ASSEDIO EOLICO

Una pala per ogni chilometro quadrato

San Buono, 2 Luglio 2024.  L’Alto Vastese, individuato a livello nazionale dall’istituto CESI come area particolarmente ventosa, continua ad essere aggredito da richieste di installazione di nuove pale eoliche. A Fresagrandinaria potrebbero diventare una per ogni chilometro quadrato.

La maggioranza dei sindaci del territorio e numerose associazioni di cittadini si sono ritrovati nel teatro di San Buono per dichiarare la loro contrarietà a nuove installazioni.

Senza che qualcuno negasse la crisi climatica e la necessità della transizione energetica verso fonti alternative, sono stati avanzati dubbi e contestazioni. Innanzitutto, si è fatto osservare che i cosiddetti “parchi eolici” sono in realtà “industrie del vento”. Una pala costa un milione di euro e ne rende un milione per ogni anno di funzionamento, stimato in venti anni.

Fa nascere dubbi sapere che i presentatori dei progetti sono spesso oscure società con capitali sociali ridicoli.

Né si può ignorare la presenza della malavita organizzata in attività così remuneranti: quanto avvenuto in Sicilia dovrebbe pur insegnare qualcosa.

E perché mai eolico e fotovoltaico, pur così remuneranti, sono installati nella quasi maggioranza nel Sud dell’Italia?

Chi pagherà l’abbattimento delle pale ed il loro smaltimento a fine vita?

Alcuni progetti sono presentati da consulenti della Regione Abruzzo, in evidente conflitto di interesse. I sempre più numerosi cittadini del Nord Europa e del Nord Italia trasferitesi nell’Alto Vastese perché innamorati delle bellezze naturalistiche del territorio vedono snaturata la loro ricerca di pace e bellezza. Si compromette la possibilità di costituire un “parco dei gessi” che, come già avvenuto in Emilia-Romagna, potrebbe essere riconosciuto patrimonio mondiale Unesco.

Sindaci ed associazioni chiedono che il peso dell’eolico sia ripartito con giustizia fra tutte le province ed i territori d’Abruzzo. Infatti, oggi circa il 70% di tutta la produzione eolica abruzzese trova origine nell’Alto Vastese, senza che altre parti del Chietino e le altre province della regione siano coinvolte.

Senza dimenticare che i ristori riconosciuti ai territori sono una elemosina, poche migliaia di euro, a fronte dei guadagni milionari di chi costruisce le pale.

A seguito di un decreto del Governo nazionale, la Regione ha tre mesi di tempo per individuare le aree nelle quali insediare le nuove pale.

Sinistra Italiana sostiene convintamente le rivendicazioni degli amministratori, delle associazioni e delle popolazioni. Ci sia giustizia nella ripartizione, controllo severo sulle richieste, previsione di adeguati ristori per le comunità.

Michele Marino (Segretario provinciale Sinistra Italiana)

Foto: il Centro




INTELLIGENZA ARTIFICIALE E “PESO” IN EUROPA

Tortoreto, 2 luglio 2024. Non è stato altro che un dejà vu, quello della notte tra giovedì e venerdì scorsi, quando, tra i tre gruppi – popolari, socialdemocratici e liberali – che al Parlamento di Strasburgo formavano la maggioranza uscente, è stato trovato un accordo su tre delle principali nomine europee. E in cui la copertura di tutti gli altri “top job” è rimasta in una condizione di incertezza e di stallo. Si tratta infatti di un colpo del tutto analogo a quello messo a segno nel 2019, quando un gruppo di alti funzionari comunitari e di membri dello staff dei Capi di Stato e di governo congegnarono un compromesso di corridoio sul nome di Ursula von der Leyen

Un compromesso con il quale, però, quella che sarà da allora in poi detta “la maggioranza Ursula” mandava in soffitta il meccanismo da tutti accettato, e che pareva ormai consolidato, dello “spitzekandidat”, secondo il quale il Presidente della Commissione dev’essere scelto fra i “candidati di punta” espressi dai partiti europei prima delle elezioni.  Il che spiega perché quel compromesso di corridoio suscitò un’ondata di comprensibile irritazione nel Parlamento Europeo, l’unico organo della UE democraticamente eletto, i cui membri giustamente rivendicano la loro indipendenza dai governi e il diritto che ad essi compete di scegliere il Presidente della Commissione.

Giunta a questo punto, la questione relativa alla scelta – sulla base dei risultati delle recenti elezioni europee – dei Commissari cui affidare i “top job” comunitari è stata improvvisamente relegata al secondo piano dell’attualità internazionale. E ciò a causa del clamoroso “flop” televisivo del presidente americano Joe Biden. E siccome questo ha aperto un vero vaso di Pandora, appare ormai possibile – anzi probabile – che vi rimanga per un bel po’ di tempo.

Ciò non può però valere in una prospettiva prevalentemente italiana. Per il nostro paese, e per il suo governo, la questione rimane di bruciante attualità. Troppo brutale è stato infatti lo shock di dover constatare che l’Italia era stata eccessivamente ottimista sul proprio “peso” diplomatico a Bruxelles. E quindi sulla possibilità di giocare una partita prevalentemente politica contro la auto-centrica struttura di potere burocratico che si fregia del nome di Europa.

Troppo brutaleè stata la presa d’atto del fatto che i nostri “partner” sembrano sentirsi liberi da qualsiasi impegno nei confronti del nostro Paese, perché la reazione italiana non fosse immediata. E perché fosse altro se non il voto contrario – appena attenuato dall’astensione per la sola Von der Leyen – alle nomine già decise.

L’amarezza per questa situazione che era già trapelata dai due discorsi pronunciati da Giorgia Meloni giovedì 27 giugno alla Camera e al Senato – rischia perciò di essere solo la prima e più immediata, conseguenza dell’accodo extra istituzionale che ha preceduto il Consiglio europeo. E’ anzi la testimonianza di una delusione che non può essere lasciata solo ad alimentare le polemiche con l’opposizione interna. Il tema delle competenze che verranno affidato al Commissario italiano rimane infatti di grande importanza, e impone inevitabilmente qualche commento di merito, sine ira et studio.

Un settore “di peso”…. e di avvenire

Per l’Italia, a questo punto, è diventata una questione internazionale di grande rilievo (e una questione quasi dirimente nel più specifico quadro europeo) ottenere per il suo Commissario l’affidamento di un settore che non solo sia attualmente “di peso”, ma che sia destinato a rimanerlo – e possibilmente – a diventarlo sempre di più.

Che i vari settori acquistino o perdano “peso” è infatti perfettamente possibile, come conseguenza dell’evoluzione del contesto internazionale. Soprattutto in fasi storiche come quella attuale di mutazione degli equilibri politico-militari, di competizioni tecnologico-industriali turbolente e conflittuali come quelle che si sono aperte di recente, con la fine della globalizzazione. E che si aggravano si giorno in giorno, soprattutto in Medio Oriente, ma anche in Europa orientale, e in una certa misura, ai confini della Cina.

Di ciò va preso atto in ogni trattativa con la UE. Come in ogni organizzazione dal ruolo eminentemente politico, qual è – almeno dovrebbe essere – l’Unione Europea,  il “peso” dei differenti settori, e quindi dei Commissari che ne sono responsabili, non è infatti immutabile, come immaginano coloro che vivono e prosperano in strutture meramente burocratiche. Al contrario, esso muta in maniera anche sensibile in risposta al mutare degli equilibri politici mondiali, e all’emergere continuo di situazioni nuove.

Un esempio attualissimo potrebbe essere quello della altisonante posizione di Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di sicurezza, una tre prese in considerazione nell’accordo di corridoio di cui abbiamo detto. E che è stato attribuito alla Commissaria Estone Kaja Kallas.

Portatrice di una posizione oltranzista ed estrema contro Russi, Palestinesi, Cinesi, eccetera, la Kallas rischia infatti che il suo “peso”, sia drasticamente ridotto, come conseguenza del dibattito che ha avuto luogo la notte stessa della sua nomina. E in cui la disfatta televisiva di Joe Biden potrebbe aver aperto la strada della Casa Bianca a Donald Trump, molto meno “falco” del senile presidente uscente. O meglio, delle forze interne ed internazionali che della sua senescenza hanno a lungo approfittato per imporre la loro linea al governo degli Stati Uniti.

L’Italia potrebbe dunque, in tutta legittimità, pretendere che al suo Commissario venga affidato un settore investito da sfide, questioni e temi la cui importanza sarà crescente nel prossimo quinquennio.  Sfide, come quella della ricerca Scientifica e Tecnologica, in particolare nel campo dell’AGI, Artificial General Intelligence in cui nei prossimi anni – a partire dal futuro più immediato, ma guardando apertamente anche alle mutazioni di lungo periodo – sarà obbligatorio prendere alcune iniziative senza precedenti. E a tal fine sviluppare una più forte collaborazione non solo tra Governo, aziende ed ambienti scientifici, ma anche con i vertici dell’Unione Europea, con gli altri Stati membri, e con le due potenze che ormai si contendono – finora con mezzi prevalentemente pacifici – una quota della leadership mondiale, tanto in campo politico-culturale, quanto in quello economico- tecnologico.

I grovigli di Bruxelles

I temi della scienza e della tecnologia sono formalmente presenti, nel quadro della pesantissima struttura burocratica della UE –  ben trenta Direzioni Generali! – da circa quarant’anni. Anzi, a tali temi Bruxelles già riconosce una rilevanza ed una specificità abbastanza forti da meritare l’attenzione di più di un Commissario ad hoc.  Cosicché le competenze che il sistema comunitario identifica col nome di “Politica dell’Innovazione e della Ricerca scientifica e tecnologica” e le strategie ad esso relative risultano oggi piuttosto malamente spezzettate e distribuite.

Nel quinquennio appena terminato, inoltre, l’attribuzione delle responsabilità di ciascuno dei Commissari non risultavano, tuttavia, essere coerenti con la distribuzione delle competenze delle varie Direzioni Generali. Per motivi che si possono solo immaginare, il sistema Von der Leyen non fa coincidere le specializzazioni e le competenze tecniche delle Direzioni Generali con gli incarichi attribuiti ai componenti dell’organo esecutivo della UE. Cosicché il ruolo, ampio ed anche piuttosto confuso, di Commissario non solo per l’Innovazione e la Ricerca, ma anche per la la Cultura, l’Educazione e la Gioventù” era affidato, nella Commissione uscente, alla rappresentante di un paese dal “peso” molto ridotto, la Bulgaria: una situazione chiaramente squilibrata.

Tanto che la Commissaria bulgara, per occuparsi di A.I. era costretta a sistematicamente coordinarsi con la Vicepresidente della Commissione, la danese Vestager, che dalla von der Leyen aveva nel 2019 ricevuto assieme al titolo di “Commissario della Concorrenza” anche l’incarico di far nascere “une Europe adaptée à l’heure du numerique”, con riferimento soprattutto agli aspetti etici. Incarico che si era tradotto nella critica dei significativi privilegi fiscali di cui uno dei soggetti più attivi della ricerca e dell’innovazione dei nostri giorni, la Apple, gode in quel paradiso degli evasori che è l’Irlanda. Critica cui è stato peraltro posto rapidamente termine per timore di rappresaglie americane.

Più preciso, e molto più sostanzioso. poi il pacchetto di competenze dirottate, nel quinquennio 2019–2024, al Commissario al Mercato Interno, il francese Thierry Breton: preposto ad una “Strategia Globale per la transizione digitale” e per “rafforzare la sovranità tecnologica dell’Europe “con appositi investimenti nei settori dell’Intelligenza Artificiale e dei dati”; nonché a dirigere le gli studi volti all’adozione di una nuova d’une nouvelle legislazione sui servizi informatici e di un Piano d’Azione in materia di educazione informatica

Il Commissario del futuro

Alla luce di tutto ciò, quello che forse bisognerebbe cercare di ottenere per il Commissario italiano è una delega specifica, unita ad una Vice-Presidenza, alla Ricerca e all’Innovazione nel campo dell’AGI, l’ Artificial General Intelligence. Perché la necessità di spendere nella ricerca nel campo dell’Intelligenza Artificiale cresce enormemente. Non solo, come finora avvenuto, nel campo della GAI, la Generative Artificial Intelligence, che si presta alla proliferazione di piccole applicazioni. Ma in quello della cosiddetta “’AGI”, la Artificial General Intelligence, dove – all’interno di Silicon Valley – si delineano aspre rivalità tra gruppi di potere e persino tra soggetti politici diversi.

Il che lascia facilmente presagire che anche il “peso” di chi ne avrà la responsabilità in sede UE sia destinato ad accrescersi. Soprattutto perché si tratta, nel campo della Ricerca e dell’attività scientifica, del tema di ricerca oggi tanto più promettente quanto più preoccupante. Dalla cui presa in considerazione nessuno – autorità pubblica o uomo del sapere – potrà quindi sottrarsi.

L’Italia ha avuto il Commissario alla ricerca l’ultima volta trent’anni fa. Ottenere oggi un incarico analogo, ma con deleghe che tengano conto di una realtà europea profondamente mutata potrebbe essere l’occasione per l’Italia di conquistare un ruolo molto importante, le cui iniziative risponderanno a innovazioni che potrebbero essere molto più di sostanza e  quindi assai difficili da ignorare. Un ruolo, dunque, progressivamente non solo sempre più visibile, ma sempre più determinante. Molto di più di quanto non sia stata, e non possa ancora essere, la comparsa di ChatGPT .

L’Italia vorrà probabilmente continuare a contestare il metodo dei negoziati tra paesi membri e/o gruppi politici, e a cercare di riportare gli accordi così raggiunti nei corridoi del potere verso il quadro dell’interesse generale, e del legittimo interesse nazionale. Così come avrebbe interesse a combattere tutte quelle storture ed arbitrarietà decisionali che hanno già in passato consentito alcune voci ostili all’unità europea di ironizzare sulla UE . La quale –fanno notare- se chiedesse oggi di aderire alla vecchia CEE, si scontrerebbe ad un diniego di. ammissione motivato da un deficit di democrazia nel suo sistema decisionale.

Concentrarsi sull’inevitabile e ormai prossimo interessamento da parte della UE ai temi della Artificial General Intelligence potrebbe peraltro essere un modo per confermare che l’aver il Governo Italiano fatto della AI un tema prioritario del G7 non era solo una trovata pubblicitaria. Si potrà presentarlo invece come un segno di consapevolezza del fatto che l’Europa è quasi esclusa dalla lotta oggi in pieno svolgimento tra USA e Cina  per il suo controllo, e per le conseguenze che l’Intelligenza Artificiale avrà sul contratto sociale dei paesi dove i suoi effetti si faranno maggiormente sentire.

L’impegno del Commissario italiano in questo specifico campo della Scienza e dell’Innovazione, quindi essere una “finestra” offerta ad almeno alcune istituzioni del nostro paese per portare un proprio originale contributo in un settore che, oltre a grandi capacità di ricerca, domanda assai notevoli dosi di creatività. E tra queste istituzioni troverebbe probabilmente la propria naturale collocazione l’investimento più atteso del piano industriale 2024-28, quel Cdp Venture Capital sgr citato, a questo proposito, dalla stessa Meloni, e che dovrebbe orientare gran parte della ricerca italiana in materia di Intelligenza Artificiale.

La richiesta di collaborazione che Meloni ha rivolto anche all’opposizione perché all’Italia venga riconosciuto un ruolo appropriato nella Commissione, deve insomma ritenersi vada oltre l’aula di Montecitorio, e finisca per investire, oltre a quello finanziario e industriale, soprattutto il mondo accademico e scientifico. Il quale può contribuire soprattutto con una funzione di proposta. Ma che, se dovesse effettivamente esprimere una forte richiesta perché l’Italia rivendichi il Commissario UE incaricato della Ricerca scientifica e tecnologica e della promozione della Artificial General Intelligence finirebbe – ed in maniera assai visibile – per suggerire un’azione destinata, in sede comunitaria, a favorire in tempi brevi una forte crescita anche del “peso” politico del nostro paese.

Giuseppe Sacco

Intelligenza Artificiale e “peso” in Europa – Giuseppe Sacco – Politica Insieme




LIFE CYCLE THINKING a supporto di modelli di produzione e di consumo sostenibili

XVIII Convegno dell’Associazione Rete Italiana LCA sul tema. Ex-Aurum e Aula 31 del Campus di Pescara – 3, 4 e 5 luglio 2024

Chieti, 2 luglio 2024. Si terrà presso l’ex-Aurum e poi nell’Aula 31 del Campus di Pescara dell’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio”, dal 3 al 5 luglio prossimi, il XVIII Convegno dell’Associazione Rete Italiana LCA (Life Cycle Assessment), che quest’anno verterà sul tema “Life Cycle Thinking a supporto di modelli di produzione e di consumo sostenibili”. Il Comitato organizzatore è presieduto dal professor Andrea Raggi, docente di Scienze merceologiche (Ecologia industriale) presso il Dipartimento di Economia della “d’Annunzio”, ed ha avuto il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, del MUR e del Comune di Pescara nonché l’alto patrocinio della Regione Abruzzo. I lavori verranno aperti, mercoledì 3 luglio, alle ore 14,15, dai saluti istituzionali del Rettore della “d’Annunzio”, Liborio Stuppia, dei professori Marialuisa Gambini e Alessandro Serra, del dott. Sergio Saporetti del Ministero dell’Ambiente, del Presidente dell’ANVUR Antonio Uricchio, di Alessandro Ruggeri, Presidente dell’Accademia Italiana di Scienze Merceologiche, dell’Assessore regionale Tiziana Magnacca e del Presidente dell’Associazione Rete Italiana LCA, Monica Lavagna. Le varie sessioni prevedono approfondimenti su: “Recenti sviluppi e potenziali avanzamenti del Life Cycle Thinking a supporto delle decisioni”, Circolarità e rifiuti”, “Agroalimentare”, “Banche dati LCA”, “Social LCA”, “Edilizia”, “Energia”, Chimica e materiali”, che saranno affidati a docenti, ricercatori ed esperti provenienti da tutta Italia. Nel corso dei lavori ci sarà anche l’Assemblea dell’Associazione Rete Italiana LCA e, nella stessa giornata del 4 luglio, la cerimonia di consegna del “Premio giovani ricercatori” istituita dalla Associazione Rete Italiana LCA.

“Il Campus di Pescara dell’Università Gabriele d’Annunziospiega il professor Andrea Raggi, Presidente del Comitato Organizzatore del Convegno – che ha già ospitato con successo nel 2008 il workshop nazionale della neocostituita Rete Italiana LCA (Life Cycle Assessment), ha l’onore di accogliere quest’anno accademici, ricercatori e professionisti provenienti da varie parti del nostro Paese per partecipare ai lavori del XVIII Convegno dell’Associazione Rete Italiana LCA. La scelta della nostra sede è un importante riconoscimento del costante impegno di un gruppo di docenti e di ricercatori del Dipartimento di Economia della d’Annunzio che, da decenni, approfondiscono nella propria attività didattica e di ricerca i temi legati agli approcci e ai metodi di gestione e di valutazione della sostenibilità. Il tema della sostenibilità dei sistemi di produzione e consumo, declinata nelle sue ormai consuete dimensioni ambientale, sociale ed economica, sebbene da tempo consolidato presso gli addetti ai lavori, ha raggiunto una crescente popolarità negli ultimi anni ed è divenuto di sempre maggiore attualità ed urgenza. Da qui – conclude il professor Raggi – l’importanza di metodi e strumenti che consentano di valutare in modo scientifico ed oggettivo l’intera filiera di un prodotto per supportare in modo affidabile le decisioni e le scelte a livello di policy, di impresa e come consumatori.”

Maurizio Adezio




GIORNATA DI SENSIBILIZZAZIONE CON  PASSEGGIATA EMPATICA

Comitato Pari Opportunità del Foro di Pescara in collaborazione con l’Associazione Carrozzine Determinate

Pescara, 2 luglio 2024. Un’occasione di riflessione e partecipazione per acquisire consapevolezza del principio per cui la disabilità non è malattia ma è condizione di vita in un ambiente sfavorevole.

Dopo amministratori, politici e sindaci il Cav. Ferrante – presidente dell’associazione – accompagnerà con una passeggiata empatica in carrozzina Avvocati e Magistrati del foro di Pescara alla scoperta delle sensazioni, frustrazioni e difficoltà del muoversi negli spazi del vivere quotidiano in presenza di barriere architettoniche.

L’appuntamento è per il 5 luglio alle ore 10:00 presso l’Aula Scoponi del Tribunale di Pescara, dopo una breve  introduzione a cura degli Avv.ti Marco Pellegrini e Mariangela Cilli, rispettivamente Presidente e componente CPO e del Cav. Ferrante, si darà l’avvio alla passeggiata empatica con partenza dal parcheggio antistante il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.




SCACCO D’ATTO 2024

La Scuola Forense di Teramo trionfa al torneo nazionale di retorica forense

Teramo, 1° luglio 2024. La Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Teramo si aggiudica l’ottava edizione del torneo nazionale di retorica forense “Scacco d’Atto 2024”. La competizione, svoltasi a Lucca dal 27 al 30 giugno, ha visto affermarsi le giovani allieve della scuola teramana Martina Mastrilli e Chiara Tribuiani, che hanno superato in finale le colleghe e i colleghi della Scuola Forense di Rovigo.

Dodici le scuole, suddivise in due gironi da sei quadre, che hanno animato il torneo nazionale riservato agli allievi delle scuole forensi che si preparano all’esercizio della professione di avvocato.

Davanti a una giuria di esperti presieduta dall’avvocato e docente Francesco Paolo Luiso, coordinatore del Comitato Scientifico della Fondazione Scuola Forense Alto Tirreno, le due tirocinanti teramane approdate in finale, dopo la impegnativa fase dei gironi, hanno dato prova di capacità oratorie e argomentative, discutendo con padronanza casi di diritto civile e penale. La loro vittoria rappresenta il coronamento di un percorso di formazione intenso, che ha visto le allieve confrontarsi con colleghi provenienti da diverse scuole forensi d’Italia.

La delegazione teramana presente al torneo era composta dalle due giovani allieve, dall’avvocata e direttrice della Scuola Forense di Teramo, Gabriella Zuccarini, e dai componenti del direttivo della Scuola, gli avvocati Luca D’Eugenio ed Elena Concordia.

“Questo traguardo rappresenta un motivo di grande orgoglio per la nostra scuola forense – commenta la direttrice della Scuola Forense di Teramo, Gabriella Zuccarini –. Un successo che premia l’impegno e la dedizione di Martina e Chiara ma anche l’intero lavoro di squadra che ha caratterizzato la preparazione al torneo. Il trofeo va sicuramente condiviso con gli allievi che hanno partecipato alle precedenti edizioni del torneo, Maura Sperandii e Deborah Irelli (Cosenza 2022), Davide Iachini e Pietro Galassi (Trento 2023), tutor nelle fasi finali della preparazione prima della partenza per Lucca e tutti gli allievi della nostra scuola che si sono allenati con le scacchiste nella discussione dei casi”.

“La partecipazione al Torneo “Scacco d’Atto” si inserisce all’interno di un più ampio progetto formativo volto a valorizzare le competenze oratorie e argomentative dei giovani avvocati – afferma il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Teramo, Antonio Lessiani -. Un obiettivo ambizioso che la Scuola Forense di Teramo persegue con tenacia, consapevole del ruolo fondamentale che la retorica riveste nell’esercizio della professione legale”. “Esprimo le mie più vive congratulazioni a Martina e Chiara per la loro brillante vittoria – aggiunge il Presidente Lessiani –. Un successo che riempie di orgoglio l’intero foro teramano perché il premio è un riconoscimento a livello nazionale del valore della nostra Scuola Forense e conferma la validità del percorso formativo proposto. Ringrazio i componenti del direttivo della scuola per il loro proficuo impegno e tutti i colleghi del foro e i magistrati che hanno partecipato alla preparazione delle giovani tirocinanti”.

Nella foto, da sinistra: Luca Di Eugenio, Martina Mastrilli, Gabriella Zuccarini, Chiara Tribuiani, Elena Concordia




ECCO CHI HA TRADITO L’ABRUZZO

Arcuri e Fars (Rifondazione) sull’autonomia differenziata

Pescara, 1° luglio 2024. “Ecco chi ha tradito l’Abruzzo: i senatori Liris e Sigismondi, i deputati Bagnai, Pagano, Roscani, Silvestri e Testa. Contrari solo Fina, Di Girolamo e Torto.” affermano, in una nota, Viola Arcuri e Marco Fars , co-segreteria Partito della Rifondazione Comunista Abruzzo.

“Dopo tanta retorica sulla patria e il tricolore, il governo di Giorgia Meloni ha dato il via libera alla frantumazione leghista dell’unità nazionale. Il voto sull’autonomia differenzia è lo zuccherino,  amarissimo per l’Abruzzo,  dato alla Lega per il via libera ad un’altra pessima controriforma: la legge sul premierato, ulteriore picconata alla Costituzione.”

“Il disastro della sanità abruzzese è sotto gli occhi di tutti: è il risultato di 21 sistemi sanitari regionalizzati con la riforma del Titolo V della Costituzione; con l’autonomia differenziata salteranno ulteriori vincoli e saranno regionalizzate ulteriori prerogative legislative nazionali come ad esempio l’istruzione. Curarsi o studiare sarà assai diverso da Sud a Nord.”

“La secessione dei ricchi, con in testa le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, penalizzerà ulteriormente la nostra regione, sicuramente dal punto di vista finanziario, e di conseguenza si tradurrà in meno diritti e tutele per gli abruzzesi.”

“Chi sono i traditori dell’Abruzzo in Parlamento?

Ecco i nomi che andrebbero tenuti ben in mente quando, già oggi, ci sentiamo rispondere che non ci sono i soldi.

Hanno votato a favore del Ddl Calderoli i senatori di Fratelli d’Italia Guido Quintino Liris e  Etel Sigismondi. Non hanno fatto mancare il loro sostegno nella seduta definitiva di mercoledì 19 giugno 2024 alla Camera  i deputati: Alberto Bagnai per la Lega, Nazario Pagano per Forza Italia, Roscani Fabio, Rachele Silvestri e Guerino Testa per Fratelli d’Italia.

E il Presidente del Consiglio dei ministri eletta in Abruzzo Giorgia Meloni? Aveva impegni più importanti, era in missione per festeggiare i 50 anni de Il Giornale di Sallusti.”

“Gli unici voti contrari al Disegno di legge Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni sono arrivati da parte dei senatori Michele Fina (PD) e Gabriella Di Girolamo (M5S), e della deputata Daniela Torto (M5S), mentre Luciano D’Alfonso (PD) e Giulio Sottanelli (Azione) non hanno partecipato alla votazione finale, come Giorgia Meloni avranno avuto altri impegni.

“Ci auguriamo che ora tutte le opposizioni  siano coerenti e unite, confermando anche nei territori il loro No all’autonomia differenziata. Va ricordato che l’autonomia differenziata è stata resa possibile dalla modifica della Costituzione nel 2001 da parte del centrosinistra a cui solo noi di Rifondazione ci opponemmo. Ancora una volta la destra avanza sull’autostrada aperta dal centrosinistra.

In Abruzzo Rifondazione Comunista lotterà contro questo ennesimo scempio. Dai ricorsi alla Corte costituzionale, al blocco delle intese, fino al referendum bisogna impedire che si realizzi l’autonomia differenziata.

Impegniamoci da subito tutte e tutti per la crescita di un largo movimento unitario anche in Abruzzo  per salvare la Costituzione e scongiurare la disgregazione del nostro paese.”, concludono Arcuri e Fars.




CORRERE PER ESSERE

La corsa degli zingari a Pacentro

di Franco Cercone

[Articolo di Franco Cercone, pubblicato in Rivista “D’Abruzzo”, Anno VII, N 26 Ed. Menabò Ortona – CH 1994]

Pacentro è un pittoresco paese della provincia dell’Aquila, arroccato alle pendici settentrionali del Morrone. Il castello medioevale che sovrasta il centro abitato ci parla del suo illustre passato e delle lotte insorte tra i Cantelmo e i Caldora per assicurarsene il possesso. La poca gente rimasta vive per lo più di agricoltura. I giovani sono occupati nel terziario oppure nelle fabbriche del nucleo industriale di Sulmona. Rilevante è tuttora il numero dei diplomati senza impiego.

L’8 settembre, in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna di Loreto, si svolge una singolare manifestazione che di anno in anno richiama un numero di spettatori sempre più numeroso

sia dall’Abruzzo che dalle regioni vicine.

Va subito chiarito che l’espressione zingari non deve trarre in inganno. Nel dialetto di Pacentro essa indica infatti chi cammina scalzo ed è stata coniata evidentemente in base all’osservazione costante che gli zingari andavano in giro con pochi indumenti addosso e soprattutto a piedi nudi, date le scarse possibilità che essi avevano in passato di poter acquistare delle scarpe.

Coloro che partecipano alla terribile gara sono contadini e operai del paese.

I figli delle persone benestanti e dei professionisti solitamente non si cimentano, anche se una delle ultime edizioni è stata vinta dal figlio del medico del paese che ha interrotto un secolare primato delle classi meno abbienti.

Il numero dei concorrenti non è mai rivelato dalla Confraternita della Madonna di Loreto che gestisce i festeggiamenti e diventa noto solo quando i giovani, verso le cinque del pomeriggio si radunano in località Pietra spaccata, un contrafforte roccioso di Colle Ardinghi, situato di fronte al paese e separato da quest’ultimo da una profonda gola in cui scorre il Vella, un torrente che scende precipitoso dalle falde della Maiella e che è ricordato da Ovidio nel terzo libro degli Amores.

Al primo rintocco di campana della chiesa della Madonna di Loreto gli zingari, a piedi nudi, e in pantaloncini e maglietta (indumenti forniti dalla stessa Confraternita), si gettano a capofitto lungo il ripido pendio del colle, cosparso ovunque di pietre, oltrepassando a valle il torrente Vella e puntando di nuovo a monte, in direzione di Pacentro, attraverso un sentiero che conduce direttamente alla chiesa.

Una folla enorme segue la corsa che si snoda lungo il tratto finale del percorso, lungo tre chilometri

circa. La maggior parte degli spettatori si accalca tuttavia attorno al sagrato di Santa Maria di Loreto, poiché l’altare della chiesa, il cui portale è lasciato aperto, costituisce il traguardo della emozionante gara.

Quando i concorrenti sono in prossimità della meta, gli spettatori (genitori e parenti, ma soprattutto le mamme), seguono passo passo, fino alla meta, gli zingarelli incitandoli a sopportare il dolore, spesso lancinante, dei piedi feriti, e cominciano ad oscillare, invasi da un crescente fermento, mentre

urla di entusiasmo si levano dalla folla allorché da una curva non lontana dalla chiesa si vede sbucare il primo concorrente. Con gli occhi dilatati dal dolore, provocato da un percorso quasi ordalico, il vincitore infila il portale e si inginocchia prima davanti all’altare, dopo di che si accascia stremato, seguito man mano dagli altri concorrenti che ripetono lo stesso cerimoniale.

A corsa ultimata viene chiuso il portale. Solo negli ultimi anni è stato permesso a studiosi e fotografi di restare nell’interno della chiesa e di assistere così ai momenti conclusivi della manifestazione.

La scena che si svolge assume a tratti toni drammatici e non facili da descrivere. Con i piedi cosparsi

di piaghe e sanguinanti, gli zingari giacciono sdraiati sul pavimento e si aiutano a vicenda, mentre il

dolore atroce dai piedi sembra propagarsi tutto sui loro volti. Un medico presta le prime cure alle ferite vistose, ma la sua azione è vanificata spesso dalle richieste di soccorso che si accavallano fra le grida concitate degli organizzatori impegnati ad accertarsi velocemente delle condizioni più o meno

gravi in cui versano gli zingari che hanno concluso la gara.

Sull’angusto piazzale antistante la chiesa la folla attende ansiosa che si riapra il portale e fa commenti sullo svolgimento della gara e sul vincitore.

Questi attimi di pausa ci permettono di aggiungere particolari importanti alla descrizione della manifestazione. La chiesa è dedicata, come si è detto, alla Madonna di Loreto ed un affresco eseguito nel tondo centrale raffigura, con una tecnica di esecuzione che ci ricorda quella degli ex-voto pittorici, la traslazione della Casa santa di Nazareth da Tersatto (Iugoslavia) a Loreto Marche. L’edificio sacro presenta caratteristiche tali da essere ascritto, come conferma un organo portativo coevo, al XVIII secolo e sorge in base a una tipica leggenda di fondazione dei santuari: una misteriosa donna, nella quale i fedeli riconosceranno in seguito la Madonna, si riposa proprio sul posto dove sarà eretta più tardi la chiesa.

La modesta facciata è movimentata da tre tondi a stucco e in quelli laterali sventolano fin dalla mattina della festa due tagli di stoffa avvolti a mo’, di bandiera su un’asta di legno. Tali stoffe sono di diverso colore e sufficienti a confezionare due vestiti da uomo.

Su ognuna di esse gli organizzatori appuntano un santino riproducente l’immagine della Madonna di Loreto. Questi tagli di stoffa costituiscono il cosiddetto palio, il premio cioè assegnato insieme a coppe, targhe ricordo e modeste somme di denaro, ai primi due classificati.

Durante la corsa i deputati alla festa sorvegliano affinché nessuno aiuti con spinte i partecipanti, a meno che per difficoltà sopravvenute durante il terribile percorso qualcuno di essi non dichiari espressamente di rinunciare alla gara. D’altro canto, una sorveglianza per così dire indiretta e reciproca viene effettuata dagli stessi tifosi appartenenti ai rioni in cui abitano i concorrenti, la cui contesa, alimentata da quei sentimenti intrattenibili che affiorano spesso nel blasone popolare, si esaurisce solo nell’ambito di una esperienza vissuta anche a livello ludico. Degna di nota al riguardo è la circostanza che a Pacentro non v’è un santo protettore ufficiale. Metà popolazione festeggia infatti la Madonna del Rosario e l’altra metà San Carlo Borromeo.

I “rosaristi” non fanno di conseguenza offerte per la festa di San Carlo e allo stesso modo si comportano i “carlisti” nella ricorrenza della Madonna del Rosario.

Fra le due fazioni si scatena così una gara per organizzare la festa più bella del paese e ad essa prendono parte, con cospicue rimesse, anche gli emigrati.

In passato, infatti, le rivalità esplodevano in modo violento durante la manifestazione e in una edizione della corsa svoltasi subito dopo la prima guerra mondiale, una persona venne accoltellata per aver aiutato, “con una spinta” nella parte finale della gara, un concorrente del proprio rione.

Ma torniamo, dopo questa necessaria parentesi, alla descrizione della corsa. Dai due tondi della facciata della chiesa vengono ammainati i palii, segno questo che sta per aver inizio la sfilata degli zingari. Si apre il portale. Il clamore crescente degli spettatori sommerge le note della marcia intonata dalla banda, mentre applausi ed espressioni di compiacimento fioccano sui primi due classificati che, seguiti come alfieri dal terzo e dal quarto, ricevono l’onore del trionfo. Portati a spalla da amici e parenti i quattro sfilano in ordine di arrivo lungo le strade principali del paese, preceduti dalla banda. Gli sguardi della folla sono puntati ovviamente sul vincitore della corsa. Sorreggendo l’asta su cui è avvolto il palio, egli viene portato a spalla dai suoi tifosi, seguito allo stesso modo dal secondo classificato. La sfilata termina nella casa del vincitore, dove si offre a tutti il vino attinto dalle caratteristiche conche di rame.

Non poche sono le considerazioni che suscita la corsa degli zingari, che secondo il giudizio dei vecchi del luogo si svolgerebbe da tempo immemorabile.

Come in altri episodi folcloristici, la ricerca delle origini non spiega però le funzioni del rito e l’elemento diacronico risulta il più delle volte sterile.

Per quanto concerne specificatamente l’area abruzzese, manifestazioni simili a quella di Pacentro dovevano svolgersi anche altrove, poiché si apprende da De Nino che: “a Rivisondoli, nelle feste principali, e a Pratola Peligna in San Rocco, è singolare la corsa dei ragazzi, dai sette ai dodici anni,

che nudi vanno a precipizio da un punto all’altro del paese per guadagnare un palio. E il piccolo vincitore poi, nudo, entra nella chiesa a ringraziare il santo”.

Analoga testimonianza è offerta da Tommolini per la festa della Madonna del fuoco nelle campagne di Pescara.

Benché le notizie siano insufficienti a stabilire utili raffronti, tuttavia occorre dire che anche in altre

località, in occasione di determinate ricorrenze religiose, si svolgono corse simili a quella degli zingari. Una notizia piuttosto vaga riguarda la corsa che i giovani eseguono ad Ottaviano di Napoli per la festa di San Sebastiano, o quella non competitiva che si svolge il 4 settembre a Cabras, in provincia di Oristano, nella vigilia della festa di San Salvatore in Sinis, dove i giovani del luogo, in tunica bianca, accompagnano “correndo scalzi” la statua del santo in una chiesetta campestre situata vicina al paese.

In passato partecipare alla corsa per conquistare il palio, cioè un vestito, doveva costituire certamente una motivazione non indifferente per gli zingari di Pacentro, appartenenti ai ceti sociali subalterni. Oggi le cose sono cambiate; questi giovani non camminano scalzi nei loro poderi coltivati con mezzi meccanici che essi stessi, con estrema perizia, guidano nei momenti della seminagione e dell’aratura.

Fra coloro che prendono parte alla competizione vi sono però anche operai che lavorano nel vicino nucleo industriale di Sulmona e che appena si staccano dalla catena di montaggio si riversano di nuovo sui campi per quell’insopprimibile esigenza di contatto con la terra che purifica e rigenera, poiché una tuta e un capannone non sono sufficienti di per sé a trasformare un contadino in operaio.

Altri concorrenti sono invece artigiani o persone che svolgono i più disparati mestieri, anche come emigranti all’estero. È il caso di Mario Raso vincitore negli anni passati di parecchie edizioni della corsa che ogni anno tornava da Berlino e rivelava con grande semplicità di non correre per una particolare forma di devozione verso la Madonna di Loreto, ma per una ragazza del paese di cui era innamorato. Le sue parole richiamano alla memoria il noto passo del Ramo d’oro, in cui Frazer descrive le gare di corsa per la sposa che, in altri tempi, si svolgevano un po’ ovunque in Europa. Si sa però con quanta circospezione vanno fatti tali accostamenti, poiché sotto il profilo antropologico si corre il rischio di assemblare episodi dalle funzioni diverse, sia sul piano sincronico che su quello diacronico.

Comunque, e ciò è veramente straordinario, c’è qualcuno in un angolo sperduto dell’Abruzzo che alle soglie del duemila “corre per amore” ed almeno in un giorno dell’anno offre una dimostrazione di forza e di vitalità nei confronti di altri giovani che non sono in grado, per costituzione fisica o per educazione, di cimentarsi in una incredibile corsa in cui gli zingari di Pacentro riscattano un anno di

anonimato, trascorso nel duro lavoro quotidiano. E ciò che è straordinario è che essi corrono non per avere, ma per essere.

Franco Cercone.




IL BENE NON SI FA PER APPARIRE O PER TORNACONTO

Il bene si persegue nel silenzio, con umiltà e garbo

di don Rocco D’Ambrosio

Globalist.it, 30 giugno 2024. Noi ci agitiamo molto, facciamo molto rumore, vogliamo che i media amplifichino, da FB alla TV, quel poco di bene che realizziamo. Così non va: dobbiamo bandire i rumori

Il Vangelo odierno: In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.

Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare (Mc 5,21-43 – XIII TO/B).

Mi ha sempre molto affascinato pensare a cosa sia successo in quei pochissimi secondi: una donna, che soffre di perdite di sangue, tocca Gesù, una forza esce da Lui e ferma il flusso di sangue, guarendola, Gesù vuole incontrare colei che lo ha toccato. Un miracolo potente e rapido; nella sua prima fase anonimo e silenzioso: la donna pensa tra sé e sé, vuole toccarlo nel caos della folla senza presentarsi a Lui, Gesù sente di essere toccato ma non la vede.

“Il bene non fa rumore e il rumore non fa bene” (“Good does not make noise, and noise does not do good”, diceva Louis Claude de Saint Martin) o nella saggezza cinese: “Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce” (frase attribuita a Lao Tzu, filosofo cinese del IV sec. a.C) Il bene non fa rumore, in questo è antipolitico, nel senso che la politica contemporanea fa molto rumore per quel poco di bene che realizza e ne fa ancor di più per il bene che promette e non realizza. Soprattutto quando, tra i leader di tutte le istituzioni, religiose e laiche, ci sono anche (non solo, grazie a Dio) commedianti spocchiosi e ignoranti, quanto incapaci. Il bene, quel flusso vitale da Gesù alla donna, non ha fatto nessun rumore, come anche non ha fatto rumore quando Gesù ha guarito la figlia di Giairo, rimproverando i presenti per il loro agitarsi e piangere.

Noi ci agitiamo molto, facciamo molto rumore, vogliamo che i media amplifichino, da FB alla TV, quel poco di bene che realizziamo. Così non va: dobbiamo bandire i rumori, lavorare contro l’inquinamento acustico (e non solo), riscoprire il valore del bene segreto, non suonare la tromba ogni volta che operiamo il bene, amare il segreto e il silenzio. “E il Padre tuo – dice Gesù – che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 5). Apprezzare sempre più il valore della riservatezza, segretezza, umiltà e garbo… E nel silenzio gioire del bene che facciamo!

E il problema, qui, non è politico ma interiore. Dipende dalla personale dedizione – commitment la chiamano gli inglesi – cioè dal come rispondiamo alla domanda: ma per chi o cosa faccio il bene? Per me? Per apparire? Perché parlino di me? Per un tornaconto economico? O per gli altri? Per il loro concreto bene? Per gloria di Dio? Perché gli altri vedano questo bene e rendano gloria al Padre che è nei Cieli (Mt 5)? Senza rumore. Senza chiasso. Senza social. ”Good does not make noise, and noise does not do good”.




UNA NUOVA STAGIONE DI PARTECIPAZIONE

Monsignor Renna alla cinquantesima  Settimana Sociale

PoliticaInsieme.com, 30 giugno 2024. Mancano pochi giorni all’inizio della 50esima Settimana Sociale dei cattolici in Italia, che ha scelto di affrontare il tema cruciale della partecipazione come strumento fondamentale per la costruzione di una società democratica, più giusta e solidale.

Il 3 luglio in Piazza Unità d’Italia a Trieste sarà il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ad aprire i lavori. Mille delegati da tutta la Penisola saranno impegnati in laboratori composti da gruppi di 20 persone che consentiranno di rielaborare esperienze e contenuti in vista di una prospettiva comune che aiuti tutti ad andare “Al cuore della democrazia” e a sviluppare la partecipazione. Ai laboratori della partecipazione si affiancheranno relazioni tematiche e opportunità offerte a tutti gli ospiti non delegati, come ad esempio la visita dei Villaggi delle Buone pratiche e le Piazze della Democrazia. A chiudere i lavori della Settimana sociale sarà Papa Francesco che, alle 10,30 del 7 luglio in Piazza Unità d’Italia, presiederà la concelebrazione eucaristica.

Il Comitato scientifico Organizzatore della Settimana sociale  è presieduto dall’arcivescovo di Catania mons. Luigi Renna, che ha risposto alle nostre domande. Mons. Renna, con la sua esperienza e profonda conoscenza delle dinamiche sociali, ci ha offerto una visione illuminante su come la partecipazione possa trasformare le nostre comunità e sul ruolo che ogni cittadino può giocare in questo processo, con un particolare focus sul mondo dei giovani.Tre parole pensando a Partecipazione: «Speranza, fatica, necessità.»

Ascoltiamo i giovani, sono il presente della nostra società

Quali ritiene possano essere le maggiori difficoltà che i giovani incontrano quando cercano di impegnarsi attivamente nella società e nella politica?

I giovani non incontrano una società che parla di meritocrazia o delle persone pronte a promuovere i loro talenti. A volte si cercano semplicemente dei giovani che siano disposti a condividere un progetto che altri hanno pensato per loro e questo naturalmente blocca la realtà e la ricchezza più grande che ha una persona: la sua fantasia, i suoi desideri, il desiderio di mettersi in gioco, anche di rischiare fino al sacrificio. Tante volte i giovani trovano il posto già occupato da chi vuole volare basso, da chi non vuol prendere il largo; allora incontrano purtroppo poca lungimiranza da parte di noi adulti. Se tutti quanti ci ricordassimo del grande insegnamento di Socrate, che parla di una maieutica che fa venir fuori il meglio di una persona, i giovani rigenererebbero la nostra società e si sentirebbero valorizzati».

I recenti dati sulle elezioni europee mostrano un alto tasso di astensionismo. Quali sono, secondo lei, le principali cause di questo fenomeno? Come si può intervenire per combattere questa apatia?

«I giovani sentono che le grandi narrazioni, che entusiasmano la vita e che entusiasmano i progetti, sono finite in mano di pochi e non osano pensare in maniera diversa il loro presente e il loro futuro. Vedono una grande distanza tra la loro vita quotidiana e le decisioni che si prendono nel Parlamento, in questo caso nel Parlamento Europeo. Invece dovrebbero comprendere che le decisioni li riguardano profondamente, perché alcune linee vengono proprio da Strasburgo, da Bruxelles. È molto importante che anche i politici stessi, una volta eletti, siano presenti nei territori e che tutti coloro che vogliono educare e che vivono già questo compito sollecitino i giovani a vedere quali legami e corrispondenze vi siano tra il loro presente, il loro futuro, la loro quotidianità e tutto ciò che riguarda la politica, che è un’organizzazione del bene e del futuro. Come fare? Parlarne, parlarne tanto, creare dei legami, provocare. Quando Papa Francesco dice ai giovani di fare rumore, non li invita alla sovversione, al caos; li invita a riprendere in mano il proprio posto perché loro non sono il futuro della società ma il presente. Bisogna far sì che i giovani facciano rumore, bisogna provocarli tanto e bisogna che essi stessi si affaccino nelle istituzioni. E noi dovremmo ascoltarli di più.»

Più volte lei, Eccellenza, è intervenuto sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale e la diocesi di Catania è stata sede di diverse importanti iniziative sul tema. Possono, e se sì come, le nuove tecnologie facilitare i processi di partecipazione?

«Il rischio della tecnologia può essere quello di isolare la persona, almeno isolarla in una relazione di prossimità, in un dialogo di prossimità che vada al di là del mezzo che si ha a disposizione. Per cui io credo che l’intelligenza artificiale e ogni altro mezzo di comunicazione vadano utilizzati in una cosiddetta modalità mista: cioè ci devono servire ma poi ci devono portare a incontrarci di persona, a confrontarci e a scontrarci, con molta educazione. È molto importante non sostituire con l’intelligenza artificiale e con i mezzi tipicamente tecnologici quello che è il rapporto personale, il rapporto con gli altri, con un gruppo, perché è questo che genera partecipazione ed esalta la nostra umanità permettendo ad essa di maturare».

Quali sono gli obiettivi principali di questa cinquantesima edizione delle Settimane Sociali?

«La Settimana Sociale vuole essere un laboratorio di discernimento. I cattolici di tutta Italia si incontrano, anzitutto, per dialogare e per dialogare su temi che li vedano già impegnati. Per questo non solo l’importanza delle grandi relazioni ma anche delle piazze della democrazia, dove ci si confronterà su quelle tematiche che ci appassionano ogni giorno e che ci interpellano perché siamo chiamati a dare il nostro contributo con grande umanità al bene comune. Spero semplicemente che rinasca una nuova stagione di partecipazione per la democrazia, superando da una parte le nostalgie del passato e dall’altra le paure per il momento presente».

Pubblicato su https://www.prospettive.eu/




LA SACRA AMPOLLA

Si sono chiuse le celebrazioni solenni della sacra ampolla ad Ortona

Ortona, 29 giugno 2024. 458 anni sono trascorsi dal Miracolo del Sangue che sgorgò dal crocifisso presso l’Oratorio della Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria.

Un evento prodigioso che risale a quando i Turchi arrivarono ad Ortona nel 1566; per vendicarsi della disfatta di Lepanto attaccarono le coste adriatiche ed anche Ortona distruggendo quasi completamente la Basilica di San Tommaso ma inspiegabilmente non si avvicinarono alla Chiesa di S. Caterina né al Convento delle monache che pregando davanti al crocifisso assistettero al prodigio del sangue che sgorgò dalla ferita del Crocifisso.

Il Sangue fu raccolto da un prelato in due ampolle che nel 1570 portò con se a Venezia. Solo nel 1934, novant’anni fa, un’ampolla fu restituita alla città di Ortona.

Miracolo poco conosciuto alla massa ma molto profonda è la devozione di quel popolo che ogni venerdì pomeriggio è presente alle sante celebrazioni liturgiche presso l’Oratorio della chiesa sconsacrata di Santa Caterina d’Alessandria.

Ps. Sarebbe necessario e quanto meno doveroso che istituzioni preposte, devoti religiosi e studiosi del campo sia scientifico che spirituale iniziassero e portassero a termine analisi, studi e ricerche per accertamenti e per consegnare l’evento prodigioso nella sua bellezza ed autenticità, libero da ogni silenzioso ed oscuro mistero.

nm




LA GUERRA FREDDA: DI NUOVO L’UNICA PACE POSSIBILE?

di Umberto Baldocchi

PoliticaInsiem.com, 29 giugno 2024. Tra le tracce della maturità 2024 non si è forse prestata la dovuta attenzione ( politica oltre che culturale e didattica) alla  interessante traccia sulla “guerra fredda” ( non sull’atomica, come si è scritto) dello storico  Giuseppe Galasso.  E’ il tema che hanno svolto il 17,3% dei maturandi , a testimonianza che forse l’interesse o il desiderio di una storia “fatta sul serio”  non è ancora  svanito nelle nuove generazioni.

Il contesto storico entro cui si svolge la vita pubblica italiana genera inevitabilmente però anche considerazioni di attualità politica che forse non sono sfuggite ai maturandi.   Il testo di Galasso non propone tanto un discorso di denuncia dei pericoli della guerra atomica e degli arsenali nucleari, quanto invece una interessantissima riflessione sulla “guerra fredda” letta  in prospettiva storica. Che cosa è stata la “guerra fredda”? Il testo si esprime in questi termini:

“La condizione così determinatasi nelle relazioni internazionali, e in particolare fra i grandi vincitori della guerra e in Europa, fu definita «guerra fredda». La definizione, volutamente antitetica, esprimeva bene la realtà delle cose. Lo stato di pace tra le due massime potenze dei rispettivi campi e tra i loro alleati non poteva ingannare sulla realtà di un conflitto ben più consistente…”(Giuseppe Galasso, Storia d’Europa, Vol. III, Età contemporanea, CDE, Milano, 1998, pp. 441- 442. ) 

Forse bisognerebbe precisare che la “guerra fredda” in realtà non è una “definizione antitetica” ( come definizione mancherebbe dei due elementi classici della definizione il genus e la species) È però un concetto rovesciato, che usa il termine antitetico per designare la pace, che è notoriamente, nell’uso corrente, un concetto debole, costruito per negationem vale a dire in relazione al suo opposto, alla guerra. Semplicemente nel linguaggio corrente  la PACE o è assenza di guerra oppure è un equilibrio precario tra forze ostili, cioè una “guerra” mascherata. Non ha alcuna consistenza autonoma, indipendente. Vale a dire   PACE può solo significare una SITUAZIONE, un RAPPORTO DI FORZE  non un  ORDINE delle cose.

Nessuno oggi sembra notare questa anomalia. Eppure, in piena “guerra fredda” vi è stato chi forse aveva avvertito il pericolo delle “parole tiranniche” ed aveva  usato un termine diverso. Poteva farlo  anche perché possedeva un diverso concetto di PACE. Si tratta di Papa Pio XII, che certamente non ignorava il termine “guerra fredda”, ma  usava per il medesimo  contenuto concettuale il termine PACE FREDDA. Un termine sicuramente più rigoroso e coerente, caratterizzato da  quel rigore che dovrebbe piacere anche agli storici e non soltanto a chi si deve attenere alla rigorosa logica evangelica che vuole un linguaggio umano dica sì al sì’ e no al no e non inverta mai la realtà. Così si esprimeva infatti Pio XII nel Radiomessaggio natalizio del 1954:

“ Che cosa si intende infatti  nel mondo della politica per pace fredda se non la mera  coesistenza di diversi popoli, sostenuta  dal vicendevole timore  e dal reciproco disinganno? ora è chiaro che la semplice coesistenza non merita il nome di pace quale la tradizione cristiana , formatasi alla scuola  dei sommi intelletti di Agostino e di Tommaso D’Aquino , ha appreso a definire tranquillitas ordinis. La pace fredda è soltanto una calma provvisoria, il cui durare è condizionato dalla sensazione mutevole del timore  dal calcolo oscillante delle forze presenti, mentre dell’ordine giusto , il quale suppone una serie di rapporti convergenti  in un comune scopo giusto e retto , non ha nulla”.

La pace fredda (guerra fredda) non è dunque mai un ordine , ma una situazione provvisoria anche se essa produce una pericolosa illusione così descritta da Galasso:

“Come non era mai accaduto prima, l’uomo restava, così, prigioniero della potenza che aveva voluto e saputo raggiungere. Uno strumento di guerra, di distruzione e di morte di inaudita efficacia si convertiva in una garanzia, del tutto impreveduta, di pace a scadenza indefinita”.

A prima vista pare essere la stessa straordinarietà della potenza umana  a garantire la pace . A prima vista un comodo meccanismo automatico, una sorta di pilota invisibile infallibile, in realtà una incredibilmente ingenua illusione. L’illusione di chi può pensare che l’uomo, essere naturale non rinchiuso entro confini prestabiliti, ma essere libero essenzialmente, non possa mai far saltare questa estrema misura, e non rechi in sé la possibilità della tragedia esistenziale, la possibilità di rivolgere questo potere contro sé stesso.

Ma c’è di più. La deterrenza nucleare può assicurare (precariamente, si è visto) la pace, ma  solo a certe condizioni. E qui Galasso è chiarissimo. 

“Che cosa sarebbe potuto accadere se essi fossero venuti nella disponibilità di un gran numero di paesi e, soprattutto, se si fossero ritrovati nelle mani di leader che non fossero quelli di grandi potenze aduse a una valutazione globale dei problemi politici mondiali e continentali e fossero, invece, fanatici o irresponsabili o disperati o troppo potenti in quanto non soggetti al controllo e alle limitazioni di un regime non personale e alle pressioni dell’opinione pubblica interna e internazionale?”.

In altri termini cosa potrebbe succedere oggi se il nucleare non fosse più monopolizzato dalle grandi potenze (un tempo solo due), le potenze  “aduse ad una valutazione globale dei problemi” ma se esso fosse in mano di leader “fanatici, o irresponsabili o disperati” ? Se cioè il nucleare fosse nelle mani di leader come quelli della Corea del Nord, del Pakistan, magari anche dell’ Iran, se non vogliamo aggiungerne altri e se per ora escludiamo ancora di porre i leader della ex potenza sovietica tra i “fanatici” e gli “irresponsabili”? E’ evidente, e l’alunno intelligente o con buone antenne, avrebbe dovuto scriverlo, che la guerra fredda e cioè la miserabile pace assicurata dalla deterrenza nucleare non può più funzionare e che la guerra deve tornare all’ordine del giorno per la nostra difesa. Cominciando dal riarmo e dall’educazione dei giovani. Sarà  certo una guerra diversa fatta coi droni e con l ‘ Intelligenza Artificiale, ma ancora uno strumento che lavora attraverso morti e massacri. 

E’ questa in effetti una conclusione logica, che non fa una grinza, a patto ovviamente che noi non conosciamo altri concetti di PACE se non quello debole prima citato costruito a partire dal concetto di GUERRA.  Possiamo solo notare  che non è così strano chiamare pace la guerra come si fa nel mondo orwelliano, non lontano dal nostro mondo della comunicazione vincolante e accecante del “pensiero unico”.

   Bisogna per avere questo risultato  però cancellare del tutto l’altra idea di pace quella che è stata la “pace europea”, la pace come “invenzione moderna” della civiltà europea dopo i due grandi cataclismi mondiali. Bisogna cancellare cioè la storia e la logica della intelligenza  umana.  E bisogna cancellare il compito storico dell’ Europa, vale a dire quello di dominare e criticare la potenza che solo essa è stata in grado di creare. Bisogna cioè travolgere queste che sono le vere frontiere che consentono di costruire la pace.

Le parole mediatiche e culturalmente deprivate e deprivanti-   che siamo indotti ad usare in realtà imprigionano il pensiero, lo rendono meno capace o del tutto incapace di pensare in modo difforme. Non possiamo difendere la PACE se non riusciamo nemmeno a pensarla. Il termine “guerra fredda” ci ostacola a farlo. La “guerra fredda” come termine storico è stato, credo, introdotto  da Walter Lippman nel 1947. Ma il termine era già esistente. Lo aveva usato un finanziere,  Bernard Baruch (1870-1965), un ex consigliere di Roosevelt.  Un termine di geopolitica coniato da un finanziere, Già, che strano! Un termine riguardante le vicende militari coniato da un finanziere. Chi  avrebbe mai potuto immaginarlo ? 

Umberto Baldocchi




QUANDO IL GRANO MATURÒ

Festa di apertura dell’Estate dell’Aratro. Il Presidente Mattoscio “in questo spettacolo c’è la verità storica”

Pianella, 29 giugno 2024. In occasione dell’Estate dell’Aratro a Pianella, ci sarà lo spettacolo “Quando il grano maturò” di e con Marcello Sacerdote, della produzione CuntaTerra, per la regia di Laura Curino e le musiche originali di Vonric. L’appuntamento è per domenica 30 giugno alle 21:30 e rappresenta la conclusione della Festa di apertura della rassegna estiva della Compagnia dell’Aratro nelle Terre di Arotron con la direzione artistica di Franco Mannella.

Si tratta di uno spettacolo di narrazione teatrale sul tema della Resistenza Umanitaria durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale in Abruzzo: il punto di di vista è quello della gente comune, la “Storia” viene messa in scena insieme alle storie di donne e uomini che, con azioni tanto eroiche quanto silenziose, espresse il più delle volte in termini di solidarietà indiscriminata e umana fratellanza, hanno contribuito in maniera fondamentale alla lotta di Liberazione del Paese.

Una Resistenza che è donna: molti momenti del lavoro sono dedicati a figure femminili che in quel contesto storico furono attive su più fronti.

Lo spettacolo è un intreccio di memorie, racconti e musica contemporanea, risultato di un lungo lavoro di ricerca sul campo, tra l’analisi di fonti storiche e le interviste  realizzate con i testimoni del passato.

Il lavoro si colloca sul territorio abruzzese che in quegli anni fu un vero e proprio laboratorio della Resistenza, per molti versi unico, in Italia. L’Abruzzo infatti, oltre a essere la regione con il maggior numero di campi di prigionia per prigionieri di guerra e prigionieri politici, è stato anche attraversato in pieno dalla famosa Linea Gustav, nota per essere la principale linea difensiva tedesca sul fronte dell’Italia meridionale, divenendo quindi scenario di una delle fasi più drammatiche dello scontro bellico. Ma fu altresì il territorio in cui si accesero i primi moti resistenziali e dove nacque la celebre Brigata Maiella, unica formazione partigiana in tutta Italia decorata con la medaglia d’oro al valor militare alla bandiera e tra le pochissime aggregate all’esercito alleato, con il quale combatte anche dopo la liberazione del territorio di origine.

Come spiega il Presidente della Fondazione Brigata Maiella/Pescarabruzzo, Nicola Mattoscio: «Lo spettacolo “Quando il grano maturò” è eccellente. Per raggiungere l’eccellenza abitualmente gli addetti ai lavori descrivono se c’è stata una buona scrittura, un buon soggetto, una buona impostazione scenica, una buona narrazione, le musiche appropriate e così via. Io invece desidero sottolineare tre aspetti che hanno reso questo spettacolo un grande successo: la verità storica, la grande passione civile che traspare da ogni passaggio scenico, la straordinaria bravura professionale dell’attore protagonista, Marcello Sacerdote.

La Fondazione Brigata Maiella, che mi onoro di presiedere, ha un debito morale in più di riconoscenza verso questo lavoro, poiché tutta la narrazione ha come filo conduttore gli anni tragici e gloriosi che la videro protagonista».

La prenotazione è obbligatoria al numero 3455411135, numero a disposizione per ulteriori informazioni e biglietti.




ARCHITETTURE E CITTÀ NEL CORNO D’AFRICA

Un patrimonio condiviso

L’Aquila, 29 giugno 2024. Architetture e città nel Corno d’Africa. Un patrimonio condiviso, a cura del MAXXI Architettura con Andrea Mantovano, è una riflessione sul processo di decolonizzazione del patrimonio architettonico in Etiopia, Eritrea e Somalia attraverso lo sguardo contemporaneo di artisti, architetti e studiosi locali e internazionali.

Se da un lato i paesi del Corno d’Africa continuano a soffrire, in misura diversa, gli effetti di conflitti mai completamente estinti, dall’altro mostrano grandi energie per costruire il proprio futuro, nella consapevolezza di un passato che li accomuna. Dalla devastazione di Mogadiscio alla rapidissima trasformazione di Addis Abeba, fino alla consapevole conservazione di Asmara, emergono approcci differenti nei confronti di questo patrimonio architettonico e urbano che, a tutti gli effetti, può essere definito un patrimonio condiviso. La mostra inoltre racconta la corposa eredità dell’attività progettuale italiana, per rileggerla alla luce di nuove conoscenze e sensibilità.

Con il Patrocinio di: Presidenza del Consiglio dei ministri, Ambasciata d’Italia ad Addis Abeba, Ambasciata d’Italia ad Asmara, Ambasciata d’Italia a Mogadiscio, Comune dell’Aquila. Con il sostegno di CDP – Cassa Depositi e Prestiti. Sponsor tecnico Parco 1923.

Alessandro Giuli, Presidente Fondazione MAXXI: «Questa mostra si inserisce in una linea di ricerca molto importante per il MAXXI, che volge lo sguardo a Sud, verso il Mediterraneo e oltre fino ai paesi dell’Africa. L’intento è esplorare e approfondire le radici di un’identità comune, creando occasioni di confronto e scambio attraverso i linguaggi universali dell’arte e dell’architettura. Rappresenta inoltre il contributo del MAXXI al rafforzamento delle relazioni culturali nella cornice istituzionale del Piano Mattei. Grazie al rigoroso lavoro scientifico portato avanti dal Dipartimento Architettura, alla curatela di Andrea Mantovano e al prezioso apporto di architetti, studiosi e creativi locali, questo progetto restituisce un panorama complesso ed estremamente interessante, in cui protagonista è la capacità dei popoli africani di acquisire il lascito architettonico italiano e di riappropriarsene in quanto parte della propria storia».

Lorenza Baroncelli, Direttore MAXXI Architettura e Design contemporaneo: «Architetture e città nel Corno d’Africa è la prima vera mostra di architettura esposta al MAXXI L’Aquila. Ben radicata nella tradizione costruita in questi quindici anni nella sede romana e nella missione del museo nazionale di arte e architettura contemporanea, la mostra orienta il suo sguardo su un tema di estrema attualità concentrandosi sul destino del patrimonio architettonico italiano nel Corno d’Africa. Grazie al coinvolgimento di artisti, architetti e studiosi locali l’esposizione documenta i diversi modi e atteggiamenti che i tre paesi del Corno D’Africa mettono in atto nei confronti dell’heritage italiana».

Michael Tsegaye, fotografo etiope: «il mio lavoro incoraggia una riflessione sullo sviluppo urbano collegando esperienza umana e cambiamento fisico e ci invita a riconsiderare le città, non solo come paesaggi in evoluzione, ma come registri viventi di memoria e identità».

Nelle sale maggiori di Palazzo Ardinghelli si articola un percorso che documenta le differenti dinamiche di approccio all’eredità architettonica e urbana del Novecento.

Per l’Etiopia, a testimoniare il repentino processo di modernizzazione delle città di Addis Abeba e Jimma, sono le immagini del fotografo locale Michael Tsegaye che con il suo lavoro, realizzato su committenza del MAXXI, documenta le rapide trasformazioni di questo patrimonio. Parallelamente le voci di studiosi e architetti italiani e locali raccontano un processo spontaneo di appropriazione culturale che rappresenta uno strumento di resistenza alla cancellazione indiscriminata del passato attualmente in atto a favore di una “modernizzazione” considerata anonima e poco attenta alla salvaguardia dell’identità storica della città e delle comunità che la abitano.

Per la Somalia è invece il fotoreporter e giornalista Farah Omar Nur a documentare le poche tracce quasi irriconoscibili di ciò che resta della città di Mogadiscio dopo anni di conflitto. La mostra accoglie poi la testimonianza dell’encomiabile lavoro di documentazione e archivio delle architetture storiche che studiosi locali e giovani professionisti, come gli architetti del gruppo Somali Architecture, portano avanti, consapevoli dell’importanza di tramandare testimonianze del passato per costruire una coscienza futura.

Diametralmente oppostala situazione dell’Eritrea dove il lascito architettonico del Novecento è considerato un bene da curare e conservare. Ne è un esempio la città di Asmara, al centro del racconto del MAXXI, portato avanti con l’aiuto dell’Asmara Heritage Project, in particolare dell’Ingegnere Medhanie Teklemariam e del fotografo inglese Edward Denison. Qui passato, presente e futuro sono legati agli edifici realizzati dagli italiani nel secolo scorso, diventati luoghi simbolici e identitari per le comunità locali che, attraverso la candidatura e il riconoscimento quale Patrimonio Unesco nel 2017, sono riuscite a evitare il rischio di trasformazioni indiscriminate. In mostra è presentato anche l’esito del programma di ricerca Decolonizing Architecture Advanced Studies (DAAS) del Royal Institute of Art di Stoccolma, guidato da Alessandro Petti che, nel 2019, ha sollevato interrogativi sul controverso tema dell’eredità coloniale proprio a partire dalle conseguenze che la nomina di Asmara a Patrimonio dell’Umanità avrebbe comportato.

Architetture e città nel Corno d’Africa. Un patrimonio condiviso è anche un omaggio all’eredità dell’attività progettuale italiana, opera di architetti e urbanisti noti e meno noti. Nella sequenza di sale più piccole, attraverso materiali d’archivio, alcuni focus storici raccontano le città di Addis Abeba, Asmara e Mogadiscio e le storie, fatte di scambi e relazioni, di due professionisti italiani – Arturo Mezzedimi in Eritrea e Etiopia e Veglio Bertani in Somalia – che hanno avviato la propria attività negli anni Trenta del Novecento per poi continuare a lavorare intensamente che nei decenni successivi. 

Lungo il percorso, infine, tre monitor, uno per ogni Paese, offrono ai visitatori la possibilità di ascoltare il racconto diretto di ambasciatori, accademici e professionisti locali e italiani, che hanno collaborato con il MAXXI per la realizzazione della mostra.

Elisa Cerasoli




L’OMICIDIO DI THOMAS A PESCARA

La lunga strada verso il ritorno all’umanità

di Domenico Barillà

Tg24.sky.it, 28 giugno 2024. Affermare che manca l’empatia è il minimo, ma non ci serve. Il fatto è che non ci poniamo mai la domanda precedente, ossia come ci si è arrivati, chi sono i responsabili, quanto le testimonianze dei personaggi pubblici, in quella che è diventata, che afferma un filosofo francese, “la società dello spettacolo”, stanno sdoganando la violenza come modalità per dirimere ogni controversia, una scorciatoia sempre più “naturale”

Almeno stavolta per arrivare a Pescara bisognerà passare da Udine, dove si è compiuto, in contemporanea con l’eccidio del quasi bambino Christopher Thomas, il destino di un imprenditore cinese, colpevole di essere intervenuto per difendere un ragazzo che stava subendo un pestaggio.

Un pugno l’ha fatto sbattere con il cranio sullo spigolo di un marciapiede, mandando prima in coma e poi alla morte il soccorritore.

Ma mentre scrivo non mi abbandonano le immagini di un altro pestaggio, non in qualche periferia degradata ma alla Camera dei deputati, il cui valore simbolico è enormemente più alto degli altri, sia per il luogo, sia per i responsabili, pagati dai cittadini per fare altro e non per sfogare i loro istinti con metodi da angiporto.

Quando un paese decide di accettare questi spettacoli, deve sapere che sta perdendo il diritto di eccepire sul comportamento dei ragazzi.

Fatico a separare i contesti, non perché la mia mente sia impastata, ma perché in realtà non ci sono differenze, i giovani semmai servono come arma di distrazione. “Di malessere se n’è visto in giro, certo, talvolta tanto, ma per fortuna non è stato monopolizzato solo dai ragazzi. Forse dovremmo perdere l’abitudine di parlare di loro per non parlare di noi”. Mi scuso per l’autocitazione, ma sono parole di quindici anni fa, allora il processo era già in fase avanzata, adesso è nel pieno della sua maturazione e promette evoluzioni inquietanti.

In psicologia esiste un fenomeno che prende nome di sincretismo e dovrebbe riguardare soprattutto i bambini, quando tendono a percepire il mondo nella sua globalità e non nei particolari. In questo momento avverto forte un legame tra le aggressioni di cui sopra, almeno nella forma esteriore, anzi soprattutto nella forma esteriore, nella brutalità di esecuzione che rimanda alle caverne. I ragazzi questi film li vedono tutti i giorni, pensare che non lascino tracce nelle loro prassi è solo l’ennesima mancanza di rispetto nei confronti delle giovani generazioni.

Non possiamo portare i giovani cittadini dove noi stessi non siamo in grado di andare, solo una generazione di adulti stupidi può pensare il contrario.

Sempre noi grandi in queste circostanze ci affanniamo a dare un nome alle cose, un esorcismo collettivo, la parola magica del momento è empatia, data per lo più come carente o assente, ma dare i nomi alle cose e agli eventi non serve a molto, se non a fare sembrare colto chi li sceglie -si pensi a tutta la mistica creata intorno al concetto di resilienza, sostituta abusiva della vecchia e meravigliosa forza d’animo- oppure a trasferire da una persona all’altra un concetto, un’informazione.

Ora, posto che il brodo culturale è comune e che il nostro si è avvelenato da tempo, i fenomeni psicologici non si somigliano mai, si possono prendere solo uno alla volta, perché il campo di applicazione delle discipline della mente è il singolo individuo, solo secondariamente “gli” individui. Questo impedimento alla generalizzazione è dovuto al costruttore dei significati presente nel nostro mondo interiore, la “logica privata”, un filtro irreplicabile, uno stampo che modella tutti gli stimoli in entrata elaborandoli secondo criteri specifici di ogni individuo.

C’è una persona e c’è una logica privata. Per questo cadiamo in errore quando ripetiamo cose del tipo “questi giovani mancano di empatia”, per la stessa ragione fatichiamo a capire quello che agli esecutori di certi gesti appare naturale.

Se un testimone riferisce che mentre Christopher Thomas agonizzava gli aguzzini gli intimavano di stare zitto, come se gli stessero infliggendo solo coltellate virtuali, noi troveremo assurdo tutto questo, mentre per gli accoltellatori si tratterà di una conseguenza logica, anzi per ciascuno di essi sarà una rappresentazione diversa.

Basterebbe leggere i verbali delle bravate di gruppo di vario genere, si tratti di abusi piuttosto che di omicidi, per darsi conto dell’impossibilità di fare entrare tutti sotto lo stesso ombrello. Ragionare per blocchi sociali è ottuso, ma anche la prima causa dell’incapacità di trovare risposte.

Affermare che manca l’empatia è il minimo, ma non ci serve, è come dire a un uomo investito sulle strisce che la sua gamba è fratturata. Cose talmente evidenti che possiamo anche levarci il disturbo di ripeterle, tutti le conosciamo, il fatto è che non ci poniamo mai la domanda precedente, ossia come ci si è arrivati, chi sono i responsabili, quanto le testimonianze dei personaggi pubblici, in quella che è diventata, che afferma un filosofo francese, “la società dello spettacolo”, stanno sdoganando la violenza come modalità per dirimere ogni controversia, una scorciatoia sempre più “naturale”.

Se vogliamo dare la colpa alla droga, facciamo pure, bisogna però avere l’onestà di ricordare che la droga appartiene più agli effetti che alle cause.

Se vogliamo fare il processo ai genitori, facciamo pure, ma spero non si azzardino coloro i quali pensano che basti procreare per salvare la società. La famiglia non è mai stata così sola, disperatamente sola, ma in cambio riceve, da pulpiti squalificati, silenzi, risposte banali e involute o reprimende moralistiche.

Un uomo, disperato per la morte della figlia a causa di un incidente stradale, se la prende con Dio. “Questo non doveva farmelo -mi dice- vado a messa da quando sono piccolo e dico il rosario tutti i giorni”.

Floria Tosca, protagonista dell’omonima opera di Giacomo Puccini, dopo avere ricordato al Creatore di avere aiutato i bisognosi con discrezione, pregato con impegno, omaggiato la madonna con fiori e gioielli, gli chiede come mai “nell’ora del dolore” la rimunera così, considerato che il suo amato, Mario Cavaradossi, era finito in mano agli aguzzini della polizia vaticana.

Eccola l’ultima carta per molti cittadini scoraggiati, Dio, ma non è a questo che dovrebbe servire, non è uno spacciatore di premi, non è il suo lavoro, lo diventa quando c’è troppa gente sbagliata nei posti sbagliati.

Domenico Barrilà, analista adleriano e scrittore, è considerato uno dei massimi psicoterapeuti italiani. È autore di una trentina di volumi, tutti ristampati, molti tradotti all’estero. Tra gli ultimi ricordiamo “I legami che ci aiutano a vivere”, “Quello che non vedo di mio figlio”, “I superconnessi”, “Tutti Bulli”, “Noi restiamo insieme. La forza dell’interdipendenza per rinascere”, tutti editi da Feltrinelli, “Volere bene” (Ed. Castelvecchi) .

Nella sua produzione è presente il romanzo di formazione “La casa di Henriette” (Ed. Sonda) e non mancano i lavori per bambini piccoli, come la collana “Crescere senza effetti collaterali” (Ed. Carthusia).

È autore del blog di servizio, per educatori, https://vocedelverbostare.net/

https://tg24.sky.it/cronaca/2024/06/27/omicidio-pescara-christopher-udine-tominaga



PARTE DA MILANO L’ABOLIZIONE DEL ROSATELLUM

PoliticaInsieme.com, 28 giugno 2024. Parte oggi da Milano la raccolta firme per eliminare le parti della legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum, che nel loro complesso hanno consegnato la scelta dei rappresentanti del popolo in Parlamento alla cerchia ristretta dei capi Partito.

INSIEME, con voto unanime del Consiglio nazionale, ha aderito al Comitato promotore per contribuire a una buona battaglia in difesa della democrazia rappresentativa.

Alle ore 21, al Teatro Franco Parenti (via Pier Lombardo 14 – Milano) vi sarà anche il nostro Stefano Zamagni al lancio dell’iniziativa, con Giorgio Benvenuto, presidente emerito del Comitato referendario, Elisabetta Trenta, presidente effettivo, e altri esponenti politici accomunati dalla volontà di ribaltare una legge pensata per creare un bipolarismo forzato e tutelare l’oligarchia del teatrino mediatico.

Il Comitato, costituito da cittadini di diverso orientamento politico e formazione culturale, accomunati dal proposito di restituire a ciascun italiano il diritto di scegliere chi debba rappresentarlo, si impegna a raccogliere entro il 30 settembre le firme  per l’abrogazione parziale  della legge elettorale tramite i quesiti referendari depositati  alla Suprema Corte di cassazione il 3 aprile  2024.

I quesiti sono quattro e precisamente:

1) Abolizione del voto congiunto tra candidati uninominali e liste plurinominali;

2) Niente soglie di accesso per liste autonome e per coalizioni

3) No pluricandidature e ogni candidato solo nel suo collegio;

4) Tutte le liste devono raccoglire le firme per proporre candidature.

Al di là dei particolari tecnici, si tratta di una battaglia di libertà per la democrazia disegnata dalla Costituzione. Un Parlamento di “nominati” è una vergogna per la Repubblica: restituiamo il potere di scelta ai cittadini!

INSIEME si impegnerà al massimo per far conoscere le buone ragioni che hanno portato al referendum e nella raccolta firme.

https://www.politicainsieme.com/parte-da-milano-labolizione-del-rosatellum/




L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE: gli incontri di Abruzzo Popolare, oggi pomeriggio ore 18:30 all’Eden di Ortona

Attenti e vigili sulle minacce per la sopravvivenza dell’umanità

Ortona, 28 giugno 2024. Oggi pomeriggio presso la sala Eden incontro di cartello per la nostra associazione politico – culturale Abruzzo Popolare. Alle ore 18:30 si parlerà dell’intelligenza artificiale e di quanto pericoloso ritardo si sta accumulando da noi rispetto alle dinamiche di un certo mondo, che noi chiamiamo avanzato.

Ricerche scientifiche nelle scienze informatiche sono in evoluzione da tempo e stanno raggiungendo limiti estremi tali da mettere in moto attività frenetiche di vari tavoli tecnici e scientifici: di filosofia, di etica e di spiritualità.

Il tavolo della sala Eden di questo pomeriggio non può che sottolineare la necessità di un impegno anche da parte del nostro piccolo mondo popolare fermamente radicato nelle tradizioni, nelle consuetudini e nei riferimenti indissolubili sviluppati e maturati nella nostra storia.

Inutile dirlo, scriverlo o pensarlo, oramai la condivisione delle informazioni reali, utili ed essenziali per la nostra vita, per la nostra società  giunge dappertutto, raggiunge perfino i luoghi più sordi, duri ed ostinati della nostra politica, della nostra società,  della nostra spiritualità. Ecco, quelli che viviamo sono tempi nuovi, tempi di trasformazione ovvero tempi di cambiamento radicale: bisogna essere svegli e vigili, tutti.

Stephen Hawking, uno scienziato dei nostri tempi, nel 2014 ha messo in guardia dai pericoli di questa intelligenza artificiale: la considerava una minaccia vera e propria, addirittura, per la sopravvivenza dell’umanità.

All’incontro saranno ospiti: Padre Emiliano Antenucci, il Col. Franco Sivilli, Germano D’Aurelio, l’On. Tommaso Coletti, l’Arch. Nando Marinucci.

nm

foto WiredItalia




LA GIUNTA MARSILIO DECIDE DI AUMENTARE

Dopo la stangata sul trasporto ferroviario, anche le tariffe del trasporto pubblico su gomma

Pescara, 28 giugno 2024. Che fine ha fatto la risoluzione approvata a novembre anche dal centro destra e che prevedeva l’estensione del biglietto unico su base regionale?

Con un trafiletto fatto passare quasi in incognito ed a margine del comunicato stampa della Regione con il quale sono stati formalizzati i provvedimenti adottati dalla Giunta Marsilio nella seduta del 26 giugno, abbiamo appreso (a dir vero da pochissimi organi di stampa) che “Su proposta dell’Assessore Regionale Umberto D’Annuntiis, è stato approvato l’adeguamento al tasso di inflazione delle tariffe del trasporto pubblico locale su gomma con specifico riferimento ai servizi urbani, suburbani e interurbani e alla tariffa “Unico” applicata nell’area metropolitana Chieti-Pescara”.

DOPO GLI AUMENTI DEL 35% SUL TRASPORTO FERROVIARIO ORA TOCCA AL TRASPORTO SU GOMMA – Provando più semplicemente ad interpretare questo scarno comunicato e per il quale soltanto a distanza di 24 ore lo stesso Assessore D’Annuntiis ha chiarito quale sia effettivamente il campo di applicazione del provvedimento, quale sia la decorrenza temporale degli incrementi tariffari e soprattutto quale sia l’entità degli aumenti in termini percentuali, è stato svelato quanto ai più era apparso alquanto scontato, ovvero che ci sarà un’ulteriore stangata sui cittadini abruzzesi che fruiscono di un servizio pubblico.

Un provvedimento che colpisce quell’utenza del trasporto pubblico che notoriamente è composta da cittadini a basso reddito, pensionati, studenti e che si va a sommare ai 10 anni di costanti rincari per il trasporto ferroviario che la stessa Giunta Marsilio ha concordato con Trenitalia, prevedendo nel Contratto di Servizio un aumento del costo dei biglietti che sarà del 15% nel 2025 e poi di un ulteriore 5% a cadenza biennale fino al termine del contratto di servizio, cioè il 2033. Il che significa per i pendolari abruzzesi  che sceglieranno di viaggiare in treno, un incremento complessivo del 35% rispetto alla spesa attuale del biglietto o dell’abbonamento che si acquista.

Aumenti che sanno davvero di beffa se pensiamo ai continui appelli rivolti alla cittadinanza affinché si privilegi e si utilizzi maggiormente il mezzo pubblico che costituisce ancora oggi la migliore opzione per ridurre l’inquinamento atmosferico. Per non parlare della scarsa attenzione che sia la politica regionale che le stesse imprese di trasporto riservano alla diffusa evasione tariffaria generata da chi viaggia sprovvisto di biglietto.

QUANDO LE STANGATE CAMBIANO COLORE…

È un provvedimento che davvero ci indigna, soprattutto se rammentiamo le reazioni altrettanto indignate di coloro che oggi governano la Regione e che dai banchi dell’opposizione gridavano allo scandalo quando ad aumentare le tariffe erano “gli altri”. Memorabili alcune affermazioni dell’epoca che ci permettiamo di riportare integralmente ….. “Purtroppo non siamo riusciti a evitare questa ennesima stangata a carico degli abruzzesi e in particolare delle fasce più deboli della popolazione – tuonavano esponenti del centro destra e che oggi governano la Regione – Sono state messe le mani nelle tasche dei cittadini” Eppure anche quelli dell’epoca erano aumenti legati all’adeguamento al tasso d’inflazione…

LE QUATTRO PROPOSTE DELLA CGIL E DELLA FILT

Volendo tuttavia mettere da parte le strumentalizzazioni politiche, la Cgil e la Filt provano a formulare le seguenti proposte costruttive in grado di ovviare ai deleteri aumenti tariffari decisi dal Governo Regionale:

1.            Si azzerino gli aumenti tariffari previsti nel settore del trasporto pubblico (gomma e ferro) utilizzando le “scandalose prebende” distribuite dal Governo Regionale, senza prevedere nemmeno l’attivazione di un bando pubblico, attraverso l’emendamento Omnibus di fine anno ad oltre duemila beneficiari per un totale di 18 milioni di euro;

2.            Si intervenga urgentemente sul Governo nazionale e sul Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini affinché sia lo Stato che fino a prova contraria finanzia ancora il trasporto pubblico locale (visto che l’autonomia differenziata non è ancora diventata operativa), ad adeguare urgentemente al tasso d’inflazione il previsto Fondo Nazionale dei trasporti con il quale si distribuiscono le risorse per il trasporto locale alle regioni a statuto ordinario. Il fondo eroga per il 2024 poco più di 5 miliardi di euro (e ne occorrerebbero almeno 6 per finanziare adeguatamente il settore) e di queste risorse appena il 2,69%, corrispondenti a poco più di 138 milioni di euro, finiscono all’Abruzzo. Risorse insufficiente per una Regione dove persistono aree interne e spopolamento.

3.            Si estendano su base regionale i benefici del biglietto unico, così come il Consiglio Regionale si è impegnato a fare con le diverse risoluzioni approvate a fine della precedente legislatura, ponendo fine ad una assurda discriminazione tra territori e cittadini abruzzesi che va avanti dal 2004 e che determina svantaggi per i cittadini delle aree interne che pagano le imposte al pari degli altri abruzzesi.

4.            Si introducano al pari di altre realtà regionali, agevolazioni tariffarie e finanche la gratuità del trasporto pubblico per i cittadini a basso reddito e in generale per tutti gli studenti che frequentano istituti scolastici abruzzesi.

Carmine Ranieri – Segr. Gen.le Cgil Abruzzo Molise

Franco Rolandi – Segr.Reg.le Cgil Abruzzo Molise – Resp. Infrastrutture trasporti

Aurelio Di Eugenio – Segr Gen.le Filt Cgil Abruzzo Molise




MA DAI …!!!

Ognuno va per conto suo qua … come si fa ad andare avanti cosi !

“Clamoroso autogol dei votanti meridionali che aumenta il divario con il nord Italia. A questo punto chissà se riusciranno nella rimonta.” #AutonomiaDifferenziata #Italia#EURO2024

La Vignetta di RU




FINCHÉ LA BARCA VA …

di Domenico Galbiati

PoliticaInsieme.com, 27 giugno 2024. La reazione scomposta di Giorgia Meloni all’esito dei ballottaggi e, contestualmente, all’accordo tra popolari, socialisti e liberali che, di fatto, almeno fin qui, la esclude dalla maggioranza politica destinata a governare l’Europa nel prossimo quinquennio, mostra i limiti di una leadership che è tanto tronfia quando ha il vento in poppa, quanto nervosa non appena il mare si increspa.

Al dunque i nodi vengono al pettine e le ambiguità non pagano. Difficile tenere il piede in due scarpe. Da una parte recitare con dovizia la parte dell’ euro-atlantista convertita dagli antichi furori, dall’ altra coltivare l’ alleanza, sul piano nazionale e non solo, con il peggior sovranismo. Il quale – e qui siamo al colmo della contraddizione – per quante acrobazie dialettiche adotti la Presidente del Consiglio, copre e giustifica la deriva secessionista che, non a caso, è affidata alle premure del Ministro Calderoli, che rappresenta l’effettiva continuità – e, riconosciamolo, la coerenza originaria, sprezzante nei confronti della Nazione “Italia” – del “celodurismo” leghista della prima ora.

Peraltro, Giorgia Meloni conosce soltanto lo scontro. Concepisce il governo solo nella forma del comando e la logica del “premierato” è, anzitutto, la proiezione di un abito mentale che privilegia, rispetto ad un principio di partecipazione democratica effettiva e diffusa, un criterio di autorità.

Alla destra non basta “governare”. È alla ricerca dell’ egemonia e solo nel perimetro di un pieno controllo del quadro generale, a cominciare dalla comunicazione, si sente rassicurata. Del resto, deve cautelarsi sia nei confronti dei “gaffeurs” e dei dilettanti che abbondano tra le sue fila, anche a rilevanti livelli di responsabilità politica ed istituzionale, sia sul fronte della militanza estrema e di chiara impronta fascista, cui pare ispirarsi la “nouvelle vague” allevata nei suoi vivai.

“Nostalgici” erano i vecchi esponenti del MSI che cercavano di mantenere in vita, per quanto storicamente improponibili, le parole d’ ordine, le illusioni, gli ideali traditi che avevano alimentato la passione dei loro vent’anni.

Ma i giovani esaltati che sono inquadrati – a quanto sembrano documentare recenti inchieste giornalistiche – nelle formazioni giovanili, piu’ o meno ufficiali, di Fratelli d’ Italia, dato che evidentemente non vivono di ricordi ed hanno non un crepuscolo, ma davanti a sé una vita intera, cosa preparano per l’Italia di domani?

Intanto, l’astensionismo dilaga e la proposta che la destra avanza per contenerne l’impatto preoccupante, è, a prima vista, sorprendente, ma, in effetti, a volerci riflettere un attimo, del tutto in linea con la sua cultura. Anziché, preoccuparsi di riportare gli italiani ai seggi, meglio chiuderli, almeno provarci, per quel tanto che forse si può fin d’ora osare, cominciando dal taglio dei ballottaggi. È presto, ad ogni modo, per ritenere che siamo giunti ad un cambio d’umore nel sentimento generale del Paese.

La Meloni ha incontestabilmente vinto le elezioni europee, pur lasciando per strada centinaia di migliaia di elettori che l’avevano impalmata nel settembre ‘22, ma ha perso quell’aura di invulnerabilità che rappresenta il collante di cui non può fare a meno il “culto della personalità”. Il soggetto che viene investito di tale ruolo – e la stessa stucchevole retorica meloniana dell’ under-dog è funzionale a questo disegno – o è intangibile o non è. Non sopporta scalfitture alla propria immagine perché sa che facilmente, una volta rotto l’ incantesimi, possono trasformarsi in ferite e poi crepe profonde. Non è detto cha la Schlein abbia vinto, tanto meno che possa farlo in vista della prossima scadenza politica, ma intanto gli italiani hanno capito che Giorgia Meloni può perdere ed il governo del Paese è seriamente contendibile.




DIALOGO FRA IMPRESE, ISTITUZIONI E SINDACATI

Un report sulle competenze e professionalità più richieste dalle aziende in Abruzzo

Pescara, 27 giugno 2024. Cambiamento del concetto sociologico di lavoro, competenze e competitività, formazione sul posto di lavoro, investimenti sul capitale umano, nuove generazioni e mercati globali. Questi i focus attorno ai quali si è animato il dibattito basato sui dati emersi martedì 25 giugno nella sede di Confindustria Abruzzo Medio Adriatico, Via Raiale 110 bis – Pescara, dove è stato presentato il report completo con tutti i risultati dell’indagine promossa da Confindustria Abruzzo Piccola Industria e Adecco sulle competenze e professionalità richieste dalle aziende in Abruzzo.

L’evento ha preso la forma di un convegno dal titolo: “Futuro & Lavoro, Politiche attive e nuove competenze per l’occupazione” e ha costituito un dialogo aperto tra persone, aziende, sindacati e istituzioni per disegnare insieme il futuro del mondo del lavoro e dell’occupazione.

Giammaria de Paulis – Vicepresidente Piccola Industria Confindustria Abruzzo, promotore della ricerca, ha sottolineato: “Gli indicatori di una occupabilità stabile sono tutti positivi per la nostra Regione. L’obiettivo del confronto che abbiamo voluto oggi con istituzioni, imprese e sindacati è quello di analizzare sulla base di dati oggettivi le criticità del mondo del lavoro, del mismatch tra domanda e offerta, per individuare insieme dei percorsi condivisi sui quali investire sinergicamente.

Abbiamo coinvolto 251 aziende di tutti i settori e tutte le dimensioni: qualcosa in Abruzzo si muove positivamente, in linea con i tempi e le caratteristiche di un mercato del lavoro ormai globale; infatti, il primo profilo che emerge come il più ricercato, addetti al commerciale e alle vendite, è il medesimo indicato dal social network mondiale LinkedIn come quello in ascesa nel 2025.

Infine, in un’ottica di piena sinergia e concretezza abbiamo raccolto, insieme a tutti gli stakeholder presenti, l’invito della Regione a istituire un osservatorio del mondo del lavoro, in cui le parole “efficienza” ed “efficacia” siano le chiavi di lettura per analisi e reportistiche concrete, legate al territorio, alle aziende e ai lavoratori, per formare e sostenere professioni e competenze mirate, soprattutto in un mondo in cui la vera chiave di lettura non è il cambiamento, ma la velocità con cui questo avviene”.

Angelina Coletta – Head of Operations Abruzzo Molise Adecco Italia ha presentato dettagliatamente i risultati dell’analisi, sottolineando che: “La previsione sulla variazione di organico delle imprese intervistate si attesta su una media del più 3,65% nei prossimi mesi, con un picco per le PMI sotto i 50 dipendenti di un aumento del 10,06% e, con i riferimenti ai settori produttivi, un +7,76% per il settore servizi. Le competenze più richieste e che risultano più complesse da trovare nei profili da assumere sono risultate l’orientamento al risultato in termini di determinazione e impegno e il problem solving. Significa che le aziende hanno bisogno di competenze per competere in termini di orientamento al risultato più che competenze tecniche.”

Giuseppe Ranalli – Presidente Piccola Industria Confindustria Abruzzo ha aggiunto: “La fuga di cervelli ci colpisce duramente, dobbiamo recuperare i giovani che scelgono di andare all’estero. Un depauperamento per le imprese abruzzesi e la loro competitività sul mercato. Dobbiamo sviluppare l’attrattività dei nostri luoghi di lavoro, con azioni di welfare. Non si può fare sviluppo senza le persone: i collaboratori sono al centro dell’impresa.”

Sono intervenuti al convegno anche Umberto Sgambati – Vicepresidente Confindustria Abruzzo Medio Adriatico, Tiziana Magnacca – Assessore Regione Abruzzo con delega al Lavoro, Luca Di Giammatteo – Direttore di Filiale Adecco Italia, Dario Nizza – Development Director Adecco Italia S.p.A., Renata Durante – Direttore Dipartimento Lavoro Regione Abruzzo, Michele Lombardo – Segretario Generale UIL Abruzzo, Carmine Ranieri – Segretario Generale CGIL Abruzzo Molise, Fabio Benintendi – Rappresentante CISL Abruzzo Molise.

Ha moderato i lavori Andrea Mori – Giornalista.




IN CAMPO UN GRUPPO INTERFORZE

Accordo tra pubbliche amministrazioni per contrastare l’uso dei veleni nell’uccisione di animali

Pescasseroli, 26 giugno 2024. Il fenomeno degli avvelenamenti dolosi di animali è purtroppo costantemente in aumento e interessa sia specie domestiche sia selvatiche, ponendo così in serio pericolo anche quelle a rischio di estinzione, tra cui l’orso bruno marsicano, presenza stabile nella regione Lazio, in particolar modo nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise.

In tale contesto, la Regione Lazio ha ritenuto necessario promuovere l’implementazione sul territorio di una presenza coordinata delle Istituzioni competenti in materia di sorveglianza e contrasto all’uso di sostanze venefiche, per l’attivazione di idonee iniziative di prevenzione del fenomeno degli avvelenamenti che, risultando letale per molte specie, determina drammatici squilibri ecosistemici.

È nato così il Gruppo Interforze Antiveleno, composto da rappresentanti del Comando Regione Carabinieri Forestale Lazio, della Regione Lazio e del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, con lo scopo di prevenire a una conoscenza approfondita del fenomeno e favorire il coordinamento delle forze in campo, costituite anche dalle Unità Cinofile Antiveleno, qualificato e indispensabile strumento di ricerca di carcasse ed esche avvelenate, per la bonifica dei territorio e l’individuazione di fonti di prova utili allo svolgimento delle indagini e all’individuazione dei colpevoli.

Avvelenare un animale è infatti considerato un delitto, ai sensi dell’art. 544-bis e 544-ter del Codice penale, rispettivamente uccisione e maltrattamento di animali, reati per i quali è prevista la pena della reclusione.

L’iniziativa realizzata rientra nell’ambito della Convenzione vigente tra MASAF e Regione Lazio per l’impiego dei Carabinieri Forestale in specifici settori di competenza regionale, oltre che tra le azioni primarie sinergiche previste dall’Accordo tra Pubbliche Amministrazioni per l’implementazione del Piano d’Azione per la tutela dell’Orso bruno marsicano.




LE VIE DELLA LANA

Da Torino di Sangro a Forca Di Penne, arriva in Abruzzo il viaggio del ritorno lungo il Tratturo Magno del documentario per il mercato internazionale

Chieti, 26 giugno 2024. In corso le riprese lungo tratto chietino e pescarese della grande via d’erba della transumanza, dopo tappe in Puglia e Molise. Etnobotanico Aurelio Manzi, “tratturi bacino di biodiversità vegetale, tante specie comuni ad altre regioni perché semi trasportati da vello delle pecore”.

 Il regista Daniele Di Domenico, “Raccontiamo la connessione immateriale, fatta di saperi, memorie, tradizioni e rituali, condivisi lungo tutto il percorso del Tratturo magno”

Dal mare ai primi contrafforti del Gran Sasso, da Torino di Sangro a Forca di Penne, lungo il tratto chietino e pescarese del Tratturo magno. Sulla via del ritorno, la stessa che i pastori abruzzesi e milioni di pecore percorrevano in tarda primavera dal Tavoliere delle Puglie, dove avevano trascorso l’inverno, per poter finalmente tornare a casa, sulle loro montagne, a riabbracciare le famiglie.

Dopo Foggia e la sua dogana, che governò la florida economia della transumanza per secoli, da quando fu istituita da Alfonso di Aragona a metà del ‘400, San Paolo di Civitate e Serracapriola, porte d’ingresso ai pascoli della Puglia, Monte Sant’Angelo e il santuario di San Michele Arcangelo, protettore dei pastori e delle greggi, i tratturi del Molise, che lentamente scendono verso l’Adriatico, prosegue il viaggio, finalmente in terra abruzzese, de “Le Via della Lana”, documentario destinato al mercato televisivo nazionale e internazionale, in fase di realizzazione, a firma di Kairostudio, e del regista Daniele Di Domenico: un viaggio di oltre 240 chilometri che si concluderà a L’Aquila, e a Campo Imperatore, lungo il Tratturo magno ed altri regi tratturi, le vie d’erba, larghe 111,6 metri, ad uso esclusivo del passaggio delle imponenti greggi, per raccontare finalmente in modo unitario e completo, la civiltà della transumanza che l’Unesco ha dichiarato dal 2019 Patrimonio culturale Immateriale dell’umanità.

È importante raccontare ancora oggi la secolare epopea della transumanza – spiega Di Domenico -, perché essa rappresenta le radici della civiltà del Mezzogiorno d’Italia e anche di tanta parte del Mediterraneo. E tappa dopo tappa, ci siamo resi conto che in realtà, per quanto la pratica della transumanza sostanzialmente non esista più, come pure buona parte del Tratturo magno, l’economia legata alla pastorizia c’è ancora, offre prodotti straordinari, portata avanti da lavoratori eccezionali, e andrebbe valorizzata e sostenuta, come un punto di forza delle aree interne e montane, in quanto svolge un prezioso servizio ambientale e di tutela e del territorio. Ed ancora tangibile, viva e attuale, è anche una connessione immateriale, fatta di saperi, memorie, tradizioni e rituali, condivisi lungo tutto il percorso del Tratturo magno, dall’Abruzzo alla Puglia passando per il Molise”.

Prima tappa in Abruzzo è stata Torino di Sangro, dove il Tratturo magno si affaccia al mare  e lambisce la lecceta, preziosa area naturalistica. A seguire Lanciano, città crocevia di traffici e mercati sin dall’antichità, tra cui quelli resi possibili dal passaggio stagionale di milioni di pecore, tanto che le sue importanti fiere erano in perfetta sincronia con i tempi della transumanza. Poi ancora Frisa, Poggiofiorito, Arielli, Canosa Sannita, Giuliano Teatino, Ari, Vacri, Villamagna, Bucchianico, e altri comuni e paesi ancora, e con un “diversivo” rispetto al tracciato del Tratturo magno a Roccascalegna, per raccontare il talento degli artigiani nel realizzare le “fuscelle”, usate prima dell’avvento dei canestri in plastica per mettere “in forma” il formaggio, e tessute con un’erba palustre che cresce vicino al tratturo nelle.zone umide di Lesina in Puglia.

Ha spiegato dunque uno dei tanti protagonisti di Vie della Lana, l’etnobotanico Aurelio Manzi:  “I tratturi sono connotati da una vegetazione condizionata dal passaggio degli animali e dal loro calpestio, specie che per secoli si sono adattate alla brucatura, come la plantago serraria, ma anche il carciofo selvatico, il carduccio del tratturo, che faceva parte della dieta dei pastori in cammino, e le foglie erano utilizzate anche come caglio. Altra presenza costante il pero mandorlino, i cui frutti erano assai apprezzati dagli animali, Nei tratti costieri c’è poi la liquirizia,  cui radici i pastori raccoglievano sulla via del ritorno, per portarla ai loro figli, come apprezzatissimo regalo. Le stesse pecore trasportavano i semi che si attaccavano al loro vello per centinaia di chilometri, come quelli della medicago, una erba medica selvatica. Ecco perché molte varietà sono comuni al percorso del Tratturo magno, che anche per questo rappresenta ancora oggi un patrimonio immateriale e culturale da riscoprire e valorizzare”.

Attraversato il fiume Pescara, altra tappa quella di Rosciano dove la cantina Marramiero ha deciso di eliminare alcuni filari delle sue vigne per rendere leggibile il tratturo, e ha prodotto il vino Sessanta passi, un bianco pecorino, che prende il nome dalla larghezza del tratturo di 60 passi napoletani corrispondenti a 111 metri circa. E poi Cugnoli, la cui amministrazione comunale sta dedicando grandi energie per la valorizzazione del Tratturo magno che attraversa il suo territorio con lunghi tratti ancora ben conservati e leggibili, organizzando ad esempio il Transumanze festival, che propone importanti convegni con esperti da tutta Italia, e con una rete sentieristica in fase realizzativa, che in parte ricalca il tratturo magno.

Ha spiegato dunque Lanfranco Chiola, vice sindaco e coordinatore dell’Area omogenea 5 del cratere sismico del 2009: “a Cugnoli la ricostruzione post sismica, dal punto di vista fisico ed edilizio, è pressoché terminata, il nostro borgo è tornato allo splendore, ma questo non può bastare, serve come si è detto e ripetuto tante volte anche la ricostruzione immateriale, del tessuto sociale, individuando nuove vocazioni, economiche e turistiche per tutti i paesi che hanno subito la catastrofe del terremoto. Da questo punto di vista la valorizzazione del Tratturo magno, della grande civiltà della transumanza può e deve rappresentare una potente leva, anche a livello internazionale, in un’ottica di rete e sinergia con tutti i comuni che condividono storicamente questo patrimonio dell’umanità”.

Infine, proseguendo verso ovest, dopo Corvara e Pietranico, ultima tappa sotto la torre di Forca di Penne, altro luogo iconico, che divideva il tratto montano e aquilano del tratturo magno, da quello collinare e poi costiero del  pescarese.

Il documentario è finanziato dall’Unione Europea – Next Generation EU – PNRR Transizione Digitale Organismi Culturali e Creativi e si fregia del sostegno della Camera di Commercio Gran Sasso d’Italia, della Camera di Commercio Chieti Pescara e del Comune di Cugnoli, nonchè della sponsorizzazione della Cantina Marramiero di Rosciano, in provincia di Pescara.

La forma narrativa de “Le vie della Lana” è già stata sperimentata per la prima volta da Kairostudio nel 2022, per la realizzazione de “I Giganti del Mare”,  film documentario che racconta l’affascinante storia dei trabocchi, un viaggio di 130 miglia nautiche in barca a vela, lungo le coste di Abruzzo, Molise e Puglia. Il documentario è andato poi in onda su Raitre, all’interno del programma Geo, totalizzando una media di ascolti superiore al 10% di share, pari a 1 milione di telespettatori, e attualmente è distribuito su piattaforma Samsung TV, nei territori UK, US, Irlanda, Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Olanda, Portogallo.

Kairostudio s.r.l. è una società di produzione cinematografica e televisiva impegnata a promuovere i temi della sostenibilità. Dal 2007 collabora con istituzioni, università, centri di ricerca e aziende in Italia e all’estero. Ha partecipato a diversi programmi, nazionali ed europei, per il governo e lo sviluppo del territorio (PSR, Life Plus, Interreg, Agrip). Ha collaborato, tra gli altri, con la Rai per programmi storici come Geo e SuperQuark e con Rai Kids per lo sviluppo di contenuti per bambini, destinati ai canali Rai Yoyo e Rai Gulp.




SCUOLA E VOLONTARIATO

Binomio vincente per prevenire i conflitti. Risultati positivi del progetto attuato nelle scuole abruzzesi dal CSV: raggiunti oltre 2.500 alunni

L’Aquila, 26 giugno 2024. Diffondere fra gli adolescenti la cultura della solidarietà e dell’impegno sociale quale arma di prevenzione dei conflitti e delle forme patologiche relazionali che spesso sfociano in dolorosi fatti di cronaca. È anche questo lo scopo del progetto “Scuola e volontariato” nato dalla collaborazione fra il Centro Servizio per il Volontariato Abruzzo ETS Abruzzo e l’Ufficio scolastico regionale per l’Abruzzo suggellato da un protocollo d’intesa siglato il 16 novembre 2022.

I percorsi attivati nell’anno scolastico 2023/2024 hanno coinvolto in tutta la Regione 2.500 alunni e oltre 47 istituzioni scolastiche in collaborazione con gli enti del terzo settore accreditati. Il progetto è stato declinato in due macroaree: “Cosa mi gira intorno” e “Io, tu…volontari”.

Come sottolineato dal presidente del CSVA, Casto Bonaventura in occasione di un incontro di restituzione che si è svolto stamane nella sede dell’USR Abruzzo: “Abbiamo potuto raccontare la nostra esperienza, fatta in questi anni, in accordo con le scuole che sono in numero crescente e che partecipano con sempre maggiore interesse ed entusiasmo ai nostri progetti di Scuola e volontariato. Abbiamo trovato una grande disponibilità da parte dell’Ufficio scolastico regionale, del direttore Nardocci, con tutto il suo staff, che ci ha assicurato la massima collaborazione dando seguito al nostro protocollo di intesa, in maniera tangibile. Potremo così costruire insieme percorsi per il futuro con le scuole e con le associazioni di volontariato”.

Il direttore generale dell’USR Abruzzo, Massimiliano Nardocci, nell’esprimere soddisfazione per il proficuo lavoro svolto nelle scuole abruzzesi ha auspicato “l’attivazione di un rapporto sempre più sinergico fra USR e CSVA al fine di attivare per il prossimo anno scolastico una programmazione che rispecchi i bisogni delle istituzioni scolastiche, allargando il raggio di azione anche alle scuole del primo grado accentuando la valenza orientativa dei percorsi messi in atto”.

In effetti la maggior parte delle azioni è stata attuata nell’ambito del PCTO con le associazioni di settore. Le iniziative sono state incentrate sull’attivazione di laboratori di cittadinanza attiva e progettazione partecipata; stage presso le associazioni; l’allestimento di una mostra dal titolo: “Da solo non basto”; il percorso “Long live love” sull’amore, le emozioni e la sessualità; l’orientamento al Servizio civile universale.

Sono stati inoltre attivati incontri di orientamento sul volontariato internazionale (“Time to move”) ed è stata infine attribuita una borsa di studio rivolta agli studenti dell’ultimo anno degli Istituti secondari di secondo grado della Valle Peligna e dell’Alto Sangro.




SCIOPERO!

Di fronte a due licenziamenti non può esserci che una risposta

Atessa, 25 giugno 2025. Negli ultimi mesi L’USB, in M.A. di Atessa, ha più volte protestato e scioperato contro le modalità di gestione da parte aziendale e contro le contestazioni disciplinari pretestuose. Con licenziamento di due lavoratrici nella scorsa settimana, che avrebbero avuto un diverbio in costanza di lavoro, riteniamo che si sia varcato un limite ingiustificabile. Per quanto a nostra conoscenza, la situazione è stata gestita in modo grossolano e anche in violazione dei diritti dei lavoratori stabiliti da leggi e contratti.

Nella giornata di giovedì avevamo già proclamato due ore di sciopero chiedendo all’azienda di non procedere al licenziamento ma la stessa è stata inflessibile procedendo come un elefante in una cristalleria. Gradiremmo tanta puntigliosità aziendale anche nel rispetto delle norme sulla sicurezza, sulle condizioni microclimatiche insostenibili o sulla contrattazione di secondo livello che si protrae da anni. In questi casi i lavoratori devono rispondere con unione e decisione perché ciò che è accaduto alle due colleghe può accadere ad ognuno di loro.

Non può essere sufficiente esprimere una semplice e scontata solidarietà, bisogna agire costringendo l’azienda a tornare sui propri passi rivalutando i provvedimenti che appaiono semplicemente sproporzionati.

L’USB non ha mai fatto distinzioni tra lavoratori, e anche in questo caso non lo farà, e convintamente proclama sciopero su tutti i turni lavorativi nella giornata di martedì 25 giugno chiedendo l’immediato RITIRO DEI LICENZIAMENTI.

L’USB dichiara in M.A. Atessa 2 8 ore di sciopero su tutti i turni di lavoro nella giornata di martedì 25/06/2024




L’ACQUA DI SAN GIOVANNI

Un successo nei luoghi meravigliosi fra natura storia e tradizioni. Continuano eventi nella Riserva Borsacchio per salvarla dalla cancellazione

Roseto degli Abruzzi, 25 giugno 2024. Con grande emozione annunciamo che l’iniziativa per valorizzare la Riserva Borsacchio e le tradizioni locali, denominata “L’Acqua di San Giovanni con escursione all’Accolle”, tenutasi domenica scorsa, è stata un successo. Nonostante la pioggia, un centinaio di partecipanti si sono uniti all’escursione per raccogliere fiori ed erbe tradizionali utilizzati nella preparazione dell’Acqua di San Giovanni, nota per le sue proprietà benauguranti.

L’Acqua di San Giovanni è una tradizione popolare che prevede la raccolta di fiori ed erbe durante la notte tra il 23 e il 24 giugno. Questi elementi vengono poi immersi in acqua e lasciati esposti alla rugiada notturna,  acquisendo proprietà benefiche e protettive.

Il giorno prima i volontari delle guide del Borsacchio hanno rimesso a nuovo il piazzale pulendo a mano tutta l’immondizia , sfalciando e pulendo le cavate di scolo con la rimozione delle erbe dalle murature dell’antica fonte a mano. Partita l’escursione dall’antico percorso di Via Accolle è iniziato il rito dell’Acqua di San Giovanni, con momenti di raccoglimento e preparazione. Al termine, tutti i presenti hanno riportato l’acqua della fonte con i fiori di San Giovanni.

Questa tradizione è un’importante iniziativa che, da anni, stiamo promuovendo con sempre maggiore successo all’interno della Riserva Borsacchio. Proprio in quei luoghi collinari, tra cui la splendida Fontana d’Accolle, che alcuni vorrebbero inspiegabilmente escludere dalla riserva. Ancora una volta, con tantissime persone, difendiamo e rivendichiamo che rimanga nella Riserva Borsacchio, insieme a tutti i bellissimi tratti che attraggono ogni anno visitatori e custodiscono la natura.

Ringraziamo tutti i partecipanti e i volontari che hanno reso possibile questa straordinaria giornata, contribuendo a mantenere vive le nostre tradizioni e a valorizzare la bellezza della nostra riserva.

*Marco Borgatti presidente Associazione Guide del Borsacchio*




INTELLIGENZA ARTIFICIALE: OPPORTUNITÀ E PERICOLI

[Informazioni, Indicazioni, Riflessioni, Sorrisi]

Ortona, 24 giugno 2024. Venerdì prossimo, 28 giugno 2024, alle ore 18:00 presso la Sala Eden di Ortona incontro pubblico, organizzato dall’associazione politico culturale Abruzzo Popolare, dal titolo: Intelligenza Artificiale: Opportunità e Pericoli.

A parlarne ci saranno autorevoli personalità del campo dal Col. Franco Sivilli, Direttore Generale risorse informatiche e statistica Consiglio di Stato di Roma, a Padre Emiliano Antenucci, Rettore Santuario Madonna del Silenzio di Avezzano, dall’On. Tommaso Coletti, politico già senatore della Repubblica, Presidente della Provincia e Presidente della nostra associazione editrice  Abruzzo Popolare, a Germano D’Aurelio, uomo di spettacolo, in arte ‘Nduccio. Modera l’incontro il sottoscritto, Arch. Nando Marinucci, direttore dei questa testata informativa on line Abruzzopopolare.it




LA FESTA EUROPEA DELLA MUSICA

Grande successo per gli alunni dei maestri Luca Di Diego e Alice Vedilei

Rocca San Giovanni, 24 giugno 2024. Lo scorso 21 giugno si è svolta la 30° edizione della “Festa Europea della Musica”, che ha visto partecipare per la prima volta la città di Rocca San Giovanni.

I maestri Alice Vedilei e Luca Di Diego sono stati ospiti dell’Associazione Culturale Ericle D’Antonio e con i loro alunni, cantanti e chitarristi, hanno creato un’atmosfera magica coinvolgendo il numeroso pubblico presente.

I ragazzi che si sono esibiti hanno conquistato il pubblico che ha partecipato con grande gioia regalandogli scrosci di applausi e ovazioni.

“Vedere i nostri allievi esibirsi dal vivo è sempre una grande emozione, in quanto significa essere ripagati del lavoro svolto nel corso degli anni, ma vederli in un’occasione così importante, fare un vero e proprio concerto ci rende profondamente orgogliosi.” Dicono i maestri Di Diego e Vedilei.

“Ringraziamo il Sindaco, l’Amministrazione comunale tutta e l’Associazione culturale Ericle D’Antonio per averci ospitati e per aver creato un evento bellissimo e di altissimo livello che è durato fino a tarda sera.  Il ringraziamento più grande lo rivolgiamo ai nostri alunni…Grazie Ragazzi!”




IL SENSO CRISTIANO DELL’IMPEGNO POLITICO

di Mons. Mario Toso

PoliticaInsieme.com, 24 giugno 2024. Papa Francesco insegna e testimonia che la politica è dialogo rispettoso, non negoziati ostili tra partiti. La politica è “incontro e azione”, ma è anche “dialogo rispettoso” e non “negoziati ostili” tra partiti, scontro “violento” come spesso accade nei dibattiti. Non è “ideologia” è riflessione. L’impegno dei cattolici nella vita pubblica alimenta la democrazia non solo ascoltandosi, dialogando, praticando un discernimento della realtà alla luce della Parola di Dio, bensì condividendo prospettive pratiche, con una rinnovata immaginazione politica. Dopo aver letto il Documento preparatorio della Settimana sociale della Chiesa italiana si ricava l’impressione che non bisogna enfatizzare la pur importante partecipazione sociale da cui si vorrebbe prendere le mosse.

Sarà necessaria anche un’adeguata riflessione sulla crisi della democrazia, sulla partecipazione politica, sulle rappresentanze partitiche, sulle regole procedurali, sul principio della maggioranza, sulla nascita di nuovi movimenti sociali che sappiano occuparsi non solo del sociale. Devono adoperarsi per ripensare le regole del gioco, vale a dire per ridisegnare l’assetto istituzionale, entro il contesto del bene comune mondiale. La democrazia rinascerà eticamente, culturalmente, se si incentrerà sempre più su un umanesimo trascendente e comunitario, bypassando l’umanesimo transumano; se saprà valorizzare i più poveri. Senza di loro la democrazia si atrofizza, diventa un nominalismo, perde rappresentatività. Diventa una democrazia di pochi per pochi. Funzionale a tutto questo sarà il rilancio di una nuova evangelizzazione del sociale, quale grembo evangelico e culturale che alimenta le radici della democrazia sostanziale. Solo una nuova evangelizzazione del sociale ci aiuterà ad elaborare un nuovo pensiero e una nuova cultura politica, a fronte della complessità globale, della terza guerra mondiale a pezzi, delle epidemie, delle migrazioni, dei cambiamenti climatici. È tempo ormai di riflettere seriamente sul vuoto tragico in cui sono precipitati i cattolici. L’attuale situazione di diaspora oltre che essere un errore fatale dal punto di vista ideologico lo è anche dal punto di vista pratico, ossia dell’apporto di uno specifico contributo in vista della realizzazione del bene comune della famiglia umana.

Come ha incisivamente sottolineato il cardinale Matteo Zuppi, in occasione dell’anniversario del Codice di Camaldoli, uno dei problemi di oggi è “il divorzio tra cultura e politica, non solo per i cattolici, con il risultato di una politica epidermica, a volte ignorante, del giorno per giorno, con poche visioni, segnata da interessi modesti ma molto enfatizzati”. C’è bisogno di nuove generazioni di intellettuali, professionisti, pedagogisti, giuristi, economisti, politici, comunicatori e umanizzatori dell’intelligenza artificiale, che sappiano, come ai tempi di Pio XII fecero i laureati cattolici, passare all’azione sul piano culturale, traducendo l’insegnamento sociale della Chiesa in un linguaggio politico, accessibile ai più. Una nuova presenza politica può nascere da una nuova cultura e, prima ancora, da una nuova evangelizzazione del sociale. Queste consentiranno di superare la falsa ideologia della diaspora, per formare una “massa critica” a livello politico, capace di una più incisiva e convinta partecipazione, tipica di una democrazia deliberativa.

I partiti sono nati allorché si volle rendere più responsabili della gestione del bene comune i rappresentanti della società civile, dei sindacati dei lavoratori, dei movimenti sociali, delle associazioni religiose e culturali e non solo. Non pochi studiosi dell’attuale crisi della democrazia registrano che nel tempo anche i partiti, considerati un’importante istituzione della partecipazione e della rappresentanza, a motivo del prevalere della figura dei partiti personali, di oligarchie della ricchezza e dell’affermarsi di un pensiero politico populista, sono entrati anch’essi in crisi. Oggi è chiaro che, se si vuole superare la fine della democrazia dei partiti ed essere presenti ed influenti nell’arena politica, è necessario conoscere e saper utilizzare i nuovi mezzi di coagulo degli interessi, di discussione dei problemi, di verifica delle opinioni, nonché di reperimento di fondi (fund raising), secondo i nuovi scenari legislativi e comunicativi.




FEDE E PAURA

Il difficile percorso con le nostre fragilità e la prossimità con Dio anche nell’ora del naufragio. Il punto è capire come e se la nostra fede genera e amplifica incertezze e paure o come le riduce e le controlla. Domande difficili.

di don Rocco D’Ambrosio

Globalist.com, 23 giugno 2024. Il Vangelo odierno: In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».

Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!».

Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».

E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?»

(Mc 4,35-41 – XII TO B).

Non ci sono solo le guerre, ci sono tante situazioni di incertezza e di paura. La paura è, di fatto, una condizione esistenziale. Nella vita sono tante le paure: quella di crescere, di essere autonomi, di intraprendere relazioni stabili e durature, di non trovare o cambiare lavoro; ci sono le paure delle malattie, dei rischi per strada, del terrorismo, di incappare in ladri, briganti, maniaci sessuali, pedofili, violentatori, truffatori. E così via. Su di tutte emerge, madre e sovrana, la paura della morte. Forse oggi le avvertiamo di più perché siamo molto più fragili rispetto alle generazioni passate. Tuttavia, si comprende bene come il problema è, innanzitutto, antropologico, prima che sociale e politico. Ovviamente non esistono ricette, vista l’ampiezza del problema e i suoi mille volti. Certamente esistono percorsi educativi e psicologici che aiutano a fronteggiare e superare le tante paure. Come esiste, nel nostro caso, una riflessione che va fatta su fede e paura.

Il punto è capire, allora, come e se la nostra fede genera e amplifica incertezze e paure o come le riduce e le controlla. Domande difficili. Gli Apostoli sulla barca, in preda alla paura, vivono un momento di crisi non solo con sé stessi, tanto da sentirsi perduti, ma anche tra di loro, con la potenza del vento e persino con il Signore Gesù. Il tutto trova espressione in quel grido ansioso: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”

Gesù ristabilisce un ordine pacifico e benefico. Ordina al vento di tacere e di calmarsi. Ma il tempo stesso rimprovera i discepoli per la paura che deriva dalla loro mancanza di fede, ossia da una relazione con Dio in crisi.

Tutto è in relazione”, dice il papa nelle Laudato sì. Quindi se una relazione (con Dio) va in crisi, ne risentono anche le altre tre relazioni fondamentali (con sé stessi, con gli altri e con la natura). Si tratta, allora, per chi non lo fa già, di non pensare mai la propria vita a compartimenti stagni, ma pensarla, meditarla, progettarla e realizzarla come un “tutto in relazione”: con sé stessi, con gli altri, con la natura e con Dio.

Parole illuminanti quelle di Dietrich Bonhoeffer: “Comprendete l’ora della tempesta e del naufragio, è l’ora della inaudita prossimità di Dio, non della sua lontananza.

Là dove tutte le altre sicurezze si infrangono e crollano e tutti i puntelli che reggevano la nostra esistenza sono rovinati uno dopo altro, là dove abbiamo dovuto imparare a rinunciare, proprio là si realizza questa prossimità di Dio, perché Dio sta per intervenire, vuol essere per noi sostegno e certezza.

Egli distrugge, lascia che abbia luogo il naufragio, nel destino e nella colpa, ma in ogni naufragio ci ributta su di Lui. Questo ci vuole mostrare: quando tu lasci andare tutto, quando perdi e abbandoni ogni tua sicurezza, ecco, allora sei libero per Dio e totalmente sicuro in Lui.

Che solo ci sia dato di comprendere con retto discernimento le tempeste della tribolazione e della tentazione, le tempeste d’alto mare della nostra vita! In esse Dio è vicino, non lontano, il nostro Dio è in croce. La croce è il segno in cui la falsa sicurezza viene sottoposta a giudizio e viene ristabilita la fede in Dio”.




LE REGIONI RICCHE E LO STATO DEBOLE

di Michele Marino

PoliticaInsieme.com, 23 giugno 2024. La caratteristica prevalente in merito alla forma di Stato che a partire dalla Costituzione della Repubblica è stata adottata è quella di una sorta di regionalismo spinto: basti pensare alla previsione normativa delle regioni a statuto speciale e province autonome. Anomalia tutta italica – dopo un lungo periodo  di disapplicazione della Costituzione, essendo state introdotte soltanto nel 1975 – e che ci portiamo dietro, faticosamente e tra tante contraddizioni, da ben 76 anni e sulla quale mi sono lanciato del tutto isolatamente, all’epoca del II Governo Berlusconi, nel corso di una riunione di Gabinetto, affermando che si trattasse (e lo è tuttora!) di una configurazione legislativa superata e quanto meno da riesaminare con severità di approccio e approfonditamente: silenzio assordante quasi da vergognarsi … altro che vox clamans in deserto!

Questa premessa è utile non solo a comprendere come, essendo la nostra una democrazia ancora giovane, la classe dirigente del Paese restava, dopo tre generazioni a distanza dalla II guerra mondiale, poco decisionista e futurista  nel senso che mancava una visione di sistema. E tale carenza politica come ricerca del bene in chiave paradigmatica della società/polis si riverbera, giorno dopo giorno, inevitabilmente, in una serie di problematiche relative ai rapporti tra lo Stato centrale, dicasi Governo/dicasteri, e le regioni con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti noi.

Ora il primo esecutivo di Destra (centro)  sta intentando a dipanare l’intricata matassa anche cercando di dare un senso effettivo al concetto della qualità del servizio sanitario nazionale, includendo cioè nella Costituzione il principio pragmatico dei L.E.P., dicasi livelli essenziali delle prestazioni come presupposto necessario e indispensabile per dare corso al dettato della riforma costituzionale in sede attuativa (sempre che verrà confermata dal responso referendario successivo all’approvazione in duplice esame nelle aule parlamentari.

Ed ahimé, la più rilevante materia, socialmente,  è quella sanitaria che vuol dire articolo 32 Cost. , ovvero il fondamentale diritto alla salute che viene sottoposto ad una serie di dibattiti, esami, approvazioni e pareri dell’elettorato da far tremare le gambe … Oggidì, tanti costituzionalisti, politologi e presidenti di regione, oltre a numerosi sindaci tra cui alcuni esponenti della maggioranza mettono in discussione il fatto che detta competenza di primario interesse non faccia capo allo Stato centrale, anche in considerazione della difformità organizzativa e tecnologica tra gli enti territoriali che determina quasi delle categorie tra cittadini, più o meno garantiti nell’espletamento dei servizi essenziali per la loro salute.

L’accentuazione del potere regionale a scapito di quello statale o meglio ministeriale resta una vecchia chimera della Lega nord, già Padania, che suscita non poche perplessità incominciando dalla seguente considerazione empirica: l’autonomia speciale fu voluta dall’Assemblea costituente con la configurazione delle regioni a statuto speciale, la cui gestione nel corso dei decenni passati non ha dato ampia prova di successo o comunque di un tipo di amministrazione decentrata migliore di quella ordinaria.

Ne deriva anche una considerazione negativa sull’assunzione di responsabilità che, generalmente – e non da oggi -sembra accomunare in modo particolare a livello regionale  la dirigenza politica a quella dell’apparato amministrativo. Laddove, invece, nell’Amministrazione centrale qualcosa di più è stato fatto in merito al principio (leggi Bassanini-Brunetta) – della separazione del potere politico da quello amministrativo. Esso rimane una sorta di palla di piombo al piede della nazione che appesantisce anche la presente riforma.

Forse c’è da ripensare, anche finanziariamente, ai maggiori oneri che deriveranno dalla moltiplicazione dei centri di spesa che andranno a decidere sugli appalti, conferimenti di incarichi e convenzioni, fondamentali nella vita sociale e sanitaria,  a danno del contenimento del debito pubblico ed a scapito della tutela della salute e della dignità umana!

Quindi, pur riconoscendo il coraggio della Presidente del Consiglio nel decidere di affrontare un iter lungo e travagliato,  e premesso che è inequivocabile l’esigenza di confrontarsi tra le distinte parti politiche, senza puntare esclusivamente a soddisfare le aspettative del proprio elettorato, l’Autonomia differenziata dovrà esser condivisa e compresa dalla maggioranza di tutta la popolazione e non solo quella che vota a destra.

Un dubbio obiettivamente sorge spontaneo … detta riforma dell’ordinamento costituzionale rafforzerà le regioni, tutt’altro che meritevoli, ulteriormente e indebolirà lo Stato centrale e con quali risultati rispetto alle già difficili condizioni esistenziali dei cittadini meno abbienti?