Dal realismo della Scuola di Londra alla realtà del ‘Transrealismo artistico italiano’ teorizzato da Antonio Gasbarrini
di Renato Mammucari
Il saggio analizza l’operato di diversi artisti realisti della detta “Scuola di Londra”. Il tutto trae origine dai due colossi britannici Francis Bacon e Lucian Freud. Francis Bacon con le sue figure trasformate, lacerate, graffiate e furiosamente sdegnate che paiono disgregarsi, costituiscono il fraseggio personale, tortuoso, intimo, dell’artista che vive infelicemente la sua realtà, infierendo sull’uomo contemporaneo rimandando così la propria esistenza a sé medesimo.
Lucian Freud, con i suoi ritratti audaci, documenta un’energia di possente emotività realistica esasperata. Un’interiore esplorazione corporea allo scopo di raccontare l’inconscio dei sottoposti raffigurati.
Il momento iniziale della “Scuola di Londra” è il dopoguerra, ma prende consistenza negli anni ’80 grazie a Ronald Brooks Kitaj, un pittore statunitense che si trapiantò a Londra e fece funzione costitutiva del panorama dell’arte di quel tempo. Kitaj ha foggiato quest’espressione per l’organizzazione della sua esposizione all’Hayward Gallery di Londra nel 1976, denominata “The Human Clay”. Egli si avvalse per rappresentare un insieme di artisti britannici, con cui aveva una certa attinenza artistica. Le personalità più rinomate appaiono certamente Francis Bacon, Lucian Freud, Frank Auerbach e Leon Kossoff.
Frank Auerbach è stato sempre fedele alla sua elaborazione pittorica in una qualità che potremo dire di tipo espressionista-materico-gestuale e dalla predilezione di temi consueti all’artista come ritratti e paesaggi urbani. Invitato nel 1986 a rappresentare la Gran Bretagna alla Biennale di Venezia, conquistando con Sigmar Polke il premio come migliori artisti.
Leon Kossoff è apparso all’interesse della critica e del pubblico a decorrere dagli anni Ottanta, in special modo dopo la rilevante esposizione nel Museum of Modern Art di Oxford nel 1981. É stato invitato a rappresentare la Gran Bretagna alla Biennale di Venezia del 1995.
Kitaj sentiva che questi artisti menzionati condividevano un forte impegno per la figura umana e l’espressione emotiva, differenziandosi così dalle tendenze astratte e concettuali dominanti di quel periodo.
Essi si trovano eguagliati dal descrivere una società in cambiamento, facendo vedere le incoerenze e i tormenti esistenziali con riferimento ai rapporti umani e sociali. La narrazione della condizione dell’uomo data dalla “Scuola di Londra” è fatta di cagionevolezza, sregolatezze e di coraggio, con situazioni ambientali e storiche che ci riconducono a conflitti, emigrazioni, in intime inquietudini e collettivi; ed ancora le sofferenze come la mancanza di lavoro, la collocazione lavorativa femminile e l’urgenza di modificare la propria vita. Insomma, la “Scuola di Londra” riferisce brandelli di esistenza vera che ostentano tutta la debolezza e la precarietà dell’individuo in una superficie intellettiva dove vengono mostrati lo stato sociale di una collettività in recessione. Sono opere in cui l’esistenza risulta mostrata in tutta la sua caducità tematica che non si esaurisce, ma seguita ad indignare.
Significativo a quest’ulteriore sviluppo è stata la mostra antologica di Lucian Freud del 1988 all’Hirshhorn Musuem di Washington trasferita poi all’Hayward Gallery di Londra. Altri due artisti contigui alla “Scuola di Londra”: Michael Andrews, l’artista più vicino a Bacon, rispetto agli altri, non tanto nella tecnica, ma nella preferenza dei contenuti delle sue apparenze che sono di tendenza onirica, interpretano con linguaggi sintetici, la propria capacità creativa. David Hockney (anche se, in quel periodo, soggiornava in America) con i suoi ritratti di amici e familiari, i suoi habitat con nature morte, paesaggi, piscine richiama un realismo della reminiscenza dalle cromie passionali ed eccitanti.
Per tutto questo ci è sembrato utile affrontare un certo parallelismo culturale che indaga il fenomeno del reale tra Londra, gli Stati Uniti e l’Italia, il primo con la “Scuola di Londra”, il secondo e il terzo sono connessi con la corrente del Transrealismo, atti a recuperare un passato ed una pittura per parlare di presenza nonché di futuro riconoscendo gli anni ’80 e ’90, le epoche più energiche e feconde di rinnovamento dell’arte internazionale.
Dunque, la storia ci dice che il Transrealismo è stato ufficializzato in letteratura nel 1983 negli Stati Uniti. Invece nell’arte, il Transrealismo si sviluppa dapprima in Italia e poi in parte in Europa, traghettando la letteratura e l’arte al Terzo Millennio, rilevando nuovi mondi realistici, permettendo di ricercare potenziali passaggi percettivi che hanno trasfigurato la visuale dell’operato estetico. Accomuna questi artisti la ricerca di un’umanità che vuole rinascere alla vita in un nuovo profondo umanesimo, così come per l’artista italiano Francesco Guadagnuolo a cura dello storico dell’arte Antonio Gasbarrini che dal 95’ con la mostra “L’idea di visionario” dalla 3D alla RV presso il “Castello Forte Spagnolo” – Museo Nazionale d’Abruzzo – L’Aquila, è diventato il teorico del movimento del Transrealismo italiano che notifica a Francesco Guadagnuolo il maggiore artista di riferimento. Guadagnuolo ha portato questo concetto nel contesto artistico italiano, integrando tecniche innovative e simbolismi letterari e scientifici per esplorare temi profondi e universali. Le sue opere riflettono una visione personale e immediata della vita, per trasmettere messaggi complessi. Guadagnuolo ha lavorato anche in Francia e in America, rappresentando il Transrealismo come movimento artistico che si è esteso oltre l’America Latina, arrivando in diverse città europee.
“…Ampiamente diffuso negli Stati Uniti soprattutto nell’ambito letterario della SF (Science Fiction, o Fantascienza che dir si voglia) dopo l’uscita de A Transrealism Manifesto redatto nel 1983 dal matematico-scrittore Rudy Rucker, in cui si precisa già nel suo incipit che “Il Transrealismo non è tanto un nuovo tipo di fantascienza, quanto di letteratura d’avanguardia”. I paradigmi di una nuova forma d’arte rivoluzionaria (“Transrealism is a revolutionary art-form”, ancora dal Manifesto), peraltro in perfetta sintonia con l’emergente poetica Cyberpunk, sono sostanzialmente individuati dall’estensore nel mescolare fantasticamente la vita reale dei personaggi nel mutato e diveniente scenario tecno-scientifico contemporaneo”. (Antonio Gasbarrini).
Il Transrealismo cerca di descrivere la realtà in forma più veritiera e tempestiva, impiegando componenti immaginativi per sondare percezioni e situazioni individuali. È un avvicendamento che cerca di schivare gli schemi del genere narrativo tradizionale, destinando un processo rappresentativo di concetti immaginativi più articolati e intrinseci all’esistenza.
Scrive per l’appunto Antonio Gasbarrini: “Di ben altra valenza ontologica, epistemologica ed estetica è il Transrealimo che attraversa (trans, appunto) la ricerca pittorica e scultorea di Francesco Guadagnuolo fattasi vieppiù visionaria e interdisciplinare a mano a mano che nello spazio culturale di “Castelli Arte”, a Ciampino – da lui stesso diretto dalla metà degli anni Ottanta a quelli Novanta – scienza e arte, musica, cinema, scrittura, poesia, astronomia, informatica, troveranno esaltanti momenti di confronti dialettici nelle tante iniziative culturali qui avvenute alla presenza di eminenti protagonisti delle varie discipline. Un Transrealismo, quello di Francesco Guadagnuolo, debitore sì della cultura visiva più avanzata italiana ed europea, ma nel contempo originale quanto efficace nel rinnovamento neoavanguardistico dell’impaginato pittorico o delle volumetrie scultoree. Pur continuando ad attestarsi sul versante analogico (pennelli, tela, cavalletto, colori, materia…), l’artista siciliano-romano riesce ad imbrigliare in ogni sua opera, con una visionarietà fuori del comune, la realtà sociale, politica, tecnologica, scientifica da cui siamo attorniati e assediati soprattutto nella dilagante dimensione immateriale del web. Realtà formalmente trascesa, eppure fortemente ancorata a rilanciabili valori di matrice umanistica, etica e religiosa nella sua più larga ed ecumenica accezione sacra”.
Il Transrealismo italiano cerca di andare oltre la percezione della realtà, integrando elementi della realtà quotidiana con procedure artistiche innovative e simbolismi nell’ambito di un’esigenza espressiva derivati dalla ricerca tecnologica e scientifica. L’arte transrealista di Guadagnuolo esplora la realtà attraverso segni, luce e suono, creando opere che riflettono le avversità del vivere e l’immaginario dell’artista. Alla fine degli anni ’90 Guadagnuolo viene invitato al Senato per l’Intergruppo Parlamentare per il Giubileo, con le sue opere pubbliche, nei Palazzi Istituzionali, nell’avere avvalorato, non solo competenza nell’arte ma comunicazione sociale e impegno politico nel cooperare, con la sua attività, alla promozione di diritti umani e ai valori civili. L’obiettivo è di mantenere alto l’avvenimento del Grande Giubileo con progetti impegnati ad argomenti che riguardano l’evoluzione del genere umano e delle diversità sociali.
Per il Transrealismo italiano viene proiettato ad obiettivi “oltre” la realtà per esprimere un nuovo pensiero per l’arte e per la storia socioculturale della società contemporanea. Con il Transrealismo italiano l’arte si colloca al centro in maniera risolutiva della vita, della nostra condizione, del mondo tecnologico e della società perché spazio e digitale appariranno sempre più immessi in un umanesimo integrato che ormai ci appartiene e non possiamo farne a meno, senza mai perdere la nostra identità, ma solo per orientarci a identificare e sviluppare al meglio la cultura.
L’arte Transreale trasfigura il mondo reale per cercare valori che porteranno a “Pensare al futuro” una piattaforma formale e costruttiva, per una nuova mansione dell’arte, nella confortante certezza, che non è possibile vivere, se l’uomo non si pone nella pienezza delle realtà che ci circonda e saperle individuare, compendiando ragione e motivazione.
Grazie alla tecnologia, la rappresentazione mentale propria di realtà subisce mutazioni e all’occasione va riconsiderato sia dal punto di vista estetico che applicativo, di fronte una visione della realtà fin troppo pesante, (com’è pesante anche viverla), per cui viene scelto un modo d’esprimersi distinguente, con un linguaggio pur sempre ad alto valore ma leggero, velocizzato e programmato nell’espressione moderna, per essere meglio compresa e nello stesso tempo filosoficamente vitale.
Renato Mammucari