiamo costi alla stalla di 1,48 euro al litro chiediamo ad Altragricoltura e Cna di intervenire prontamente perché c’è il rischio di chiudere molti allevamenti nel casertano”.

Stefano Di Gianmatteo, Associazione agricoltori e allevatori del Lazio, “Stiamo ancora pagando le conseguenze degli accordi bilaterali, poi con la pandemia e la guerra sono aumentati i costi, che hanno mandato al fallimento delle aziende.” “La madre di tutti i problemi è quello dei prezzi che non coprono i costi di produzione, i soldi stanziati dal Governo vanno solo in direzione delle Op e delle Aop, mentre le aziende agricole sono in sofferenza”. Di Gianmatteo ha inoltre sottolineato il problema del costo del lavoro, per il quale occorre chiedere la defiscalizzazione al Governo. Inoltre, ha concordato con la proposta Dongo sull’inasprimento della Direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Sul clima: “le ore di freddo mancanti hanno prodotto le gemme cieche e i danni sono ingenti nell’ortofrutta, occorre modificare il Piano assicurativo nazionale”.

Dino Rossi, candidato al Sud nelle ultime elezioni europee. “Siamo stati snobbati dai nostri amici agricoltori, non abbiamo unione per diventare una forza politica, adesso non siamo nessuno, rappresentiamo poche persone e stiamo qui a leccarci le ferite.” “Dobbiamo battere il Green Deal, contro il quale sono scesi in piazza i trattori, se abbiamo un pezzo di terra in un parco dobbiamo chiedere il permesso all’Ente parco per poterlo coltivare.” “Il mondo ambientalista ci sta mettendo il bastone tra le ruote!” “Il Coordinamento va bene e deve essere riconosciuto come le associazioni ambientaliste”. “Chi ha permesso la costituzione di società fantasma per i Pascoli.

Francesco Zizzo, pescatore palermitano marineria di Porticello “Siamo solo 230 barche, abbiamo dimezzato naviglio e forza lavoro dagli anni ’80 ad oggi, la responsabilità è delle politiche comunitarie, perché mentre noi subiamo le restrizioni dell’Unione europea, gli altri Paesi fanno quello che vogliono”. “L’agroalimentare e la pesca vanno inquadrati dentro una filiera per cambiare le politiche”. Per … occorre tornare alla pesca stagionale tipico degli areali del Mediterraneo “che consentiva ai pescatori di stare fermi 4 mesi all’anno, tra un cambio di tipo di pesca e l’altro senza bisogno di chiedere soldi per il fermo pesca, perché le catture e le vendite garantivano reddito e sostenibilità”.




CONCERTO CULTURALE

Parco Villanesi il prossimo 20 luglio, ore 19 e ss.gg.

Francavilla al Mare, 29 giugno 2024. La Confederazione Politica Insieme Liberi inaugura in Abruzzo, unitamente alla Associazione KFK Project KontrofabbriKa, il format Concerto Culturale, indirizzato a quanti, come i Fiori di Cactus, sono in grado di meravigliare.

Il primo Concerto Culturale si terrà il 20 luglio p.v., ore 19 e ss.gg., c/o il Parco Villanesi ,in compagnia del CantaUntore Rocco e con la partecipazione straordinaria dei Giornalisti indipendenti Franco Fracassi e Arnaldo Vitangeli. Approfondimenti e dibattito sulla tematica: Sotto Scacco!?

Nel contributo libero e consapevole è compresa l’Apericena.