GLI ASSALTI FRONTALI

La festa di radio città Pescara

Ortona, 22 giugno 2024. Oggi, sabato 22 giugno, dalle ore 15 alle ore 3, a Villa Ada, in contrada San Giuliano 7 a Ortona (Chieti), si svolgerà l’Early Summer Fest 2024 a sostegno di Radio Città Pescara. Una maratona che prevede 12 ore di musica: dal rock al dub, dall’hip hop al reggae, dall’elettro punk al funky e molto altro, con la partecipazione della storica band romana Assalti Frontali. Dj-set e musica live, cibo e relax in una location immersa nel verde, dove poter anche stendere un telo su un prato e godersi la giornata. Ci saranno anche dei giochi per bambini.

Sarà possibile contribuire a mantenere attiva, libera e indipendente la radio. Si esibiranno Hill Dweller, Luchetto & Amed, Oscar TrONiK, Filtro Selecta, Dj Stivo, Ras Lion, Romoletto, T.U.: Troppo Umani, Minerva Rap, Underground Soul e Filtro Bonomelli. Quindi l’esibizione degli Assalti Frontali. L’ingresso è riservato ai soli soci ARCI ed è richiesto un contributo minimo di 5 euro.

Gli Assalti Frontali sono una formazione storica del rap militante. Nati nel 1990 dalle ceneri del collettivo musicale romano Onda Rossa Posse che con il disco “Batti il tuo tempo” aveva aperto la stagione delle posse. Guidati da Militant A, nel luglio 1992 pubblicano il primo album, “Terra di nessuno”. Nel 1993 esce il singolo “Sud”, inserito nella colonna sonora dell’omonimo film diretto da Gabriele Salvatores. Il secondo disco, “Conflitto”, arriva nel 1996 e viene distribuito in edicola con il quotidiano “Il manifesto”. Nel 1999 esce “Banditi”, mentre nel 2004 tocca a “Hic Sunt Leones”, nuovamente prodotto da “Il manifesto”. Nel 2006 viene dato alle stampe “Mi sa che stanotte…”, che vince il premio come miglior album indipendente 2006 al Pimi. A marzo 2011 esce “Profondo rosso”, e nel 2012, a vent’anni dall’uscita di “Terra di nessuno”, ecco “Let’s go”. Nel 2016 esce il penultimo disco “Mille gruppi avanzano”, mentre l’ultimo cd in ordine di tempo è del 2022 e si intitola “Courage”.




VITTORIO BROCCATELLI CONFERMATO

A lui le chiavi del reparto difensivo del sestetto ortonese

Ortona, 22 giugno 2024.  Confermato e promosso a pieni voti. Vittorio Broccatelli sarà il libero della Sieco Service Impavida Ortona per la stagione 2024/2025. Continua quindi il percorso di crescita per il giovane libero di Assisi, Santa Maria Degli Angeli. Nonostante la prossima stagione sia la prima che affronterà da titolare in un campionato di alto spessore, l’esperienza e soprattutto il talento di Broccatelli sono già molto evidenti.

Vittorio Broccatelli può infatti vantare di aver esordito in SuperLega con la Sir Safety Perugia e di aver partecipato a diversi collegiali della Nazionale Italiana Under 16/17 e Under 17/18. Nel 2020 è poi arrivata la sua prima convocazione con la Nazionale Juniores Under 17

Il Libero impavido ha iniziato la sua carriera nel settore giovanile della Pallavolo Assisi, prima di entrare nelle fila della prestigiosa Sir Safety Perugia. Qui ha continuato il percorso nelle giovanili fino a guadagnarsi un posto in Serie C nel 2019. È evidente che in Casa Sir avevano notato il talento del ragazzo, tanto che presto Vittorio è stato chiamato ad aggregarsi alla squadra di Serie B, con cui ha giocato regolarmente nelle stagioni 2021/2022 e 2022/2023. Ma la Chiamata con la “C” maiuscola è arrivata nel 2022, quando, a causa dell’infortunio di Colaci, Vittorio è stato richiesto per unirsi alla squadra di SuperLega.

«Dopo aver assaggiato la Serie A2 sono pronto per il mio primo anno da titolare in A3. Sono contento che la possibilità arrivi proprio da Ortona perché conosco l’ambiente e una buona parte di quelli che saranno i miei prossimi compagni di squadra. Sarà un di certo un campionato difficile, ma il nostro roster è competitivo che manterrà le aspettative. Peccato per lo scorso anno. Abbiamo avuto infortuni che hanno penalizzato il nostro cammino in campionato e quindi c’è voglia di rivalsa. Per quanto mi riguarda sono pronto a ripagare la fiducia della società lavorando duro in allenamento e dando il massimo in partita. Un grandissimo saluto a tutti i nostri tifosi, in particolar modo ai Dragoni che non vedo l’ora di riabbracciare al palazzetto»

Vittorio Broccatelli

Nascita: 8/01/2005

Luogo: Assisi

Nazionalità Sportiva: Italiana

Ruolo: Libero

Altezza: 175 cm

Carriera

2024/2025 Sieco Service Impavida Ortona (Serie A3)

2023/2024 Sieco Service Impavida Ortona (Serie A2)

2022/2023 Sir Safety Perugia (Settore Giovanile, Serie B, Superlega)

2021/2022 Sir Safety Perugia (Settore Giovanile e Serie B)

2020/2021 Sir Safety Perugia (Settore Giovanile e Serie C)

2019/2020 Sir Safety Perugia (Settore Giovanile e Serie C)

Squadre Nazionali

2021 Italia Under 16/17

2022 Italia Under 17/18




I CONCERTI BRANDEBURGHESI DI BACH

Al Santuario della Madonna d’Appari a Paganica, l’Orchestra Progetto Syntagma, violino solista e direttore Gabriele Pro

L’Aquila, 22 giugno 2024. Venerdì 28 giugno, alle ore 21:00, nella splendida cornice del Santuario della Madonna d’Appari a Paganica appuntamento da non perdere con la sublime bellezza dei Concerti Brandeburghesi di J.S. Bach.

L’Orchestra Progetto Syntagma, formata da 2 flauti dolci – 3 oboi – fagotto – 2 corni – tromba – 3 violini – viola – violoncello – contrabbasso e clavicembalo, violino solista e direttore Gabriele Pro, eseguirà dei Six concerts avec plusieurs instruments, che Philipp Spitta nel 1873 denominerà Concerti Brandeburghesi, il n.1 in fa maggiore BWV 1046, il n.4 in sol maggiore BWV 1049 e il n.2 in fa maggiore BWV 1047: tre capolavori assoluti della storia della musica.

Il concerto rientra nella programmazione 2024 della rassegna “I Concerti dell’Accademia degli Sfaccendati” organizzata dalla COOP ART di Roma con il contributo del Ministero della Cultura.

I Concerti dell’Accademia degli Sfaccendati sono realizzati dalla COOP ART di Roma (Socio AIAM) con il contributo del Ministero della Cultura. 




DOPO LE ELEZIONI

Le sfide per l’unione europea e per l’Italia

di Maurizio Cotta

PoliticaInsieme.com, 22 giugno 2024. Le elezioni europee di giugno non hanno solo aperto i complessi negoziati per rinnovare le cariche dell’Unione, segnano anche l’inizio di un quinquennio nel corso del quale l’Unione sarà chiamata a dare risposte a sfide di grande rilievo.

Limitiamoci alle sfide principali: transizione ambientale, sviluppo e trasformazioni dell’economia europea, crisi internazionali e migrazioni sono i grandi temi sui quali l’Unionesi dovrà cimentare con importanti ricadute anche sulla vita politica dell’Europa e dei paesi membri. Su questi importanti dossier è necessario che l’Unione acceleri con decisione il passo e faccia seriamente i conti con le risorse finanziarie che questo comporta se non vuole restare indietro e in posizioni di dipendenza rispetto agli altri grandi attori mondiali.

Contemporaneamente, se si vuole far tesoro della lezione delle elezioni europee, è necessario che sulle grandi scelte l’orientamento sia sì lungimirante e fermo, ma non si dimentichi che è altrettanto importante avere il consenso delle opinioni pubbliche spesso fortemente contrariate dagli impatti negativi di politiche pensate in un’ottica troppo ideologica o tecnocratica.

La questione ambientale è forse quella che meglio mette in luce la duplice esigenza che abbiamo evidenziato: se l’Unione vuole continuare, come è giusto che sia, a fare da capofila a livello mondiale di politiche coraggiose di mitigazione degli effetti negativi delle attività umane sul clima, deve capire anche, come le elezioni europee hanno mostrato, che queste politiche, a volte esasperatamente regolatrici, hanno costi non equamente distribuiti sulle popolazioni e suscitano forti reazioni di rigetto. È necessario allora che di questo si tenga conto prevedendo significative misure di compensazione per gli strati della popolazione maggiormente colpiti. Diventa quindi cruciale la capacità dell’Unione di introdurre ingenti risorse finanziarie.

La debole crescita economica dell’Europa, ma anche il suo ritardo rispetto agli Stati Uniti da un lato e alla Cina dall’altro in alcuni dei campi più avanzati delle trasformazioni tecnologiche richiedono un serio ripensamento delle priorità delle politiche europee. Rispetto al passato in cui l’attenzione dell’Unione è stata tutta centrata sulla stabilità finanziaria dei bilanci nazionali e ha avuto il suo fulcro nel Patto di Stabilità e Sviluppo [in realtà molto sulla stabilità e poco sullo sviluppo], con i suoi vincoli in materia di deficit e debito pubblici, è arrivato il momento di mettere invece al centro le politiche di sviluppo senza le quali il modello europeo di una economia socialmente equilibrata rischia di andare a gambe all’aria. Anche qui il sostegno che le forze dell’estrema destra ricevono in sede elettorale dalle componenti della popolazione più svantaggiate dovrebbe insegnare qualcosa.

La decisione cruciale per il futuro dell’Unione è se gli ingenti investimenti necessari per invertire la curva del declino europeo dovranno essere a carico degli stati membri, accentuando così le divergenze interne all’Europa, o invece se si voglia finanziarli in parte significativa con un rafforzato bilancio europeo a salvaguardia della coesione della UE.

Sul fronte delle crisi internazionali i prossimi due anni saranno decisivi per capire se in Europa può essere ristabilita una pace giusta e stabile. Condizione essenziale è che sia respinta l’aggressione russa all’Ucraina che è l’ostacolo principale per ricostruire un assetto di pace rispettoso del diritto all’integrità territoriale e delle sovranità degli stati europei. Un assetto che dovrà ricomprendere anche la Russia (quando la dirigenza russa avrà capito il grave errore commesso con la cosiddetta “Operazione militare speciale”). Come è chiaro la questione della pace non riguarda soltanto l’Unione Europea: gli Stati Uniti hanno comprensibilmente assunto un ruolo di primo piano nella difesa dell’Ucraina, ma l’Europa non può rinunciare ad assumersi le proprie responsabilità.

Fin qui l’Unione ha mostrato una forte unità di intenti sulla linea di principio e su alcuni aspetti del sostegno all’Ucraina (le sanzioni alla Russia, l’accelerazione del processo di ammissione dell’Ucraina e della Moldova nell’Unione, i primi aiuti finanziari). Molto più debole si è rivelata la sua capacità di aiuto militare in ragione dei limiti di bilancio della UE e della assenza degli strumenti operativi di una vera politica di difesa europea. L’aiuto militare europeo è stato quindi essenzialmente demandato all’iniziativa dei singoli stati (e alle loro disponibilità e volontà) con un qualche sforzo di coordinamento dell’Unione.

È chiaro che questo non basta se l’Europa vuole essere efficace e non troppo dipendente dagli Stati Uniti su questo vitale dossier. E il problema di una politica estera comune più forte e dotata di risorse adeguate si pone anche sugli altri importanti dossier, come il Medio Oriente, il partenariato con l’Africa e la gestione delle migrazioni irregolari.

Dove di posiziona su queste questioni l’Italia e il suo governo? Meno Europa o più Europa?

Una Europa più confederale o un’Europa più federale? Un bilancio europeo limitato come quello attuale o uno più ricco per sostenere più forti investimenti europei? Passati gli slogan della campagna elettorale credo che debba esser a tutti chiaro che su tutti i grandi temi sopra indicati l’interesse dell’Italia sia per più Europa, un’Europa più federale e con maggiori capacità di bilancio. Se qualcuno pensa che l’Italia da sola potrebbe fare meglio credo dovrebbe portarne le prove.

Maurizio Cotta




FESTA DELLA MUSICA IN AEROPORTO

Abruzzo Airport aderisce alla giornata internazionale della musica

Pescara, 22 giugno 2024. Anche Abruzzo Airport ha aderito alla giornata internazionale della musica. Lo scalo ha risposto positivamente all’appello di Assaeroporti per partecipare alla festa della musica, l’iniziativa promossa dal Ministero della Cultura, dalla Rappresentanza italiana della Commissione Europea, in collaborazione con Siae, Nuovoimaie, Cafim, Anbima, Feniarco e con la Rai media partner, per celebrare la musica in tutte le sue sfaccettature. Dodici gli scali in tutta Italia che hanno organizzato eventi musicali. Tra questi anche l’aeroporto d’Abruzzo con il terminal che si è trasformato in un vero palcoscenico con i musicisti di Gea, Giovane Ensemble d’Abruzzo, che hanno allietato i passeggeri in partenza e in arrivo nello scalo abruzzese.

“Come ogni anno rispondiamo positivamente all’appello di Assaeroporti per partecipare alla Festa della Musica. Una opportunità per intrattenere i passeggeri che transitano nel nostro scalo nei momenti che precedono l’imbarco, ma anche un’occasione per far esibire giovani musicisti in un luogo diverso dalle sale tradizionali”, ha commentato il direttore di Saga, Luca Bruni.

La festa della musica si è aperta con due flash mob per poi proseguire con un vero e proprio concerto in galleria. Con viole, violini e violoncelli il repertorio proposto ha visto Vivaldi, “La Primavera”;  G.P. Telemann, “Allegro” e “Presto” dal concerto per viola, archi e basso continuo; P. Mascagni, “Intermezzo” da Cavalleria Rusticana; Pachebel “Canone”, e  G. Holst, “Intermezzo”, e “Finale” da Dargason.

Il gruppo musicale, guidato da Pierfrancesco Fiordaliso, nato a dicembre con lo scopo di unirsi nel segno della musica, per la performance in aeroporto è stato composto da: Stella Di Domenicantonio, Lorenzo Astolfi, Margherita Palmieri, Valentina De Iuliis, Chiara Antico, Mehdi Chbary, Giovanni Narciso.




VELA, CERASUOLO D’ABRUZZO CUP AL VIA

Ultime ore di allenamenti per gli oltre trenta equipaggi che partecipano alla terza edizione della Cerasuolo d’Abruzzo Cup – 1^ Trofeo CNP, regata per imbarcazioni di vela d’Altura e di Minialtura organizzata come ogni anno dal Circolo Nautico Pescara 2018 con il sostegno del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo e legata a filo doppio con il vino rosé d’Abruzzo di cui porta il nome e il colore

Pescara, 22 giugno 2024. La sfida tra vele per la conquista del Challenger Cerasuolo d’Abruzzo Cup 2024 parte domani mattina, sabato, dal porto turistico Marina di Pescara per la prima delle due giornate previste in programma.

Dopo l’inaugurazione di ieri sera con alzabandiera e aperitivo sulla terrazza del CNP, oggi le imbarcazioni issano le vele e fanno rotta verso Ortona, passando dalla boa di Francavilla, per poi ritornare verso il traguardo a Pescara. La seconda ed ultima veleggiata si svolgerà invece domenica, con percorso costiero questa volta verso nord fino al confine con Montesilvano e ritorno.

Nello stesso pomeriggio di domenica verranno consegnati i trofei 2024 ai primi classificati in assoluto e di categoria (trofeo Challenger Cerasuolo d’Abruzzo Cup, Coppa AUTOSTAR e 1° Trofeo CNP). Entra quest’anno nell’evento, nato dal sodalizio di vela e Cerasuolo, un “tocco d’arte” in più ossia una estemporanea di pittura a cura di 10 artisti abruzzesi delle associazioni “Itinerari artistici” e “Le Muse” che in tutta la giornata di domani (sabato), dopo aver piazzato i propri cavalletti in vari angoli del porto, dipingeranno con pennelli e colori le loro tele sul tema mare, vento, vela e …cerasuolo. Sono Angela Di Teodoro, Ercolina Delle Monache, Patrizia Amoretti, Plinio Meriggiola, Rosa Maria Brandimarte, Sabina D’Alfonso, Sabrina Talarico, Stefania Ponziani, Stefano Schiazza, Valentini Vally. Poi domenica, ai vincitori delle regate e a conclusione dell’evento, verrà donato un quadro, che si aggiunge ai trofei.

La giornata si conclude la sera con la conviviale per armatori, equipaggi e amici nel ristorante “Osea” del Marina dove si pasteggia con il Cerasuolo delle aziende legate al Consorzio Tutela Vini, si brinda con lo spumante abruzzese Vinco e si gusta il dolce offerto dal mastro pasticciere Federico Anzellotti di Emozioni Italiane. Sostengono la Cerasuolo d’Abruzzo Cup Faieta Motors e Ford Autostar oltre a Banca Generali Private e Vittoria RMS (main sponsor del CNP) e ai supporter quali il Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo, EKF grafica, Saquella Caffè, Il Mercato del Pane, Spiedì, Rustichella d’Abruzzo, Vinco spumante, NYG, Pro Loco Pescara Aternum, Collettivo Itinerante, Le Muse, Altroporto, Mondovela Crew, Ristorante Osea ed Emozioni Italiane.




CONVEGNO SULLA LEGGE 194/78

Uil Abruzzo: “Piena attuazione della legge e maggiori tutele per le donne” . Sindacato, professionisti e istituzioni a confronto sulla normativa che riguarda l’interruzione volontaria di gravidanza

L’Aquila, 22 giugno 2024. Si è tenuto ieri mattina al Palazzetto dei Nobili dell’Aquila l’incontro organizzato dal Coordinamento Pari opportunità Uil Abruzzo sulla Legge 194/78. Al dibattito su un argomento di grandissima attualità come quello dell’aborto volontario sono intervenuti: Ivana Veronese, segretaria nazionale Uil; Michele Lombardo, segretario generale Uil Abruzzo, Gianna Tollis, Coordinamento Pari opportunità Uil Abruzzo, Roberto Santangelo, assessore alle Politiche sociali della Regione Abruzzo; Mario Quaglieri, medico e assessore regionale; Clorinda Delli Paoli, Commissione Pari opportunità Regione Abruzzo; Serena Pisotta, avvocata del Foro di Avezzano; Alessandra Fazi, ginecologa non obiettrice dell’Ospedale di Avezzano; Valeria Salvatore, psicologa dell’Ordine degli psicologi d’Abruzzo.

Il sindacato, che ha una posizione netta rispetto all’importanza della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, chiede la piena attuazione della legge 194 e maggiore tutela per le donne. A partire dall’incremento del numero dei consultori sul territorio e del personale addetto, necessario per tutelare la salute delle donne e affiancarle nelle proprie scelte.

“La Legge 194 sull’aborto volontario nasce nel lontano 1978 e fu un traguardo importante perché per la prima volta si riconosceva alla donna il diritto inalienabile di essere padrona del proprio corpo – commenta Gianna Tollis, del Coordinamento Pari opportunità Uil Abruzzo – Per molti decenni ne siamo stati consapevoli e ne abbiamo goduto.  Purtroppo, in tempi recenti qualcosa sta cambiando ed è diventato sempre più difficile trovare un ginecologo non obiettore. Nella nostra regione, complice anche una politica di sanità pubblica volta al risparmio a tutti i costi, il percorso per una donna che sceglie di interrompere la gravidanza è tortuoso e sicuramente non agevole e accogliente come dovrebbe. Con la possibilità dell’inserimento delle associazioni pro-vita nei consultori, poi, si rende ancora più complicato un momento che è già molto difficile”. “La Uil Abruzzo – aggiunge – ha voluto fare un focus sull’argomento dando voce ai professionisti ma anche alle istituzioni e ribadendo la posizione della Uil e cioè che è necessario che la L. 194 rimanga un diritto e che la donna possa scegliere sempre, liberamente e senza condizionamenti”.

Per Ivana Veronese, segretaria nazionale Uil: “Da quando si è insediato questo governo, si sta diffondendo una narrazione, sostenuta da dichiarazioni e azioni di componenti dell’esecutivo, che attacca il diritto ad abortire e la libertà delle donne di scegliere sul proprio corpo e sulla propria vita. Suggeriamo al governo di spostare le proprie attenzioni dalle donne che non desiderano avere un figlio alle donne, alle coppie, che vorrebbero diventare genitori ma non possono: perché non hanno un lavoro stabile, o spesso non lo hanno affatto, perché non possono acquistare una casa, perché non possono accendere un mutuo, perché non hanno una rete familiare a supporto. Questo significa essere non solo dalla parte delle donne ma anche dalla parte del futuro”.

Michele Lombardo, segretario generale Uil Abruzzo, aggiunge: “Come Uil Abruzzo abbiamo avviato momenti di riflessione su varie materie riguardanti il mondo del lavoro e del sociale. Questo appuntamento fa parte di questo programma, iniziato mesi fa, che ribadisce il concetto della Uil come sindacato delle persone. Pronto ad occuparsi sempre più di temi che riguardano tutte le persone, donne, uomini e giovani, e delle loro problematiche, non solo lavorative ma anche di vita”. “La posizione di Uil e Uil Abruzzo in merito alle ultime scelte che il governo si è apprestato a fare sono estremamente chiare – conclude – ci opponiamo alla limitazione dell’applicazione della legge 194 e pensiamo che bisogna portare sul territorio maggiore presenza delle istituzioni pubbliche. Sosteniamo con forza, quindi, l’operato fatto dal nostro Coordinamento Pari opportunità e la libertà di tutte le donne di poter scegliere in assoluta libertà e coscienza, con la consapevolezza che il dibattito, il dialogo e la discussione con le istituzioni regionali, come avvenuto nell’incontro di oggi, possa servire a colmare quel divario che scelte sbagliate producono rispetto alla piena applicazione della legge”.




NO AL REWILDING SI A DIFESA DELL’AMBIENTE E DEI PRODUTTORI

Coapi “Siamo noi i custodi della Terra del Mare e della Natura”. In Abruzzo iniziativa su “No al rewilding – Si alla tutela della Natura e delle Attività agropastorali” nel quadro della campagna “99 giorni per salvare l’agricoltura e la pesca” e dopo l’approvazione definitiva del Regolamento Ue sulla Restaurazione della Natura

Sulmona, 22 giugno 2024. Il Coordinamento Agricoltori e Pescatori Italiani (Coapi) ha aperto a Sulmona il progamma di iniziative della cinque giorni dedicata al “Diritto a produrre e diritti ambientali”, occasione di riflessione e proposta quanto mai opportuna all’indomani dell’approvazione definitiva del Regolamento Ue sulla Restaurazione della Natura

L’evento di Sulmona, centrato sul “No al rewilding – Si alla tutela della Natura e delle Attività agropastorali”, si è aperto con un presidio davanti alla sede operativa del Parco Nazionale della Maiella a Sulmona ed è proseguito con un incontro all’Eremo di Sant’Onofrio, occasioni per definire i contenuti che contribuiranno, alla fine delle giornate di mobilitazione, a comporre il capitolo dedicato all’ambiente del documento finale della campagna di mobilitazione dei #99giorni

All’interno del presidio, alle 12, si è tenuta la Conferenza stampa cominciata con un minuto di silenzio in segno di lutto per la tragica morte di Satnam Singh nelle campagne di Latina e di Pierpaolo Bodini, morto ieri nelle campagne di Brembio in Lombardia, per testimoniare come gli agricoltori che si stanno battendo per l’agroecologia e la sovranità alimentare come strumenti per affermare la giustizia ambientale sono i primi a rivendicare il rispetto della dignità e dei diritti del lavoro (dei braccianti, degli agricoltori e dei pescatori artigianali) come prima garanzia per il rispetto dei diritti sociali ed economici.

Nella Conferenza stampa il Coapi ha ribadito come la protezione dell’ambiente naturale non può risolversi in una “mummificazione del territorio”. Da qui il no deciso al Rewilding, “un’idea antistorica, che non tiene conto della presenza dell’uomo come parte dell’ambiente naturale e della sua capacità di gestirlo, manutenerlo e viverlo”. Obiettivi di grande attualità in Abruzzo, dove la convivenza con tre parchi nazionali (Maiella, interregionale di Abruzzo, Lazio e Molise, Gran Sasso e Monti della Laga) e il parco regionale del Sirente – Velino diventa sempre più complessa, per i vincoli crescenti che limitano di fatto la costruzione di un sano equilibrio tra attività umane e natura.

Dopo il presidio, in cui sono intervenuti in diversi, l’iniziativa si è spostata per la redazione di un documento di proposte (che saranno assunte nel documento generale della campagna dei #99giorni) all’Eremo di Sant’Onofrio, luogo di alto valore simbolico voluto da Papa Celestino V, che abitò la Maiella in armonia con la natura, primo a costruire un percorso di gestione della montagna .

Dino Rossi del Cospa Abruzzo, in conferenza stampa ha dichiarato: “Il presidio di oggi a Sulmona prelude ad un convegno che terremo presto a Pescasseroli, alla Tana del Lupo, sede del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. La questione che intendiamo porre è che oggi abbiamo due specie in via di estinzione, l’orso e il pastore. Perché in questi lunghi anni la specie minacciata di estinzione (orso bruno marsicano) consta sempre dei soliti 50 esemplari, mentre sono stati spesi tanti soldi dal Parco senza riuscire a tutelare realmente la specie? Noi chiediamo un Parco a misura di orso, perché questo plantigrado purtroppo entra in competizione alimentare con cervi, che si muovono anche in branchi di 400 esemplari, e cinghiali, che ormai sono ovunque, popolazioni di ungulati che ad oggi, proprio perché non gestite, vanificano ogni forma di protezione dell’orso stesso. Il tutto, mentre il Parco vuole includere nelle aree protette gli usi civici, un esproprio vero e proprio, nei luoghi da sempre dedicati soprattutto al pascolo, e al tempo stesso si chiede all’allevatore una procedura complessa, costosa e con un fortissimo e irragionavole appesantimento burocratico come la valutazione d’incidenza ambientale per autorizzarlo al pascolo e alla tenuta stessa dell’allevamento.”

Andrea Marsili, del Cospa Abruzzo, sottolinea: “Il Parco della Maiella è un geoparco Unesco, la presenza di ominidi è testimoniata in questi territori praticamente da sempre, ma oggi lo spopolamento minaccia seriamente la presenza dell’uomo. Un processo in accelerazione spinto da sempre nuovi vincoli ambientali; servono sempre più carte e burocrazia per pascolare le pecore, una forma di colpevolizzazione della presenza umana che è ormai straripante e che è ingiustificata: abbiamo da sempre manutenuto e custodito il territorio.” Marsili sottolinea l’esigenza di un dialogo fino ad ora mancato con gli enti parco, al fine di “Partecipare alla stesura dei regolamenti e degli impianti normativi, questo vogliamo attuare, attraverso un’azione che intendiamo sviluppare lungo tutto l’Appennino a partire dal contributo che daremo oggi dall’Eremo di Sant’Onofrio. Perché dobbiamo scongiurare la dinamica davanti ai nostri occhi che pretende di bloccare la storia umana in questi territori. Noi vogliamo restare qui con una nuova agricoltura e una nuova pastorizia”.

In Abruzzo, ai tempi della transumanza lungo il tratturo magno L’Aquila – Foggia c’erano tra i 2 ed i 3 milioni di pecore, nel 2017 gli ovini erano rimasti in 200mila unità, oggi sono 150mila, segno che l’attività di imprenditore armentario rischia di scomparire, con tutte le sue produzioni.

Alessandro Novelli, Rete Interregionale GPS invece affronta un altro argomento, quello dei crediti di carbonio: “Come agricoltori produciamo molto più ossigeno di quanto ne consumiamo con la produzione di CO2, ma la normativa europea per farci accedere al mercato dei crediti di carbonio come venditori, vuole che le nostre aziende siano ancora più performanti e quindi ci chiede di fare ulteriori investimenti lì dove già la capacità di investire degli agricoltori è stata ridotta dalla crisi economica in atto. D’altro canto, l’industria che acquista i nostri crediti di carbonio e che dispone di ingenti capitali non è incentivata a ridurre realmente le proprie emissioni, che contribuiranno nel tempo a rendere il clima e l’esercizio dell’agricoltura sempre più difficile e rischioso.” Da qui Novelli conclude: “Anche la cessione di crediti di carbonio oggi da parte di noi agricoltori al settore industriale si pone nel lungo periodo come una forma di finanziarizzazione del danno ambientale presente e soprattutto futuro che subiamo e che subiremo; un mercato illogico, per cui gli eventuali profitti di oggi consumano l’unico capitale vero di cui ogni agricoltore dispone: la terra coltivabile.” Anche questo un tema che viene posto con forza in vista della redazione del documento ambientale del Coapi.

Gianni Fabbris, portavoce del Coapi conclude: “Vogliamo con le nostre iniziative scongiurare un rischio ormai concreto: entro i prossimi 20 anni i 2/3 della popolazione italiana vivrà nelle città, e solo 1/3 risiederà nei territori rurali. Ma a cosa serviranno a questo punto i territori rurali, luoghi nei quali coltivare solo parchi eolici, visto che la produzione di cibo sarà stata abbandonata? Resteranno solo per essere visitati nei wekend dai turisti provenienti dalle città selvaggia e inaccessibile ma da dove non si produrrà più il cibo, la cui produzione sarà delegata dal capitale finanziario a luoghi lontani devastati da modalità intensive, estrattive e industriali. Uno scenario che non vogliamo si avveri e che intendiamo scongiurare.”




ALFREDO PIRRI. LUOGO PENSIERO LUCE

Progetto vincitore del PAC 2022-2023  – Piano per l’Arte Contemporanea. MUSEOLABORATORIO d’Arte Contemporanea 21 giugno -10 agosto 2024

Città Sant’Angelo, 22 giugno 2024. Dal 21 giugno al 10 agosto 2024, il Museolaboratorio d’Arte Contemporanea di Città Sant’Angelo (Pe) presenta Alfredo Pirri. Luogo Pensiero Luce, progetto realizzato con il sostegno del PAC 2022-2023 – Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. L’opera site-specific realizzata dall’artista dal titolo “Compagni e Angeli – per Città Sant’Angelo” è stata inaugurata al pubblico venerdì 21 giugno scorso entrando a far parte della collezione del museo, e sarà visitabile da giovedì a sabato dalle 17 alle 21, e la domenica su appuntamento dalle 11 alle 14.

Il titolo dell’opera è preso in prestito da alcuni versi del brano musicale del gruppo Radiodervish, La rosa di Turi, dedicato alla prigionia di Antonio Gramsci a Turi, dove scrisse i celebri quaderni dal carcere. Compagni e Angeli – per Città Sant’Angelo fa parte di una serie di lavori che rimandano al tema della prigionia e del desiderio di fuga.  L’opera tridimensionale è concepita per essere visitata solo parzialmente dal visitatore e collocata all’interno di una delle stanze del museo come un piccolo ambiente di forma parallelepipeda composto da pareti e superfici specchianti. Le pareti in metacrilato sono colorate dall’artista in fase di produzione e impastate con piume conciate di oche già macellate per l’alimentazione. Con i riflessi di luce naturale proveniente dalle finestre il museo è pervaso da un’illuminazione del tutto nuova.

Compagni e Angeli – per Città Sant’Angelo nasce dallo stretto rapporto di Alfredo Pirri con una lunga storia di trasformazione del Museolaboratorio. Dapprima come Convento delle Clarisse, poi campo d’internamento e manifattura tabacchi, nel 1996 si getta il primo seme per la realizzazione del Museolaboratorio con una mostra dal titolo Nuovo Luogo per L’Arte in cui partecipa, tra gli artisti, Alfredo Pirri. L’opera si ispira alle connessioni con il luogo, il paesaggio da cui si affaccia il museo e la sua storia, come sottolinea il direttore, Enzo De Leonibus: “E tutto entra da questo affaccio, come non pensare allora a questo rapporto con la natura, la luce ed il pensiero. L’opera proposta nel progetto di Alfredo Pirri Compagni e Angeli – per Città Sant’Angelo ha questo tipo di invito e credo che sia una scelta anch’essa conseguente al senso di questo luogo.”

Il progetto è sostenuto dal PAC 2022-2023 – Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

BIO:

Alfredo Pirri (Cosenza, 1957) vive e lavora a Roma. La sua pratica artistica incontra diverse discipline: la pittura e la scultura, l’architettura e l’installazione. Le sue prime mostre personali risalgono agli anni Ottanta. Nel 1988 espone alla Biennale di Venezia, mentre nel 1999 è tra i protagonisti della collettiva Minimalia: An Italian Vision in 20th Century Art, curata da Achille Bonito Oliva presso il MoMA PS1 di New York. Nel 2023 riceve la Laurea Honoris Causa in Progettazione Architettonica, dall’Università degli Studi di Roma Tre. Collabora spesso con architetti per la realizzazione di progetti multidisciplinari, in cui arte e architettura dialogano in modo armonico. Negli ultimi anni ha partecipato alla realizzazione di grandi opere pubbliche, tra cui il restauro di edifici storici come il teatro Kursaal di Bari e il teatro del Maggio Fiorentino di Firenze. Predomina da sempre nel suo lavoro l’attenzione per lo spazio, un interesse che definisce “politico”: inteso come tentativo di mostrare, qualcosa di necessario alla sopravvivenza stessa, una sorta di battaglia a favore dell’esistenza. Ogni sua opera diventa un luogo spaziale, emozionale e temporale, dove l’osservatore ha la possibilità di entrare per immergersi in esperienze cromatiche che lo destabilizzano e lo disorientano: i suoi sono dei veri e propri ambienti di luce.

Il Museolaboratorio nasce nel 1998, per volontà dell’Amministrazione Comunale di Città Sant’Angelo e si trova all’interno del complesso “ex Manifattura Tabacchi” a Città Sant’Angelo, in Abruzzo. Nel 2001, con la nuova direzione dell’artista Enzo De Leonibus, il museo persegue l’intento di mantenere sempre aperto lo spazio preesistente, come laboratorio di sperimentazione e di ricerca, utili a tutte le possibili espressioni dell’arte visiva contemporanea, “Il Museolaboratorio è un luogo di incontro e di lavoro per gli artisti, prima che un luogo espositivo, e desidera creare un importante clima di relazione determinante per la vita e per la progettualità del Museo che diventa così un luogo di riferimento per l’arte contemporanea, una sorta di terra di nessuno necessaria per modulare e realizzare progetti ed ossessioni”. Dal 2002 il Museo ha avviato un’attività continuativa, realizzando così ciò che era stato auspicato sin dalla sua nascita, avvenuta con spirito lungimirante ed un mix di passione culturale e di scelte politiche che sono riuscite, nel corso degli anni, a trasformare questa avventura nel punto di riferimento e nel luogo consolidato in cui si persegue la finalità di tracciare nuovi percorsi, di delineare nuovi orizzonti, di indicare nuove mete, di costruire l’identità del patrimonio culturale ed artistico per il mondo dell’arte contemporanea, specie per gli artisti, gli operatori culturali ed il pubblico privilegiato.




LA SANITÀ ABRUZZESE È IN DEFICIT

Conferenza comitato ristretto dei sindaci: “costa e non soddisfa i livelli di qualità a cui gli abruzzesi hanno diritto”.

Atessa, 22 giugno 2024. Si è svolta ad Atessa la conferenza del Comitato ristretto dei sindaci sul bilancio della Asl 2 e sul disavanzo. I dati della sanità contenuti nel documento, le azioni necessarie al ripianamento sono stati commentati dal presidente del Comitato Diego Ferrara e dagli altri componenti, il sindaco della città ospitante, Giulio Borrelli, il sindaco di Casoli Massimo Tiberini e di Vasto Francesco Menna. Il Comitato ha poi annunciato per il 10 luglio la data per la convocazione dell’Assemblea dei sindaci per reintegrare il quinto componente del Comitato, a seguito delle dimissioni del sindaco di Ortona, Leo Castiglione.

“L’aumento esponenziale del disavanzo del bilancio consuntivo della Asl 2 passato da 13.760.000 di euro a meno 41.127.000 è ancora più incomprensibile tenuto conto che i trasferimenti regionali sono cresciuti nel corso degli ultimi 5 anni di 65 milioni di euro, fino ad arrivare a un totale di 792 milioni – così il presidente Diego Ferrara e i sindaci Giulio Borrelli, Massimo Tiberini e Francesco Menna – . Anche se la Asl trovasse, attraverso i tagli, i 20 milioni di euro di risparmio, per il 2024 si prevede un deficit, di almeno 21 milioni di euro. Riteniamo che gli aumenti di spesa (per il personale, cresciuti di circa 11.000.000 nell’ultimo esercizio, 12.212.000 per l’acquisto di servizi sanitari, di 16.389.000 euro per l’acquisto di beni) non abbiano portato a un incremento di produzione adeguato. Infatti a oggi si sono prodotti più debiti, meno prestazioni più mobilità passiva: il saldo della mobilità extra-regionale, dal 2019 al 2023, ad esempio, passa da meno 51 milioni a meno 69.500.000 euro con un peggioramento di 18 milioni, pari al 35%. Nella relazione del consuntivo il numero di ricoveri ordinari nel 2023 è pari a 30.000 dell’intera Asl 2, per un valore complessivo di produzione di 125.717.000 con un peso medio delle prestazioni pari a 1,26 ovvero ricoveri a non elevata intensità di cura. Motivi per cui non è più tollerabile il grave disavanzo del bilancio, che mette a dura prova la tenuta economica dell’azienda per il futuro, cosa che ci preoccupa non poco, come ha già riconosciuto la sezione di controllo regionale della Corte dei Conti nel rendiconto generale 2022 e lo stesso DG della Asl valutando il progetto PNRR per lo sviluppo dell’assistenza territoriale. L’aumento dei costi d’esercizio che inevitabilmente la nuova organizzazione di assistenza territoriale comporterà, potrà essere sostenuto solo se si potranno attivare risparmi sull’esistente di pari valore. Vale a dire che, affinché il sistema sia sostenibile nel lungo periodo, ci si attende che l’investimento del PNRR possa ridurre la spesa corrente tanto da poter finanziare la gestione di quanto è stato realizzato grazie ai fondi europei. Il piano di rientro comprende alcune azioni inefficaci e a dirlo non siamo solo noi che abbiamo un compito di controllo e proposta come Comitato ristretto, ma critiche si sono levate anche sia dai tavoli ministeriali di monitoraggio, ma anche dalla presidenza del Consiglio regionale, da quello della V Commissione sanità, nonché dal sindaco dell’Aquila, presidente del Comitato ristretto di competenza.

Come comitato abbiamo serie preoccupazioni per il futuro e lo abbiamo messo nero su bianco nell’ultima riunione, esprimendo un parere negativo al bilancio proposto dal Dg, perché le misure proposte e i tagli previsti e dolorosi, soprattutto nelle aree interne e strategiche, com’è già capitato con la soppressione della guardia estiva nelle maggiori località turistiche della provincia, potrebbero far scendere, ma non riassorbire il deficit. Se fossero anche rispettate queste previsioni avremmo un bilancio negativo anche nell’anno corrente. Mi chiedo come sia possibile aumentare le entrate, quando il numero di ricoveri è in picchiata, con un peso medio delle prestazioni pari a 1,26, cioè ricoveri con elevata intensità di cura. Il Dg afferma che ci sia un eccesso di ricorso ad esami diagnostici strumentali di III livello (Tac e Risonanza magnetica) del 38 per cento e 33 per cento, ma lo sa che per arrivare a una diagnosi precisa di patologie gravi la radiografia standard è obsoleta e non serve? E che il ricorso alla Tac è dovuto per scongiurare complicanze gravi. Stessa cosa il punto sul risparmio sui farmaci, come se il prezzo dei farmaci sia stabilito dai medici. La campagna elettorale è finita, passerelle non sono più possibili, serve un’azione che coinvolga maggioranza e opposizione e una strategia capace di guardare in faccia alla realtà e restituire un’autonomia operativa lla Regione, evitando un nuovo possibile commissariamento. Finora la strada scelta e i procedimenti adottati non sono all’altezza della sfida”.




LA GUARDIA DI FINANZA FESTEGGIA 

250° Anniversario della fondazione del Corpo

Giulianova, 22 giugno 2024. La cerimonia sul portoil 26 giugno alle 19. Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Teramo ha scelto il porto turistico di Giulianova per celebrare il 250° Anniversario della fondazione del Corpo. La cerimonia, alla presenza della autorità civili e militari, si terrà il prossimo 26 giugno.




SILENT BOOK CLUB ABRUZZO

Incontro zero. Nasce uno dei chapter del format mondiale che promuove la lettura condivisa e la socializzazione culturale

Bucchianico, 21 giugno 2024. Anche l’Abruzzo ha il suo Silent Book Club. La community degli appassionati di libri, che sceglie di condividere il piacere della lettura, si è ritrovata per la prima volta ieri a Bucchianico, il borgo in provincia di Chieti con una spiccata sensibilità verso le manifestazioni artistiche e culturali.

All’incontro zero hanno partecipato 20 persone, un numero che ha superato ogni aspettativa. C’erano adulti, ma anche bambini e ragazze, residenti a Bucchianico e in zone limitrofe, come Guardiagrele, Lettomanoppello, Moscufo, Pescara e Montesilvano. «Non potevamo immaginare un inizio migliore di questo. Ci speravamo, ma non ci aspettavamo tanto entusiasmo» raccontano Paolo e Genny, coloro che hanno dato il via al chapter abruzzese del Silent Book Club ®.

Un format mondiale quello del SBC, con più di 1000 capitoli in 50 paesi in tutto il mondo guidati da volontari locali, che in Abruzzo ha trovato casa grazie all’intuito di Paolo Di Menna, divoratore di libri, buona musica e taccuini sui quali scrive racconti e poesie, con il supporto di Genny Di Filippo, Copywriter, Formatrice e grande appassionata di storie.

I membri del SBC si riuniscono in pubblico in bar, caffè, librerie, biblioteche e online per leggere insieme. Ma cosa cambia rispetto ad un club del libro? «Nei gruppi di lettura tradizionali i partecipanti leggono il libro assegnato e spesso vi è una vera e propria corsa per finirlo nei tempi stabiliti. Il Silent Book Club, invece, promuove il piacere di leggere insieme, senza compiti o aspettative di nessun tipo» spiega Paolo.

Ed è proprio il piacere della lettura condivisa che ha suscitato interesse e curiosità non solo nei partecipanti, ma anche nella Pro Loco di Bucchianico che fin da subito ha creduto nel progetto, sostenendolo e mettendo a disposizione la propria sede per lo svolgimento dell’incontro zero. «Qual è il piacere della lettura? Ce ne sono tanti. Ma ce n’è uno rassicurante ed appagante: sapere che nello stesso momento qualcun altro sta leggendo come noi.» dichiara Giuliano Di Menna, Architetto e Vicepresidente della Pro Loco di Bucchianico.

L’iniziativa, nata per ricreare uno spazio di condivisione, scambio e confronto, permette di conoscere persone con le quali si ha già qualcosa in comune, scoprire nuovi libri, entrare a far parte di una community mondiale di lettori. «Abbiamo voluto dare vita ad un Chapter del Silent Book Club in Abruzzo perché siamo i primi a desiderare un evento di questo tipo» continua Paolo. «Aprire la porta di casa e sapere che c’è un luogo in cui coltivare una passione e condividerla con altre persone è incoraggiante. Inoltre, penso agli studenti che fino ad oggi ho incontrato in classe. I libri sono stati spesso lo strumento per far arrivare loro dei messaggi, un modo gentile per comunicare e indicare una strada» racconta Genny.

Il Silent Book Club Abruzzo è un progetto aperto a tutti. La partecipazione è gratuita e supporta le attività locali che possono contattare gli organizzatori, attraverso le pagine Social Facebook e Instagram, per proporsi e ospitare uno degli incontri sul territorio.

«Da quanto abbiamo iniziato a promuovere l’iniziativa sono arrivate tante richieste e numerosi messaggi di incoraggiamento. All’incontro zero, inoltre, hanno partecipato anche ragazzi di soli dieci anni. Questo ci offre una motivazione in più per portare avanti il progetto, con l’idea di lasciare qualcosa anche alle nuove generazioni» concludono Paolo e Genny.

I volontari sono già a lavoro per organizzare nuovi incontri nelle città di Chieti e Pescara. Presto verranno comunicate le nuove date per leggere insieme.




UN POSTER PER LA PACE

Premiati 28 ragazzi delle medie

Roseto degli Abruzzi, 21 giugno 2024. Tanta partecipazione per il Concorso Un poster per la Pace,  promosso dal Lions Club Roseto degli Abruzzi Valle del Vomano, che ha coinvolto gli studenti della scuola secondaria di primo grado sul tema Osate Sognare.

Complessivamente hanno aderito nove scuole, Cologna Spiaggia, Notaresco, Morro D’Oro, Cellino, Castellalto, Canzano, Basciano e Cermignano. Più di 200 gli elaborati arrivati alla commissione e trenta gli studenti premiati con primo e secondo premio. 

I vincitori

A Castelnuovo: Sara Mancini e Mia Di Sabatino

A Canzano: Federica Di Francesco e Marco Lamoratta

A Cellino Attanasio: hanno vinto Marina Vanni, seconde Mara Celeste e Bianca D’Ignazio;

Tra gli studenti della scuola di Castellalto sono stati premiati Rebecca Taraschi e Lucrezia Rastelli

A Morro D’Oro: primo premio a Veronica Cola, Sofia Valentini e Beatrice Politi, secondo posto per Manuel Antoccia, Lorenzo D’Eugenio, Osvaldo Di Colli e Ibo Bjordi.

A Notaresco primi classificati Catone Sofia, Letizia Narcisi e Alessia Marini, al secondo posto Nice D’Emilio, Valeria Burlacu e Chiara Pacini.

Nella scuola di Basciano hanno vinto Sara Di Pietro ed Emanuele Di Felice.

A Cermignano premiati Simone Rapacchietti e Asia Misantone

A Cologna spiaggia (IC Roseto 1 ) primo premio a Bruno Di Girolamo, secondo posto per Anastasia Mancini

Genny Mummolo ed Elisabetta Di Berardino, della commissione del premio, ringraziano tutti i dirigenti scolastici Candeloro Di Biagio IC Falcone-Borsellino, Maria Lalli (Notaresco- Morro D’Oro), Simona Piantieri (Castellalto), Lara Di Luigi (IC Roseto 1) e tutti i docenti coinvolti: Simona Cerere e Mauro Di Giuseppe,  Alessia Calisti,  Silich, Piccioni e  Lisa Ambrosini.




CENTENARIO COPPA ACERBO (1924-2024)

Mostra storico-documentaria La Coppa Acerbo. Motori, Consenso e Modernità 22 giugno 2024 – 13 luglio 2024

Pescara, 21 giugno 2024. Il 22 giugno 2024 alle ore 18:00 presso la sala D’Annunzio dell’Aurum di Pescara la Soprintendenza Archivistica e Bibliografica dell’Abruzzo e del Molise inaugura la mostra storicodocumentaria: La Coppa Acerbo. Motori, consenso e modernità. L’incontro, introdotto dallo storico Licio Di Biase, prevede, in apertura, la proiezione del video documentario “Motori e uomini. Il Circuito Automobilistico Internazionale di Pescara dalla Coppa Acerbo al Circuito di Pescara. 1924-1961”.

Dopo i saluti istituzionali, ci sarà l’intervento del Direttore Generale Archivi del Ministero della Cultura, Antonio Tarasco e della Soprintendente, Giuseppina Rigatuso. Seguiranno le relazioni degli storici: l’arch. Francesco Nuvolari e l’ing. Aldo Mastrangelo. Parteciperà all’evento anche il famoso pilota abruzzese Jarno Trulli. Durante l’inaugurazione sarà esposta, per gentile concessione della famiglia Romeo, la Coppa Acerbo vinta da Enzo Ferrari nel 1924 in occasione della prima edizione della storica corsa automobilistica. Sarà possibile visitare l’esposizione fino al 13 luglio 2024 presso la sala Flaiano dell’Aurum, e rivivere l’atmosfera della mitica competizione che, dal 1924 al 1961, ha visto sfrecciare su Bugatti, Alfa Romeo, Mercedes e tutte le grandi marche dell’automobilismo mondiale piloti entrati nella leggenda: da Enzo Ferrari, primo vincitore, a Tazio Nuvolari; da Manuel Fangio a Stirling Moss, nonché piloti abruzzesi quali il marchese volante Diego de Sterlich Aliprandi, Luigi Spinozzi e Berardo Taraschi.

Le vicende della Coppa Acerbo ci conducono come un filo rosso nel vivo della società di quegli anni: dalla nascita della Provincia alla costruzione di infrastrutture che hanno modellato il paesaggio urbano che ci è ora familiare e di scoprire i volti di personaggi politici e sportivi protagonisti ed interpreti consapevoli di partecipare ad un evento che poneva l’Abruzzo all’attenzione del mondo. La Coppa Acerbo si corre per la prima volta quando Pescara è ancora il piccolo borgo a sud dell’Aterno che la separa da Castellamare Adriatico, il villaggio di pescatori dove effettivamente la corsa ha il suo traguardo, dopo aver attraversato gli abitati di Spoltore, Cappelle e Montesilvano per complessivi 25 km. Solo nel 1927 infatti le due sponde sono amministrativamente unificate e creata la Provincia. Voluta dall’onorevole Giacomo Acerbo, in memoria del fratello Tito medaglia d’oro della Prima guerra mondiale, la corsa diventa da subito un evento tecnico-sportivo di rilievo non solo nazionale ed un richiamo per la mondanità dell’epoca.

Membri della casa reale, ministri e personalità anche straniere dal 1924 in poi si danno appuntamento nella settimana di Ferragosto a Pescara. La vita cittadina si anima tra inaugurazioni, ricevimenti e fuochi d’artificio sul mare mentre la corsa cresce di importanza e viene affiancata da altre gare: la Coppa Abruzzo per vetture da turismo, corse in notturna, un gran premio di motociclismo e la prima 24ore disputata in Italia. La mostra ricostruisce le vicende della Coppa Acerbo con precisa scansione cronologica evidenziando cambiamenti, trasformazioni e continuità, non ultimo l’interesse costante e l’uso propagandistico che il regime seppe attuare con grande capacità e modernità di concezione.

Oltre alla figura di Giacomo Acerbo, ministro dell’agricoltura nel periodo cruciale delle bonifiche e della “battaglia del grano” e che ha ricoperto una funzione chiave di raccordo tra il governo e la classe dirigente locale, emergono le figure del notabilato abruzzese che lo hanno sostenuto e affiancato nell’azione quali il menzionato marchese Diego de Sterlich e il barone Giovanni Casamarte, solo per indicarne alcuni. Personaggi ed eventi di questo periodo sono illustrati da una ricchissima selezione di documenti e fotografie provenienti da archivi pubblici e da numerose collezioni private presentate su pannelli grigi per il periodo prebellico, rossi per le gare post-belliche; su banda nera invece le tipologie documentarie classiche: carteggi, progetti, fatture, dépliant con un gradevole effetto visivo d’insieme.

Degni di nota sono anche i numerosi cimeli che arricchiscono la mostra, come il modellino degli anni Cinquanta dell’auto su cui corse il famoso pilota Manuel Fangio, i foulard e le coppe date in premio durante le varie edizioni della competizione. Un’attenzione particolare è stata data ai visitatori non vedenti che potranno usufruire di un supporto audio esplicativo delle varie sezioni della mostra e di un pannello tattile del percorso automobilistico, fornito dall’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), con i punti di riferimento più importanti dello storico circuito.

Contestualmente alla mostra la Soprintendenza ha prodotto il documentario video “Motori e uomini. Il circuito automobilistico internazionale di Pescara: dalla Coppa Acerbo al Gran Premio di Pescara, 1924-1961” realizzato con filmati d’epoca messi a disposizione dall’Istituto Luce e da privati cittadini. Per gli appassionati di motori sarà quindi possibile rivivere, in bianco e nero, i momenti salienti delle numerose edizioni di questa corsa che richiamava ogni anno fino a 200.000 spettatori.




IL MERCATO COSMETICO ITALIANO

Tra eccellenze e opportunità di impiego

Chieti, 21 giugno 2024. Nei giorni scorsi, presso il Dipartimento di Farmacia dell’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti- Pescara, alla presenza del Rettore, Liborio Stuppia, del Direttore del Dipartimento di Farmacia, professor Luigi Brunetti, e della comunità studentesca e docente, è intervenuto a parlare il Senatore Ancorotti, già presidente di “Cosmetica Italia”, associazione nazionale imprese cosmetiche afferente a Federchimica e Confindustria, nonché titolare dell’omonima azienda, che produce per il 95% prodotti da make up.

Il senatore Ancorotti è stato invitato dalla professoressa Piera Di Martino, Coordinatrice del Master di II livello in “Scienza e Comunicazione dei Prodotti Cosmetici e Dermatologici” della “d’Annunzio”. Il tema dell’intervento ha riguardato il settore della cosmetica come eccellenza italiana e, quindi, come opportunità di impiego dei neolaureati in Farmacia e in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche. Il senatore Ancorotti, fondatore della omonima azienda, si è soffermato sul successo del “Contract manufacturing” italiano, meglio noto come “terzismo”, nella produzione dei cosmetici e nei prodotti da make-up

“Questo settore – spiega la professoressa Piera Di Martino, Coordinatrice del Master di II livello in Scienza e Comunicazione dei Prodotti Cosmetici e Dermatologici della “d’Annunzio” – muove in Italia un valore di due miliardi di euro. Infatti, più della metà dei make-up mondiale (oltre il 65% a livello europeo) è prodotto in Italia. Il primo terzista italiano – prosegue la professoressa Di Martino – è stato nel 1972 Dario Ferrari, titolare ancora oggi della “Intercos”, la più grande azienda terzista in Italia, che nel 2023 ha realizzato un utile di 52,4 milioni di euro. Nel corso degli anni, a questa realtà se ne sono affiancate altre, proprio sulla spinta del Dr. Renato Ancorotti, che ha creato la Beauty Valley nel cremasco a partire dal 1984.

Ad oggi sono più di cento le aziende, associate a Cosmetica Italia, che producono per altri in tutto il mondo. Questo è possibile – sottolinea la professoressa Piera Di Martino – grazie alla capacità di innovare, di reinvestire gli utili in innovazione e ricerca, e grazie ai grandi investimenti, come ad esempio quelli svolti nell’ambito dell’industria 4.0, di chi opera all’interno di questo settore. La maggior parte del mascara commercializzato nel mondo è prodotto in Italia e proprio all’interno della Ancorotti cosmetici. L’azienda raggiungerà la vendita di 100 milioni di euro di mascara grazie alla capacità di creare più di 600 formulazioni diverse adattate ai brand più noti al livello globale, con la capacità di produrre 300 milioni di pezzi in un anno. Ad oggi l’azienda occupa 400 dipendenti, la maggior parte di questi collocati nei laboratori di ricerca e sviluppo, controllo qualità e produzione.

Questi spunti offrono una riflessione importante sulla potenzialità che il settore della cosmetica, con tutto il suo comparto, rappresenti una opportunità di impiego per i nostri neolaureati ed una sfida per il loro futuro. Il nostro seminario – annuncia la professoressa Di Martino – è stata soprattutto l’occasione per anticipare una importante novità nell’offerta formativa del nostro Ateneo per il prossimo anno. Il Dipartimento di Farmacia ha approvato l’istituzione di un Corso di Perfezionamento post-laurea in Cosmetologia Applicata, che sarà il primo in Italia a formare una nuova figura professionale, con l’intento di ampliare ulteriormente le opportunità professionali per i nostri laureati.”

Maurizio Adezio




MARATONINA SOLIDALE

Magia, saltarello e la musica di Cisco nel fine settimana di Bimbi in piazza

San Nicolò a Tordino, 21 giugno 2024. Un fine settimana ricco di eventi per grandi e bambini a San Nicolò a Tordino con Bimbi in Piazza, la manifestazione giunta alla VII edizione ed organizzata all’associazione Bimbi in piazza Ets e dalla Asd Sannicolese che ha preso il via mercoledì.

Da oggi a domenica tanti gli appuntamenti, tutti gratuiti, che si svolgeranno in piazza Progresso. Stasera (venerdì 21 giugno), alle ore 20, il Piccolo coro Amadeus. A seguire lo spettacolo del mago Loran e poi musica anni ’90.

Domani, sabato 22 giugno, torna la Maratonina Solidale organizzata in collaborazione con l’istituto comprensivo Teramo 4: un momento di sport aperto a adulti e bambini ed il cui ricavato sarà devoluto in beneficenza ad associazioni o strutture che si occupano di minori o persone in difficoltà. Dalle ore 8:30 alle 10:30 di domani sarà possibile registrarsi nel gazebo dedicato in piazza Progresso e ritirare la maglietta. Alle ore 11 la maratonina prenderà il via.

Nel pomeriggio, dalle 17, aprirà i battenti l’area giochi con gonfiabili e trucca bimbi; a seguire: esibizione di danza e spettacolo di marionette. Alle ore 20 spazio al musical Encanto e alle 21 il palco sarà tutto per l’Orchestra Popolare del Saltarello.

Domenica 23 giugno tanti eventi di sport e musica sin dal mattino: la giornata di chiusura di BIMBI IN PIAZZA culminerà a sera con lo spettacolo dell’artista internazionale Alekos il Poeta delle Bolle alle ore 20. Alle 21, infine, concerto di Cisco Bellotti, storico frontman dei Modena City Ramblers.




SQUILIBRI, PRIMO GIORNO

Al Festival anche la tappa dei sei titoli finalisti dello Strega

Francavilla al Mare, 21 giugno 2024. Lo Strega Tour fa tappa anche a SquiLibri (21 – 23 giugno) con i sei titoli finalisti che si contendono la vittoria del Premio Strega 2024 edizione LXXVIII. L’anno scorso ad aggiudicarsi il Premio Strega 2023 era stata l’amatissima Ada d’Adamo per il suo Come d’aria (Elliot).

La terza edizione del Festival di Francavilla al Mare attende la presentazione dei finalisti del Premio Strega 2024 per questa sera, prima serata del Festival: saranno Giulia Ciarapica e Peppe Millanta per la sezione “Incontri d’autore” alle ore 21:30 a Piazza Sirena a presentare al pubblico la sestina guidata, con grande orgoglio per gli abruzzesi, da Donatella Di Pietrantonio, con 248 voti, per il suo L’età fragile (Einaudi), vincitrice dell’undicesima edizione del Premio Strega Giovani.

A seguire c’è Dario Voltolini con Invernale (La nave di Teseo), con 243 voti; poi Chiara Valerio con Chi dice e chi tace (Sellerio), 213 voti; in seguito c’è Paolo Di Paolo con Romanzo senza umani (Feltrinelli), 195 voti, e poi Raffaella Romagnolo con Aggiustare l’universo (Mondadori), 193 voti; con 126 voti c’è Tommaso Giartosio, con Autobiogrammatica (minimum fax).

La cerimonia di premiazione del vincitore per il 2024 si svolgerà giovedì 4 luglio al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma e sarà trasmessa in diretta televisiva da Rai3.

Una prima serata d’autore dunque è attesa per il Festival che rinnova per il terzo anno la sua presenza sul territorio, ed è possibile grazie al Comune di Francavilla con il sindaco Luisa Russo e l’Assessore alla Cultura Cristina Rapino in collaborazione con la Scuola Macondo di Pescara con Elisa Quinto e Sara Caramanico e il Direttore artistico del Festival, lo scrittore e sceneggiatore Peppe Millanta.

Oltre all’appuntamento con i finalisti dello Strega, questo è il programma del pomeriggio della prima giornata:

– ore 17:30 “Evento Speciale” presso il Foyer dell’Auditorium Sirena: Andrea Magno e “La forma del desiderio” con Cristina Mosca e letture di Arianna Caporuscio; -ore 18:00 “Incipit” – Lato nord Sirena: Vito Di Battista e “Il buon uso della distanza” con Paola Caporale e letture di Stefano Di Caprio, a cura di Associazione Amélie;

– ore 18:30 “Storie Ritrovate” presso il Foyer dell’Auditorium Sirena di Anna Cherubini (sorella del cantante Lorenzo Cherubini, Jovanotti) e “Diventeremo amiche” con Luca Prosperi;

– ore 19:00 “Aperitivo Letterario” – Lato nord Sirena: Federico Bonadonna “Sulle corde del tempo – Una storia degli Inti-Illimani” con Paolo Primavera e musiche di Denis Di Donato;

– ore 19:00 Fiera del libro: Walter Lazzarin, “Scrittore per strada”;

– ore 19:30 “Voci” presso il Foyer dell’Auditorium Sirena: Giulia Ciarapica “Come se non fossimo stati” con Maura Chiulli;

– ore 20:00 “Libri al Tramonto” sul Pontile: Ludovico Tersigni“Ci vediamo oltre l’orizzonte” con Alessandra Relmi;

– ore 20:30 “Incontri d’autore” a Piazza Sirena: Stefania Andreoli “Io, tu, l’amore” con Alessandra Di Giacinto, in collaborazione con ASIPP – Associazione per lo Studio e l’Intervento della Psicoterapia Psicoanalitica;

– ore 22:00 Pontile: Walter Lazzarin “Storiacce sparse sul sentiero storico”;

– ore 23:30 “Libridine” sul Pontile: Dario Sansone “Santo sud” con Paolo Tocco.

Si ricorda che per accedere ad alcuni appuntamenti è necessario prenotare il proprio posto (gratuito) su www.billetto.it pertanto si consiglia di consultare il programma completo sul sito www.squilibrifestival.it.




SUL PROGRAMMA CAMPER

Il duo musicale Man Stewart in diretta su Rai 1

Turrivalignani, 21 giugno 2024. Due ragazzi, Manuel D’Alessandro di Chieti e Danilo Orsini di Turrivalignani, in arte Man Stewart, continuano la loro ascella a livello nazionale.

Sono stati invitati agli Studi Rai di Roma, potrete vederli in diretta oggi, 21 giugno, alle ore 13 al programma “Camper” diretto da Marcello Masi di origini abruzzesi anche lui, dove presenteranno il loro brano “Giulia”.

Una grande emozione anche per noi sapere che i ragazzi della nostra regione vengono apprezzati a livello nazionale.

Manuel e Danilo, dopo il loro primo EP “Amore Postmoderno” pubblicheranno a breve un nuovo brano estivo, potete seguirli nei loro live in giro per l’Italia.

Le loro note pop-indie-rock vi faranno ballare e se volete ascoltarli li trovate su tutte le principali piattaforme di streaming comprese Spotify e YouTube.




FAVORIRE RIPRESE CON LA NASCENTE FILMCOMMISSION

Lucio Zazzara: Il Parco Nazionale della Maiella è aperto ad accettare e promuovere convenzioni

Sulmona, 21 giugno 2024. Il Presidente Lucio Zazzara è intervenuto a Campo di Giove ospite del sindaco Michele Di Gesualdo e di Matteo De Chellis, a Palazzo Nanni, per rappresentare il Geoparco Maiella che ha patrocinato una nuova iniziativa di produzione e didattica cinematografica. Cristiano Di Felice, fondatore dell’IFA scuola di cinema nata 15 anni fa a Pescara, creerà nella ex locale del Parco a Campo di Giove, L’Ifa Cinecamp Appenino, pensata come una sede distaccata della scuola che è anche casa di produzione con all’attivo cinque lungometraggi e oltre quarantacinque cortometraggi. 

Un nuovo progetto alla cui presentazione è stato invitato anche un docente storico della scuola ma prima di tutto riconosciuto storico di cinema, Piercesare Stagni, esperto del rapporto tra cinema e Abruzzo, recentemente nominato da decreto di giunta regionale Presidente della Abruzzo Filmcommission.

L’obiettivo è quindi non solo di far conoscere i territori del Parco Maiella attraverso nuove produzioni cinematografiche ma anche quello di portare gente al di fuori del periodo di alta stagione, cercando di fare del cinema un mezzo di sviluppo economico anche nel periodo di bassa stagione, usando il foliage autunnale dell’area protetta come sfondo delle riprese che realizzeranno gli studenti e i nuovi registi prodotti dall’IFA.

Il Presidente Lucio Zazzara ha dichiarato: “Sono entusiasta che si stia lavorando ad un’iniziativa indipendente dall’uso turistico di questi luoghi. Un lavoro che si organizzerà con dei propri ritmi prolungando la stagione d’uso di questi territori. Come Parco della Maiella possiamo offrire un ambiente di grande bellezza con una storia che ha tracce di una presenza costante nel tempo dell’uomo.  La nostra montagna non è stata un sempre un rifugio: i nostri paesaggi sono il risultato di un rapporto tra uomo e natura. Abbiamo bisogno di iniziative che portano gente e di un turismo che mette a contatto il territorio con il mondo, un turismo che è interessato alla cultura delle comunità locali e alla natura. Noi vogliamo giovani che ci chiedono cosa possono fare per rimanere a vivere qui. Quindi la scuola di cinema può organizzare una serie di nuove idee per produrre una nuova visione del territorio, quella che può portare conseguenze interessanti per la promozione delle nostre preziosità naturali.”

Ad una domanda di un giornalista riguardo il rapporto che l’Ente intenderà stabilire con la nascente Fondazione Abruzzo Film Commission: “Questa gestione è apertissima ad un rapporto con l’Abruzzo Film Commission, accettiamo e promuoviamo convenzioni con il territorio ma anche fuori del territorio. Abbiamo convenzioni con il Governatorato di Damasco, in Siria, con la Grecia e tanti altri paesi perché siamo portati a mostrare fuori del nostro territorio i messaggi geo-culturali della nostra area geografica. Credo che ci siano degli ambienti che vadano compresi nella loro complessità e la lettura che può fare la ciematografia è senz’altro interessante a questo fine. Sono molto speranzoso del nuovo rapporto della Film Commission con la Regione che è un interlocutore molto importante perché queste iniziative possono dare uno slancio positivo a delle nuove attività. Siamo pronti ad ogni tipo di collaborazione anche coinvolgendo le nostre guide nella scoperta del territorio per produzioni cinematografiche.”

All’evento hanno partecipato anche Roberto Zazzara, il regista di Carne et Ossa, documentario prodotto dall’Ifa, ambientato proprio nei paesaggi abruzzesi, dedicato alla corsa degli zingari di Pacentro, già vincitore di tanti premi come quello di migliore film italiano al Cervino Cinemountain che tra l’altro è in programma nel tabellone estivo di Campo di Giove. Durante l’evento è stato proiettato il backstage della produzione IFA ‘The Frog’, Simone Paggetti, un thriller horror girato a marzo scorso proprio in un albergo degli anni 70 a Campo di Giove.




CITTÀ SEMPRE PIÙ A MISURA DEI BAMBINI E DELLE LORO MAMME

Francavilla al Mare avrà ben tre asili nido pubblici

Francavilla, 21 giugno 2024. L’amministrazione, infatti, è riuscita ad accaparrarsi un altro bando del Pnrr, questa volta da quasi un milione e mezzo di euro. La commissione ha reputato la nostra città idonea a ricevere il finanziamento poiché la crescita demografica è costante. Con i nuovi asili comunali, finalmente riusciremo a soddisfare tutte le richieste inoltrate dai genitori dei nostri più piccoli concittadini.  Questa è la Francavilla che intendevo realizzare quando mi sono candidata a sindaco: una città in grado di offrire servizi che rispondano alle necessità di chi la abita.

Inoltre, sono orgogliosa che questo progetto vada nella direzione della parità di genere e dell’emancipazione femminile. La costruzione di asili nido pubblici, infatti, consente anche alle mamme con figli piccoli di non dover rinunciare alla propria carriera. Attualmente, è già aperto il cantiere dell’asilo che sorgerà dietro il PalaPretaro, dove è stata completata la bonifica dell’area. Oltre a questo, si aggiunge ora un’ulteriore struttura, che realizzeremo nei pressi di via Scarfoglio.

I due nuovi asili sono entrambi interamente finanziati coi fondi europei e, dunque, a costo zero per i cittadini di Francavilla. Questi saranno edificati in luoghi strategici: il primo sarà situato nella zona nord della città, mentre il secondo in quella centrale. Considerando anche l’unico asilo attualmente esistente, che si trova nella zona sud in via dei Piceni, il servizio riuscirà così a coprire l’intero territorio comunale.

Luisa Russo, Sindaco di Francavilla al Mare




PREMIO ARTISTI NELLA STORIA

Oggi al Teatro Italia 

Roma, 21 giugno 2024. Con l’iconico José Van Roy Dalì, oggi alle 10:00 al Teatro Italia, la presentazione del prestigioso evento artistico culturale Premio artisti nella Storia. Un evento artistico culturale a cura della Fondazione Effetto Arte che si protrae anche nel pomeriggio con videoproiezioni. Art curator Roberta Papponetti.

ARTISTI SELEZIONATI

Elena Cavanna

Judit Seiler

Rossana Chiappetta

Rita Bianca Teatino

Caterina Maria Alfieri

Barbara Pisano

Anna Hamar

Casula Corrado

Patrizia Navarra

Stefano Scagni

Domenico Truocchio

Hugo Correa

Enzo Monterosso

Fabio Farinaccia

Marijuana Vukovic

Valeria Girardoni

Jada Gallo




AL VIA LA NOTTE COSMICA

Al campetto della villa musica, food e dj set, un evento per tutti che nasce come saluto all’ingresso dell’estate

Chieti, 21 giugno 2024. Tutto pronto per la “Notte cosmica”, evento che si svolgerà questa sera nell’area del campetto della Villa comunale, a cura della Ritmi eventi e con il patrocinio del Comune.

“Si tratta di un appuntamento-contenitore, il primo che avrà come scenario lo spazio sportivo riqualificato della Villa – annunciano il vicesindaco Paolo De Cesare, con l’assessore Manuel Pantalone e il consigliere Valerio Giannini – L’evento nasce come “Notte cosmica” per celebrare l’ingresso dell’estate e il solstizio, lo faremo all’insegna della musica e della degustazione di prodotti locali. Si comincia alle 18 con l’esibizione della palestra DASK in tema K-Pop; alle 20 Gruppo concerto dei “Mama’s Brothers”, alle 21 è prevista esibizione vocal e dj/set dell’artista Libera de Santis e dalle ore 22 si esibiranno i dj s della Pineal Gland Records, con un programma di musica house ed elettronica, alla consolle si alterneranno: Louie Vertigo, Soul Chapter, DiDonaz, Rony Spen e Ilaria Di Marco. Una serata di intrattenimento per tutti, da vivere nel cuore del nostro parco cittadino, all’insegna della musica, del food e di un potenziale che vogliamo sfruttare al meglio perché Chieti venga scelta anche come meta del divertimento sano e inclusivo”.




FESTIVAL DEL MARE

Torna la seconda edizione del Festival del Mare, la rassegna culturale di arti e spettacoli. Ospite d’onore: Elio Germano. Ortona, 18-27 luglio 2024. Cinema Auditorium Zambra – Piazza del Teatro –  Spazio De Lectis – Kairos delle Arti

Ortona, 21 giugno 2024 – La seconda edizione del Festival del Mare si terrà a Ortona dal 18  al 27 luglio 2024. Una rassegna culturale di arti e spettacoli che, in un solo anno, ha raddoppiato i numeri e che presenta, in 10 giorni e 4 sedi, spettacoli e incontri di teatro, musica, letteratura, performance, e installazioni artistiche, coinvolgendo un totale di oltre 20 ospiti da tutta Italia.

Il direttore artistico Dario Iubatti continua il percorso già tracciato nell’edizione precedente, prendendo a prestito le parole dello scrittore cileno Luis Sepúlveda: «Quando si varca l’arco di ingresso al tempio dei sogni, lì, proprio lì, c’è il mare». È il mare che crea connessione e dialogo, con il Festival che si trasforma per  dieci giorni in un tempio, dentro il quale la cultura è protagonista. La sfida è quella di porre il pubblico (non solo locale, ma anche il turista) davanti a nuovi stimoli creativi, grazie all’elevata qualità delle proposte, con i migliori artisti della scena contemporanea, come l’attore e regista Elio Germano (Premio David di Donatello 2024), che aprirà la prima serata del Festival.

«Quando si fa teatro si torna bambini» spiega Iubatti, «e il Festival del Mare vuole essere proprio questo: un grande palcoscenico sul quale si ritorna piccini, a sognare e a emozionarsi.»

«Toto Holding è entusiasta di supportare il Festival del Mare di Ortona, un evento in forte crescita che rappresenta la sintesi perfetta tra cultura e valorizzazione del territorio abruzzese. Il mare è una risorsa e un’opportunità che sta caratterizzando sempre più l’evoluzione del Gruppo e su cui abbiamo basato lo sviluppo di progetti importanti per il Paese. Questa ragione, unitamente alla volontà di favorire manifestazioni di grande prestigio per il territorio, ci ha convinti a supportare il Festival del Mare anche il prossimo anno» – ha commentato Alfonso Toto, per Toto Holding, main partner dell’evento.

Per la rinnovata edizione, il Festival del Mare, organizzato con la Compagnia Teatrale NoveZeroSei – APS , porta in scena talenti che si esibiranno e dialogheranno nei luoghi di cultura della Città di Ortona, sia per gli eventi gratuiti, sia per quelli per cui è previsto un biglietto di ingresso. Molti gli appuntamenti in programma tra Piazza del Teatro, il Cinema Auditorium Zambra, lo Spazio De Lectis e Kairós delle Arti.

Un Festival che ha trovato sostegno anche da realtà come Centro Porsche Pescara. Il direttore generale, Manuele Piubeni, racconta: «PWP e Centro Porsche Pescara sono felici di contribuire come Main Sponsor al Festival del Mare di Ortona. Crediamo fortemente nel territorio, e crediamo soprattutto nelle potenzialità di questa splendida regione, e sosteniamo la promozione e la divulgazione della cultura, dell’arte e dello spettacolo, cosa che, siamo convinti, il Festival del Mare farà benissimo. Il Centro Porsche Pescara è ormai un punto di riferimento consolidato per l’Abruzzo e il Molise ed è riconosciuto per la professionalità del suo team e per l’eccellenza del servizio offerto ai tanti clienti e appassionati Porsche. Date le premesse, la partnership con il Festival del Mare sembrava quindi la naturale connessione tra due realtà che hanno appunto in comune la passione per il lavoro e la voglia di offrire un’esperienza di assoluto livello ai propri clienti e spettatori.»

Il Festival si inaugura giovedì 18 luglio alle ore 18.30 allo Spazio De Lectis con il vernissage della mostra d’arte del pittore Pino Procopio, in presenza, e l’apertura ufficiale di due allestimenti dedicati al mondo dei libri: la mostra-mercato del libro antico e usato e la microfiera del libro indipendente, entrambi a cura di Maremagnum.com, la più importante piattaforma italiana per la promozione e la ricerca del libro antico e da collezione in Italia. Le case editrici partecipanti sono: Edicola Ediciones (Ortona), Graphe.it (Perugia), Atlantide Edizioni (Roma), Sui Generis (Torino), 8tto Edizioni (Milano), Safarà (Pordenone), Revolver (Madrid).

Durante la serata di inaugurazione, il direttore artistico presenterà anche il manuale da lui curato: Parlare bène. Appunti di dizione di un attore, prima pubblicazione della collana editoriale Kairós, edita dalla Graphe.it di Perugia, e dedicata alle arti performative.

Teatro

La sera stessa, alle 21, il Festival prende avvio con il teatro. Al Cinema Zambra, un’eccellenza del mondo dello spettacolo: Elio Germano (regista e attore, Premio David di Donatello 2024), accompagnato da Teho Teardo (musicista e compositore) porta in scena Il sogno di una cosa di Pier Paolo Pasolini, in una versione di parole e musica.

A muoversi, invece, tra la musica, il teatro e la letteratura, è l’attore Luca Mascolo che mercoledì 24 luglio porterà in Piazza una cavalcata sulla musica del Maestro Ennio Morricone attraverso pagine celebri della letteratura italiana. Ad accompagnare Mascolo il Quartetto d’archi “Refice”.

A teatro si ritorna giovedì 25 luglio con Apocalisse tascabile, un eroicomico atto unico dell’attore e regista Niccolò Fettarappa. L’indomani, venerdì 26 luglio, è il turno dell’affermato Paolo Rossi, che andrà in scena con Operaccia satirica e che dirigerà, nelle giornate di sabato 27 e domenica 28 luglio, presso gli spazi di Kairós delle Arti, un workshop di tecniche attoriali rivolto a chiunque sia interessato. Non sono richiesti requisiti per partecipare, se non tanta curiosità e voglia di mettersi in gioco.

Musica

Per gli amanti della musica contemporanea, sono previsti due concerti. Il primo, venerdì 19 luglio alle 21, è alla Piazza del Teatro, con la cantante MILLE, finalista di X Factor 2015, che negli ultimi anni sta crescendo sempre più di popolarità, e che si è esibita anche all’ultimo Concerto del Primo Maggio.

Sempre da X Factor, ultima edizione 2023, un altro finalista: Il Solito Dandy, che chiuderà il Festival del Mare allo Zambra la sera di sabato 28 luglio.

Clownerie

Mercoledì 23 luglio ci sarà un’incursione nelle arti circensi, con la partecipazione della Compagnia del Buco. Gli attori Luca Vaccari e Simone Vaccari, in arte Momi e Luca, regaleranno al pubblico ortonese, sempre in Piazza del Teatro, uno spettacolo acrobatico adatto a tutti, grandi e piccini.

Incontri

Tra gli incontri da appuntarsi, oltre a quello con il maestro Pino Procopio, c’è quello con il brillante attore Vincenzo Ferrera, divenuto celebre per il suo ruolo di “Beppe” nella fortunatissima serie Mare fuori prodotta da Rai Fiction. L’appuntamento è alle 21 di domenica 21 luglio, sempre in Piazza.

Per gli amanti dei libri e della letteratura, non mancheranno poi incontri con i professionisti della filiera editoriale, tutti in Piazza del Teatro.

Sabato 20 luglio si svolgerà un dialogo a tre voci che avrà come titolo Invito alla lettura: Sergio Malavasi, libraio antiquario di Milano e fondatore di Maremagnum.com parlerà di bibliofilia e del “furor di possedere libri”; Paolo Primavera, editore ortonese di Edicola Ediciones, vincitore del Premio nazionale di Traduzione, parlerà di editoria e dell’importanza di leggere testi ben tradotti; Remo Rapino, scrittore lancianese, Premio Campiello e Premio Flaiano, presenterà i suoi ultimi romanzi editi da Minimum Fax.

Lunedì 22 luglio è la volta di Atlantide Edizioni di Roma, casa editrice ospite del Festival del Mare 2024. Si parlerà di come un romanzo manoscritto diventa libro di culto. Ne parla Simone Caltabellota, editore di Atlantide e talent scout di scrittori come Tiffany McDaniels e Melissa Panarello, insieme allo scrittore bresciano Nicola Brami, autore di Melinoe, vestita di zafferano, romanzo che sta velocemente scalando le classifiche di vendita.

Il manifesto della seconda edizione del Festival del Mare è firmato dall’architetto e illustratore Fabio Lupo.

La 2a edizione del Festival del Mare è patrocinata da Comune di Ortona, Provincia di Chieti, Regione Abruzzo, Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio d’Amico, Un altro teatro e Cinema Auditorium Zambra.

È realizzata con il sostegno di Centro Porsche Pescara (Main Partner), Toto Holding (Main Partner).

Si ringraziano gli Official Sponsor: Zélo energia locale, Nervegna, Fratino, Immobiliare Capista, Riflessi, ALIS Italia in Movimento, Mariter, Maremagnum.com.




FUSCO ORDINERÀ PRESBITERI TRE DIACONI

Christian A. Da Silva, Cristian Di Sanza E Francesco Romito

Sulmona, 21 giugno 2024 – La gioia di tre nuove vocazioni presbiterali inonda la Diocesi di Sulmona-Valva. Il Vescovo, Mons. Fusco, ordinerà presbiteri infatti i diaconi Christian Abrahão Da Silva (originario del Brasile), Cristian Di Sanza (di Roccaraso) e Francesco Romito (di Castel di Sangro) il prossimo 24 giugno 2024, alle ore 18:30, nella Cattedrale di San Panfilo Vescovo a Sulmona.

“È con immensa gratitudine a Dio e con grande gioia che ho dato annuncio dell’ordinazione presbiterale di questi tre diaconi”, dichiara Mons. Fusco. “Si tratta di un dono prezioso per la nostra Chiesa, un segno di speranza per il futuro. I nuovi presbiteri saranno chiamati a servire il popolo di Dio con amore e dedizione, annunciando il Vangelo e celebrando i sacramenti”.

I tre diaconi hanno concluso il loro percorso di formazione rispettivamente, il primo presso il Seminario Teologico del Libano, gli altri due presso il Regionale di Chieti, e sono pronti ad assumere il loro nuovo ministero.

“Invito tutta la comunità diocesana a partecipare alla solenne celebrazione dell’ordinazione presbiterale”, conclude Mons. Fusco. “Preghiamo per i nuovi presbiteri affinché il Signore li sostenga e li guidi nel loro servizio”.

La solenne liturgia di ordinazione presbiterale si terrà nella Cattedrale di San Panfilo Vescovo a Sulmona il 24 giugno 2024, alle ore 18:30. Sarà presieduta da S.E. Mons. Michele Fusco, Vescovo di Sulmona-Valva, concelebrata da un numeroso presbiterio e trasmessa in diretta sul canale YouTube della Diocesi di Sulmona-Valva, per permettere a tutti i fedeli di unirsi in preghiera e di partecipare a questo momento di grande grazia.

I nuovi Presbiteri

Christian Abrahão Da Silva, Membro dell’Opera di Maria fin dalla sua giovinezza, dal 1995 vive nelle comunità chiamate “Focolari” essendosi donato totalmente a Dio con voti seguendo i consigli evangelici. Dopo la formazione nel Movimento ha iniziato un periodo di missione in diversi Paesi del Medio Oriente e Nord Africa. Nato a Goianésia in Brasile il 01.VI.1972  da Abrahão Pires e Neuza Bergamelli, si è Laureato in Farmacia nel 1994, specializzandosi in Biochimica nel 2001, ha completato gli studi in Teologia nel 2016 presso la Pontificia Facoltà di Teologia del Santo Spirito di Kaslik (Libano). Si è Licenziato in Teologia Morale presso la Pontificia Accademia Alfonsiana con indirizzo in Bioetica nel 2023 e a settembre dello stesso anno ha iniziato il dottorato, sempre in Teologia Morale, presso lo stesso Istituto. È stato ordinato diacono nel settembre 2023.

Cristian Di Sanza è originario di Roccaraso, dove ha vissuto la sua crescita umana e cristiana e ha sempre partecipato attivamente alla vita della parrocchia. Il suo cammino vocazionale si è sviluppato durante gli anni della scuola elementare fino ad approdare alla scelta matura di entrare in Seminario a 35 anni. Nato a Popoli (PE) il 15.IV.1982 da Giuseppe e Roberta Silvestri, si è Laureato in Lettere Classiche nel 2004 all’Università di Urbino “Carlo Bo”, dove nel 2007, ha conseguito anche la laurea in Filologia e Tradizione Classica; dopo varie esperienze lavorative e associative, ha completato gli studi in Teologia nel 2023 presso l’ITAM di Chieti. È stato ordinato diacono nel settembre 2023.

Francesco Romito proviene da Castel di Sangro, La sua vocazione è sbocciata durante gli anni della Scuola e si è consolidata nel corso della formazione seminaristica. È nato a Castel di Sangro il 20.III.1993 da Vittorio ed Annamaria Buzzelli. Dopo le scuole medie ha conseguito la maturità classica nel luglio 2012 presso il Liceo Classico ‘‘Ovidio’’ in Sulmona (AQ). Dal 2012 ha avviato un’azienda agricola propria, dove ha operato fino all’estate del 2017. Il 16 ottobre del 2017 è entrato all’anno propedeutico nel Pontificio Seminario Regionale abruzzese-molisano ‘‘S.PioX’’, dove il 27 giugno 2023 ha conseguito il baccalaureato in teologia. Il 12 settembre 2023 è stato ordinato diacono.

L’ordinazione presbiterale di Christian, Cristian e Francesco è un evento di grazia per tutta la Diocesi di Sulmona-Valva. Si tratta di un segno di speranza per il futuro, che testimonia la vitalità della fede e la bellezza del dono della vocazione presbiterale. La comunità diocesana è invitata a partecipare, sia in presenza che in streaming, alla solenne celebrazione e ad accompagnare con la preghiera i nuovi presbiteri nel loro cammino di servizio al Vangelo e al popolo di Dio.




IL CERASUOLO DELLA CONCA PELIGNA

Una breve ma necessaria premessa

[Saggio di Franco Cercone, pubblicato da MAC Edizioni, Corfinio AQ 2016. Contiene integrazioni dell’A. rispetto all’edizione stampata.]

Nell’ottobre del 1868 ebbe luogo a Chieti la Prima Esposizione Agraria Regionale e con l’occasione fu redatta a cura di uno sconosciuto agronomo (che si firma F.C.) un importante Saggio di Ampelografia della Regione Abruzzese, pubblicato l’anno successivo (1869) per i tipi dell’Editore teatino Del Vecchio.

Questo Saggio conferma la lenta espansione del vitigno montepulciano lungo la Val Pescara, ostacolata circa cinque anni prima dalla nefasta apparizione della fillossera nella nostra Regione, in concomitanza con la proclamazione del Regno d’Italia.

Il vitigno, partito – si fa per dire – dalla sua storica sede abruzzese, cioè la Conca Peligna, dove è segnalato nel 1792 dal bibliotecario di re Ferdinando IV di Borbone, Michele Torcia, era ancora sconosciuto in area marrucina e frentana. Se ne ha conferma da una operetta dell’agronomo Raffaele Sersante (ma in realtà si trattava di una monografia composta dal noto enologo Francesco de Blasiis, di Città Sant’Angelo) dal titolo “Trattato teorico-pratico dell’arte della vinificazione, con riguardo specialmente alle diverse qualità di uve” [Tip. F. Vella, Chieti 1856].

Il de Blasiis, ricercato dalla polizia borbonica per le sue idee liberali, era stato costretto a rifugiarsi a Firenze, dove fu benevolmente accolto dall’Accademia dei Georgofili e prima di fuggire aveva affidato in custodia il suo manoscritto al Sersante, il quale, ad onor del vero, conferma nella Introduzione la paternità dell’opera al De Blasiis e ne tesse gli elogi.

Dopo aver sottolineato l’importanza del “tagliamento dei vini”, il Sersante stila un elenco di uve da lui ritenute ideali per “affinità elettive” negli uvaggi, e fra queste sono annoverate “le uve aromatiche dette moscato, malvagia e aleatico”, nonché il trebbiano, chiamato uva passa ma anche camplese. Tuttavia su una probabile derivazione del camplese da Campli, nota località del Teramano, egli non si pronuncia ed anzi si trincera in un prudente silenzio,perché la dizione antica di questo aggettivo sostantivizzato non era “camplese”, ma “campolese”, non citato comunque da G. Pansa [Saggio di uno studio del dialetto abruzzese, Lanciano1885], daG. Finamore[Vocabolario dell’uso abruzzese. Città di Castello 1898], daE. Giammarco[Dizionario Abruzzese e Molisano, voll. 4, Roma 1976] e soprattutto nel recente “Vocabolario del dialetto raianese”, di D. Venanzio Fucinese[Raiano2008], località situata a nord-ovest della Conca peligna.

Ora fra i vitigni menzionati dal Sersante non è annoverato il montepulciano, malgrado il pressante invito,  rivolto ai viticoltori abruzzesi dal barone teatino Giuseppe Durini nel periodico  Annali Civili del regno delle Due Sicilie [n° 36, Napoli 1820], a “moltiplicare nei Tre Abruzzi la Lagrima,  l’Aleatico e il Montepulciano”, in modo da privilegiare la ‘qualità’ e non la ‘quantità’ dei vini nella nostra Regione, un appello, questo, da ritenersi ancora valido oggi malgrado che non poche aziende vinicole abruzzesi facciano talvolta orecchie da mercante su questo scottante tema che investe il futuro della nostra viticoltura.

Questo pregiato vitigno, il montepulciano appunto, si rinviene citato – allo stato attuale delle nostre conoscenze – per la prima volta da Michele Torcia, il colto bibliotecario di re Ferdinando IV di Borbone, nella sua opera dal titolo “Saggio Itinerario Nazionale pel Paese de’Peligni fatto nel 1792” [Napoli 1793], dove evidentemente prosperava da alcuni lustri.

E pensare che questa splendida uva, pervenuta – non sappiamo precisamente quando – dall’agro toscano di Montepulciano a quello peligno, aveva anche avuto, per dirla con il Veronelli, il proprio “Vate Sacro”. Il famoso storico sulmonese Panfilo Serafini aveva infatti illustrato nella sua Monografia Storica di Sulmona, apparsa nel 1853 (nel periodico Il regno delle due Sicilie descritto e illustrato), l’evoluzione ampelografica del montepulciano, che già nella prima metà dell’800 si presentavadiversificato nelle due specie di premutico (o primaticcio) e cordisco (o tardivo), anche se era quest’ultimo ad essere considerato il vero e proprio montepulciano.

Vien fatto di pensare dunque che già agli inizi del ‘900 Sulmona poteva non solo fregiarsi del titolo di “Patria del Montepulciano d’Abruzzo” ma anche di Città del Cerasuolo, dato che allo stato attuale delle nostre conoscenze la prima notizia storica su questo particolare “modus vinificandi”, del vitigno montepulciano ci è offerta dal colto Viaggiatore tedesco Woldemar Kaden, durante il suo pur breve soggiorno nella Patria di Ovidio nell’agosto del 1874. 

Ora, ci sembra proprio questa la sede opportuna per sottolineare che noi non siamo né enologi e né ampelografi. Apparteniamo infatti alla famiglia degli studiosi (ahimè sempre più rari!) che si basano nelle loro ricerche storiche solo sui documenti conservati nei nostri polverosi Archivi pubblici e privati. Pertanto per onestà intellettuale dobbiamo evidenziare ancora una volta l’importanza di un documento segnalato nel nostro saggio “Storia della vite e del vino in Abruzzo” [Carabba Ed., Lanciano 2008]. Si tratta di una non nota opera di G. Battista Pacichelli (il famoso Autore de Il Regno di Napoli in prospettiva, Napoli 1703), dal titolo Lettere familiari, istoriche et erudite, pubblicate a Napoli nel 1695 e che merita la massima attenzione.

Infatti nel Tomo I delle citate “Lettere familiari”, il Pacichelliscrive che trovandosi a Capestrano in qualità di Visitatore degli Stati Farnesiani in Abruzzo, apprende dai nativi del luogo che un esponente della Casa fiorentina dei Bardi “manipolava” nella suddetta località “vini assai simili alli verde e Montepulciani, e che per tali ne facesse gratuito spaccio a Roma e Firenze”.

Si noti innanzitutto il nome “(vini) Montepulciani”, indice questo di più vini originari dell’agro di Montepulciano e diffusi negli Abruzzi, ribadendo così quanto aveva sottolineato Sante Lancerio (bottigliere di papa Paolo III) all’incirca un secolo e mezzo prima, nel saggio Della natura dei vini e dei viaggi di Papa Paolo III (1549):

“Il vino di Montepulciano è perfettissimo tanto il verno quanto la state,

et meglio è il rosso la state”.

Del resto, quando compone il ditirambo Bacco in Toscana, che termina con il celebre verso “Montepulciano, d’ogni vino è re”, il Redi non intendeva affatto il vino Montepulciano, all’epoca inesistente, ma il toponimo Montepulciano, il che reclama alcune notizie di carattere storico per comprendere meglio il senso dell’espressione “vini montepulciani”.

Era avvenuto infatti che nel 1579 Costanza Piccolomini, “utile Signora del Marchesato di Capestrano e Baronia di Carapelle”, avesse venduto i suoi possedimenti situati nella Valle del Tirino (o Valle Tritana) al Granduca di Toscana Francesco dei Medici, il quale come si evince dal  carteggio con il suo Governatore Gentile Acciaioli, aveva ampliato il patrimonio ampelografico della Valle arricchendolo di diversi vitigni originari del territorio di Montepulciano, i quali ci chiariscono così il significato del termine “montepulciani” (e non montepulciano) usato al plurale da Giovan Battista Pacichelli.

Dopo la prima menzione fatta dal Torcia nel 1792, bisognerà attendere all’incirca un ventennio, prima di avere ulteriori notizie del montepulciano in agro peligno. E ci aiutano in tal senso alcuni atti notarili, segnalatici da R. Carrozzo, oppure venuti alla luce durante le nostre ricerche condotte negli Archivi di Stato.

Ne citiamo uno per tutti. Sub anno 1819, Notar Vincenzo Stecchini, di Sulmona, stila un contratto d’affitto di un terreno tra la famiglia sulmonese De Amicis Aceti ed un contadino di Sulmona, tal Giuseppe La Vella, con l’obbligo da parte di quest’ultimo di “piantarci viti di buona qualità, vale a dire di Monte-Polciano (sic) e Tivolese… e di impalare detta vigna a sue spese”.

Nel frattempo si era verificata (seconda metà del ‘700) una diffusione del Montepulciano anche nell’Italia centro-settentrionale. Così Girolamo Baruffaldi nel suo Bacco in Giovecca (1758) ci parla della presenza del montepulciano nel Ferrarese ed altrettanto fa con maggior numero di notizie un grande ampelografo del Mantovano, Giuseppe Acerbi, il quale parlando del montepulciano nel suo trattato Delle viti italiane (Milano 1825) sottolinea in riferimento a Valenza Po quanto segue:

“Questa specie di uva, venuta a noi dalla Toscana da non molti anni, è già sufficientemente sparsa sul nostro territorio e ritiene tuttavia il nome Montepulciano forse per essere stata presa su quei colli, non essendovi in Toscana nessuna uva che ne porti il nome”.

Erano noti dunque i vini di Montepulciano ma non un vino montepulciano, all’epoca del tutto inesistente. Ce lo conferma un famoso passo del “Candido” di Voltaire, il quale nel Cap. XXIV descrive una lauta cena innaffiata con “vino di Montepulciano”, allorché trovandosi a Venezia nel 1759, invitò alcuni amici in una locanda sita in piazza San Marco in cui dimorava, “a mangiare maccheroni, pernici di Lombardia, uova di storione, ed a bere vino di Montepulciano”, a riprova della fama raggiunta ovunque dai vini prodotti nel territorio di tale località toscana.

Più tardi, nel 1853, il patriota e storico sulmonese Panfilo Serafini ci offre nell’opera Il Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato un importante quadro evolutivo del montepulciano che risale almeno ad un quinquennio precedente. Scrive il Serafini che le viti più comuni nella Conca peligna, “sono il montepulciano, sia cordisco che primaticcio, ed il Tivolese”. Era il cordisco tuttavia ad essere considerato “il vero e proprio montepulciano”.  

Il Serafini segnala tuttavia anche “una diversa specie di montepulciano”, difficile oggi da individuare (forse il Prugnolo, oppure il Sangiovese).

Nessuna menzione fa invece lo Storico sulmonese in merito al Cerasuolo, vino ricavato (per mutuare una espressione medievale benedettina) da un particolare modus vinificandi il montepulciano, sul quale tace nel 1876, come vedremo in seguito, l’agronomo peligno Giuseppe Sebastiani. E ciò appare decisamente singolare, perché due anni prima, nell’agosto del 1874, il colto Viaggiatore tedesco Woldemar Kaden nel suo pur breve soggiorno a Sulmona ci offre come vedremo in seguito quella che allo stato attuale delle nostre conoscenze è da considerarsi la prima menzione del Cerasuolo.        

Il Sebastiani, su richiesta del sindaco pro tempore di Sulmona, redige una Relazione sulle viti e sui vini di Sulmona, dalla quale stralciamo per ora solo la parte iniziale, quella appunto che in tale sede interessa:

“Sulmona 30 marzo 1876,

Le viti che comunemente si coltivano nel tenimento di Solmona (sic) e dalle quali si ricava la maggior quantità di mosto, sono di uva appellata montepulciano nero, e questo è di due specie, cioè il primaticcio, che chiamasi pure “gaglioppo”, ed il serotino (cordisco o tardivo), che si coltiva a preferenza dell’altro. Coltivasi pure e molto attesamene la vite che dà l’uva detta Camplese, ossia il trebbiano, ed avesene bianca e nera. Per formare vino sonovi altresì le seguenti specie di uva, cioè la Malvagia bianca e nera […], Moscatello bianco e nero […], il Canaiolo bianco e Canaiolo rosso […]”.

Vi erano dunque diverse uve a bacca nera che potevano essere vinificate secondo la “tecnica” del Cerasuolo,ma su quest’ultimo il Sebastiani tace del tutto ed altrettanto fa l’agronomo a proposito della Lagrima, segnalata in agro sulmonese dal Torcia nel 1792 insieme al Montepulciano e scomparsa misteriosamente dal panorama ampelografico peligno, dove attende da circa due secoli e mezzo di farvi nuovamente ritorno come Ulisse alla sua Itaca.

Tuttavia, come si è accennato, due anni prima della Relazione del Sebastiani fa il suo ingresso trionfale nel panorama enologico peligno quella notizia che attendevamo nel corso delle nostre indagini. Infatti il Viaggiatore tedesco Woldemar Kaden, di passaggio in terra peligna, ci fornisce quasi per caso, come vedremo in seguito, la prima notizia che possediamo in Abruzzo sul Cerasuolo, da lui chiamato (e ciò è significativo) “vino di color rosa”, ottenuto con una particolare vinificazione del montepulciano, la nuova uva che da poco aveva riempito di sé la Conca Peligna. 

Ci sia concesso pertanto, a mo’ di conclusione di questa necessaria premessa, di sottolineare come il nostro saggio dal titolo La meravigliosa storia del Montepulciano d’Abruzzo [Amalthea, Corfinio 2000] abbia costituito l’unico documento presentato nel 2007 dal Ministro per le Attività Agricole pro tempore, G. Alemanno, nel contenzioso sollevato a Bruxelles  dal Comune di Montepulciano e dalla Provincia di Siena contro la Regione Abruzzo, per il nome Montepulciano dato al nostro famoso vino, che occupa ormai il terzo posto nell’ambito delle vendite a livello mondiale.

Sappiamo come è andata a finire questa vexata quaestio e la riferiamo utilizzando un articolo apparso in data 26 ottobre 2010 sul quotidiano “Il Centro” e dal titolo “La Carica delle DOC. L’Abruzzo scala il podio dei vini di qualità”:

 “Nei giorni scorsi il Ministro Galan ha fugato alcuni timori rispetto all’utilizzo del nome Montepulciano, (che è) il nome geografico delle tre denominazioni di origine ( Vino Nobile di Montepulciano, Rosso di Montepulciano, Vin Santo di Montepulciano) riferite al territorio del Comune di Montepulciano […] Il  Regolamento (U.E. n.d.r.) n° 401/ 2010 della Commissione ha rafforzato la protezione della denominazione, limitando le deroghe solo all’Italia e unicamente alla DOC Montepulciano d’Abruzzo e Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane. Un passaggio normativo – sottolinea il Ministro Galan – che ha permesso di non estendere la deroga all’Australia, che ne aveva fatto richiesta alla Commissione Europea”.

Questo ambìto riconoscimento si deve dunque anche al nostro saggio “La meravigliosa storia del Montepulciano d’Abruzzo”, a proposito del quale due illustri studiosi italiani, Alessandro Calò ed Alessandro Costacurta, in occasione della Tornata ad Atri (settembre 2008), promossa dall’Accademia Italiana della Vite e del Vino, hanno espresso nel loro contributo dal titolo “Il Montepulciano, una storia lunga secoli”, un lusinghiero giudizio, affermando di “concordare pienamente con quanto ipotizzato da Franco Cercone nell’ottimo saggio storico La meravigliosa storia del Montepulciano d’Abruzzo…

Ma se da un lato è venuto il riconoscimento di illustri enologi ed ampelografi nazionali, non altrettanto si può dire da parte dei “vinattieri” abruzzesi. Ed anzi il nostro saggio, frutto di una ricerca decennale in fonti d’archivio, è stato saccheggiato a dovere da parte di numerosi pseudo- storici del settore, i quali hanno ripetuto talvolta citazioni erronee contenute soprattutto nei resoconti dei Viaggiatori Europei del Grand Tour, che in passato hanno soggiornato, anche se per brevi periodi, a Sulmona e Corfinio.

Ma di questo aspetto parleremo necessariamente in seguito, se non altro al fine di evitare, per dirla con il De Saussure, che la parole diventi langue…

L’arte del Cerasuolo prima della comparsa del Montepulciano in Abruzzo.                  

Errata corrige…

Nel periodo anteriore all’introduzione del Montepulciano in Abruzzo, documentata in modo irrefutabile nel 1792 da Michele Torcia, nell’agro sulmonese, vi erano diverse uve a bacca nera che si prestavano ad essere vinificate nella Conca Peligna come il Cerasuolo, che rappresenta – se ci è concessa l’espressione – la “seconda anima” del meraviglioso vitigno poliziano.

Anche se il Torcia non ne fa menzione, all’epoca in cui tale studioso redige il suo “Saggio Itinerario Nazionale pel Paese de’Peligni” [Napoli 1793], prosperavano ancora in territorio peligno, pur se non citati, i vitigni greco, gaglioppo e hosmanum (quest’ultimo di difficile individuazione) e già menzionati nel Cap.350 degli “Statuta Civitatis Aquile” del 1355, pubblicati da A. Clementi [Roma 1977].

Sui vini e soprattutto sui vitigni  coltivati nella Conca Peligna, definita nel celebre verso Ovidiano “Terra ferax Cereris, multoque feracior uvae”, tacciono sorprendentemente i Viaggiatori Europei del Grand Tour che soggiornano nel corso della prima metà dell’800 soprattutto a Sulmona e Corfinio ed i cui resoconti o “Libri di viaggio”, quelli  appunto che in tale sede maggiormente interessano, sono stati tradotti e pubblicati per lo più a Sulmona, a partire all’incirca dall’ultimo trentennio del secolo scorso.

Il primo Viaggiatore di cui vogliamo far cenno è il famoso storico tedesco Ferdinand Gregorovius, Autore dell’opera (in 5 volumi) dal titolo Anni di peregrinazione in Italia [Wanderjahre in Italien, Lipsia 1877, trad. ita. M. Corsi, Roma 1906-1909].

Nel volume III e precisamente nel Cap. II, dal titolo Una settimana di Pentecoste in Abruzzo, lo storico tedesco descrive il viaggio da lui compiuto in Abruzzo insieme al suo amico e noto pittore, K. Lindemann-Frommel durante la settimana di Pentecoste, festività che si celebra come è noto 50 giorni dopo la ricorrenza della Pasqua.

I due studiosi, provenienti da Aquila, scendono in carrozza dalla piana di Collepietro e sostano poche ore a Popoli, dove assistono alla sfilata della “dote della sposa”, un caratteristico corteo ancora in voga – e non solo in Abruzzo -fino alla metà del secolo scorso.

Lasciata Popoli essi si dirigono poi a Pentima, nome che Corfinio conserverà fino al 1929, e qui il Gregorovius osserva affascinato: “Io non vidi mai un paesaggio così superbamente stilizzato come questo di Corfinio!”.

Secondo l’agronomo G. Giuliani [Il vino in Abruzzo, Japadre, Aquila 1970], il Gregorovius visitò anche Pratola Peligna ed aggiunge che:

“questa visita viene ricordata pure da Ignazio Silone, il quale scrive in una pagina di rara bellezza che è impossibile trovandosi a Pratola non parlare di vino. Quando Gregorovius venne da queste parti, pagò un soldo un litro di ottima qualità” [1].

Non sappiamo da dove il Silone abbia tratto questa strabiliante notizia. Infatti l’itinerario del Gregorovius e del Lindmann, come risulta dalla fedele lettura del testo tedesco, segue il tratto Collepietro – Popoli – Corfinio – Raiano e Forca Caruso, da dove i due scendono verso la piana del Fucino, che all’epoca del viaggio (1875) non era stata ancora del tutto prosciugata[2] .

Lo storico tedesco dunque non ha mai messo piede a Pratola Peligna, località del resto che non viene mai citata nel testo. Sicché il brano tratto dalla citata opera di Ignazio Silone viene pedissequamente riprodotto dal Giuliani. Resta comunque l’aspetto più paradossale e cioè che il Gregorovius non fa mai cenno nella sua Opera al Montepulciano o al Cerasuolo, quello che in tale sede particolarmente interessa.

Questo riferire in modo errato o fantasioso brani tratti da opere di altri Autori ci ricorda pertanto il famoso “giuoco dei mattoni”, cui tutti noi da ragazzi abbiamo partecipato: se cade il primo mattone, cadono tutti gli altri che compongono la fila!

Ma il danno che queste “errate citazioni” provocano è da considerarsi irreparabile nel campo delle ricerche storiche ed ampelografiche… E non è tutto! Vi sono infatti ulteriori precisazioni da fare anche in merito a quanto scrive Silone nel citato volume Abruzzo. Lo scrittore infatti sottolinea in merito al vino di Pratola che si tratta di un “vino schietto, limpido, secco, con un bouquet che varia da una cantina all’altra e persino da una botte all’altra”.

Fin qui Silone ha pienamente ragione e non è difficile arguire dalla descrizione che fa che egli si riferisca al Cerasuolo, senza tuttavia mai citarlo esplicitamente. Ma in seguito egli afferma che tale vino si ottiene “secondo la diversa proporzione di uva bianca e nera, che al momento della pigiatura viene lasciata quasi sempre al caso”, e conclude dicendo: “E’ un vino che non ama viaggiare, perché decade nel trasporto in altra altitudine”.

Queste due ultime osservazioni dello scrittore di Pescìna reclamano decisamente alcune precisazioni. Secondo il Silone infatti il Cerasuolo si otterrebbe a Pratola Peligna con un uvaggio (“uva bianca e nera”), il cui rapporto al momento della pigiatura viene lasciato “quasi sempre al caso”. Ciò non sembra rispondere a verità, perché “il colore”’, nella tradizione vinicola peligna, si otteneva per lo più da una determinata quantità di chicchi d’uva messi a fermentare con il mosto nella botte. Lo stesso dicasi riguardo all’affermazione che si tratta di un vino il quale “non ama viaggiare, perché decade nel trasporto in altra altitudine”. Infatti già il Torcia avvertiva nel 1792 nel suo citato Saggio Itinerario Nazionale, che nella Concapeligna “tutti i luoghi aprichi producono ottimi vini, ed imbottati nelle gelide cantine di Scanno acquistano un gusto superiore”.

A tal proposito un altro storico peligno, Pietro De Stephanis, scrive nella sua monografia storica su Raiano (1853) che il vino prodotto in quest’ultima località peligna, come pure a Prezza e Bugnara, presenta questa caratteristica, che “traslato in luoghi di più fresca temperatura, acquista perfezione tale da non temere il paragone del miglior vino straniero”.

Se ne ha conferma anche da un esperto enologo teatino, il barone Giuseppe Durini, il quale nel Saggio De’vini degli Abruzzi, apparso negli “Annali del Regno delle Due Sicilie” [n° 36, 1820], sottolinea che gli abitanti di Scanno fanno incetta di vino, che “acidulo a valle, riacquista sapore e profumo se messo in botti ad altitudini superiori”.

Ma v’è qualcosa di più incredibile nelle dichiarazioni del Giuliani. L’agronomo scrive infatti che “già nel 1792 il Torcia ebbe modo di rilevare l’esistenza del Montepulciano nella vallata di Cansano”, località distante 12 km a sud di Sulmona. Ma anche ciò è inesatto. Il Torcia infatti scrive solo che visitando la parte meridionale della Conca peligna, gli apparve quasi all’improvviso “Cansano, appesa su di un colle invisibile, nella sua secca ma vignata Valle”, senza specificare dunque di quali uve si trattasse [M. Torcia, Saggio Itinerario… op. cit. p. 61.].

Non si fermano qui, comunque, i guasti prodotti dal citato Agronomo. Nel commentare un pensiero che il famoso Viaggiatore inglese Edward Lear esprime durante un pranzo ad Amatrice (3 ott. 1844), il Giuliani si lascia sfuggire il seguente commento: “Giudizio di rilievo, quest’ultimo, fatto dal Lear, che sta a dimostrare come il Cerasuolo della vocata Valle del Tirino avesse già da allora una meritata rinomanza”.

Sembra di sognare! Ci siamo sottoposti ad una ulteriore ed attenta lettura dell’opera di E. Lear, dal titolo Viaggio Illustrato nei Tre Abruzzi[3],ma in nessun punto il famoso viaggiatore inglese cita il Montepulciano oppure il Cerasuolo. Anzi: il vino offertogli dai suoi anfitrioni era quasi sempre il “vino cotto”, dal Lear qualificato con orribili aggettivi, come “imbevibile” o addirittura “infamante”, come per esempio a Rocca di Corno (presso Aquila) ed addirittura a Miglianico. L’unica eccezione si rinviene a Civita d’Antino, nella Valle Roveto, dove il Lear degusta nel palazzo dei Signori Ferrante “un vino bianco da pasto, particolarmente degno di lode”.

La confusione operata dalle affermazioni del Giuliani ha prodotto in seguito ulteriori danni, fornendo agli studiosi notizie errate e fuorvianti. Sicché solo il Torcia ci offre nel 1793 (la sua ricognizione si riferisce tuttavia all’anno precedente) la prima e fondamentale notizia sulla presenza del Montepulciano nella Conca peligna, dove il vitigno prosperava evidentemente già da un periodo anteriore al 1792, insieme alle altre uve citate dal Torcia: “muscatella, muscatellone, zibibbo, lacrima, cornetta, monte-pulciano (sic), pane del Vasto senza granelli e malvasia”, quest’ultima bianca e nera [M. Torcia, op. cit. p.67].

Di rilevante importanza appare in area peligna la conferma della coltivazione della lagrima, originaria di Somma Campania, dalla quale si ricavava uno squisito Ciliegiuolo.Varicordato che la notizia più antica su questo pregiato vitigno è contenuta in un rogito del notaio Vincenzo Giannitti di Pettorano sul Gizio, stilato in data 21 gennaio 1606 [4]e quindi circa mezzo secolo dopo rispetto alle notizie forniteci dal “bottigliere” di papa Paolo III, Sante Lancerio, contenute nell’Operetta “Della natura dei vini e dei viaggi di papa Paolo III Farnese, descritta da Sante Lancerio, suo bottigliere” [L’Operetta apparve nello stesso anno di morte di papa Paolo III Farnese (1549) ed è dedicata al cardinale Guido Ascanio Sforza].

La Cianfruscola e le uve labrusche.

Nessuna menzione fa invece il Torcia, nella sua citata Opera, di una misteriosa uva chiamata dai ceti rurali peligni Cianfruscola, la quale cresceva soprattutto fra le pietraie e le siepi che segnavano il confine fra i diversi appezzamenti di terreno e che sfuggiva ad ogni tentativo di coltivazione.

Ce ne parla come vedremo meglio l’agronomo sulmonese Giuseppe Sebastiani nella sua Relazione sullo stato della viticoltura peligna nel 1876. Si trattava forse della designazione locale dell’uva labrusca (o ambrusca), di cui parla anche Plinio nella Storia Naturale [XIV, 25]; un’uva che dava “forza e colore” alle altre uve nere durante la vinificazione. Per l’importanza che rivestiva, l’impiego della “lambrusca o uva selvatica” era regolamentato dagli Statuti Municipali, come per esempio quello di Atri promulgato nel 1531 [Statuto Municipale di Atri, CCXLIII, “La lambrusca o uva selvatica” a c. di F. Barberini, Atri 1972.]

Più tardi, probabilmente agli inizi del ‘600, Rodolfo d’Acquaviva (Priore del Collegio dei Gesuiti di Montepulciano ed esponente della Famiglia Acquaviva di Atri) redige un importante quanto finora sconosciuto Poemetto dal titolo “L’arte del vino a Montepulciano”, in cui sottolinea nel processo di vinificazione la funzione delle uve labrusche,definite “concia dei vini deboli”. [5]

Rodolfo precisa, sulla base di informazioni attinte dai viticoltori poliziani, che la quantità delle uve labrusche da impiegarsi nella fase di vinificazione era fissata in agro poliziano “in uno a dieci”, cioè una parte di uve labrusche per 10 parti di uve nere da vinificare[6], una percentuale che assicurava ai vini rossi la giusta gradazione e colore.

Rodolfo consiglia comunque “per far buon vino” di scegliere i grappoli più maturi e di “sollevarli con la mano sinistra, in modo da tagliare la punta del grappolo con la mano destra”. Ed aggiunge: “Si taglia la punta del grappolo quasi dal mezzo in giù, perché quell’uva è sempre mal matura”.

Nell’ambito di una necessaria politica vinicola, che punti nella Conca peligna sulla qualità e non sulla quantità, il “precetto” di Rodolfo d’Acquaviva ci sembra decisamente importante e dovrebbe essere più che mai osservato nell’attuale processo di vinificazione.

Per tornare comunque in argomento, c’è da augurarsi che i nostri viticoltori abbiano maggior fortuna nella ricerca dell’uva cianfruscola, dato che le nostre indagini non hanno avuto finora in agro peligno alcun esito positivo. Tuttavia, come ammoniva Costanzo Felici nella seconda metà del Cinquecento, bisogna sempre riflettere sulla circostanza che un medesimo vitigno si nasconde spesso con nome diverso in territori talvolta non molto distanti l’uno dall’altro e dunque le ricerche sulla cianfruscola andrebbero effettuate anche sotto quest’ultima ottica.

Sante Lancerio e i “Chiarelli” italiani del ‘500.

Nel 1882 lo storico ed ampelografo piemontese Giuseppe Ferraro diede alle stampe per i tipi della UTET due Operette di Sante Lancerio, bottigliere personale di Sua Santità Paolo III Farnese, eletto papa nel 1534 e morto nel 1549. La divulgazione di questi scritti enologici si deve tuttavia alla loro recente ristampa, apparsa nella Collana dell’Editore Veronelli [Alpignano 1992], riscuotendo un buon successo per le preziose notizie forniteci.

La prima di tali Operette ha per titolo “I vini d’Italia giudicati da Papa Paolo III Farnese e dal suo bottigliere Sante Lancerio”,pubblicata nel 1536 (in seguito citata semplicemente I vini d’Italia) e la seconda “Della natura dei vini e dei viaggi di Papa Paolo III descritta da Sante Lancerio, suo bottigliere” (in seguito citata Della natura dei vini e dei viaggi di Papa Paolo III), pubblicata nel 1549, proprio nello stesso anno di morte di Paolo III, e dedicata al Cardinale Guido Ascanio Sforza.

La prima Operetta scaturisce da un episodio storico. Paolo III, come è noto, dovendo recarsi a Nizza per “pacificare Carlo V Imperatore Cattolico con Francesco, Cristianissimo re di Francia”, ordina a Sante Lancerio di precederlo nel suo viaggio a Nizza e di segnalargli le località dove a suo avviso si producevano vini conformi ai gusti raffinati di Papa Paolo III e ben noti al suo fidato “bottigliere”. Il Lancerio doveva pertanto contrassegnarli con l’espressione “vino da signori”, oppure con il pessimo giudizio di “vino da osti” o “vino matto”. Questo episodio ci ricorda -commenta il Veronelli – “la storiella dell’Imperatore Arrigo, che in viaggio verso Roma, dove era atteso per la sua incoronazione (anno MCXI), si fece precedere dal suo vescovo Johannes Fugger, con l’obbligo di segnalare con un EST le cantine con vino buono”. Ma il pio vescovo, buon sacerdote non solo di Dio ma anche di Bacco, pervenuto a Montefiascone, nel Viterbese, “apprezzò tanto il vino di una cantina da lasciare come messaggio sul muro EST EST EST, come tuttora serbato da questo delizioso vino bianco”.

Ai fini della nostra ricerca l’Operetta di Sante Lancerio I vini d’Italia risulta di scarsa importanza, in quanto i vini citati non esorbitano dalla dicotomia biancorosso oppure buonocattivo, evidenziata nei giudizi del bottigliere pontificio. Rilevante è invece la seconda Operetta (Della natura dei vini e dei viaggi di Papa Paolo III) composta come si è detto nel 1549, proprio nell’anno di morte del Pontefice e dedicata al Cardinale Ascanio Sforza.  

Qui il Lanceriofa un preciso resoconto dei vari vini, alcuni dei quali già noti a Paolo III nel corso di precedenti viaggi effettuati per lo più nello Stato della Chiesa ed in Toscana e diligentemente annotati dal Lancerio per il favore riscosso da parte del Pontefice.

In tal modo il fedele bottigliere poteva facilmente disporre nelle cantine pontificie di tali vini, assai graditi al Papa e confortati spesso dai suoi lusinghieri giudizi. Insomma il Lancerio organizzava la cantina vaticana soprattutto secondo i gusti di Paolo III Farnese. Ora della seconda Operetta noi citeremo solo i vini chiarelli (chiamati anche chiaretti, oppure ciliegiuoli), partendo proprio dal famoso Chiarello che perveniva – informa il Lancerio – alle cantine pontificie “da una Terra denominata Chiarella, nella provincia di Calabria, distante dal mare 3 miglia”, ma soggetto a sofisticazioni “fin dal suo arrivo alla Ripa (sul Tevere), dove molti hosti lo vendono per Chiarello”.[7]

Movendo dalle citazioni del Lancerio, incontriamo il Vino di Pavola, giudicato“molto buono e viene da una Villa nella prov. di Calabria…La sorta di tale vino…non è né bianco né rosso, ma ciliegiuolo” [p. 69]; il vino del Ciragio viene invece “dauna Villa così nominata della Provincia di Calabria…molto scarico di colore. Raro ne viene a Roma, perché Don Pedro di Toledo, già Viceré di Napoli, se li faceva condurre nelle sue cantine” [p. 71]; i vini di Salerno, “sono per la maggior parte rossi ed alcuni non del tutto bianchi, ma sono ciregiuoli” [p. 81]; “buon nome avevano i ciregiuoli di Santo Severino, i vini francesi provenienti dalla Provenza e soprattutto i vini claretti di Avignone…che sono molto buoni per i Francesi, sicché in Roma non sono ritenuti  vini da Signori” [p. 83].

Un particolare “Chiarello”: la lagrima di Somma Campania e la sua diffusione in Abruzzo.

Interessante è la dissertazione del Lancerio in merito alla Lagrima di Somma [p. 85 sgg.], che derivava con ogni probabilità dal vitigno Fistignano coltivato nella Montagna di Somma Campania e che assume anche con il nome di lagrima per il particolare modusdi vinificare le sue uve, dalle quali si ricavava un pregiato ciliegiuolo.

Il divin Bottigliere di papa Paolo III esordisce dicendo che pur coltivandosi la lagrima a Somma, alle falde del Vesuvio, “per tutte le parti del mondo dove si fa vino, si può fare”, sottolineando così l’adattabilità ad ogni terreno di questo vitigno, dal quale si otteneva uno squisito Chiaretto.

Sottolinea il Lancerio che di lagrima “ne viene a Roma poco, perché i Viceré lo vogliono per loro… nella vinificazione non sia del tutto bianco, … et del colore si faccia sempre prova”.

A tal riguardo – continua il Lancerio – molti hosti lo falsificano con vino bianco et rosso mistiati, et a Roma lo vendono per lagrima.” [p. 87]:

“Si domanda lagrima perché alla vendemmia colgono l’uva rossa et la mettono nel Palmeto, ovvero ‘alla Romana’ vasca […] Et quando è piena cavano, innanzi che l’uva sia ben pigiata, il vino che può uscirne, et lo imbottano. Et questo domandano lagrima perché nel vendemmiare, quando l’uva è ben matura, sempre geme. Ne viene a Roma poco, perché i Viceré lo vogliono per loro, ma il meglio è quello della Montagna di Somma. A volere conoscere la sua bontà, non sia del tutto bianco, sia odorifero, mordente, polputo et del colore si faccia sempre prova. Tuttavia molti hosti lo falsificano con vino bianco et rosso mistiati, et a Roma lo vendono per lagrima.”

Sistemata l’uva nella “vasca”, sottolinea il Lancerio, si raccoglieva dunque tutto il mosto che si poteva ottenere “per naturale pressione”, ma non doveva risultare, avverte il Lancerio, “del tutto bianco”, bensì rosato,forse grazie alla macerazione di una piccola quantità di chicchi d’uva, aggiunta nella botte dove il mosto della lagrima doveva entrare “in ebullitionem”.

Particolare attenzione merita il passo del Lancerio in precedenza riportato, “innanzi che l’uva sia ben pigiata” in cui si sottolinea che la lagrima si ottiene “innanzi che l’uva sia ben pigiata”. Evidentemente l’uva che aveva cessato di lagrimare veniva sottoposta poi a normale pigiatura per ricavarne a parte un vino rosso (rubino) che doveva risultare di grande bontà.

Si comprende così quanto scrive Bernardo Valera nel suo ditirambo Le Quattro Stagioni a proposito

della lagrima di Tollo: “Questa località non molto lontana dal mare Adriatico è celebre pel suo vino rosso volgarmente detto lacrima[8]

Il Valera non dice dunque che si trattava di un ciliegiolo ma di un vino rosso, detto anche rubino, con riferimento forse all’antico nome del vitigno fistignano, chiamato anche lagrima, perché parte delle sue uve veniva lasciata a stillare “naturalmente”. Secondo quanto scrive Fra’ Bernardo Valera, verso la metà del ‘500 la lagrima designava “volgarmente” sia il vitigno che il vino. [Poesie edite ed inedite, Tomo II, Teramo 1835, dove si celebra “il di Tollo vivace Rubino”]

Chiarelli e Cerasuoli in Abruzzo.

Per quanto concerne l’Abruzzo abbiamo alla fine del ‘500 vaghe notizie solo sui chiarelli della Marsica e si devono ad Andrea Bacci, medico personale di Papa Sisto V ed Autore della monumentale Opera, scritta in latino, composta da 7 volumi dal titolo De naturali vinorum Historia ecc., apparsa a Roma nel 1596. In essa è citata per la prima volta in Abruzzo il trebbiano, originario della Toscana e diffuso dai Colonna nei loro possedimenti marsi.

 Nel V libro e precisamente nel paragrafo dal titolo De locis ac vinis circa Fucinum Lacus, il Bacci scrive che “L’agro di Trasacco…ricco di cereali e di biade, è reso esuberante dalle vigne da cui si ottengono ottimi Chiaretti (clarellis)” [9], senza citare i rispettivi vitigni. Il color “ciliegiuolo” di tali uve era dovuto forse alla loro scarsa maturazione che perdurava fino al tempo della vendemmia, malgrado l’azione benefica esercitata in tal senso dalle acque del lago di Fucino.

Comunque per l’area marsa il Bacci non parla di “lagrima” e per quanto concerne l’Abruzzo si ha notizia di essa per la prima volta nella Conca peligna, nel citato atto del notaio Vincenzo Giannitti di Pettorano sul Gizio, rogato nel 1606 [Archivio di Stato, Sulmona, Atti del Notaio V. Giannitti, 21 gennaio 1606].

A questo vitigno, in origine chiamato fistignano, fu dato in seguito con ogni probabilità anche il nome di lagrima per un particolare processo di vinificazione cui erano destinate le sue uve (o parti di esse), così sintetizzato dal Corongiu che al riguardo scrive:

“I chicchi più perfetti, raccolti in un tino, non venivano spremuti ma lasciati a stillare naturalmente come lagrime” [A. Corongiu, Il vino fra sacro e profano, MIBAC Milano 1999].

Donde appunto il nome di “Lagrima” dato al vino ed al vitigno, non più chiamato fistignano, originario come si è detto della Montagna di Somma (Campania).

Nell’agro peligno dunque la diffusione di questo vitigno va ascritta ad un periodo decisamente anteriore alla lagrima di Tollo, dalla quale si ricavava come scrive fra’ B. Valera anche un “rosso rubino” parte del quale veniva vinificato evidentemente con la tecnica della lagrima, che permetteva di ottenere uno squisito Cerasuolo, come abbiamo sottolineato in alcuni nostri lavori[10].

Si comprende così l’ammonimento del Lancerio a proposito della Lagrima: “Del colore si faccia sempre prova” fino ad ottenere il rosa desiderato, che presenta come vedremo in seguito diverse gradazioni. Tuttavia, commenta il Lancerio a proposito della Lagrima di Somma, molti “la falsificano con vino bianco e rosso mistiati et a Roma lo vendono per Lagrima”.

Esisteva dunque nel mercato vinicolo anche una “Lagrima” ottenuta per uvaggio, il che conferma come fosse forte la domanda di tale vino.

Il Monelli, in base ad ulteriori fonti storiche riguardanti Paolo III Farnese, scrive a proposito dei Chiarelli che questo papa “ricercava anche il vino aglianico, specie quello di poco colore, definito bevanda delli vecchi” e pertanto dal principio di marzo fino a tutto l’autunno il papa beveva di preferenza il Chiarello di Calabria, assai ricercato per il suo profumo di ciliegia [P. Monelli, Il vero bevitore, Longanesi Milano 1971].

Con la diffusione del Montepulciano, segnalato per la prima volta in Abruzzo dal Torcia e precisamente nella Conca peligna (1792), i chiarelli, chiaretti o cerasuoli si ricavarono con ogni probabilità solo dal Montepulciano, che presenta – come scrive il Giuliani – “particolari caratteri organolettici” che lo rendono ideale per questo tipo di vinificazione.    

 Il “Montepulciano” nell’analisi di Sante Lancerio.

Per l’importanza che riveste in Abruzzo ed in particolar modo nella Conca peligna, merita una pagina a parte il Montepulciano, perché il Cerasuolo, a ben osservare, è da considerarsi la seconda  (o la prima ?) anima del vitigno “portabandiera” della nostra Regione.

Il Lancerio riserva a questo tema un capitolo a parte dal titolo Il vino di Montepulciano (cioè della località Montepulciano, in provincia di Siena), ricavato da uno dei diversi vitigni che nel territorio poliziano prosperava ad una altitudine compresa all’incirca fra i 400 ed i 500 metri e dunque non molto diversa da quella dei terreni vignati della Conca peligna.

Siamo in grado così – giova ripeterlo – di comprendere l’esatto significato dell’ultimo e famoso verso del ditirambo Bacco in Toscana di Francesco Redi: “Montepulciano d’ogni vino è re”, ove Montepulciano viene citato non come nome di un vino, ma come località, come topos, poiché -precisa il Giuliani – di vino Montepulciano in Toscana si parla solo a partire dagli Anni Settanta del secolo scorso, in quanto in precedenza era “pressoché sconosciuto in Toscana” [G. Giuliani, op. cit.]

Scrive, come si è visto, il Lancerio:

“Il vino di Montepulciano è perfettissimo tanto il verno quanto la state, et meglio è il rosso la state, io ne sono certo. Tali vini hanno odore, colore et sapore et volentieri Sua Santità ne beveva …Volendo conoscere questo vino, vuole essere odorifero, polputo, non agrestino, né carico di colore. Volendolo per la state alli caldi grandi, sia crudo et di vigna vecchia. Di questa sorte Sua Santità beveva volentieri et faceva honore … sicché è vino da Signori” [S. Lancerio, Della natura dei vini e dei viaggi di Papa Paolo III ecc., op. cit. pagg. 89- 90].

I vini di Montepulciano dovevano risultare dunque per i gusti del papa “non carichi di colore” – e come raccomanda anche per l’Aglianico -“di poco colore et pastoso … cioè ciregiuolo”.

Possiamo immaginare cosa direbbe oggi il divin bottigliere di papa Paolo III in merito all’attuale Montepulciano, “nero come la pece”, specie dopo il suo soggiorno in barrique.

In tal modo dunque il Lancerio, bottigliere di papa Paolo III, rivela la preferenza per i cerasuoli, perché osservando questi vini in candide coppe e controluce, come dice Dante, vedi ‘l calor del sol che si fa vino.

Vicende sulla “Lagrima” in Abruzzo.

Come si è detto in precedenza, la fondamentale Relazione dell’agronomo sulmonese Giuseppe Sebastiani del 30 marzo 1876, di estrema importanza, contiene in allegato l’elenco delle uve da vino coltivate in agro peligno, che inizia con la descrizione delle caratteristiche ampelografiche del montepulciano primaticcio (o gaglioppo) e Montepulciano cordisco (quest’ultimo già definito da Panfilo Serafini nel 1853 “il vero e proprio Montepulciano”).

Tuttavia nell’elenco del Sebastiani non si rinviene più la lagrima, citata per la prima volta in Abruzzo in territorio peligno, in un Atto del notaio di Pettorano sul Gizio, Vincenzo Giannitti, stilato in data 21 gennaio 1606, ed in seguito da Michele Torcia nel suo citato Saggio Itinerario Nazionale pel Paese de’ Peligni [1792], stessa opera in cui fa la sua apparizione per la prima volta in Abruzzo anche il Montepulciano.

Il Lancerio come si è visto sostiene che la lagrima “per tutte le parti del mondo in cui si fa vino, si può fare”. Sicché in tale occasione il bottigliere di papa Paolo III ci sorprende, perché non tiene conto della lezione magistrale di Plinio contenuta nel XXIV Libro della Storia Naturale, in cui il grande storico romano invece ammonisce che “un medesimo vitigno, piantato in terreni diversi, dà vino diverso”. Ma riassumiamo meglio la tecnica usata per ottenere la lagrima, nome che già nel XVII secolo indicava (come per il Montepulciano) sia il vino che il vitigno.

La parte superiore dell’uva contenuta nel “Palmeto”, cioè nella vasca riservata normalmente alla “pigiatura con i piedi” fin dall’antichità, esercitava dunque, attraverso il suo peso, una pressione naturale su quella inferiore e causava una lenta fuoriuscita dai chicchi del “succo d’uva”, che veniva raccolto in un tino posto più in basso rispetto al Palmeto, sicché a causa del gocciolio sembrava – dice il Lancerio – che l’uva gemesse e lacrimasse, donde il nome di “lagrima” attribuito al poco ma pregiato vino che se ne ricavava.

Finito di lacrimare, l’uva veniva poi pigiata, forse prima con i piedi e dopo con torchi a vite, per ricavarne un tipo diverso di vino, meno pregiato ma comunque – come è da ritenersi – di grande bontà.

Come sottolinea il bottigliere di papa Paolo III, la “lagrima non doveva essere del tutto bianca, ma di color ciregiuolo”, cioè cerasuolo.

Ma come si ottenevano nella vinificazione queste “sfumature” diverse del color rosa?

Forse sistemando alla base del tino che raccoglieva le lagrime una quantità variabile di chicchi d’uva a seconda del color rosato che si intendeva ottenere.

Il Lancerio lamentava comunque che “molti falsificano la lagrima con vino bianco et rosso mistiati, et a Roma lo vendono per lagrima, ma spesso si fa giallo”.

Per quanto concerne il territorio abruzzese va osservato che la lagrima non è compresa fra i vitigni citati in area frentana negli Statuti di Lanciano del 1592 e precisamente nel Cap. 87, che menziona per tale area solo il moscatello, pergolo, uva pane, precoccio, uva donnola et malvasia” [L. Cerulli, Gli Statuti antichi della Città di Lanciano, Lanciano 2001].

V’è però un singolare personaggio, fra’ Bernardo Valera, il quale come abbiamo precedentemente accennato ci parla nel 1743 della lagrima coltivata nell’agro di Tollo.

Il Valera era nato nel 1705 a Giuliano Teatino ed era stato inviato dai suoi Superiori di Lanciano al Convento dei Minori di Siena per i necessari “perfezionamenti” spirituali. Qui il Valera compone alcuni ditirambi nei quali esalta i vini abruzzesi e cita i bianchi di Prezza ed i vini di Tollo, “piccola Terra nell’Apruzzo Citeriore… celebre pel suo vino rosso, volgarmente detto lagrima” [cfr. F. Cercone, La lagrima …ecc, op. cit.].                                   

Non si trattava dunque, scrive il Valera, di un chiaretto o di un cerasuolo ma di un “rosso rubino”, da ritenersi (contrariamente a quanto scrive il Redi nel suo ditirambo Bacco in Toscana)superiore ai vini rossi di Montepulciano.

A causa della sua bontà non erano pochi gli studiosi che sollecitavano una maggior coltivazione del vitigno lagrima nel nostro territorio. Il barone teatino Giuseppe Durini, noto enologo, sottolinea per esempio nel suo citato Saggio apparso nel periodico Annali Civili del Regno delle Due Sicilie (1820) che in Abruzzo “certamente tornerebbe utilissimo il moltiplicare la lagrima, l’aleatico e il montepulciano”.

 La lagrima osservata nel 1792 da Michele Torcia nell’agro peligno derivava sicuramente dalla stessa lagrima citatanel 1606 nel rogito del notaio di Pettorano V. Giannitti, di cui si è parlato in precedenza, e certamente era diffusa per contiguità in tutta la Conca Peligna.

Lo storico napoletano Giuseppe Del Re conferma comunque nel 1835 che negli Abruzzi “di luogo in luogo si sono piantate moltissime uve negre e specialmente il montepulciano e la lagrima”.[11]

Tuttavia circa venti anni dopo lo storico sulmonese Panfilo Serafini conferma nella sua Monografia storica di Sulmona [1853] solo la presenza del montepulciano e non più quella della lagrima, scomparsa misteriosamente dal panorama ampelografico della Conca Peligna, dove non vi ha fatto più ritorno.

La lagrima è tuttavia sopravvissuta in area marrucina-frentana, come risulta dalla citata Operetta dell’enologo teatino Raffaele Sersante, dal titolo Trattato teorico-pratico dell’arte della vinificazione [Chieti 1856], dove era assai utilizzata per gli “uvaggi” e quindi anche per i cerasuoli. In concomitanza con l’Unità d’Italia la lagrima scompare tuttavia ovunque in Abruzzo, e non viene più citata, avendo concluso il suo ciclo produttivo a causa probabilmente del devastante oidio.

Essa è coltivata oggi in agro di Jesi e costituisce insieme al Verdicchio la fortuna di questo territorio. Malgrado le ricerche condotte in loco, non è risultato chiaro come e quando questo vitigno sia approdato in area marchigiana. C’è solo da augurarsi che esso possa tornare a prosperare ancora, come nei secoli passati, in agro peligno e ne diventi il vessillo, visto che questo riconoscimento, per scarsa lungimiranza, non è stato perseguito dai Concittadini del poeta Ovidio.  

Woldemar Kaden ed il primato del Cerasuolo nella Conca Peligna.

Abbiamo constatato in precedenza l’importanza dei “resoconti” dei Viaggiatori Europei nella Conca Peligna, e soprattutto a Sulmona e Corfinio, i quali contengono talvolta notizie preziose per le vicende ampelografiche del suo territorio. A tal riguardo vogliamo ricordare il nostro Saggio dal titolo Sulmona negli scritti dei Viaggiatori tedeschi del XVIII e XIX secolo, pubblicato a Sulmona nel 1985 a cura del Centro Studi Panfilo Serafini, perché esso risulta prezioso per quanto concerne l’indagine da noi condotta sul Cerasuolo.

Fra questi Viaggiatori riveste grande importanza lo scrittore tedesco Woldemar Kaden, il quale nella sua opera Wandertage in Italien (Passeggiate in Italia) fa una poetica descrizione della Conca Peligna e di Sulmona, dove sosta provenendo dal Piano delle Cinquemiglia in un caldo pomeriggio di agosto del 1873, insieme al suo compagno di viaggio e giornalista Carl Stieler.

Dopo aver trovato alloggio per la notte nella Locanda “di un certo Signor Bonitatibus”, i due gironzolano per Sulmona attratti dai solenni monumenti artistici della Città d’Ovidio e sostano, come sembra arguirsi dal racconto, a “Piazza Grande”, che assumerà a partire dal 1882 la denominazione di Piazza Garibaldi [12].

Dopo un po’ di tempo una giovane inserviente del Sig. Bonitatibus raggiunge i due turisti e li avvisa che la cena è pronta. Il Kaden resta affascinato dai prodotti della terra che spiccano sulla candida tovaglia posta sul tavolo apparecchiato, fra cui “grappoli d’uva purpurei e pesche coperte di lanugine. Ma su tutta la scena – sottolinea il dotto Viaggiatore tedesco – troneggiava un imponentefiasco di vino color rosa (rosafarbig Wein)”, fatto fuori dal Kaden e dallo Stieler nel giro di poco tempo.

Come si è detto l’opera Wandertage in Italien fu pubblicata a Stoccarda nel 1874 e si può supporre pertanto che il viaggio del Kaden, in assenza di altre informazioni al riguardo, risalga a qualche anno prima (1872 o forse 1873). L’aspetto più interessante è rappresentato tuttavia -come vedremo in seguito- dalla circostanza che nella Relazione Ampelografica dell’agronomo sulmonese Giuseppe Sebastiani, del 30 marzo 1876, e di cui si parlerà in seguito, non si accenna minimamente al Cerasuolo, al Rosato o al Ciliegiolo, ottenuti con un modus vinificandi che invece era assai diffuso – come dimostra l’episodio del Kaden- nel mondo rurale peligno e nella produzione vinicola della Conca. 

Come si è detto l’opera Wandertage in Italien fu pubblicata a Stoccarda nel 1874 e si può supporre

pertanto che il viaggio del Kaden, in assenza di ogni informazione al riguardo, risalga a qualche anno prima (1872 o forse 1873). L’aspetto più interessante è rappresentato tuttavia, come vedremo, dalla circostanza che nella Relazione Ampelografica dell’agronomo sulmonese Giuseppe Sebastiani del 30 marzo 1876 e di cui si parlerà in seguito, non si accenna minimamente al Cerasuolo, al Rosato o al Ciliegiolo, ottenuti con un modus vinifcandi che invece era assai diffuso – come dimostra l’episodio del Kaden – nel mondo rurale peligno e nel commercio vinicolo della Conca.

Allo stato attuale delle nostre conoscenze, il passo del Kaden rappresenta pertanto la prima notizia che possediamo sul Cerasuolo d’Abruzzo, o – se si preferisce – sul “vino color rosa”come erachiamato dai contadini nella Conca peligna. Questo episodio viene ad incrementare paradossalmente la summa delle occasioni storiche perse da Sulmona e dal mondo rurale peligno nel campo della viticoltura, dato che il medesimo e triste primato va riconosciuto anche per il Montepulciano, citato lo stesso per la prima volta in Abruzzo nella Conca Peligna, come testimonia appunto Michele Torcia nel suo ormai noto Saggio Itinerario Nazionale pel Paese de’ Peligni fatto nel 1792. Anche in tal caso nessuno ha saputo utilizzare commercialmente nel nostro territorio tale importante primato e pertanto, “non ci resta che piangere” per la grande occasione che si è persa. 

Cenni sulla tecnica di vinificazione del Cerasuolo.

Riportiamo qui di seguito due brevi descrizioni sul modo di ottenere il Cerasuolo dalle uve Montepulciano, le quali appaiono indispensabili ai lettori che, come noi, non sono enologi o “vignaiuoli” di professione. Queste due descrizioni hanno il pregio di risalire quasi a mezzo secolo di distanza l’una dall’altra e dunque ci offrono una idea sul piano diacronico di come la vinificazione si sia evoluta in questo non breve arco di tempo e faccia ormai parte della nostra storia ampelografica ed enologica, dominata oggi ahimè da leggi fisiche e chimiche!

D’altro canto già Plinio lamentava nella sua Naturalis Historia [XIV, 25] che ai suoi tempi, nel corso della vinificazione, i viticoltori “aggiungono al vino delle sostanze coloranti, come una sorta di belletto ed in tal modo diventava più denso grazie a numerose sofisticazioni, sicché il vino è costretto di conseguenza a piacere!”  Passando a tempi più recenti, va ricordato il biasimo del famoso conte Odart, il quale “non voleva che mani temerarie toccassero, in nome della chimica, sostanze di prim’ordine, come il vino, tanto bene preparato dalla sapienza del Creatore”.[13]

Ma veniamo al nostro cerasuolo einiziamo con quanto scriveva il Giuliani nel 1975:

Nel Montepulciano d’Abruzzo rosso, comunemente chiamato fermentato, la fermentazione più o meno prolungata si svolge sempre a contatto delle bucce, o dei raspi e delle bucce. Nel vino della varietà cerasuolo è invece prevista la vinificazione in bianco: le uve restano a contatto delle bucce solo poche ore, in presenza di dosi ridotte di anidride solforosa, e vengono subito svinate. La vinificazione in bianco tuttavia può essere anche condottafacendo fermentare il mosto completamente in assenza di vinacce, con l’aggiunta se mai, di mosto proveniente dalle vinacce vergini torchiate… Per il tipo cerasuolo il colore deve essere rosso ciliegiuolo, anche tenue, e le ceneri possono avere un limite di grammi 1,3 per mille …”.

Conclude infine il Giuliani, sulla base della nota relazione di L. Laporta del 1962, che “il Montepulciano rosso, ed il Montepulciano cerasuolo pur rivelandosi entrambi vini generosi e di alta gradazione, sono sostanzialmente differenti”[14]. Più particolareggiata risulta un’altra Relazione coeva, a cura di Giovanni Garoglio, sulle caratteristiche organolettiche del Cerasuolo, il quale secondo tale Autore:

“ha un colore rosso ciliegiuolo, molto chiaro, quasi rosato, brillante, tenue, sapore rotondo, gradevolissimo, asciutto, talora leggermente amabile, morbido…, delicatamente profumato… leggermente aromatico, talora mandorlato come il cerasuolo della Valle Peligna, talvolta ricordante quello delle viole” [Enciclopedia vitivinicola mondiale, Vol. I, Milano 1973].

Lasciamo ai ‘tecnici’ del settore i giudizi su tali brani e riportiamo invece una diversa e più efficace descrizione del cerasuolo fatta di recente da un noto enologo abruzzese:

“Dalle stesse uve che compongono il Montepulcianod’Abruzzo, ma utilizzando una diversa tecnica di vinificazione che limita il periodo di fermentazione in presenza delle bucce a poche ore, ovvero mediante vinificazione “in bianco”, si ottiene un vino con un caratteristico colore rosso ciliegia, più o meno carico, denominato Cerasuolo. Il Cerasuolo ha un odore gradevole, delicatamente vinoso, fruttato, fine ed intenso; il sapore è secco, morbido, armonico, delicato con retrogusto mandorlato…” [G. Cavaliere, L’Abruzzo del vino. Storia e caratteristica di un territorio, a c. dell’AIS, Bibenda, Roma 2003].

Nel saggio Il piacere del vino. Manuale per imparare a bere meglio[15], si passano in rassegna “le tonalità dei vini rosati”, le quali “percorrono l’infinita gamma di sfumature tra l’aranciato e il rosso chiaro, ed è difficile quindi codificarle. Valgano come orientamento questi termini: rosa pallido, rosa fior di pesco, rosa cerasuolo, chiaretto, buccia di cipolla. Il rosa pallido, è tenue, il rosa fior di pesco è quello dei petali dell’omonimo fiore; il rosa cerasuolo richiama certe ciliegie primaticce; il chiaretto si avvicina al colore dei vini rossi; il (colore) buccia di cipolla è carico di riflessi aranciati”.

Merita un cenno il modo di ottenere tradizionalmente nel mondo rurale peligno il cerasuolo, che viene chiamato in gergo “il vino di casa”. La colorazione infatti, secondo alcuni contadini intervistati, si ottiene con la vinificazione in bianco del mosto nel quale si lascia macerareuna determinataquantità di chicchi d’uva. Il primo travaso si effettua alla fine di dicembre, il secondo alla fine di febbraio. L’imbottigliamento, solitamente con tappi a corona, avviene di norma nella prima metà di marzo, quando il vino “ancora dorme”. Con i primi caldi “il vino si sveglia” e fa una leggera fermentazione in bottiglia, perdendo il senso di abboccato e – sottolineano i viticoltori intervistati – aumentando alquanto la gradazione, il che conferisce un gradevole senso di freschezza ed una piacevole effervescenza, che può essere paragonata al classico perlage.

Probabile influenza dei mandorli coltivati nei terreni vignati della Conca Peligna.

Sono tanti gli Autori che insistono fin dalla seconda metà del secolo scorso sul gusto mandorlato del Cerasuolo peligno, che per tal motivo si contraddistingue meglio dai Cerasuoli dell’entroterra adriatico. Già il Nardi, illuminista teramano del Circolo di Melchiorre Delfico, metteva in rilievo la circostanza che “i mandorli son alberi salutevoli e amano terre brecciose”, come sono appunto quelle della Conca peligna ed in verità anche della Valle del Tirino.

È quanto evidenzia l’agronomo svizzero De Salis von Marschlins, il quale, sempre nel 1789, soggiornando a Sulmona, resta attratto dalla visione offerta “dai boschetti di alberi di mandorli che si alternavano nella Conca ai vigneti”.[16]

Non meno affascinante risulta la descrizione fatta al riguardo dallo storico tedesco G. Vom Rath, il quale nel marzo del 1887, viaggiando in treno da Sulmona a L’Aquila, ha modo di osservare dalla stazione di Raiano “milioni di mandorli sbocciati, che conferivano al paesaggio un particolare ornamento ed essi a tratti erano così folti da celare con un velo di fiori i luoghi pietrosi in cui crescevano”. [17]

La grande diffusione della coltivazione del mandorlo nella Conca Peligna va messa in relazione con il notevole sviluppo dell’industria dei confetti di Sulmona, a partire soprattutto dal XVII secolo. Tuttavia è sul probabile rapporto fra mandorli e terreno vignato che va riposta la nostra attenzione, come già evidenziato da Plinio nel Capitolo XIV della sua Naturalis Historia, dove appunto il grande storico sottolineache “meravigliosa è la natura delle piante di tirare a sé il sapore del terreno ove sorgono”, siano esse viti che altre piante. 

Sicché nei terreni in cui esistevano mandorli, in seguito recisi perché ormai vecchi, sembra che le radici di questa pianta – sostengono i vecchi contadini intervistati – continuino a nutrire il terreno circostante, che una volta vignato, entra in simbiosi con le radici dei mandorli, ricreando un rapporto di amorosi sensi che agronomi moderni ed enologi, sommersi da una marea di formule chimiche, sembra abbiano dimenticato.

Solo in tal senso si spiega a nostro avviso quel “retrogusto mandorlato”, proprietà che sembra possedere maggiormente il cerasuolo peligno, non disgiunto dal profumo di mandorle, che lo contraddistingue rispetto agli altri cerasuoli abruzzesi. Ci sia concessa pertanto una riflessone: le grandi opere degli storici del passato, attenti osservatori di quella natura che noi stiamo distruggendo, andrebbero lette di nuovo, e con grande attenzione, se non altro perché ci aiutano talvolta a dubitare delle certezze che regnano ovunque nel campo scientifico e quindi anche nell’ambito dell’enologia.

Aspetti storico-etnografici del vino nella Conca Peligna.

A partire dalla fine del ‘700 emerge in territorio peligno una dicotomia fra quantità e qualità della produzione vinicola, che a ben osservare non è del tutto scomparsa nei nostri giorni in Abruzzo.

Il fenomeno si presenta già descritto dal citato agronomo svizzero C. Ulisse De Salis von Marschlins, il quale nel settembre del 1789 – anno fatidico della Rivoluzione Francese – dopo aver visitato il Lago di Fucino sosta per alcuni giorni nel Capoluogo peligno ed annota che “nei dintorni di Sulmona, pur essendo quasi tutta pianura, si produce molto vino…che qui ha pochissimo valore;   pur tuttavia si piantano giornalmente nuovi vigneti “ [op. cit. p. 259]

Per una curiosa coincidenza nello stesso anno 1789 Gianfrancesco Nardi, rappresentante di spicco del Circolo Illuminista di Melchiorre Delfico a Teramo, lamentava lo stesso problema nell’Abruzzo Ulteriore I, cioè nel Teramano, al punto di consigliare il ricorso ad esperti vignaioli toscani anche per quanto concerneva la tecnica di vinificazione, in cui erano impiegate tante qualità di uve “di cui non si conoscevano nemmeno il nome”. [18]

Dalla lettera trasmessa da A. De Nino allo storico russo Zwetaieff, apprendiamo ulteriori notizie al riguardo [G. Papponetti, Carteggio De Nino- Zwetaieff, Sulmona 2006].  Scrive il De Nino:

“Ora anche nei terreni irrigui si vengono mettendo vigne, sicché tutta la Valle (peligna) pare un solo vigneto… Ogni proprietario ha la sua cantina con grosse botti che contengono generalmente da 40 a 50, a 100 e 200 ettolitri. A Sulmona la botte detta di Granata contiene 490 ettolitri ed è la più grossa degli Abruzzi”

seguita subito dopo da una botte di 365 ettolitri che tuttora troneggia come un Santo nella sua nicchia nella cantina della nota azienda vinicola Pietrantoni di Vittorito.

Il De Nino, nella comunicazione inviata allo storico russo Zwetaieff, che ne aveva fatto in tal senso richiesta, precisa tuttavia la funzione principale cui era preposta la grande produzione vinicola nella Conca Peligna: “Il vino – sottolinea lo storico di Pratola Peligna – va all’estero per mezzo delle Case Enologiche dell’Alta Italia e da qualche anno in qua, più che il vino si trasporta l’uva in casse formate da asticelle”. 

Tale particolarità è confermata dal Franchetti, che fissa nel quinquennio precedente questo fenomeno commerciale: “L’uva nell’autunno scorso,1874, era trasportata nell’Alta Italia dove se ne faceva vino; e sulla Popoli-Pescara, aperta da poco, il trasporto necessitava fino a sei o sette treni speciali al giorno”. [19]

Restavano sempre tuttavia delle quantità di vino invendute, a prezzo decisamente conveniente, che diventavano preda dei paesi montani della Conca Peligna, specie di Scanno, ed “imbottate di nuovo – scrive il Franchetti – non solo si bevono ma dilettano e piacciono ancora”.

La quantità di vino che restava nelle cantine di casa costituiva comunque una ricchezza per la famiglia contadina. Entriamo così nell’ambito di un aspetto sociale del vino, di grande importanza e pressoché sconosciuto al mondo etnografico, cui va comunque ascritta anche la viticoltura.

Ancora nell’ultimo ventennio dell’800 la maggior parte dei nostri paesi non possedeva una rete idrica. Esistevano infatti per tutto il centro abitato due o forse tre fontane pubbliche fornite di abbeveratoio per asini e muli, dove le donne si recavano soprattutto di sera ad attingere acqua da bere, trasportata a casa con le caratteristiche conche di rame. Sicché, come accennato in precedenza, l’unica sostanza liquida a disposizione dei ceti rurali (e non solo nella Conca peligna), era proprio il vino, con cui si spegnevano i frequenti incendi causati dal camino acceso, unica fonte di riscaldamento per la famiglia rurale, oppure si lavavano neonati e bambini per assenza di acqua corrente.

L’impiego necessario del vino si riveste così nella visione popolare di una sovrastruttura culturale; lavare i bambini con il vino significava immunizzarli da ogni malattia; inoltre un tuorlo d’uovo in mezzo ad un bicchiere di vino, costituiva nella visione delle madri di famiglia, la miglior colazione per i bambini prima di recarsi a scuola, dove arrivavano talvolta secondo alcune anziane maestre intervistate, in uno stato di evidente sonnolenza.

In una brochure edita in occasione della Quarta Sagra del vino aVittorito, 7-8 agosto 1998, viene sottolineato che il rimedio offerto dal vino per la cura di forti raffreddori ed altri sintomi influenzali costituiva, secondo il parere di alcuni vecchi contadini, un vero e proprio toccasana.

Anche sotto il profilo alimentare si riteneva un tempo a Vittorito ed in altri centri limitrofi che i bambini nutriti con il vino “venivano più robusti”, come vuole un antico proverbio del luogo che riportiamo in lingua per una sua miglior comprensione:

  “Pane con l’olio e zuppa di vino, fanno crescere di più il bambino”.

La pulizia dei bambini con il vino, l’unico liquido a disposizione delle madri in famiglia, avveniva, secondo la brochure pubblicata a Vittorito, nel modo seguente: “Si mettevano tre bicchieri di vino in una pentolina di terracotta, si bagnava una pezzolina di canapa e con questa si lavava il bambino”[20].

Ricordiamo che anche in altri paesi peligni era assai diffuso il detto “chi tiene la vigna, tiene la tigna”, con riferimento ai faticosi lavori che reclama il vigneto. Ce ne offre un’idea un atto del notaio Aquili di Popoli, rogato il 15 marzo 1653, relativo all’affitto di un terreno vignato a Popoli, in cui si stabilisce:

“In primis che le vigne siano tenute da essi conduttori a farci tutto quello che abbisognerà, come potarle, zapparle, ripianarle, e recallarle…” [21], termini tuttora presenti nel linguaggio dei viticoltori dei nostri paesi. In particolare con “recallare” si intendeva ed ancor oggi s’intende in area peligna “una lieve zappatura del terreno attorno alle viti”.

La figura dello “zappatore”, che si reca al lavoro nella vigna con un fiasco di vino in mano, era poi un’immagine a stampa comune a Napoli ed assai richiesta fin dalla prima metà del XVIII secolo dai Viaggiatori Europei come souvenir. Il vino infatti era l’unica sostanza energetica a disposizione dei contadini, data la rarità del miele e l’alto costo dello zucchero nel regno di Napoli Di conseguenza per la preparazione dei dolci fatti in casa, come ricorda opportunamente la brochure citata, edita a Vittorito nel 1998, “si utilizzava il mosto cotto oppure il vino annoso”.

La revanche del Cerasuolo

Piacevole è stata negli ultimi decenni la riscoperta del Cerasuolo come vino da dessert, oppure da accompagnare a particolari vivande, per esempio il baccalà o lo stoccafisso, esaltati in alcune sagre abruzzesi come quella che si svolge a Sant’Omero nel Teramano. Tuttavia la stampa regionale si è soffermata a ragione sulla valorizzazione del Cerasuolo anche come aperitivo, specie se associato nel periodo estivo alla nostra saporitissima frutta, soprattutto alle pesche.

Al riguardo va ricordato un antico detto con valore paremiologico, cioè: “Il cocomero nasce nell’acqua e muore nel vino”. E se si tratta del cerasuolo, questo accostamento, dimenticato dalle nostre abitudini alimentari, diventa decisamente sublime.

Non sono poche comunque le riserve avanzate di recente persino dai produttori nei confronti del Cerasuolo o, se si preferisce, del “vino color rosa”, come lo chiama per la prima volta il Viaggiatore tedesco Woldemar Kaden.

Nella stessa brochure in precedenza citata e pubblicata a Vittorito nell’agosto del 1998, sono contenute alcune sorprendenti affermazioni. A pag. 23 si legge:

oggi, purtroppo la quasi totalità dell’uva ‘Montepulciano d’Abruzzo’ di Vittorito viene vinificata in Cerasuolo, appiattendosi su un livello qualitativo di certo inferiore a quello che potenzialmente compete a tale uva”.

Si dimentica così l’insegnamento di Sante Lancerio, che già alla metà del ‘500 aveva ammonito i vignaioli sulla fondamentale caratteristica del Cerasuolo (chiamato chiarello o ciliegiuolo), il quale per piacere “deve risultare di colore non acceso, né in tutto scarico, et così si havrà buona bevanda”.  E questa “bevanda”, certamente, non si è giovata di una appropriata divulgazione delle sue qualità organolettiche, specie in abbinamento con i cibi, anche se Plinio nella sua Storia Naturale sottolineava: “Per Ercole! Strano a dirsi, ma il prodotto più genuino è ormai quello meno conosciuto!” [Naturalis Historia, Cap. XXIII, 34.]

L’affermazionecontenuta nella brochure di Vittorito non è pertanto condivisibile, tanto più che nel quinquennio 1961- 1965 il Cerasuolo era il vino più conosciuto d’Abruzzo ed a diffondere tale notorietà, a parte i successi registrati al riguardo dall’Enologo Valentini di Loreto Aprutino, aveva contribuito anche l’Alitalia, la Compagnia Aerea Nazionale, che lo offrivaai passeggeri transoceanici riscuotendo un lusinghiero successo, specie quello prodotto da una Azienda a Bagnaturo ( Aq.) e destinato ad aperitivo o ad  accompagnare i pasti dei viaggiatori in bottigliette di circa un quarto di litro.   

Ma non è tutto. Noi siamo stati invitati nel novembre del 1998 a Montreal dall’Institut du Tourisme

et d’Hotellerie du Québec, dove il 16 novembre del suddetto anno abbiamo svolto nel Palais des Congrés una Relazione dal titolo La Gastronomie italienne: aspects historiques et prospectives futures. Ebbene fra il grande numero di ascoltatori presenti alla manifestazione vi erano molti ristoratori di origine abruzzese, i quali lamentavano (incredibile a dirsi!) le difficoltà incontrate all’epoca in Canada nella distribuzione del Cerasuolo d’Abruzzo, non disgiunte dalla mancanza di manifestazioni preposte alla valorizzazione ed alla conoscenza di questo eccezionale vino nel settore fondamentale del Food and Beverage.

Nella brochure citata, apparsa a Vittorito nel 1998, viene sottolineata tuttavia la necessità di “mantenere le rese per ceppo su livelli tradizionalmente contenuti”, al fine, aggiungiamo noi, di evitare, come avviene di tanto in tanto, che di celebri vini circolino nel mondo milioni di ettolitri, a fronte della scarsa quantità d’uva prodotta.

Questo problema si avverte oggi anche per il Montepulciano d’Abruzzo, perché in alcune annate sfugge il rapporto fra superfici vignate e produzione vinicola, malgrado l’aiuto che proviene in tal senso dalla stampa regionale. Ed i conti si fanno presto, sostengono i nostri contadini intervistati, perché da 1,30 quintali d’uva si ricava all’incirca un ettolitro di vino e pertanto il quotidiano regionale Il Centro, in data 26 ottobre 2010 [pag. X], ha così riassunto questa semplice operazione di natura matematica:

“In Abruzzo la superficie coltivata a vigneto (relativamente all’anno citato, n. d. r.) è di 33.685 ettari. La produzione totale di uva è di 4,6 milioni di quintali, il vino prodotto 3,3 milioni di ettolitri…Nel 2009, riguardo il solo Montepulciano, sono stati prodotti1.350.000 quintali di uva, trasformati in 950.000 ettolitri di vino, dei quali sono stati imbottigliati 747.000 ettolitri, pari a 100 milioni di bottiglie…”.

Ciascuno tragga al riguardo le proprie conclusioni. Scarse notizie si hanno dunque in merito ai 950.000 ettolitri di Montepulciano, di cui non viene indicata per l’anno 2010 (qui preso in considerazione come campione) la percentuale vinificata a Cerasuolo, un datoquesto che sarebbe interessante conoscere per seguirne l’andamento nel mercato, dato che fra vino e cibo v’è un rapporto di cui non sempre si coglie l’eco nella stampa regionale. La quale tuttavia, a partire all’incirca dall’ultimo decennio del secolo scorso, è stata scettica, ma a torto, sull’abbinamento del Cerasuolo con il pesce,proposto da coraggiosioperatori gastronomici regionali, a fronte di una tradizione consolidata che vuole per i prodotti ittici l’abbinamento con i vini bianchi, specialmente trebbiano, cococciola e pecorino.

A parte l’abbinamento consigliato con il pesce, l’AIS (Associazione Italiana Sommeliers) ha rivalutato il Cerasuolo anche come aperitivo, in sostituzione di analcolici contenenti probabilmente coloranti artificiali assai dannosi alla nostra salute.

Il Cerasuolo nel pensiero di Paolo Monelli.

Come si è visto in precedenza, il Lancerio non mancava mai di suggerire ai vignaioli: “dei chiaretti si faccia sempre prova”, fino ad ottenere il color rosa desiderato, ed altrettanto si raccomanda nel citato volume “Il piacere del vino”, pubblicato da Arcigola slow Food.

Nel 1971 apparve per i tipi della Longanesi un Saggio di Paolo Monelli dal titolo Il vero bevitore, da considerarsi uno dei lavori più preziosi della letteratura enologica italiana.

Dopo aver rivolto parole di biasimo per i “Sommeliers prezzolati”, per gli “osti ignoranti” e soprattutto “contro gli astemi”, il Monelli aggiunge che ha voglia di “dirne quattro anche a queiproduttori che si son messi afabbricare il vino rosa” ed a tal riguardo precisa:

“Intendiamoci: non quei rosati che si producono da un pezzo ed hanno una tradizione e nobile origine, come il rosa di Ravello, il vin rosa di Parendo, i Cerasuoli d’Abruzzo, i rosa della Valténesi (basse colline lungo la riva destra del Garda) … e un rosa vispo e petulante che bevvi molti anni fa all’Osteria del Sudicio a Savona…” [P. Monelli, op. cit. p.47 sgg.]

Inutile sottolineare l’importanza del riconoscimento attribuito, da parte di un grande giornalista ed enologo come il Monelli, al Montepulciano Cerasuolo d’Abruzzo ed al ruolo rivestito da questo grande vino abruzzese nell’ambito dei cosiddetti vini rosa italiani.

Il motivo che spinge il Monelli ad arroccarsi su una rigida posizione è che:

“da qualche tempo si sta progettando da parte di parecchi produttori di ‘scolorire in rosa’ tutti i vini rossi e neri, mescolando al loro mosto pallide vinacce… e questo perché si dice dai commercianti che i consumatori preferirebbero i vini color di rosa agli altri”.

A sostegno di quanto affermato, il Monelli cita “il dotto enologo Francesco De Blasiis, abruzzese, di Città Sant’Angelo, il quale nel suo Saggio dal titolo Istruzione teorico-pratica sul modo di fare il vino [Firenze 1869] sottolinea che “tutti i sensi domandano di essere appagati dalle estrinseche qualità del vino: il gusto, l’odorato e la vista” […] e nessun vino soddisfa meglio la vista come il Cerasuolo”.

Commenta tuttavia in tal senso il Monelli:

“Se sia vero che il gusto degli Italiani, come affermano giurie e tecnici, si orienta verso i vini rosa (ma io ne dubito; credo piuttosto ad un capriccio di produttori, ad una ricerca ad ogni costo di originalità, o all’invidia per certi vini rosa, legittimi, antichi e celebrati) opera savia sarebbe non assecondarne le matte, ma ricondurli sul retto cammino…”.

Insomma il Monelli non riesce ad immaginare, forse perché figlio del suo tempo, “chianti, barbera e sangiovese rosati”, sangue purissimo di tralci e di raggi solari e cosmici. Sicché nel ribadire la sua preferenza per i rossi, il Monelli fa suo il famoso pensiero espresso da Galilei nel corso di una lectio magistralis edannotato dal conte Lorenzo Magalotti, Segretario a Firenze dell’Accademia del Cimento, pensiero che recita:

                                        “Il vino è come il sangue della terra,

                                           sole catturato e trasformato da una struttura

                                          così artificiosa qual è il granello d’uva,

                                          mirabile laboratorio in cui operano ordigni

                                          e potenze congegnate da un clinico occulto e perfetto.

                                          Il vino è un composto di umore e di luce…”.                

Quello che ci preme sottolineare è dunque che circa mezzo secolo fa vi erano in Italia ampelografi ed enologi del calibro del Monelli, che riconoscevano nel Cerasuolo abruzzese, ricavato dal vitigno Montepulciano, una qualità di “vino di gran razza”, citato per la prima volta nella Conca Peligna  dallo storico tedesco Woldemar Kaden nella sua citata opera Wandertage in Italien, pubblicata a Stoccarda nel 1874, ma tale testimonianza si riferisce evidentemente all’anno precedente, 1872 oppure 1873.

La circostanza poi che molti Enologi e Sommeliers abbiano sottolineato nel cerasuolo della Conca Peligna un “retrogusto mandorlato”, più accentuato rispetto ai cerasuoli di altre aree abruzzesi, ha richiamato alla nostra memoria il nesso, forse non casuale, con il territorio sulmonese che negli ultimi decenni dell’800 era descritto dal Viaggiatore tedesco Von Rath come “uno splendido mandorleto”, fungendo da supporto all’industria dei confetti, tuttora vanto della Città d’Ovidio.

La Conca peligna può considerarsi non solo patria del Montepulciano e della sua seconda anima che è appunto il Cerasuolo, ma anche della lagrima, testimoniata come si è visto fin dal 1606 in un rogito notarile stilato nel territorio di Sulmona. E proprio in questa varietas giace la risposta più efficace che i viticoltori locali dovranno dare alla sfida enologica dell’immediato futuro.  

Appendice Bibliografica

 Le fonti storico-letterarie sulla presenza del Montepulciano e del Cerasuolo nella Conca Peligna.

  • Michele Torcia e la prima notizia sul Montepulciano.

Anche se “Archivista e Bibliotecario di Sua Maestà Ferdinando IV di Borbone”, Michele Torcia (1736-1808) resta – come sottolinea I. Di Iorio – un Figlio dell’Illuminismo che fa dei Viaggi la fonte più importante per l’acquisizione di informazioni storico-culturali non solo dei popoli europei (assai noti restano i suoi resoconti in Francia ed in Olanda) ma anche delle Province che costituivano quello straordinario mosaico che era appunto il regno di Napoli.

Nell’ultimo decennio del ‘700 il Torcia pubblica l’importante “Saggio Itinerario Nazionale pel Paese de’ Peligni fatto nel 1792” pubblicato a Napoli l’anno successivo. In esso troviamo citato in Agro peligno e per la prima volta in Abruzzo il vitigno montepulciano da cui si ricavava l’omonimo vino portabandiera della nostra Regione.               

La citazione del Torcia è contenuta a pag. 67 e la riportiamo fedelmente qui di seguito:

 “… Le uve muscatella, muscatellone, zibibbo, non grosso come l’arabo Zebib di Calabria e Sicilia di cui fansi i passi psithii (Virgil., georg., II, v. 93, e IV, v. 269; Plin. l. 14, c. 9, sert. II p. 323), ma piccolo; lacrima, Monte-pulciano, cornetta, pane (bumasta), del Vasto senza granelli, e la malvasia, ma non la veracebiondina, l’antica lageos cioè di color simile a quello di lepre, che col suo melato gusto in uva ed in vino, soprattutto in Lipari, annoda per ebrietà la lingua e rende tremule le ginocchia. (Virgil. georg., II, v. 93) …: tenuisque lageos Tentatura pedes olim vincturaque linguam …”.

  • Atto del notaio Vincenzo Stecchini di Sulmona: Anno 1819, 15 Novembre

Contratto d’affitto di un terreno di proprietà dei signori De Amicis Aceti con l’obbligo di “piantarci viti di buona qualità, vale a dire Monte Polciano  e Tivolese, escluso il Clampese (sic: Camplese)”.

[Archivio di Stato Sulmona, Atti del Notar V. Stecchini, in data 15 nov. 1819.]

  •  Panfilo Serafini e la sua “Monografia storica di Sulmona”

Nel 1853 viene pubblicata a Napoli nel periodico Il Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato la “Monografia storica di Sulmona” di Panfilo Serafini, contenente preziose notizie sull’evoluzione ampelografica del Montepulciano e sulla viticoltura della Conca Peligna. Scrive il Serafini nel Capitolo relativo all’Agricoltura:

“La pianta più coltivata in Sulmona è il maiz e la vite, come anche in altri Comuni del nostro bacino. Le vigne del nostro Distretto venti anni addietro occupavano un 12 mila moggi di terreno; al presente ne occupano forse 20 mila. Sulmona e Pratola però più che gli altri Comuni amano questa coltura. Noi ne abbiamo circa 30.000 salme di vino annualmente (1 salma è di 132 caraffe).

Le viti più comuni sono il Montepulciano, sia primaticcio, sia cordisco o tardivo, e il Tirolese. Le migliori sono il moscatello ed anche in parte una specie di Montepulciano, la malvasia, il Campolese, e per tavola l’uva corniola, l’uva di pane, la ragia, l’ursina, la sanguinella, il zibibbo ecc. Le viti sono per lo più propagate con magliuoli in autunno ed anche ne’ principi di primavera; potansi basse in febbraio e in marzo; e basse, piane, e distanti fra loro circa tre palmi si mantengono. Si appoggiano generalmente a pali cinti con vimini, eccetto poche maritate ad alberi o sostenute a pergolato”.

  • Woldemar Kaden (1838- 1909) e la prima testimonianza storico-letteraria del “cerasuolo” in area peligna ed in Abruzzo.

Nel 1874 lo storico e Viaggiatore tedesco Woldemar Kaden pubblica a Stoccarda l’opera Passeggiate in Italia [titolo originale: Wandertage in Italien], in cui l’Autore descrive un breve soggiorno fatto nella Città di Ovidio nell’agosto del 1872 o 1873 insieme al connazionale C. Stieler (i due, insieme ad E. Paulus, visiteranno ancora Sulmona nel 1883, descritta in un’altra opera: Italia. Viaggio pittoresco dalle Alpi all’Etna [Casa Ed. Treves, Milano 1885].

Del resoconto di tali viaggi ci siamo occupati nel nostro Saggio dal titolo Sulmona negli scritti dei Viaggiatori tedeschi del XVIII e XIX secolo, Sulmona 1985, a cura del Centro Studi P. Serafini.

Nel suo primo soggiorno, illustrato nell’opera Wandertage in Italien, Woldemar Kaden, cui a Sulmona è stata dedicata una Via Cittadina, resta affascinato dalle pesche e dai grappoli d’uva che facevano spicco sulla candida tovaglia apposta sul tavolo da pranzo della locanda dove avevano preso alloggio ed aggiunge: “Su tutta la scena troneggiava un imponente fiasco di vino color rosa, quel vino appunto che nel giro di alcuni lustri si accingeva ad assumere il nome di Cerasuolo, ricavato con una particolare vinificazione dalle uve Montepulciano.

  •  Relazione dell’agronomo Giuseppe Sebastiani sulle viti coltivate in agro sulmonese:30 marzo 1876

La richiesta da parte del sindaco di Sulmona pro tempore, in data 30 marzo 1876 e diretta all’agronomo comunale Giuseppe Sebastiani, è intesa a conoscere il patrimonio ampelografico del territorio della Città d’Ovidio e costituisce un documento di estrema importanza per la storia della viticoltura della Conca Peligna ed anche dell’Abruzzo. Il quadro tracciato per l’agro di Sulmona non doveva essere differente da quello dei Comuni confinanti, soprattutto Pratola Peligna e Corfinio, data l’omogeneità e le comuni caratteristiche territoriali della Conca, che appare già nei primi decenni dell’800 senza soluzione di contiguità per quanto concerne la coltivazione di alcuni vitigni, fra cui predominanti erano il Montepulciano ed il Trebbiano.

A cosa servisse la Relazione richiesta al Sebastiani non viene specificato. Certamente essa era preposta alla conoscenza del patrimonio ampelografico della Conca peligna in vista di un importante convegno che forse si intendeva organizzare su scala nazionale, come era avvenuto appunto nel 1867, quando la “Regia Commissione Italiana”, presieduta dall’abruzzese Giuseppe Devincenzi, si accingeva ad organizzare a Firenze la nota Esposizione Universale.

Sulmona, 30 marzo 1876

                                                              All’Ill.mo Sindaco del Comune di Solmona (sic)

“Le viti che comunemente si coltivano nel tenimento di Solmona e dalle quali si ricava la maggior quantità di mosto, sono di uva appellata Montepulciano nero : e questo è di due specie, cioè il primaticcio, che chiamasi pure gaglioppo ; ed il serotino (cordisco o tardivo ) che si coltiva a preferenza dell’altro. Coltivasi pure e molto attesamene la vite che dà l’uva detta camplese , ossia  il trebbiano , ed avesene bianca e nera. Per formare vino sonovi altresì le seguenti specie di uve, cioè la malvagia bianca e nera, il verdetto, appellato dal volgo verdelicchio , moscatello bianco e nero, l’aleatico, il canaiolo bianco e nero, uva detta di Santa Messa bianca e nera, il Tivolese, il grappalone, in vernacolo racciappalone, uva detta di San Francesco ed il Torcicane. Le uve mangerecce poi sono quelle dette del Vasto o Zibibbo, la corniola bianca e nera, uva Rojo nera, comunemente detta uva rascia, ed è a granelli rotondi ed ovali oblunghi ; maturain autunno avanzato e dura fino alla primavera ; uva sancinella  bianca, il  moscadellone, ed il cosiddetto pergoligno nero a granelli oblunghi. Havvi un’uva non coltivata, che cresce nelle siepi, detta cianfruscola, da cui si ha vino squisito. Questo è quanto ha potuto e saputo raccogliere lo scrivente intorno alle viti del territorio sulmonese, ma egli manca di cognizioni di botanica, e di ampelografia      intorno alla materia, di che trattasi, che però merita indulgenza se non ha saputo far meglio….”                                                                                                          

Giuseppe Sebastiani

Segue in un foglio a parte un “Elenco dei vitigni coltivati nel territorio del Comune di                Sulmona”, con una sintetica descrizione delle loro caratteristiche ampelografiche:

Uve da vino

Montepulciano: Nero, a grappoli di media grandezza, acini ovali. È il più coltivato perché il più atto a far vini neri.

Galoppo Primaticcio nero: a grappoli di media grandezza, ma più piccoli del precedente ; acini sferici ; è anche coltivato comunemente  ma non quanto il Montepulciano

Verdero Color glauco, grappoli di media grandezza, acini ovali, (volgarmente verdelicchio) maturazione piuttosto tardiva. È anche coltivato comunemente ma non quanto il Montepulciano.

Trebbiano bianco: Grappoli grandi ma radi, acini tondi; coltivato comunemente ma un poco meno del Verdero.

Trebbiano rosso: Ha gli stessi caratteri del precedente, ma coltivato in piccola quantità.

Moscato bianco: Coltivato soltanto da qualche proprietario

Moscato nero: Coltivato in piccola quantità

Malvagia bianca: Coltivata in piccola quantità

Malvagia rossa Coltivata in piccola quantità

Canaiolo bianco e rosso Coltivati in piccola quantità 

Tivolese Coltivato in piccola quantità

Aleatico bianco e rosso –

Uva Santa Maria Somiglia molto al moscato bianco, ma gli acini  sono un poco allungati e matura in agosto.

Uva San Francesco Rossa, grappoli grandi, acini grossi e tondi e duri

Cianfruscola Non coltivata, cresce quasi spontanea lungo le siepi

Zibetto bianco Volgarmente Zibibbo

Corniola bianca e rossa –

Uva grassa –

Rojo Comunemente detta Uva Roja ; è a granelli ovali,color rosso e duri ; matura in autunno avanzato e  può tenersi sino alla primavera; atto per conserve

Pergoligno Ha gli stessi caratteri del precedentema ha gli acini più oblunghi

Sancinella bianca. Grandi grappoli, acini sferici, grossi primi (sic) e duri

Moscatellone –

“Tutte queste varietà sono coltivate – conclude il Sebastiani – in piccole proporzioni soltanto dagli amatori”.

Considerazioni finali.

La Relazione dell’agronomo Sebastiani si presta a numerose considerazioni, ma noi ci soffermiamo solo su quelle che appaiono di rilevante interesse ampelografico.

Dopo aver ricordato che il vero e proprio Montepulciano è quello cordisco (o tardivo), da cui si otteneva – per usare le stesse parole del Kaden – il miglior “vino color rosa”, il Sebastiani scrive che l’altra qualità di Montepulciano, detto primaticcio e qualitativamente inferiore al cordisco, era chiamata anche gaglioppo, galoppo o gaglioppa. Allo stato attuale delle nostre conoscenze risulta difficile accertare i rapporti fra tale gaglioppo e quello citato negli “Statuta Civitatis Aquile del 1315”, Cap. 355, pubblicati da A. Clementi, ed  in precedenza citati.

V’era poi il trebbiano, chiamato anche camplese (il Relleva sostiene che in realtà il nome esatto era campolese )[22] e veniva coltivato “molto attesamente” nella Valle del Tirino “a sostegni morti” e con il nome di buon vino[23]  ..

Come si è detto in precedenza, il termine camplese non sembra derivare dal topos “Campli” e va ricordato inoltre che nel rogito del notaio Vincenzo Stecchini di Sulmona, del 1819, il camplese non viene annoverato – a differenza di quanto sostenuto da altre fonti – fra i vini di buona qualità[24] .

Ma non finiscono qui le novità, perché R. Sersante nel suo Trattato teorico pratico sull’arte della vinificazione [Chieti 1856] scrive che “il trebbiano era chiamato anche uva passa”.

Richiama subito la nostra attenzione, nell’elenco stilato dal Sebastiani, anche il vitigno verdetto o verdelicchio, “coltivato comunemente in agro peligno ma non quanto il Montepulciano cordisco”. Con ogni probabilità il nome di tale vitigno si ricollega al verdicchio, coltivato sotto il profilo ampelografico in quella “terra di nesuno” che va dai confini del Tronto fino all’agro di Jesi, dove oggi – forse non a caso – si coltiva la lagrima

Menzione a parte merita la misteriosa vite cianfruscola, non coltivata, che cresceva sottolinea il Sebastiani spontaneamente nelle siepi (probabilmente quelle che fungevano da confine fra i vari appezzamenti vignati) e dalla quale si ricavava un “vino squisito”.  Ne abbiamo discusso qualche anno fa a Vittorito, invitando alcuni Amministratori locali ad effettuare ricerche su questo misterioso vitigno, che sembra svanito, malgrado le nostre continue ricerche, dall’orizzonte ampelografico della Conca peligna.

Ma tornando al nostro argomento, va ricordato quanto sottolinea nel 1876 il Sebastiani e cioè che “per formare vino nero” vi sono oltre al Montepulciano primaticcio e cordisco “altre specie di uve, soprattutto il trebbiano rosso, la malvagia nera, il moscatello nero, il canaiolo nero ecc.” che potevano essere vinificate in modo da ottenere “vino color rosa”, cioè l’antenato del nostro cerasuolo, che non risultamai presente tuttavia nel corso dell’800 nelle manifestazioni ufficiali.

Se ne ha conferma dal menu (in lingua francese) servito a Sulmona dalla Casa Spillman il 28 agosto 1888, in occasione della Inaugurazione della Linea Ferroviaria Roma-Sulmona, ed in cui fra quelli serviti compaiono solo i seguenti vini:

Vins :

Chianti e vino di Sulmona, Chablis, Bordeaux, Champagne, Café.

Liqueurs :

Cognac, Mandarino, Centerbe, Corfinio, Elisir Maiella”.

Come si vede, mancano a distanza di 12 anni dalla Relazione del Sebastiani precisazioni circa il “vino di Sulmona”, malgrado che nel suddetto Menù siano menzionati alcuni liquori locali, come centerbe (forse di Tocco a Casauria)[25] , l’Elisir Maiella, certamente prodotto in una località della Conca peligna, ed il notissimo Corfinio, citato dal D’Annunzio, ma nulla si chiarisce in merito al ‘vino di Sulmona’, il quale permane ancora avvolto da una insignificante genericità. 

Alla data del 1888 non si parla dunque né di Montepulciano e né di vin rosa o cerasuolo, nomi che risultano assenti non solo nel saggio Le antiche industrie della Provincia di Aquila, di R. Bonanni, pubblicato nello stesso anno 1888, ma soprattutto nell’opera di F. De Blasiis Istruzione teorico-pratica sul modo di fare il vino e conservarlo, Firenze, Barbera, I. Ed. (1857) e II Ed. 1860, dove nell’ultimo Cap., dal titolo “Coltivazione della vigna bassa in Abruzzo”, si fa cenno solo al moscato, aleatico, malvasia e uva fragola.     

Pertanto l’assenza del nome cerasuolo – almeno allo stato attuale delle nostre conoscenze – perdura anche nell’ultimo decennio dell’800 e malgrado le nostre ricerche non sono emerse notizie che possano dimostrare il contrario. Le indagini devono essere effettuate dunque a partire dai primi lustri del ‘900, quando appunto – come sostiene il Franchetti – l’incremento del mercato viticolo e lo sviluppo della commercializzazione vinicola in Italia assumeranno aspetti decisamente rilevanti[26].

Ci piace concludere questa nostra indagine storico-ampelografica ricordando che Sulmona non è solo la Patria di Ovidio, dei confetti e del montepulciano, ma – dulcis in fundo – anche del cerasuolo, il vino che attendeva una pagina di storia che finora non era stata ancora scritta.

Il cerasuolo dà lustro tuttavia non solo a Sulmona, ma anche a tutta la Conca, la quale come una grande culla ha tenuto in serbo questo prezioso gioiello da cui si attende la rinascita della viticoltura peligna. 

Franco Cercone.


[1] I. Silone, L’Abruzzo. la terra e la gente, in AA.VV. “L’Abruzzo”, Casa Editrice Electa, Milano 1963. 

[2] La bonifica si concluse nel 1878. Cfr. C. Felice- A. Pepe –L. Ponziani, Storia dell’Abruzzo, vol. IV, Bari 1999.

[3] È un Capitolo dell’opera Illustrated Excursions in Italiy, London 1846. La traduzione italiana è a cura di B. Di Benedetto Avallone, pubblicata a Sulmona nel 1974.

[4] Archivio di Stato Sulmona, Atti di Notar V. Giannitti, vol. IV.

[5] Cfr. G. Morelli (a c. di), “Gli Acquaviva d’Aragona duchi di Atri”, Atti del Convegno Teramo 1985.

[6] Delle uve labrusche, che potevano essere sia bianche che nere, parla già Pier de’ Crescenzi agli inizi del ‘300 nell’opera Liber ruralium commodorum. La labrusca, precisa al riguardo Pier de’ Crescenzi, è “vite selvatica” usata per i “tagli”.

[7] La “Ripa” era lo scalo marittimo di Roma sul Tevere. In seguito ometteremo, come si è detto, di ripetere il titolo completo dell’Operetta’ Della natura dei vini e dei viaggi e riporteremo solo il n° di pagina dell’opera citata.          

[8] Cfr. F. Cercone La Meravigliosa Storia del Montepulciano d’Abruzzo, Amalthea, Corfinio 2000; Id. La Lacrima di Tollo, e la viticoltura del Settecento nella Provincia di Chieti, Qualevita, Torre dei Nolfi 2004.

[9] Dobbiamo la traduzione dei brani in latino al Prof. Ilio Di Iorio, che in tale sede ringraziamo vivamente.

[10] F. Cercone, La meravigliosa storia del Montepulciano… ecc., op. cit.; Id. La lagrima di Tollo e la viticoltura del Settecento … ecc. op. cit.

[11] G. Del Re, Descrizione topografica, fisica, economica, politica de’ Reali Domini al di qua del Faro nel Regno delle Due Sicilie, Tomo II, p. 439, Napoli 1835.

[12] Cfr. Fabio V. Maiorano, Strademecum. Toponomastica storica e contemporanea della Città di Sulmona, p. 112,

    L’Aquila 2012.

[13] S. Relleva, Conferenze enologiche nel Comizio Agrario Aquilano, L’Aquila, B. Secchioni Tipografo, 1878.

[14] L. Laporta, Indagine sulle caratteristiche chimiche e chimico-fisiche del Montepulciano d’Abruzzo nelle due varietà rosso e rosato “, Bologna 1962.

[15] P. Gho, G. Ruffa, Il piacere del vino…, Arcigola Slow Food, Bra (Cn.), 1993.

[16] C. Ulisse de Salis von Marschlins, Nel Regno di Napoli. Viaggi attraverso diverse Province, p. 259 sgg.; trad. a cura         di I. Capriati, Trani 1906.

[17] G. Vom Rath, Attraverso l’Italia e la Grecia..ecc., op. cit., Heidelberg 1888 ; cfr. F. Cercone, Sulmona negli scritti dei Viaggiatori tedeschi ecc., op. cit. p. 57.

[18] G. Nardi, Saggi su l’agricoltura, arti, e commercio della Prov. di Teramo, 20 febbraio 1789, in A. Marino (a c. di) “La Montagna teramana. Risorse e ritardi”, vol. I, Colledara (Te).

[19] L. Fianchetti, Condizioni economiche ed amministrative delle Province napoletane, p. 12, Firenze1875.

[20] Vedasi al riguardo anche D. Venanzio Fucinese, Un anno, una vita. Storia del popolo raianese, vol. I, Sinapsi Ed., Sulmona 2003.

[21] Archivio di Stato, Sulmona, Atti del Notaio Francesco Aquili, di Popoli (Pe), vol. III, Busta 79.

[22] L’origine del nome rimanderebbe pertanto, almeno nella prima parte, a campus.

[23] S. Relleva, Conferenze enologiche nel Comizio Agrario Aquilano, B. Vecchioni Tipografo, Aquila 1878.

[24] Archivio di Stato, Sulmona, Atti di Notar Vincenzo Stecchini, 15 novembre 1819.

[25] Non va dimenticato quanto scrive in proposito il Bonanni, il quale parlando nel 1888 delle Industrie di Sulmona scrive: “Ora si è aggiunta pure la fabbrica della Centerbe, che non è punto inferiore a quella celebrata di Tocco”.

[26] L. Franchetti, Condizioni economiche ed amministrative delle Province napoletane, Firenze 1875.




ESTATE AL MAXXI L’AQUILA

Libri e cinema in corte. Gli appuntamenti della settimana. Oggi, giovedì 20 giugno, ore 19: LECTIO Paola Inverardi. L’etica ed i sistemi autonomi, La società digitale e la centralità dell’uomo. Venerdì 21 giugno, ore 21: CINEMA BILLY di Emilia Mazzacurati (2023)

L’Aquila, 20 giugno 2024. Doppio appuntamento questa settimana per Estate al MAXXI L’Aquila | Libri e cinema in corte il programma di public program del MAXXI L’Aquila con appuntamenti dedicati al cinema e alle presentazioni editoriali patrocinati dal Comune dell’Aquila e realizzati in collaborazione, rispettivamente, con L’Aquila Film Festival e con l’Università degli Studi dell’Aquila. Gli eventi, a ingresso libero fino a esaurimento posti, saranno ospitati nella corte a esedra di Palazzo Ardinghelli.

LECTIO Giovedì 20 giugno 2024 alle 19, Paola Inverardi rettrice del GSSI – Gran Sasso Science Institute dell’Aquila e informatica specializzata nell’ingegneria del software terrà una lectio dal titolo L’etica ed i sistemi autonomi. La società digitale e la centralità dell’uomo: una riflessione quanto mai attuale sulla relazione fra uomo e tecnologia alla luce della pervasività delle tecnologie digitali e della crescente diffusione di sistemi con diversi gradi di autonomia resi sempre più sofisticati da componenti di Intelligenza artificiale che mette in crisi la centralità dell’essere umano in un mondo i cui riferimenti non sembrano più poter essere solo umani. 

È utile allora mettere a fuoco alcuni elementi di forte attenzione e critica per la privacy, per la dignità umana intesa come il diritto al rispetto dell’essere umano, i pregiudizi nei sistemi di decisione e raccomandazione, il restringimento dello spazio delle scelte individuali.  Paola Inverardi cercherà di chiarire come questa stessa tecnologia, che mette a rischio la nostra umanità, possa rappresentare una soluzione  al problema e come si possa  convivere alla pari con questi sistemi nella società digitale. Introduce la lectio Marco Di Francesco, docente del Dipartimento di Ingegneria e Scienze dell’Informazione e Matematica dell’Università degli Studi dell’Aquila.

CINEMA Venerdì 21 giugno, alle ore 21, la corte di Palazzo Ardinghelli torna ad ospitare la settima arte con il primo appuntamento di Visioni Primarie, una selezione di film italiani d’esordio sui temi chiave della contemporaneità indagati con linguaggi e sensibilità innovativi, proposti da L’Aquila Film Festival che per la prima serata di programmazione ha scelto Billy, pellicola del 2023 di Emilia Mazzacurati con Alessandro Gassmann, Carla Signoris e Giuseppe Battiston. La regista –  classe ’95, prima fotografa di scena, poi sceneggiatrice e ora autrice completa – racconta la storia del diciannovenne Billy  ex bimbo prodigio che a soli nove anni ha creato un podcast musicale di successo e che cerca la propria strada alle prese con l’eccentrica madre, i suoi amici di età compresa fra gli otto e i dodici anni, la ragazza di cui è innamorato, e Zippo, un rocker scomparso da anni e idolo della sua infanzia che con la sua ricomparsa sembra dare una svolta all’esistenza del protagonista.

La pellicola offre un racconto, onirico e corale, della provincia italiana ricca di contraddizioni in cui si muovono figure ordinarie che diventano straordinarie perché poste in dinamiche diverse da quelle attese. Una pellicola che affresca uno dei tanti possibili volti del nostro paese: “Non un’Italia da cartolina, – come scrive la regista nelle sue note – ma pur sempre estremamente fotogenica. (…) Un paese che sembra essere sempre al limite, che rischia di non farcela, che è costantemente ad un passo dal precipizio, ma che in realtà non si arrenderà mai. Perché non è nella sua natura. E nemmeno in quella dei suoi abitanti”.




CHIETI CITTÀ AD IMPATTO POSITIVO

Parte dalla consegna del pulmino il progetto promosso con la PMG Italia, Società Benefit per la diffusione di una cultura inclusiva basata su comportamenti eco sostenibili. Amministrazione, Chieti Solidale e organizzatori: “Un’azione di supporto ai soggetti più vulnerabili e di straordinaria cittadinanza attiva” .

Comune di Chieti, 20 giugno 2024. Città ad Impatto positivo è un “contenitore” di progetti dedicati alla diffusione e affermazione di una Cultura ad Impatto Positivo appunto, che guarda al benessere comune, alla cura e inclusività delle persone più fragili e alla formazione e sensibilizzazione delle nuove generazioni alle tematiche sociali più urgenti. Tale contenitore si alimenta grazie a una solida rete tra istituzioni, Enti del terzo settore, imprenditori e cittadini, tutti uniti nella realizzazione di progetti ad alto impatto su società, territorio e ambiente. In particolare, sul territorio di Chieti grazie alla collaborazione tra il Comune di Chieti, Chieti Solidale, il Liceo Scientifico Filippo Masci e diversi gli Imprenditori del territorio, PMG Italia Società Benefit ha creato una solida rete di stakeholder per promuovere e sostenere progetti di inclusione sociale, formazione e riqualificazione ambientale. Stamane l’evento di consegna di un veicolo che sarà utilizzato per il trasporto di 35 soggetti con disabilità. Il mezzo è stato varato in presenza delle Istituzioni, degli stakeholder del progetto e degli ambasciatori sostenitori che hanno contribuito alla realizzazione del progetto. Nel corso dell’anno scolastico a venire si concretizzeranno anche eventi di formazione e di consegna del defibrillatore.

Sono stati effettuati i seguenti interventi:

–              Servizi di inclusione: il Comune di Chieti ha ricevuto un veicolo FIAT Doblò con pedana elettrica fruibile da persone con fragilità e ridotta mobilità. Il veicolo viene utilizzato per facilitare il mantenimento dei legami familiari e sociali preservando il tessuto relazionale che è fondamentale per il benessere di chi affronta questa complessa malattia.

–              Salute: un defibrillatore è stato donato al Liceo Scientifico Filippo Masci, per la cardio-protezione degli Studenti e di chi frequenta l’Istituto.

–              Formazione: I giovani studenti del Liceo Scientifico Filippo Masci parteciperanno nel prossimo anno scolastico a una sessione formativa e di sensibilizzazione sui temi della responsabilità sociale, dell’attenzione verso l’ambiente e le persone più fragili. Saranno loro i primi cittadini della Città ad Impatto Positivo, ed è quindi a loro che si chiede di contribuire alla sua crescita, mettendo il loro entusiasmo, la loro fantasia e le nozioni che imparano durante la sessione formativa, al servizio del territorio e del futuro di tutti.

“Siamo lieti di aver aderito a questo progetto e grati alle forze economiche della città che con grande spirito di servizio e disponibilità lo hanno sostenuto con i propri apporti – così il sindaco Diego Ferrara, con l’assessora alla Pubblica Istruzione Teresa Giammarino e la componente del Cda di Chieti Solidale Sandra De Thomasis in rappresentanza del presidente Pierluigi Balietti – . Il mezzo faciliterà la vita di 35 persone che convivono con grossi problemi di disabilità e solleverà le rispettive famiglie di un peso, anche economico, facendo sentire sia la presenza delle istituzioni, sia quella della comunità, perché l’adozione di questo progetto è stata effettuata da tantissimi imprenditori del territorio che hanno contribuito alla realizzazione e alle spese. Questo primo passo è subito operativo, come lo saranno presto anche le altre tappe previste, con la donazione di un defibrillatore e quella di alberi alla città, che vivremo nella piena condivisione, come è accaduto oggi. Grazie a tutti coloro che hanno reso possibile questa prima meta”. 

“Questi progetti sono per noi fonte di grande soddisfazione. Dalla nostra trasformazione in Società Benefit nel 2020 abbiamo arricchito la nostra progettualità ampliando le nostre aree di intervento, continuando a dedicarci al mondo delle fragilità, di cui ci siamo sempre occupati con i nostri progetti di mobilità, ma unendo una particolare attenzione all’ambiente e coinvolgendo in progetti di formazione e sensibilizzazione le nuove generazioni, che saranno di fatto i cittadini del futuro, oltre che forieri di grande energia positiva – dichiara Marco Mazzoni, Amministratore Delegato di PMG Italia – . Vedere gli stakeholder aderire ai nostri progetti con tanto entusiasmo e con tanto interesse, aver catalizzato l’interesse e il sostegno concreto di Fondazione Conad ETS con cui abbiamo una grande condivisione di valori, ci gratifica e ci conferma che abbiamo fatto la scelta giusta. Di fatto, la dimensione ‘Benefit’ era già nel nostro DNA prima ancora della trasformazione giuridica”.

PMG ITALIA SOCIETA’ BENEFIT vuole stimolare un cambiamento positivo nella società e nell’ambiente e migliorare la qualità della vita, difendendo le diversità e promuovendo inclusione e integrazione. Il Progetto Città ad Impatto Positivo nasce per supportare la nascita e la gestione di Progetti e servizi di utilità sociale, grazie alla costruzione di una solida rete tra Società, Enti e persone che decidono di lavorare insieme con un unico obiettivo comune: il miglioramento di vita di tutti i cittadini, in particolare di quelli più fragili. PMG Italia Società Benefit, promotrice del Progetto, ha nel 2020 effettuato il passaggio a Società Benefit per dare un segnale di trasparenza e responsabilità nei confronti dei propri stakeholder: enti locali, associazioni, sponsor, collaboratori e utenti finali.

SI RINGRAZIANO GLI AMBASCIATORI SOSTENITORI:

C.E.I.T. S.R.L., Santarelli Marco, Auto Service Petini, Dott.Ssa Chiara Peticola, Isomec S.R.L, New Gilda S.R.L, Trattoria Da Frank S.R.L., Carlo Pretaroli, Dott. Christian Ciulla, Perseo Srl, Dott. Carmine Rapani, Meccanica Leon Srl, Autoscuola Massimo Farinacci S.A.S., Toto Holding S.P.A., H2p S.R.L., Studio Odontoiatrico Rocci, Edil Seba Di Gianni Sebastiani, Cogema S.R.L., Gostmoto S.R.L., Rist. Cinese-Giapp. Hong Kong 2 Sas, Garden Gardenia S.R.L., Studio Legale Avv. Roberto Di Loreto King Of Coffee S.R.L.S., Gelatiamo Sas Di Enrico Sigismondi, Spaccanapoli Chieti S.R.L., S.El.Me.C. S.R.L.




ASSUNZIONI NEI COMUNI

Aperte candidature per collaboratori tecnici manutentivi falegnami, idraulici, muratori, elettricisti e giardinieri

Napoli, 20 giugno 2024. Aperte le selezioni per 37 Elenchi di idonei, e altrettanti profili professionali, da cui possono attingere gli oltre 4.400 Comuni Asmel. Dal 10 giugno fino al 25 giugno sono aperte le candidature per il terzo maxi-avviso di selezione, volto alla creazione di 37 elenchi di idonei per le assunzioni in 4.470 enti locali aderenti ad Asmel. L’avviso, pubblicato sul portale InPA, mira a reclutare personale qualificato per diverse figure dell’ex categoria B tra cui collaboratori tecnici manutentivi falegnami, idraulici, muratori, elettricisti e giardinieri.

Per questi profili, il cui salario medio annuo lordo ammonta a 19.127 €, secondo il CCNL di novembre 2022, sono richiesti specifici requisiti: assolvimento obbligo scolastico accompagnato dal possesso di uno specifico attestato professionale e/o da una esperienza lavorativa almeno triennale come lavoratore subordinato con qualifica tecnica corrispondente al profilo.

Elenco di idonei, procedura introdotta nel 2021 dal DL Reclutamento, permette agli Enti Locali di organizzare selezioni uniche in forma aggregata, accelerando i tempi di assunzione rispetto ai concorsi pubblici tradizionali. Nel 2023 sono state perfezionate 117.000 candidature provenienti da tutta Italia, con un elevato numero di giovani partecipanti. Finora, sono stati assunti 545 idonei, con ulteriori 370 procedure di assunzione attualmente in corso. Quasi il 60% degli assunti ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato e oltre il 36% ha meno di 35 anni.

Per partecipare al terzo maxi-avviso, è possibile candidarsi per uno o più profili tramite la piattaforma www.asmelab.it. Dopo aver superato la prova preselettiva, composta da 60 quesiti a risposta multipla, gli idonei rimarranno iscritti nell’elenco per 3 anni o fino all’assunzione a tempo indeterminato. Una successiva prova selettiva, gestita dall’Ente che ha indetto l’interpello, concluderà la procedura di assunzione in un massimo di 4-5 settimane.




ITALIAN AWARD

Presentato il concorso musicale che si terrà a Giulianova. Musicisti attesi da tutto il mondo per la 14° edizione

Giulianova, 20 giugno 2024. Sono oltre ottanta i concorrenti attesi a Giulianova per il Concorso Internazionale Musicale 14° “Italia Award” in programma dal 21 al 23 giugno prossimi. 

La manifestazione culturale è stata presentata in conferenza stampa dal direttore artistico M° Renzo Ruggieri, e Susy Paola Rizzo presidente dell’associazione culturale “Nota Fulgens”, organizzatrice insieme all’associazione Promozione Arte, con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Giulianova. Presente anche Paolo Giorgini che  ha seguito l’organizzazione della manifestazione per conto dell’Amministrazione Comunale che ha consesso il patrocinio.

 L’ Italia Award, concorso dedicato alla famiglia delle fisarmoniche e ad altri  strumenti e tutti i generi musicali,  dopo l’Academy on line di aprile, rivolta alle scuole ad indirizzo musicale del territorio,  è pronta per celebrare la sezione dal vivo che sarà ospitata nel Palazzo dei Congressi Kursaal.  

I concorrenti nazionali ed internazionali, si avvicenderanno davanti a giurati di diverse nazioni, fra gli altri ci saranno Cao Xiaoqing titolare della cattedra del conservatorio di Pechino, Herbert Scheibenreif esponente di punta della fisarmonica austriaca, Mindaugas Labanauskas direttore della art school Veiverai di Kaunas (Lituania), Nelson Conceicao noto fisarmonicista portoghese, oltre naturalmente a prestigiosi maestri italiani.     

Il Concorso vuole essere un’opportunità di crescita e maturazione attraverso l’incontro di esperienze provenienti da tutto il mondo. Ha come finalità la condivisione, attraverso la musica, delle conoscenze e competenze acquisite e la valorizzazione delle eccellenze attraverso la competizione e i concerti. 

Il pubblico potrà assistere alle fasi di competizione e ogni giornata si chiuderà con un concerto a ingresso libero.

Venerdì 21 giugno, ore 21.30,  in piazza Buozzi appuntamento con Roppoppò, noto cantastorie di brani popolari abruzzesi che propone lo spettacolo “lu Cantastorie”. Il 22 giugno alle 21:30, al Kursaal, concerto del gruppo lituano Vyturys Accordion Quartet e a seguire il Trio Nota Fulgens con Lucia Medori, Donato Reggi e Corrado Di Pietrangelo.

Chiusura il 23 giugno alle 21.30, sempre al Kursaal  con il concerto Jazz del M° RENZO RUGGIERI GROUP con i maestri Toni Fidanza, Edmondo Di Giovannantonio e Davide Ciarallo, in collaborazione con il Conservatorio Gaetano Braga di Teramo.

Il concorso si avvale della preziosa collaborazione di Armando Ianni, titolare della storica Ditta di Organetti Ianni Cav. Giuseppe e Figli, che sarà presente sul palco nella serata del 21 giugno con il gruppo CME Folk.




ACS INVESTE QUATTRO MILIONI

L’apertura di un secondo stabilimento a Tortoreto, previste nuove linee di produzione e 50 nuove assunzioni

Tortoreto, 20 giugno 2024. ACS (Advanced Composites Solutions) Srl, azienda specializzata nella realizzazione di componenti in fibra di carbonio per vari settori industriali, investirà 4 milioni di euro per l’apertura di un secondo stabilimento a Tortoreto, a circa 6 chilometri da quello in cui è l’attuale sede operativa.

Nei giorni scorsi la firma dell’accordo con Pedicone Holding Srl, che ha dato in locazione ad ACS uno storico immobile di circa 14mila metri quadrati, situato nei pressi dell’incrocio tra la statale adriatica e il fondovalle Salinello, che ospiterà le nuove linee di produzione seriale per automotive e aerospace dell’azienda.

Previste, nell’arco di dodici mesi, 50 nuove assunzioni di operatori specializzati nella lavorazione dei materiali compositi, in prevalenza laminatori e finitori che ACS sta già formando con corsi ad hoc.

L’accordo implica da parte di Pedicone Holding l’impegno ad adeguare lo stabilimento (in passato sede di alcune delle attività  industriali del gruppo fondato dall’imprenditore Giulio Pedicone) e ristrutturare e ampliare i suoi uffici, e, da parte di ACS, la messa a regime dei nuovi macchinari (con un aumento della capacità produttiva del 400% rispetto ad oggi) e la realizzazione di un impianto fotovoltaico per l’autoconsumo e gli obiettivi di sostenibilità che l’azienda si prefigge di cogliere.

L’avvio del nuovo plant, previsto tra la fine di quest’anno e i primi mesi del 2025, è legato alle nuove e importanti commesse che ACS ha ricevuto da parte di noti brand del settore automotive a livello internazionale – commesse che saranno in parte gestite con le tecnologie innovative di stampaggio con presse – e ai progetti in cantiere nei settori aeronautica e spaziale dopo il conseguimento della certificazione 9100.

L’attuale stabilimento sul fondovalle Salinello, che ha visto nascere nel 2015 l’attività produttiva di ACS (il prossimo anno l’azienda festeggerà il decennale), resterà per proseguire l’attività produttiva nei settori motorsport e racing, gestire i progetti one-off e le piccole serie, ospitare l’Academy (la scuola di formazione diventata parte integrante dell’azienda) e potenziare il dipartimento di ricerca e sviluppo partendo dai diversi progetti R&D già finanziati e in corso.

«Questa è una sfida importante – è il commento dell’ingegner Roberto Catenaro, fondatore e Ceo di ACS – che sta impegnando tutte le nostre energie in vista del passaggio verso la produzione seriale. Crediamo fortemente in questo progetto, sul quale hanno investito anche i nostri clienti, fiduciosi nelle nostre competenze e nella nostra capacità di offrire loro, allo stesso tempo, disponibilità, esperienza e versatilità tecnologica. Siamo anche orgogliosi di poter riavviare uno storico stabilimento, che speriamo possa dare continuità e speranze occupazionali a un tessuto produttivo da sempre molto dinamico».

«L’operazione – dichiara Massimo Rulli, direttore generale del Gruppo Pedicone Holding – s’inserisce in un progetto di riqualificazione e valorizzazione che ha già interessato altri immobili non strategici del gruppo. Questo è un progetto complesso e siamo contenti di averlo portato avanti con ACS, azienda innovativa che investe e porta occupazione».

Nelle foto: Stretta di mano dopo la firma del contratto tra il Ceo di ACS, Roberto Catenaro, e l’amministratore delegato di Pedicone Holding, Lorella Pedicone; il nuovo plant in un’immagine dall’alto ripresa da Google Earth; l’insegna di ACS all’ingresso del nuovo stabilimento