di Giancarlo Infante
Lo abbiamo già registrato due giorni fa (CLICCA QUI): ai continuatori del Partito Popolare, nato sulle ceneri della Democrazia cristiana, quelli che hanno come riferimento Pierluigi Castagnetti, è stata attribuita l’intenzione di partecipare a quel complessivo “risveglio” che da qualche tempo sta agitando il mondo cattolico. E questo perché, dopo il fallimento del Pd, l’uscita dallo stato comatoso dei cattolici in politica è presa in considerazione anche da quella parte che, per intenderci, per decenni ha pensato opportuno partecipare al “fenomeno” Prodi e, poi, alla costituzione del Partito democratico.
C’è un lungo processo in atto, che dura da tempo, in cui sono coinvolti personaggi e gruppi associativi i cui margini di partecipazione, convivenza o collegamento con il partito oggi guidato da Enrico Letta sono stati progressivamente ristretti nella fase di un declino diventato inarrestabile con l’accentuazione della cosiddetta “radicalizzazione” del Pd, di cui abbiamo a lungo parlato anche su queste colonne. E non sembra che il fenomeno di fuoriuscita sia arrestabile, anche per la decisione di Letta e Franceschini di sostenere la candidatura di Elly Schlein la quale, tra i democratici, rappresenta proprio il punto più lontano dalla visione popolare.
Noi abbiamo raccolto con molto piacere la possibilità che ci sia un “risveglio”. Anche se sappiamo che il recupero dev’essere consolidato e, possibilmente, è opportuno vederlo diventare definitivo. Dopo l’incontro romano organizzato da Pierluigi Castagnetti, sappiamo ancora di più che molto dev’essere ancora verificato. E non solo perché, dicono a sorpresa, si è presentato Enrico Letta, il quale non ha molto chiarito né sul futuro del Pd né, tanto meno, sulle prospettive che il suo partito può offrire a chi, come lui, viene con un bagaglio di una storia diversa rispetto a quella di Bonaccini, Bettini e la Schlein. Del resto, come può rispondere Letta all’aut aut ricevuto da Castagnetti: ” se il Pd cambia natura noi ce ne andiamo!”. Entrambi sanno benissimo che lo snaturamento è cosa vecchia e consolidata.
Soprattutto, il “risveglio” dev’essere riempito di contenuti. Solo così può diventare il “rinascimento” di un pensiero in grado di divenire concreta ipotesi politica e di gestione della cosa pubblica da presentare al Paese. Nel contesto attuale, ad esempio, ci saremmo aspettati di sentir parlare delle trasformazioni della società, anche per ciò che riguarda gli aspetti antropologici e le relazioni private e pubbliche. Avremmo voluto sentire un’idea sulla sanità completamente da riformare. Ma anche il Pd, e i popolari che vi restano dentro, o nei paraggi, non hanno il coraggio di andare al fondo del problema che è quello del ruolo delle regioni e dell’insieme di quei poteri che stanno progressivamente portando ad una “privatizzazione” del Sistema sanitario nazionale e alla progressiva cancellazione della sanità territoriale. E’ grave che neppure il centrosinistra faccia tesoro di oltre due anni di pandemia.
Qualcuno vorrebbe aggiungere la parola “lavoro” a quello di Pd. Benissimo. Ma prima, forse, sarebbe necessario interrogarsi sulla quota di responsabilità che anche i governi guidati dal centrosinistra, o di cui il centrosinistra è stato significativamente partecipe, hanno finito per assumersi per ciò che riguarda la disoccupazione, la precarietà e la perdita di potere contrattuale e della dignità dei lavoratori. Stendiamo,poi, un velo pietoso sulla distruzione del sistema educativo e scolastico operata anche dal centrosinistra e dai popolari che ne hanno fatto e ne stanno ancora facendo parte.
In ogni caso, credo che due possano essere i punti qualificanti per cominciare ad avviare la tanto auspicata rigenerazione, diretta ovviamente al bene del Paese e non certamente ad una ridistribuzione del potere o che non resti di esclusiva natura elettorale.
Nel Manifesto Zamagni si è parlato della “trasformazione”(CLICCA QUI). Sulla base del convincimento che il rivoluzionamento del mondo non consente più il riferimento ai paradigmi del passato, perché richiede una vera e propria mutazione del “pensare politicamente” e dei conseguenti metodi da seguire. Questo significa parlare di una visione progettuale e a quella fare riferimento nel momento in cui si pone il problema della possibile, eventuale collaborazione con altre forze politiche. Dobbiamo abbandonare il vecchio schema della logica dello schieramento, figlia diretta della mentalità bipolare che ha oramai dimostrato di essere giunta al capolinea, anche se viene artificialmente tenuta in vita dai gruppi dirigenti, di tutti i partiti, preoccupati più di conservare le loro rendite di posizione invece che del bene del Paese. Abbiamo detto, e Zamagni lo ripete spesso, che non è più la stagione del generico riformismo di maniera. E il popolarismo può in questo portare la vitalità di un pensiero emanazione diretta di quella cosa antica e nuova al tempo stesso rappresentata dalla Dottrina Sociale della Chiesa che parla di solidarietà, di sussidiarietà, di rispetto della dignità umana, che è economica e politica, ma anche antropologica e tocca tutti i complessi ed articolati aspetti che riguardano la Persona, le sue relazioni con gli altri, la Famiglia e il naturale sentimento di formare entità intermedie di presenza e di rappresentanza pubblica.
Tutto ciò deve diventare progetto politico, risposta concreta alle attese. Quelle che si sono moltiplicate e arricchite di sfumature a mano a mano che la società è andata articolandosi in una maniera sempre più tumultuosa. Cosa di cui non dobbiamo avere paura perché il primo compito della politica è, comunque, quello di assicurare la coesione sociale e tenere salda quella cornice democratica e di rispetto dei diritti generali necessari a garantire il vivere comune.
La risposta, checché ne pensi la destra, o per altri versi una certa cultura di sinistra, non può essere verticistica e non può che essere trovata nelle libere dinamiche dei singoli territori che partecipano alla comunità più larga a livello nazionale. Solo partendo da là, tra l’altro, possono essere superati i tanti vizi che hanno definito quel poco che è stato collegato finora alla presenza politica dei cattolici.
Noi a questo stiamo lavorando e siamo pronti ad allargare questo impegno a tutti i disponibili ad un percorso nuovo il cui primo obiettivo dev’essere quello di rompere la cappa imposta al Paese da un sistema politico che non sa, e non vuole, modificare il proprio modo di ragionare e di operare.
In questa direzione va ciò che stiamo stiamo realizzando in alcune realtà regionali dove vogliamo stringere relazioni con quelle presenze che hanno fatto valere un autentico senso della partecipazione civica e sempre più scoprono il valore di una presenza “diversa” rispetto a quella offerta dai partiti tradizionali costretti ad arrancare stancamente e solamente approfittando di sistemi elettorali anche iniqui e al limite della valenza costituzionale.
Gli amici di INSIEME Lombardia hanno avviato un’interlocuzione con Letizia Moratti intenzionata a caratterizzare una presenza “civica”. Certo specifica per la Regione di cui si parla, ma che potrebbe finire per avere una valenza di carattere nazionale. Da Letizia Moratti, infatti, abbiamo sentito parlare di ispirazione alla Dottrina sociale della Chiesa e dell’intenzione di lavorare, a partire dalla Regione Lombardia, per sostenere lo sviluppo del Terzo settore. Cosa che per noi significa esplorare ciò che l’Economia civile può significare in un processo di crescita in grado di andare oltre la solita e stantia dicotomia tra statalismo e mercato.
E allora, dando per scontato che i partecipi del “risveglio” intendano davvero avviare un cammino nuovo, riconoscendo definitivamente quanto inagibile sia diventato l’accampamento allestito dal Pd, dando per scontato la riproposizione del giudizio di Sturzo sul clerico conservatorismo, ci sono tanti punti su cui varrebbe la pena provare, se non altro, a vedere se esista la possibilità che ciascuno porti la propria fascina ad un falò in grado di illuminare la politica negli anni a venire. Soprattutto, se tante di queste fascine venissero dai territori e concorressero a superare la tendenza a concepire la Politica come una serie di episodi da sviluppare solamente nei salotti televisivi o sui social.
Il “risveglio” ha un senso se si svolge sull’onda rigenerativa di una cultura politica diretta soprattutto a sollecitare la partecipazione di quelle forze vere della società che fino ad ora sono state sopite ed escluse dalle dinamiche politiche e della gestione della cosa pubblica.
Giancarlo Infante