LA RISERVA CHE BRUCERÀ DUE VOLTE: NOCO2!

Pescara, 7 aprile 2024. Un nuovo incendio incombe sulla Riserva Dannunziana. Dopo quello della triste giornata del primo agosto del 2021, che ha mandato in fumo centinaia e centinaia di arbusti e alberi, ora se ne annuncia uno nuovo, subdolo, invisibile e ancor più distruttivo, e questa volta deciso e voluto dall’uomo. Ma a differenza del primo, a cui farà seguito nuova vita, il secondo molto probabilmente darà luogo a energia e poi … anidride carbonica: CO2.

Da alcuni organi di informazione si apprende che i tronchi rimossi dalle aree percorse dal fuoco del 2021, e per adesso stoccati in cataste recintate sempre all’interno dell’area protetta, saranno venduti. A chi? Per farne cosa?

Se vero, il paradosso di questa scelta sta nel fatto che l’attuale progettista dell’intervento, nonché direttore dei lavori, nella sua relazione ha affermato che: “il legname (…) rimane nelle disponibilità dell’appaltatore che ne deciderà della eventuale utilizzazione. Il valore di mercato del materiale legnoso esboscato, tenendo conto dello stato del materiale in parte carbonizzato, in parte già in decomposizione, è quasi nullo, questo potrebbe però trovare una possibile commercializzazione nell’ambito delle biomasse per scopo energetico; pertanto, si suggerisce all’Amministrazione di verificare tale possibilità, ad esempio potrebbe essere appetibile per la centrale a biomasse presente nella vicina città di Termoli in Molise.”

Ora appare curioso che, interrogato uno degli operai sul cantiere, si viene a sapere che il materiale è del Comune e che l’azienda impegnata nei lavori lo deve solo accatastare.

Di chi è quindi questo materiale?

Qual è il suo destino?

A tal proposito torna utile citare il Codice degli appalti sul verde (diversi DL dal 2016 al 2023), a cui l’Amministrazione deve attenersi, e soprattutto i CAM, criteri ambientali minimi, molto chiari e rigidi nelle procedure, che NON contemplano la destinazione energetica di tronchi e ramaglie, ma compostaggio in loco o in impianti dedicati.

È la legge.

E in più prevede che vengano predisposti progetti chiari di uso degli scarti e campagne educative di carattere ambientale. A Pescara sembra che la norma non sia ancora pervenuta, o non sia nota.

Diversamente sarebbe indispensabile che i cittadini venissero informati su come l’Amministrazione intende mettere in atto quando stabilito dal Decreto vigente e CAM annessi, perché non è proprio previsto che il legname della Riserva vada a finire in fumo, e quindi in CO2, in deciso contrasto con i principi ispiratori del “Piano d’Azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione” (Green Public Procurement, gli acquisti verdi) i cui obiettivi devono, non possono, essere perseguiti dagli Enti locali. Comune di Pescara compreso.




QUANDO NON C’È PIÙ RAGIONE DI SPERARE INCOMINCIA LA SPERANZA

Gesù, Tommaso e le parole di Primo Mazzolari

Globalist.com, 7 aprile 2024. Siamo deboli e limitati, siamo molto come Tommaso e, alcune volte, non lo siamo. È la vita. Dovremmo accettarci come siamo e non temere: Dio lavora anche sui nostri dubbi, come su quelli di Tommaso.

Il Vangelo odierno: La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome (Gv 20, 19-31).

Suscita una comune e diffusa simpatia l’atteggiamento di Tommaso: non crede nel Risorto finché non lo tocca. È un credente, ma ha bisogno di conferme. E noi?

Lo stesso, Quante conferme abbiamo chiesto nella nostra vita?

Tante, tantissime… in amore, come sul lavoro, in famiglia come in gruppo o in società: abbiamo più volte chiesto che fossero confermati sentimenti, promesse, accordi, fiducia, progetti e via discorrendo. Crediamo che Dio parli, si manifesti, intervenga nella storia, salvi… ma spesso siamo a corto di conferme! Non manca la nostra fede, ma è molto piccola e spesso in crisi.

Come quella di Tommaso: “Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo»”.

La conferma che lui cerca è fisica: toccare, verificare e riconoscere l’identità del Cristo attraverso segni tangibili. Credere sulla parola è, da che mondo è mondo, un’opera molto difficile. Tommaso non fu molto diverso da quello che oggi siamo noi. Noi avremmo fatto esattamente lo stesso: non credere alla parola degli amici, soprattutto quanto questi ci avessero riferito di un’apparizione e, per giunta, del Maestro!

Eppure, Tommaso è di più di noi. Forse noi avremmo continuato anche a dubitare anche nei confronti del Cristo, lì vivo e presente, forse anche nel momento in cui ci stesse mostrando mani e fianco trafitti. Forse no. Comunque, voglio dire che è naturale richiedere segni di presenza, quasi dimostrazioni. Del resto, Gesù non disdegna di apparire otto giorni dopo e di aiutare l’incredulità di Tommaso. Tuttavia, c’è un momento in cui bisogna smettere di dubitare e credere, accettare l’evidenza, fare un salto e buttarsi… nelle mani di chi si mostra.

Ci sono molti momenti nella vita in cui ci arrendiamo davanti a quello che ci viene mostrato e cambiamo idee, sentimenti e prassi. Magari dopo aver dubitato e anche tanto. Nessun panico. Siamo deboli e limitati, siamo molto come Tommaso e, alcune volte, non lo siamo. È la vita. Dovremmo accettarci come siamo e non temere: Dio lavora anche sui nostri dubbi, come su quelli di Tommaso.

Non si tratta solo di pregare – attività necessaria e indispensabile – perché il Signore ci faccia crescere nella fede e avere meno dubbi, ma anche di dialogare, arricchirci reciprocamente e fare discernimento insieme: cosa ci vuole insegnare il Signore qui e ora?

Che senso hanno le guerre e le violenze a cui assistiamo?

O la corruzione e la malpolitica?

O il disprezzo dei poveri e degli stranieri, veicolato dal fascismo galoppante? O tanti problemi seri in cui ci imbattiamo?

La mia fede mi aiuta a superare le paure che ne derivano? La mia fede mi spinge ad aiutare chi ha di meno in termini di salute, assistenza e risorse economiche? Sto diventando più aperto agli altri e caritatevole, specie verso gli ultimi? Sono come Tommaso pronto a buttarmi nelle braccia del Risorto e dirgli: Mio Signore e mio Dio!

Ho sempre trovato di grande profondità le parole di Primo Mazzolari: “Soltanto nella virilità si comincia ad avere un volto. (…) Quando non c’è più ragione di credere, allora incomincia la fede: quando non c’è più ragione di sperare incomincia la speranza: due virtù che appaiono tali solo sui quarant’anni, quando credere e sperare non son più un fatto istintivo della nostra esuberanza di vita. S’incomincia a credere quando non c’è più nessun trasporto di fede, quando credere è davvero l’unica cosa che buona che ci è rimasta”.




DON TADDEO

Il saluto di un fratello che torna nella Patria Celeste  

Torrevecchia Teatina, 6 aprile 2024. Giovedì scorso è nato al cielo, nella sua Tuticorin (India), il nostro caro don Taddeo Fernando. Un sacerdote noto nella nostra comunità diocesana di Chieti Vasto per via di un gemellaggio con la Diocesi di Tuticorin in India che lo ha visto collaborare negli ultimi tempi nelle diverse chiese parrocchiali di Atessa, Torrevecchia Teatina, Taranta Peligna e Casalbordino.

Lo ricordiamo nella sua breve stagione anche da noi, dunque, nella chiesa di Torrevecchia Teatina, come vice Parroco. Una stagione vissuta con il compianto don Danilo Belotti dal 1° Agosto 2015 al 4 Gennaio 2016 e con don Nicolino Santilli dal 5 al 31 Gennaio 2016.

Celebrazioni, liturgie, sacramenti e lunghe passeggiate con meditazioni silenziose per i nostri luoghi della fede; preghiere, riflessioni, omelie semplici e dirette, corroborate da sorprendete ed amabile cultura orientale e di genuina e profonda fede.

Aveva 54 anni, era tornato nella sua città natale sembrerebbe per motivi di salute, è stato stroncato da un ictus. Stamattina sono state celebrate le esequie nella cattedrale del Sacro Cuore di Tuticorin.

Un pensiero, un ricordo, una preghiera per una persona tenera, attenta e sorridente.

Non credevo fosse l’ultimo saluto, quello di qualche tempo fa in piazza Valignani, proprio davanti la curia arcivescovile, invece fu proprio l’ultima volta. Un sorriso, ma non il solito sorriso: una linea di malinconia nel volto e forse qualche parola rimasta nel silenzio. Ecco il ricordo; semplicità ed affetto fraterno in un saluto d’addio per tornare in patria … nella patria celeste.  

Lo ricordiamo per aver vissuto insieme intensi momenti di bellezza che in tanti oggi rivivono negli album fotografici che si stanno aprendo nel web.

nm




IN MEMORIA DELLE VITTIME DEL SISMA 2009

Domenica 7 aprile per la chiusura della settantunesima stagione della Camerata Musicale al Teatro M. Caniglia

Sulmona, 6 aprile 2024. Ultimo appuntamento di stagione per la Camerata Musicale Sulmonese che, quest’anno più che mai, con una proposta ampia e variegata, è riuscita a coinvolgere ed entusiasmare un vasto pubblico di varie età e aspettative. Dopo aver messo a segno una serie di serate sold out,  si chiude in bellezza nel segno del ricordo e della solidarietà. Con una grande produzione che vede coinvolti oltre cento artisti, l’Orchestra Sinfonica Abruzzese,  quattro cori,  con la voce solista del soprano Martina Tragni e la Direzione affidata al M° Pasquale Veleno, la Camerata Musicale rende omaggio alle vittime del sisma del 2009.  L’Istituzione Sinfonica Abruzzese ricorda il dramma del 6 aprile che 15 anni fa ha sconvolto la vita della città dell’ Aquila e di tanti comuni d’Abruzzo, con una produzione imponente e fortemente significativa, dedicata alla memoria delle vittime.

Tre i concerti nel programma, 4 aprile a L’Aquila, 5 a Pescara, e domani, domenica 7 aprile a Sulmona presso il Teatro M. Caniglia alle ore 18 per la Camerata Musicale Sulmonese.

La produzione – che si avvale della direzione del M° Pasquale Veleno,   e della presenza del soprano Martina Tragni – vanta la collaborazione del Conservatorio Statale di Musica “A. Casella” dell’Aquila e la presenza di alcune fra le compagini corali più importanti d’Abruzzo: Coro Gran Sasso e  Corale Novantanove dirette dai Maestri  Carlo Mantini ed Ettore Maria del Romano,   mentre il Coro della Virgola e il coro dell’ Accademia per il concerto di Pescara.

Al Teatro Caniglia di Sulmona,  per l’ultimo concerto dell’iniziativa con cui si conclude anche la settantunesima stagione musicale della Camerata Sulmonese, un grande coro composto da tutte le quattro corali stringerà, in un abbraccio ideale, tutta la popolazione abruzzese che ha vissuto il sisma e che continua la fondamentale opera di ricostruzione materiale e sociale.

La proposta musicale unisce fede e sinfonismo con una travolgente forza espressiva e narrativa nell’esecuzione di un programma interamente dedicato a Felix Mendelssohn Bartholdy che comprende la sua sinfonia più matura, la Sinfonia n. 3 op. 56 in La min. detta “Scozzese”, oltre a un’ esecuzione inconsueta e originale di un’opera di straordinaria ispirazione come il suo Salmo n. 42 “Wie Der Hirsch schreit nach frischern Wasser” per soli, coro e orchestra.

In conclusione, verrà eseguito il Mottetto op. 78 n. 2 “Richte mich, Gott” (Salmo n. 43) per doppio coro misto a cappella.

“Ricordare per alimentare la memoria e dare forza al futuro. -dice il M° Bruno Carioti,  Presidente dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese- Con questo spirito e con l’impegno di oltre cento artisti, affidiamo alle note di Mendelssohn l’omaggio alle vittime di quella terribile notte che ha segnato la storia della nostra comunità. L’emozione della musica è speranza e consapevolezza, amore e gratitudine per una ricostruzione che non ha mai dimenticato la dimensione umana. L’Aquila ed il suo cratere, con la forza dei suoi amministratori e dei suoi

cittadini, continua a percorrere con fierezza il suo percorso di rinascita. A nome dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese  il ringraziamento va al Comune dell’Aquila,  alla Curia aquilana, al Conservatorio Statale di Musica “A. Casella” il Coro dell’Accademia, il Coro della Virgola, il Coro Novantanove e il Coro Gran Sasso   voluto aderire a questa produzione tanto complessa quanto emozionante. L’Aquila e l’Abruzzo sapranno testimoniare ancora una volta come la musica e la cultura siano un baluardo senza tempo capace di unire nel ricordo”.

Con questo programma musicale il pubblico sarà coinvolto in un sensazionale viaggio musicale, tra i colori dell’orchestra sinfonica e le atmosfere del coro a cappella, permeato di afflato evocativo e perfezione stilistica, da cui traspare la vena felice e ottimistica che contraddistingue la penna del compositore tedesco. Egli è l’uomo moderno che crede in Dio, guarda a lui con fiducia, e in lui cerca l’ispirazione profonda per i suoi capolavori. La sensibilità d’animo e la fede autentica di Mendelssohn si riflettono perciò negli adattamenti dei Salmi che mettono in risalto anche le istanze estetiche e semantiche del Romanticismo. Una lettura che guarda da una parte

all’antica polifonia rinascimentale e alle possibilità espressive del contrappunto e dall’altra riprende le evoluzioni più vicine al periodo storico del compositore. Una traiettoria che Mendelssohn conduce secondo una visione certamente personale ma sempre aperta al confronto continuo con le tradizioni dei repertori sacri, una traiettoria che giungerà poi a sviluppi successivi con gli interventi dei grandi compositori dell’Ottocento.

ORCHESTRA SINFONICA ABRUZZESE

Coro Gran Sasso e  Corale Novantanove

Coro della Virgola e Coro dell’ Accademia

 Maestri di coro

Carlo Mantini –  Ettore Maria del Romano

soprano Martina Tragni

Direttore M° Pasquale Veleno

musica di  

Felix Mendelssohn Bartholdy

Teatro Comunale “Maria Caniglia” di  Sulmona

domenica 7 aprile ore 18.00




L’ANNIVERSARIO DEL TERREMOTO

Quindici anni fa il terremoto, erano le ore 3 e 32 del 6 Aprile del 2009

L’Aquila, 6 aprile 2024. Nicola Labbrozzi  (Presidente dell’Ordine dei Geologi D’Abruzzo): “Il 100% dei comuni abruzzesi è a rischio sismico. Ad oggi completati, su tutto il territorio regionale, gli studi di microzonazione sismica. Quanto è accaduto a Taiwan, nella sua tragicità, ci conferma che una buona progettazione e un consapevole utilizzo del territorio possono consentirci di gestire i rischi ed evitare la distruzione di città e culture”.

“Alle ore 3 e 32 del mattino del 6 Aprile del 2009, un terremoto di magnitudo 6,3 con epicentro nella zona compresa tra le frazioni di Roio Colle, Genzano di Sassa e Collefracido, colpì l’Abruzzo, interessando il territorio posto a cavallo tra Italia Centrale e Italia Meridionale. Le vittime furono 309, i feriti 1.600, i danni furono di circa 10 miliardi di euro. Il 100% dei comuni abruzzesi è a rischio sismico. Ad oggi gli studi di microzonazione sismica di Primo Livello che hanno individuato le zone a comportamento sismico omogeneo, hanno coperto tutto il territorio abruzzese. 

Per la microzonazione sismica di II e III livello, dunque con caratteristiche più dettagliate a livello locale, gli studi sono stati conclusi per il 9% dei comuni abruzzesi ed avviati per il 30%. Nell’ambito della ricostruzione pubblica, su un totale di 758 interventi, ben 361 risultano conclusi, 126 sono in fase di attuazione, 107 in fase di collaudo, 139 in fase di progettazione e 25 in fase di programmazione.

Per quanto riguarda la ricostruzione privata su un numero di 29.830 pratiche presentate, ben 29.040 risultano concluse, mentre 790 sono da istruire. A quindici anni dall’evento sismico che ha scosso L’Aquila e l’Abruzzo tutto, siamo sempre più consapevoli di quanto sia importante la nostra figura per la tutela di vite umane, conservazione del patrimonio edilizio e per la conoscenza della vulnerabilità territoriale attraverso la prevenzione, vorremmo che ne fossero più consapevoli anche istituzioni e opinione pubblica”. Lo ha affermato Nicola Labbrozzi, Presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Abruzzo, alla vigilia dell’anniversario del terremoto de L’Aquila, che colpì l’Abruzzo il 6 Aprile del 2009.

Taiwan invita ad una profonda meditazione!

“Il terremoto di Taiwan, nella sua tragicità, ci conferma che una buona progettazione e un consapevole utilizzo del territorio possono consentirci di gestire i rischi ed evitare la distruzione di città e culture.

Anche per questo, da anni, l’Ordine dei Geologi della Regione Abruzzo – ha concluso Labbrozzi – è attivo nella sensibilizzazione della cittadinanza per la diffusione della cultura geologica e dei principi di Protezione Civile e coopera con gli enti preposti”.




LETTERA APERTA

Al Consiglio comunale di Giulianova

Giulianova, 5 aprile 2024. Lettera aperta sui progetti di legge autonomia differenziata e premierato.

Sono da tempo in discussione in Parlamento due progetti di legge, l’uno per una legge ordinaria sulla materia della c.d. “Autonomia differenziata”, l’altro di revisione costituzionale che punta a una forma di “premierato”. I due percorsi di riforma, da come sono portati avanti da parte del Governo centrale (anche con una certa fretta), causerebbero una trasformazione profonda delle forme di Stato e di Governo mai vista nella storia della nostra Repubblica. Essa darebbe vita a una trasformazione profonda del regionalismo solidale disegnato nella Costituzione (paradossalmente a Costituzione invariata) e ai rapporti democratici fra Parlamento, Governo e Presidente della Repubblica.

Si tratterebbe di una svolta epocale effettuata essenzialmente in una situazione di totale disinformazione dei cittadini che già pagano il prezzo di un profondo fossato fra politica e società civile anche per via di una legge elettorale che impedisce loro di scegliere i propri rappresentanti.

In questo quadro preoccupante, affinché si possano diffondere elementi conoscitivi fra i cittadini e maggiore consapevolezza su quello che si prepara, molto può essere fatto dai Comuni ai quali la Costituzione e le leggi conferiscono un importantissimo ruolo di promozione della partecipazione popolare. Solo a titolo di esempio, si faccia riferimento agli artt. 3.2 della Costituzione; 8.3 del D.Lgs 267/2000;  4, 10, 11 del vigente Statuto comunale. In particolare, quest’ultimo istituisce strumenti importantissimi di partecipazione come il Forum cittadino (art. 15). I Forum, recita la norma, sono «riunioni pubbliche finalizzate a migliorare la comunicazione e la reciproca informazione tra popolazione e amministrazione in ordine a fatti, problemi e iniziative, che investono la tutela dei diritti dei cittadini e gli interessi collettivi». Essi non limitano dunque la loro attività alla trattazione dei soli interessi della collettività locale, bensì la estendono anche agli interessi collettivi in senso ampio. Ne discende che attraverso i Forum è possibile quella elevazione del grado di informazione e di conoscenza popolare sulle tematiche che si propongono così urgentemente: autonomia differenziata e premierato.

Un Forum, come recita l’art. 46.1 del regolamento comunale sulla partecipazione popolare, «è convocato dal Sindaco o dal Presidente del Consiglio […], su iniziativa propria o su richiesta di almeno 1/5 dei Consiglieri o di almeno 100 cittadini, che abbiano compiuto il 16° anno di età […]». Ne discende che il Sindaco, il Presidente del Consiglio, i singoli consiglieri possono fare la loro parte, e per il Consesso civico cogliere queste opportunità, in una fase così delicata per il nostro Paese, sarebbe davvero importante per le finalità conoscitive sopra dette, ma anche per il necessario ricongiungimento della politica alla società civile.

Quanti, fra i destinatari della presente, volessero avviare questo percorso possono contare sull’affiancamento della nostra Associazione in ogni fase realizzativa.

Dott. Mario Arteconi, Coordinatore del Circolo di Giulianova

Prof. Carlo Di Marco Leone, Presidente DEMOS




L’AQUILA E L’ABRUZZO A 15 ANNI DAL TERREMOTO

L’Aquila, 5 aprile 2024.A 15 anni dal disastroso e tragico terremoto che nella notte tra il 5 e 6 aprile colpi L’Aquila e l’Abruzzo occorre prima di tutto fare il punto sulla ricostruzione delle abitazioni danneggiate e distrutte.

Dal rapporto sul sito dell’USRC leggiamo:

Ricostruzione privata

– nei 56 comuni del Cratere è pari al 64%

– nei 121 comuni fuori Cratere è del 56%

Ricostruzione pubblica

– nei 70 comuni tra dentro e fuori cratere siamo al 37%

– nei 98 comuni interessati per la ricostruzione delle scuole siamo al 54%

Fredde percentuali che possono essere meglio comprese riportando il numero  complessivo delle abitazioni nel cratere rese inagibili 23.240 di cui solo 11645 sono state oggetto di interventi di ricostruzione.

Fuori dal cratere su 3610 immobili inagibili solo 2072 hanno terminato i lavori.

Tutt’ora sono in attività ben 944 cantieri.

Un dato impressionante dopo 15 anni ci sono 2.323 pratiche in attesa di ammissione solo nel cratere.

Una complessità che solo il settore delle costruzioni può capire basti ricordare che i primi 5 anni sono passati per costruire una normativa che successivamente ha dovuto subire forti interventi di semplificazione.

Il tema del giorno è l’ultimo decreto governativo che dopo il dicembre scorso torna sul superbonus 110% per togliere la cessione del credito e lo sconto in fattura e poi a seguito delle proteste salvare la misura per le ricostruzioni post sisma ma stabilendo un finanziamento di 400 milioni di cui 330 per il sisma 2016/2017 e 70 per il terremoto 2009.

La reazione di tutti gli operatori del settore è a dir poco allibita e come dargli torto. Basti pensare che il superbonus è stato introdotto il 19 maggio 2020 come misura anticiclica per far ripartire l’economia devastata dalla pandemia da covid 19, ma solo il 23 aprile con la risoluzione n. 28/E si è chiarito la cumulabilità tra il contributo della ricostruzione e il superbonus. A questo punto tantissimi hanno cestinato tutto per fare nuovamente i progetti di ricostruzione prevedendo non solo l’antisismica ma anche i criteri del risparmio energetico e dell’antiacustica. Tanti di questi hanno gli iter in corso.

Nel frattempo, l’Europa a seguito dell’emergenza climatica e non avendo più a buon costo il gas russo, ha emesso la nuova normativa sulle case green, pertanto le abitazioni senza la classe energetica E, dopo il 2030 non saranno più vendibili e il percorso prevede la classe energetica D entro il 2033 ed entro il 2050 case a emissioni zero.

Aver azzerato in un primo momento il 110% alle ricostruzioni post sisma l’iniziativa governativa è risultata alquanto improvvida e poi si è messa la toppa del limite al finanziamento di 400 milioni affrettandosi a dichiarare che sono più che sufficienti, infine come se non bastasse, il Commissario Straordinario Castelli, ha dichiarato che stanno lavorando per sostituire il superbonus con l’aumento del contributo parametrico.

Un’altra toppa peggio della prima!

La politica non può agire come se  realizzare un progetto con delle caratteristiche ben precise si possa sostituire dalla sera alla mattina e pensare che l’iter di approvazione sia altrettanto veloce per cui ci si diverte a modificare continuamente la normativa come se non generi nessun sconquasso tra coloro che pregano per riavere una casa, coloro che impazziscono dietro le norme per adeguare progetti, coloro che titolari di un’impresa devono cambiare la pianificazione delle attività e con esse ne conseguono i rischi dei posti di lavoro. Dentro questa complessità poi rivendichiamo la qualificazione delle imprese perché stanchi di assistere a 3 morti al giorno.

Concludo, ma avuto la brillante idea di fissare con 400 milioni di euro il finanziamento per garantire il superbonus alle ricostruzioni post sisma, perché invece di negare l’emergenza climatica, interrompere gli interventi che assecondavano la normativa sulla casa green dell’Europa, non sarebbe meglio fare una seria programmazione annuale lasciando la cessione del credito e lo sconto in fattura unica modalità che al momento garantisce gli interventi anche a coloro non hanno liquidità e una deducibilità sufficiente a coprire gli interventi necessari. Insomma, questo Governo è in grado di fare interventi utili per le popolazioni e per l’edilizia e soprattutto che siano accessibili per tutti e non solo per i ricchi?

Silvio Amicucci Ioannone

Segretario Generale Fillea CGIL Abruzzo Molise




FONDI IN FAVORE DELLA RICERCA SCIENTIFICA

Il 14 aprile la camminata della fondazione veronesi

Roseto degli Abruzzi, 5 aprile 2024.Anche Roseto degli Abruzzi sarà protagonista della quinta edizione dell’evento “In cammino per la ricerca scientifica”, organizzato dalla Delegazione di Teramo della Fondazione Veronesi con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale e la collaborazione di Guide del Borsacchio e Roseto Cammina.

L’appuntamento è fissato per domenica 14 aprile quando si svolgerà una camminata in contemporanea in cinque comuni della provincia che hanno patrocinato l’iniziativa: Teramo, Campli, Colonnella, Crognaleto e, appunto, Roseto degli Abruzzi.

La partecipazione alla camminata prevede una donazione minima di 10 euro a persona e i fondi raccolti grazie a questa iniziativa contribuiranno a sostenere gli studi di un ricercatore abruzzese impegnato a trovare nuove cure per le patologie oncologiche.

La manifestazione benefica è stata presentata questa mattina nel corso di una conferenza stampa che ha visto la partecipazione del Sindaco Mario Nugnes; dell’Assessore al Sociale Francesco Luciani; dell’Assessore al Turismo Annalisa D’Elpidio; dei delegati della Fondazione Veronesi Daniela Magno, Teresa De Rosa, Franco Di Bonaventura e Dana Pantic; di Marco Borgatti delle Guide del Borsacchio e di Roberta Tritella di Roseto Cammina.

Il percorso pensato per Roseto degli Abruzzi prevede la partenza da Piazza Ponno con sosta presso la Riserva Naturale del Borsacchio e ritorno. Il ritrovo è fissato alle ore 9.00 e la partenza alle ore 9.30.

Per prenotazioni e informazioni su orari e percorsi: Daniela, 349 5751634.

“La ricerca è vita, è speranza e in qualche modo è una responsabilità di tutti noi – ha detto il Sindaco Mario Nugnes – Quando ci è stata offerta la possibilità di collaborare a questo progetto tutta l’Amministrazione, qui rappresentata anche dagli Assessori Luciani e D’Elpidio si è dimostrata entusiasta. Eventi come questi mettono in moto una rete ampia fatta da associazioni del territorio e da cittadini che invitiamo a partecipare a questa giornata di condivisione e organizzata con uno scopo importante. Per fare questo c’è bisogno di impegno, di professionalità, di costanza e di lavoro di squadra, perché da soli non si raggiunge alcun obiettivo”.

“I rappresentanti locali della Fondazione Veronesi si impegnano da anni per il bene della nostra comunità – ha aggiunto l’Assessore Francesco Luciani – Quando si parla di malattia non ci sono colori politici o divisioni che tengano. Si tratta di battaglie di civiltà e sono convinto che Roseto saprà rispondere attraverso la presenza di tanti cittadini”.

“Lo sport che si combina alla solidarietà rappresenta un tema che mi sta molto a cuore – ha continuato l’Assessore Annalisa D’Elpidio – Attraverso la ricerca si possono raggiungere risultati incredibili, attraverso la ricerca si può dare speranza e dare risposte alle tante persone che lottano contro la malattia e alle loro famiglie. Sono certa che in tanti parteciperanno alla camminata, consapevoli che con un piccolo contributo si può fare veramente tanto”.

“Ringrazio l’Amministrazione Comunale per il patrocinio fattivo e concreto alla nostra iniziativa – ha affermato Daniela Magno – Massima disponibilità e collaborazione l’abbiamo ricevuta anche da Roseto Cammina e dalla Guide del Borsacchio. L’incontro tra attenzione all’ambiente, il benessere fisico e la ricerca ha subito convinto i nostri partner e i nostri sponsor a sostenere l’iniziativa senza se e senza ma, anche a loro va il nostro ringraziamento”.




CONVEGNO SU DIABETE

A cura di Chieti Solidale e farmacie comunali nel Tempietto del Tricalle

Chieti, 4 aprile 2024. Si prepara una due giorni di prevenzione e informazione sul diabete a cura di Chieti Solidale e con la partecipazione attiva delle farmacie comunali gestite dalla società partecipata del Comune.

La Chiesa di Santa Maria in Tricalle sarà la sede del convegno “Le misure del diabete”, in collaborazione con la Asl 2. Due le fasi: il convegno che prevede due giorni di relazioni e argomenti sabato 6 e domenica 7 aprile; c’è poi la prevenzione, con la possibilità, dall’8 all’11 aprile di fare screening gratuiti nelle tre farmacie municipalizzate.

“Il protagonismo delle nostre farmacie torna a dare un contributo importante per la conoscenza e la prevenzione di una delle patologie più diffuse in Abruzzo e in Italia qual è il diabete – così il sindaco Diego Ferrara e il presidente di Chieti Solidale Pierluigi Balietti – In trincea durante il covid, aperte e a disposizione della comunità per vaccini, tamponi e diverse altre tipologie di prestazioni volute per alleggerire la sanità territoriale, si presenta ora una due giorni che serve a creare conoscenza intorno a una materia comune a oltre 100.000 persone in Abruzzo e con la quale si può convivere se si sceglie uno stile di vita sano e si fa prevenzione.

L’occasione per farlo c’è e siamo lieti che l’iniziativa arrivi da presidi a diretto contatto con la comunità e il territorio quali sono le nostre farmacie. L’invito è a partecipare numerosi sia alla parte informativa, sia agli screening che sono per noi l’occasione per fotografare la situazione e di metterci a servizio della comunità”.

Programma 6 Aprile 2024

h 9:00. Presentazione del progetto, e inizio dei lavori. Interverranno:

–        Diego Ferrara, Sindaco di Chieti

–         Pierluigi Balietti, Presidente Chieti Solidale

h 9:15: “A proposito delle Misure”, dott.ssa Anita Minnucci

h 9:30: “L’autocontrollo della glicemia su capillare”, Int. Simona Di lulio.

“Autocontrollo glicemico: dalla teoria alla pratica”, Inf. Claudia Delli Calici:

“Monitoraggio del glucosio con sensore”, Inf. Claudia Delli Calici:

h 10:00: Discussione

h 10:30: “Dalle Misure alla… Cura”, relatrice dott.ssa Anita Minnucci

h 11:00: “Il counting dei carboidrati nel paziente diabetico”, relatore dott. Alessandro Mobilia:

h 11:30: “Il Diabete: un Killer silenzioso del Rene”, dott. Lorenzo Di Liberato

h 12:00: Tavola rotonda, moderatore Dott.ssa Simona Pizzica.

Programma 7 aprile 2024

h. 9.30: “Camminiamoci su”: camminata di 45 minuti guidata dalla dott.ssa Simona Pizzica con partenza e arrivo in piazzale Sant’Anna.




DIECI ALBERI IN PIÙ

Pescara, 4 aprile 2024. Come sono belli gli alberi, quanto sono importanti e quanta gioia danno al nostro animo, lo sappiamo in molti. Di questo ne abbiamo conferma anche in questi giorni: il nostro Sindaco è così fiero dei nuovi alberi in corso Umberto (chissà perché si tace su piazza Sacro Cuore) tanto che le foto ci allietano sui giornali e sui social. Alberi grandi e belli (e costosi), freschi di vivaio, appena piantati, perfino annaffiati. Quanta bellezza al posto dei poveri lecci che c’erano prima.

E quindi cambiamo alberi, come si cambiano i vestiti, a seconda delle mode. Adesso è il momento giusto per sfoggiare i finanziamenti e i nuovi alberi costosi. Ma gli alberi sono esseri viventi, non durano una stagione, e nelle città vanno curati, e conservati, non sfoggiati. E nessuno oggi si ricorda dei pini che si stanno seccando per la cocciniglia perché non curati. Non si possono curare, dicono, perché non ci sono soldi. Quindi i finanziamenti van bene per livree nuove, ma non per la cura e per la manutenzione delle vecchie? Cosa ne sarà allora di questi giovani alberi bellissimi nel futuro?

Tra Piazza Sacro Cuore e corso Umberto c’erano 174 lecci. Sono stati abbandonati, non curati, non innaffiati, capitozzati. Nessun investimento per alberi che hanno fatto la nostra storia. Dopo la loro eliminazione sono stati piantati i nuovi alberi, ben 184: 10 in più. Dieci alberi in più non possono rappresentare la forestazione urbana, concepita dal Green Deal.

Questi pochi alberi in più non possono essere spacciati per una rivoluzione green di questa città. L’operazione va chiamata con l’unico nome che rappresenta la realtà: si è trattato di una sostituzione arborea, perché non siamo riusciti a conservare i nostri alberi. L’incremento avuto, del 5%, è un incremento non contabilizzabile per un piano di forestazione urbana.

Quanto accaduto in centro città si ripete in altre parti: sono stati abbattuti innumerevoli esemplari di alberi adulti, e si sta procedendo, quando va bene, alla loro sostituzione, semplicemente, senza andare a calcolare un vero bilancio di assorbimento della CO2 e di altri inquinanti, senza calcolare la superficie ombreggiata.

Bisogna imparare a descrivere i fatti con i loro veri nomi, bisogna confrontare i dati, bisogna spiegare perché finanziamenti le cui finalità dovrebbero essere l’investimento nelle periferie, vengano utilizzati per una sostituzione di alberi e pavimentazione del centro della Città. E spiegare perché non esistano investimenti per la cura degli altri alberi. Bisognerebbe spiegare perché ci si fa belli della parola permeabilità e si cementificano le aiuole in Piazza Sacro Cuore.

Infatti, l’intervento in centro città, come più volte detto, peggiora l’isola di calore in quanto in Piazza Sacro Cuore è stato scelto di andare a cementificare le aiuole esistenti, ben 600 mq, pavimentandole, lasciando piccole asole asfittiche per le nuove alberature.

I numeri sono importanti: nel solo quinquennio 2019-2024 a Pescara dovrebbero essere stati piantati più di 3.500 alberi per la legge 10/2013 (un albero per ogni nuovo nato), alberi che devono aggiungersi ai nuovi obiettivi prefissati dall’Europa, di pianificazione di forestazione urbana, che si possono quantificare in decine di migliaia di nuovi alberi in più oggi rispetto all’esistente.

La strada per tutti è chiara: conservare e gestire il patrimonio esistente, i grandi alberi, e implementare con migliaia di alberi dall’altra. Benvenuti 10 alberi in più tra Piazza Sacro Cuore e Corso Umberto, che di strada ne dobbiamo fare tanta.

Simona Barba – Radici in Comune




SICUREZZA SUL LAVORO

Sanità, precarietà, fisco, contrattazione: venerdì l’assemblea generale della Cgil Abruzzo Molise con Landini

Pescara, 4 aprile 2024. Sicurezza sul lavoro, sanità, precarietà, fisco, contrattazione: questi i temi al centro dell’Assemblea generale della Cgil Abruzzo Molise. L’appuntamento è per venerdì 5 aprile, dalle ore 15:00, nell’aula magna dell’Università degli Studi di Teramo. Ospite d’eccezione dell’iniziativa sarà il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. L’assemblea sarà anche occasione per affrontare le motivazioni dello sciopero generale di quattro ore del settore privato (8 ore per l’edilizia e altri comparti), proclamato dal sindacato, insieme alla Uil, per giovedì 11 aprile.

Uno dei temi principali che saranno affrontati è quello della sicurezza sul lavoro. La tragedia di Firenze, insieme alle altre che continuano a susseguirsi senza sosta ad ogni latitudine del nostro Paese, sottolinea la Cgil Abruzzo Molise, riflette la scarsa attenzione sulla sicurezza sul lavoro e l’imbarbarimento di un modello economico e di impresa fondato sul massimo ribasso, lo sfruttamento del lavoro e la massimizzazione del profitto. A morire sono prevalentemente lavoratrici e lavoratori inseriti nella catena degli appalti e dei subappalti, in particolare nel privato, dove l’unico scopo della frantumazione dei cicli produttivi è la ricerca forsennata di comprimere i costi e di abbattere diritti e salari.

La mancanza di politiche industriali e di governo della transizione digitale, della riconversione ecologica e del rilancio qualitativo dei settori del turismo e dei servizi; la riproposizione delle privatizzazioni; la delega fiscale e le misure tributare approvate che creano disparità di trattamento tra i contribuenti a danno di lavoratori e pensionati e che attraverso condoni e concordati non combattono efficacemente l’evasione fiscale; i tagli al welfare e al sistema pubblico (a partire da sanità, istruzione, autonomie locali e dalle mancate risposte sul fronte della disabilità e della non autosufficienza); la decurtazione degli assegni previdenziali in essere e l’inasprimento dei requisiti per accedere alla pensione; la cancellazione degli strumenti di sostegno al reddito e di contrasto alla povertà; la precarizzazione del lavoro; il no al salario minimo; la totale marginalizzazione del Mezzogiorno; l’attacco sul piano dei diritti fondamentali, come dimostra la repressione della libertà di manifestazione e il tentativo di soffocare qualunque conflitto sociale. Il sindacato affronterà un lungo elenco di temi che “sono solo il preludio di ciò che succederà se davvero la ‘Terza Repubblica’ annunciata dalla presidente del Consiglio vedrà la luce, grazie all’approvazione congiunta del disegno di legge costituzionale sul Premierato e del Ddl Calderoli sull’Autonomia differenziata.

Proprio per questo il sindacato ha impegnato ogni livello e struttura dell’organizzazione per la realizzazione di una strategia complessiva di mobilitazione di cui lo sciopero dell’11 aprile è solo il primo step. Seguiranno, tra l’altro, la manifestazione nazionale che si svolgerà a Roma, il 20 aprile, insieme alla Uil, a sostegno delle comuni rivendicazioni in materia di salute e sicurezza, diritto alla cura e sanità pubblica, riforma fiscale e tutela dei salari e la manifestazione de “La Via Maestra” che si svolgerà a Napoli il 25 maggio contro il premierato e l’autonomia differenziata, per la realizzazione dei diritti al lavoro, alla salute, alla conoscenza, ad una previdenza universale sanciti dalla Costituzione, per la Pace e per chiedere di fermare ogni guerra.

Altre iniziative in programma sono la definizione e la partecipazione alle iniziative del 25 aprile per sostenere i valori ed i contenuti della democrazia repubblicana ed antifascista fondata sul ripudio della guerra, sul diritto al lavoro e sui diritti sociali e civili e il sostegno alle vertenze per i rinnovi dei Ccnl nei settori pubblici e privati. Verrà infine avviata la campagna referendaria in materia di tutela contro i licenziamenti illegittimi, di superamento della precarietà, di sicurezza nel lavoro in appalto.




LA CHIESA DI SAN NICOLA

Via libera al progetto

Roma, 3 aprile 2024. La conferenza dei servizi permanente ha approvato il progetto per la chiesa di San Nicola, nella frazione Cavuccio nel Comune di Teramo.

Si tratta di un intervento da oltre 155 mila euro per riparare i danni dell’edificio causati dalle scosse del 2016. “Vogliamo assicurare che le chiese dell’Appennino centrale possano durare nel tempo, come simboli della nostra spiritualità e delle nostre comunità – dichiara il Commissario alla Riparazione e Ricostruzione Sisma 2016 Guido Castelli – Per questo desidero esprimere la mia gratitudine al Presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio per un lavoro comune che ci impegna ogni giorno insieme all’USR per proseguire nella grande e complessa opera di ricostruzione dei nostri territori”.

L’antico edificio di culto presenta un impianto semplice a navata unica, di dimensioni ridotte, degno di nota è l’antico portale in pietra.

Il progetto prevede un intervento di restauro con miglioramento sismico, per riparare le lesioni esistenti e rafforzare la struttura per renderla più solida in caso di future scosse. Tra gli interventi previsti: il consolidamento della muratura e dei cantonali mediante cuciscuci e con cuciture a secco, la ristilatura strutturale dei giunti nelle sole pareti esterne, la sostituzione completa della copertura, oltre a un intervento sul campanile per garantire la sicurezza e il recupero estetico dell’edificio.




L’ISA RICORDA IL SISMA DEL 2009

Concerti a L’Aquila, Pescara e Sulmona. Giovedì 4 aprile, ore 19:00 – L’Aquila Chiesa di San Silvestro. Venerdì 5 aprile, ore 21:00 – Pescara, Teatro Cinema Massimo. Domenica 07 aprile, ore 18:00 – Sulmona, Teatro M. Caniglia

L’Aquila, 3 aprile 2024. L’Istituzione Sinfonica Abruzzese ricorda il dramma del 6 aprile che 15 anni fa ha sconvolto la vita della città dell’Aquila e di tanti comuni dell’Abruzzo con una produzione imponente e fortemente significativa, dedicata alla memoria delle vittime del sisma.

Tre i concerti in programma. Primo appuntamento nel capoluogo di Regione giovedì 4 aprile alle 19 nella Chiesa di San Silvestro con il Patrocinio del Comune dell’Aquila (ingresso libero fino a esaurimento posti). Il Concerto verrà poi replicato venerdì 5 aprile a Pescara, presso il Teatro Cinema Massimo alle ore 21 nell’ambito della Stagione della Società del Teatro e della Musica “L. Barbara” e domenica 7 aprile a Sulmona presso il Teatro “M. Caniglia” alle ore 18 per la chiusura di stagione della Camerata Musicale Sulmonese.

La produzione – che si avvale della direzione del M° Pasquale Veleno, musicista di grande esperienza, molto apprezzato a livello nazionale, e della presenza del soprano Martina Tragni – vanta la collaborazione del Conservatorio Statale di Musica A. Casella dell’Aquila e la presenza di alcune fra le compagini corali più importanti d’Abruzzo: il Coro Gran Sasso e la Corale Novantanove dirette dai Maestri dei cori Carlo Mantini ed Ettore Maria del Romano che, insieme al Coro del Conservatorio “A. Casella”, diretto da Rosalinda Di Marco, si esibiranno all’Aquila, mentre il Coro della Virgola e il coro dell’Accademia saranno presenti al concerto di Pescara. A Sulmona un grande coro composto da tutte le quattro corali stringerà in un abbraccio musicale tutta la popolazione abruzzese che ha vissuto il sisma e che continua la fondamentale opera di ricostruzione materiale e sociale.

La proposta musicale unisce fede e sinfonismo con una travolgente forza espressiva e narrativa nell’esecuzione di un programma interamente dedicato a Felix Mendelssohn Bartholdy che comprende la sua sinfonia più matura, la Sinfonia n. 3 op. 56 in La min. detta Scozzese, oltre a un’esecuzione inconsueta e originale di un’opera di straordinaria ispirazione come il suo Salmo n. 42 Wie Der Hirsch schreit nach frischern Wasser per soli, coro e orchestra. In conclusione, verrà eseguito il Mottetto op. 78 n. 2 “Richte mich, Gott” (Salmo n. 43) per doppio coro misto a cappella.

Afferma il Presidente dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese, il M° Bruno Carioti: “Ricordare, per alimentare la memoria e dare forza al futuro. Con questo spirito e con l’impegno di oltre cento artisti, affideremo alle note Mendelssohn l’omaggio alle vittime di quella terribile notte che ha segnato la storia della nostra comunità. L’emozione della musica è speranza e consapevolezza, amore e gratitudine per una ricostruzione che non ha mai dimenticato la dimensione umana. L’Aquila ed il suo cratere, con la forza dei suoi amministratori e dei suoi cittadini, continua a percorrere con fierezza il suo percorso di rinascita.

A nome dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese ringrazio il Comune dell’Aquila, per il patrocinio e per la puntuale attenzione riservataci, la Curia aquilana che ci ospita in una delle sue Chiese più belle e preziose, il Conservatorio Statale di Musica A. Casella per averci affidato, oltre al Coro, alcuni suoi allievi che si esibiranno con l’orchestra. A loro unisco il plauso e la gratitudine per la Società L. Barbara di Pescara, la Camerata Sulmonese, il Coro dell’Accademia, il Coro della Virgola, il Coro Novantanove e il Coro Gran Sasso con i loro direttori che hanno voluto inserire nelle loro stagioni artistiche questa produzione tanto complessa quanto emozionante. L’Aquila e l’Abruzzo sapranno testimoniare ancora una volta come la musica e la cultura siano un baluardo senza tempo capace di unire nel ricordo”.

Il programma musicale: il pubblico sarà dunque coinvolto in un sensazionale viaggio musicale, tra i colori dell’orchestra sinfonica e le atmosfere del coro a cappella, permeato di afflato evocativo e perfezione stilistica, da cui traspare la vena felice e ottimistica che contraddistingueva la penna del compositore tedesco. Egli è l’uomo moderno che crede in Dio, guarda a lui con fiducia, e in lui cerca l’ispirazione profonda per i suoi capolavori. La sensibilità d’animo e la fede autentica di Mendelssohn si riflettono perciò negli adattamenti dei Salmi che mettono in risalto anche le istanze estetiche e semantiche del Romanticismo. Una lettura che guarda da una parte all’antica polifonia rinascimentale e alle possibilità espressive del contrappunto e dall’altra riprende le evoluzioni più vicine al periodo storico del compositore. Una traiettoria che Mendelssohn conduce secondo una visione certamente personale ma sempre aperta al confronto continuo con le tradizioni dei repertori sacri, una traiettoria che giungerà poi a sviluppi successivi con gli interventi dei grandi compositori dell’Ottocento.




NO AD UN’OPERA DEVASTANTE PER IL TERRITORIO AQUILANO

Metanodotto Snam: Asbuc organizza assemblea pubblica giovedì 4 aprile

L’Aquila, 3 aprile 2024. L’Amministrazione separata degli usi civici (Asbuc) di Paganica e San Gregorio invita la cittadinanza di tutto il comprensorio aquilano a partecipare all’assemblea pubblica convocata per giovedì 4 aprile a partire dalle ore 17, nella tensostruttura montata nella villa comunale, dedicata all’impatto ambientale, sociale ed economico che sarà causato dalla realizzazione del metanodotto della Snam, nel tratto Sulmona-Foligno, che interesserà 17 comuni abruzzesi, e con avvio dei lavori previsti a luglio prossimo.  Un’opera che attraverserà anche 36 ettari di territorio di uso civico a ridosso di Paganica, classificati dal Piano regolatore generale del Comune dell’Aquila come zona agricola di rispetto montano.

“È fondamentale che i cittadini prendano consapevolezza dei danni che questa scellerata opera determinerà, ed ecco perché abbiamo organizzato questo incontro – spiega Il presidente Asbuc, Fernando Galletti – Saranno attraversati ettari ed ettari di bosco, compromesse aree di grande valenza paesaggistica e turistica, come quella della Madonna d’Appari. Il tubo passerà in certi casi addirittura a pochi metri dalle abitazioni, come in zona via Pescomaggiore. Come denunciamo da tempo saranno distrutte le preziose cave spontanee di tartufo, sulle quali si basa una microeconomia locale, con danni stimati, in prospettiva da una perizia da noi commissionata, per 42 milioni di euro”.

“Quello che poi è inaccettabile è che la Snam non ha mai inteso incontrare i cittadini per spiegare nel dettaglio l’intervento, ascoltare le ragioni di contrarietà e preoccupazione, per magari apportare migliorie e modifiche. Da parte sua il Comune dell’Aquila e il sindaco Pierluigi Biondi si dicono contrari all’opera, ma temo solo a chiacchiere, perché poi a questa contrarietà non ha fatto seguito finora nessun atto concreto, mentre invece ci si fa da tramite tra Snam e i presidenti di altre Asbuc presenti sul territorio per gli espropri e gli indennizzi relativi ai terreni che dovranno essere attraversati dall’opera – aggiunge Galletti  che conclude – ovviamente questa opera dai costi faraonici sarà pagata dai cittadini con l’aumento in bolletta nei prossimi decenni, e a guadagnarci sarà solo la Snam”.




BENE COMUNE: LE SFIDE DEL NOSTRO TEMPO

di Rosapia Farese

Politicainiseme.com, 2 aprile 2024. In una stagione di trasformazione, dove le economie vacillano e le certezze sociali si offuscano, l’Associazione FareRete InnovAzione BeneComune APS rappresenta un faro di umanità, riallineandosi ai principi ispiratori di un umanesimo rinnovato: il primato della persona, la sussidiarietà e la partecipazione.

Illuminata dall’eredità intellettuale e spirituale del filosofo Tommaso Demaria, l’associazione si impegna a personalizzare il welfare, mettendo la dignità umana al centro del suo mandato, e facilitando l’auto-aiuto attraverso l’interdipendenza – un’eco del pensiero Demariano che vede il denaro non come un fine, ma come uno strumento al servizio dell’umanità.

Il Prof. Mauro Mantovani, nella sua introduzione al convegno tenutosi presso l’Università Pontificia Salesiana, ha esplorato la potenza trasformativa del pensiero Demariano, che sfida, l’ortodossia capitalista e propone un nuovo ordine basato sull’amore e la sapienza filosofica. La visione di Demaria, enfatizzando l’interconnessione e il mutuo sostegno, rispecchia le tre colonne portanti di FareRete InnovAzione BeneComune, promuovendo un modello di sviluppo che abbraccia equità e inclusione.

Dr. Piergiorgio Roggero e Dr. Nicola Mele hanno portato avanti la discussione, illustrando come la metafisica realistico-integrale possa essere uno strumento per la scoperta di una sapienza unificante, una ‘verità’ che possa liberare dalla tirannia dell’economia monodimensionale. La soluzione proposta da FareRete InnovAzione BeneComune, non si ferma alla critica del capitalismo o del comunismo, ma punta a un dialogo costruttivo che valorizza la diversità e il pluralismo ideologico.

Questi principi si sono manifestati nel convegno tenuto il 20 marzo nella Università Pontificia Salesiana sul tema Tommaso Demaria: Uno Sguardo Organico-Dinamico Sulla Storia E Sulla Società,  come un antidoto alle ideologie che, nel tentativo di monopolizzare la verità, finiscono per negare la dignità umana.

Il rifiuto di Demaria e di FareRete InnovAzione BeneComune, di una tale monocultura ideologica è un appello alla riscoperta del logos nella realtà storica, un lavoro metafisico che si confronta con la verità e la carità nel senso più ampio. Alla luce della Caritas in Veritate, l’associazione invita a un impegno attivo per la giustizia e la pace, ispirandosi all’esempio di Cristo. L’amore diventa una vocazione ad amare i fratelli nella verità del progetto di Dio, a difendere la verità e a testimoniare con la vita.

L’evento del 12 aprile 2024 presso il Parlamento Europeo sarà un ulteriore passo verso il dialogo e l’azione per il Bene Comune, con la presentazione del Libro Bianco e del Manifesto dei Diritti e dei Doveri del Bene Comune. La visione di FareRete InnovAzione BeneComune, come quella di Tommaso Demaria, non è un’utopia irraggiungibile, ma una chiamata alla costruzione di una società dove l’individuo, nel suo incontro con l’altro, possa riscoprire il proprio scopo e realizzare una vita di piena partecipazione al Bene Comune. Siamo di fronte a un invito non solo a pensare ma anche a agire: un impegno che chiama ciascuno di noi a rispondere, con generosità e dedizione, alle sfide del nostro tempo.

Rosapia Farese

Ps) In breve chi è Tommaso Demaria (*) e qual è il suo pensiero: Tommaso Demaria proseguì il lavoro di san Tommaso d’Aquino e affermava l’incompletezza del tomismo, incapace di cogliere l’organismo come categoria ontologica a sé stante. L’integrazione della metafisica realista con l’organismo alla metafisica realistica integrale, strumento di straordinaria importanza per la vita quotidiana. Lo studio dell’organismo in quanto tale, in particolare nella sua dimensione di “struttura organica funzionale”, si rivelerà infatti importantissimo per lo studio e lo sviluppo della società in generale, ma in particolare per quella prassi economica, nota col nome di “Sistemi di Qualità” che fa appunto dell’organicità il proprio fondamento. La possibilità di percepire l’organismo in quanto tale entità diversa dall’organismo fisico, specifica Demaria, passa attraverso la percezione dell’ente dinamico. Grande importanza assume l’organicità nella gestione del sociale perché esso consente di definire con precisione il bisogno di razionalità dell’umanità che supera le possibilità dell’essenza della persona. Questa necessaria unità dell’agire della persona nell’umanità che ne perpetua la presenza, in campo politico/ideoprassico egli stesso la definisce come comunitarismo all’interno del suo testo “La società alternativa”.

L’indagine sui dinamismi profondi della società industriale e l’osservazione con metodo realistico oggettivo della realtà storica globale nella sua consistenza ontologica portano Demaria a sviluppare una metafisica per molti aspetti nuova ed originale[11].

(*)Tommaso Demaria,  Frequentato il seminario di Alba, entrò come aspirante presso i salesiani di Penango Monferrato. Dal 1926 continuò gli studi nel liceo di Valsalice (Torino) Dal 1931 al 1935 compì studi teologici presso l’Università Gregoriana di Roma. Fu ordinato sacerdote il 28 ottobre 1934. Continuò gli studi presso l’Istituto Missionario Scientifico della Pontificia Università Urbaniana (1935-1940). Fu insegnante dal 1940 al 1979 presso la Facoltà di Teologia del Pontificio Ateneo Salesiano a Torino e a Roma. Nel corso della sua carriera fu docente di: storia delle religioni, missionologia, filosofia dell’educazione, teologia fondamentale, teologia dogmatica, dottrina sociale della Chiesa, sociologia dell’educazione[1].

Negli anni Cinquanta avviò una feconda condivisione spirituale, teologica[2] e filosofica con don Paolo Arnaboldi, fondatore del Fraterno Aiuto Cristiano FAC con l’attivo incoraggiamento di San Giovanni Calabria[3]. Frequentò assiduamente le sedi del FAC sia a Vezza D’Alba sia a Roma. Strutturò la sua metafisica realistico-organico-dinamica.

Negli anni Sessanta fondò con Giacomino Costa il Movimento Ideoprassico Dinontorganico M.I.D., oggi divenuto l’associazione Nuova Costruttività. Insieme con Paolo Arnaboldi fecero opera di formazione e divulgazione del realismo organico dinamico presso ambienti imprenditoriali collegati all’U.C.I.D.[4]. Giacomino Costa nel 1963 strutturò volutamente la grande e innovativa[5] impresa dell’Interporto di Rivalta Scrivia (il cosiddetto “porto secco” di Genova) come applicazione dell’”organico dinamico” differenziandola dalle imprese tipicamente liberiste[6].

Negli anni Settanta fu il referente culturale delle “Libere Acli”[7] movimento dei lavoratori cattolici fuoriusciti dalle Acli a seguito della “ipotesi socialista” che portò nel 1971 alla “sconfessione di Paolo VI” e alla frattura del movimento. Continuò nell’ambiente dei lavoratori cattolici con la formazione e la diffusione della “ideoprassi” (modello di sviluppo) “organico dinamica”, una vera ideologia cristiana alternativa[8] a quella liberal capitalista e a quella marxista comunista.

Tommaso Demaria tiene un seminario sul realismo Dinamico a Verona presso il Centro Toniolo nel 1980.

Negli anni Ottanta fu intensamente attivo nella formazione alla nuova cultura cristiana organico dinamica a Torino[9][10], Verona, Vicenza, Roma con corsi, seminari e numerose pubblicazioni. Tra tutti i corsi tenuti merita una specifica menzione per la testimonianza documentale completa tramite registrazione video, quello del 1980 presso il Centro Toniolo di Verona su invito di don Gino Oliosi.

Morì a Torino il 12 luglio 1996

Bene comune: le sfide del nostro tempo – di Rosapia Farese – Politica Insieme




OMELIA DEL LUNEDÌ DELL’ANGELO

don Marcello Stanzione

Ma è più esatto parlare dell’Angelo oppure degli Angeli della Resurrezione? San Matteo e San Marco parlano di un solo messaggero angelico; San Luca e San Giovanni invece narrano di due spiriti celesti. Questa contraddizione si spiega senza dubbio dallo stupore angosciato e l’incredulità che si impadronì del gruppo dei discepoli. Infatti, essi, già sconvolti dagli eventi della antivigilia, temendo le persecuzioni delle autorità del sinedrio e forse non troppo fieri della fragile e vigliacca unanimità con la quale tutti, eccetto Giovanni, avevano preso la fuga nel momento cruciale. Fu una mattinata sconvolgente, le donne da un lato, gli uomini dall’altro. E gli Angeli, qui, se testimoniano l’incredibile, spariscono dietro l’essenziale: la presenza impossibile e comunque reale di un uomo morto l’antivigilia nelle atroci sofferenze della crocifissione e che riappare vivente. Occorrevano almeno delle apparizioni angeliche per preparare gli spiriti dei discepoli a qualcosa di così enorme. Perché i Dodici erano certo delle persone di un robusto buonsenso popolare totalmente inadatti ad immaginare una storia simile…

Tutto comincia nella notte con un’apparizione delle più classiche: “Ed ecco che si fece un grande terremoto: l’Angelo del Signore discese dal cielo e venne a rotolare la pietra sulla quale si sedette. Egli aveva l’aspetto del lampo, e la sua veste era bianca come la neve. Alla sua vista, le guardie trasalirono di spavento e divennero come morti”.

La vista degli Angeli è temibile quando essi non velano la loro gloria e, qui, essi la manifestano senza scrupoli, atterrando i soldati posti davanti alla tomba dal Sinedrio al fine di impedire il più improbabile prelievo del cadavere da parte dei suoi discepoli, i quali, a quell’ora, sono nascosti, terrorizzati, a casa di amici sicuri.

Secondo l’usanza ebraica, la tomba era sigillata con una pietra molto pesante. Che una forza estranea l’abbia fatta ondeggiare fuori dall’entrata sarà il primo segno che è accaduto un evento inatteso.

Venute di buon’ora la domenica mattina al fine di rendere al morto le cure funebri che esse non avevano potuto compiere il venerdì sera perché il sabato cominciava, le donne si chiedevano giustamente come avrebbero fatto per spostare quella pietra. Forse contavano sull’aiuto pietoso delle guardie in questione poiché non avevano potuto convincere nessuno degli uomini del gruppo di accompagnarle… Impresa troppo pericolosa secondo essi che temevano di fare la stessa fine di Gesù…

Ora la pietra era stata tolta ed il sepolcro era aperto. Né Maria Maddalena né alcuna delle sue compagne immaginarono un secondo che un miracolo senza precedenti avesse avuto luogo; esse credettero, costernate, che il Sinedrio avesse profanato la tomba.

“Esse trovarono la pietra rotolata davanti alla tomba, ma, essendo entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù”.

E l’Evangelista aggiunge che “esse restarono perplesse”; lo si sarebbe stato anche con meno.

Confusa, indignata, Maria Maddalena corse ad avvertire Pietro e Giovanni di quello che era accaduto e chiedere loro soccorso. Durante questo tempo, le altre donne, rimaste sul posto, indecise, “videro un giovane seduto a destra, vestito di un abito bianco, ed esse furono prese da stupore. Ma egli disse loro: “Non temete, E’Gesù il Nazareno che voi cercate, il Crocifisso: Egli è risuscitato, non è qui”.

Secondo San Luca, gli Angeli sono dunque due che hanno dei propositi quasi identici: “Perché cercate tra i morti Colui che è vivente? Egli non è qui; è risuscitato. Ricordatevi come vi ha parlato, quando era ancora in Galilea: bisogna, egli diceva, che il figlio dell’Uomo sia consegnato nelle mani dei peccatori, che sia crocifisso, e che resusciti il terzo giorno”.

Beninteso, le donne, quando entrarono a Gerusalemme e raccontarono la loro storia ai discepoli, si urtarono alla loro incredulità sprezzante (San Luca impiega anche un verbo greco che significa “sparlare”, avere propositi da ubriaco…).

Comunque, inquieti, Pietro e Giovanni si decisero ad andare a vedere, nella speranza di trovare una risposta coerente a questa sparizione di un cadavere. Essi non videro l’ombra di un Angelo; è vero che vederli richiede una certa disposizione di spirito nella quale i due apostoli non dovevano proprio trovarsi quel mattino. Ma, degli Angeli, Pietro e Giovanni avrebbero avuto altre occasioni nella loro vita di incontrarne.

Da parte sua, Maria Maddalena era ritornata anch’essa alla tomba, desiderosa di comprendere. Precisamente, la giovane non comprendeva niente, se non che il corpo dell’uomo che ella aveva tanto amato era stato portato via e che ella era privata da quest’ultima consolazione. Ella restava là, così accasciata di rimpianto che si era messa a piangere a calde lacrime.

 “Ora, piangendo, ella si chinò verso l’interno della tomba e vide due Angeli, in vesti bianche, seduti là dove aveva riposato il corpo di Gesù, uno alla testa e l’altro ai piedi. Questi gli dicono: “Donna, perché piangi?”: Ella dice loro : “Perché hanno portato via il mio Signore ed io non so dove l’hanno messo”. “Avendo detto questo, ella si voltò, e vide Gesù che stava là, ma lei non sapeva che era Lui. Gesù le disse: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Prendendolo per il giardiniere, ella le disse: “Signore, se sei tu che l’hai preso, dimmi dove l’hai messo, ed io andrò a cercarlo!”. Gesù le disse: “Maria!”.

In questo nuovo giardino dell’Eden, dove Dio in persona ha preso il posto di Adamo e dove, attraverso la peccatrice pentita, è Eva che sta per essere perdonata per sempre, dove la donna, strumento della morte e del peccato, sarà trasformata in messaggera della Vita e della Redenzione, che importa degli Angeli a Maria? A differenza di tutti i personaggi biblici, eccezion fatta della Vergine, ella non cade di terrore alla vista dei due giovani in bianco. Quello che la preoccupa, è Gesù e solo Gesù. Chi sono gli Angeli al suo fianco?

Questo atteggiamento di Santa Maria Maddalena che, nella sua ricerca ostinata ed angosciata del suo Benamato sparito, gira le spalle ai messaggeri porta in germe tutto l’atteggiamento cristiano verso gli Angeli: essi sono là ma non devono sotto nessun pretesto velare od eclissare la presenza di Cristo. E gli Angeli, al momento, non sognano ad offuscarsi per il suo atteggiamento; è evidente per essi che Maddalena reagisce come occorre. Ella non si sbaglia di amore né di oggetto della sua adorazione, cosa che le vale di essere la prima onorata dall’apparizione del Risuscitato. Ad ella il posto d’onore, perché ha molto amato.




LA CORSA DI PASQUA

[Pubblicato in “D’Abruzzo”, A. VII, n° 25, Ortona (CH), 1994.]

di Franco Cercone

Sulmona è famosa non solo per aver dato i natali ad Ovidio Nasone, oppure per i suoi insuperabili confetti, ma anche per la Madonna che scappa in Piazza, sacra rappresentazione che si svolge la mattina di Pasqua e che rappresenta l’epilogo solenne di un complesso ed articolato rituale drammatico gestito dalle confraternite della Trinità e di Santa Maria di Loreto.

Tutto inizia il Giovedì Santo a sera e prosegue il venerdì con la processione di Cristo morto e il sabato con la mesta cerimonia del trasporto della Madonna in lutto alla chiesa di San Filippo.

Le origini della confraternita della Trinità a cui aderirono i casati cittadini più prestigiosi, come i Mazara, i Sanità, i Corvi, appaiono strettamente legate alla Congrega dei nobili, istituita dai Gesuiti alla fine del Seicento; questa mantenne inalterato il carattere egemone almeno fino all’Unità d’Italia,

quando la nobiltà cittadina scoprì le nuove vie politico-amministrative da seguire lasciando l’atavica

eredità a forze sociali emergenti nella classe artigianale e imprenditoriale.

Il sodalizio di Santa Maria di Loreto sembra invece presentare origini diverse alle quali bisogna rifarsi per tentare di comprenderne il costume di gruppo. Il borgo che si forma attorno a Santa Maria

della Tomba, al di fuori della cinta muraria di cui la città si munisce agli inizi del Trecento, raccoglie

non solo nuclei familiari appartenenti a strati sociali non egemoni, ma anche forenses dei castelli vicini attratti dalle possibilità di lavoro offerte dai nuovi mezzi tecnici per il dissodamento dei terreni e per la tessitura.

Tra il nucleo storico urbano e i nuovi borghi extramoenia, si instaura una comprensibile diffidenza che sembra coinvolgere anche il clero delle chiese qualificate de fore, rispetto al Capitolo e mette in

atto una serie di procedure cerimoniali spesso contrapposte.

Oggi i compiti delle due confraternite sono ben distinti: quella della Trinità esegue la processione del Cristo Morto e quella della Madonna di Loreto la Madonna che scappa in piazza. Inoltre, a ricordo forse di più complesse manifestazioni religiose dei tempi passati, la confraternita di Santa Maria di Loreto esegue nel pomeriggio del Venerdì Santo anche una processione che, pur svolgendosi entro uno spazio cittadino limitato, non di rado ha ingenerato nei turisti, che per l’occasione affollano Sulmona, l’impressione che si tratti della ormai famosa processione della Trinità.

Ma il punto centrale della manifestazione vive e si consuma nella mattina di Pasqua. L’orgoglio di appartenere al sodalizio della Madonna di Loreto, al quale spetta il compito di provvedere alla rappresentazione di Pasqua, è un sentimento che si scopre da bambini nel lungo e costante apprendistato fatto di rispetto ed ammirazione per i confrati adulti.

Nel grandioso scenario di Piazza Garibaldi, a cui fa da cornice una folla impressionante di spettatori provenienti da ogni parte d’Italia e d’Europa, si avverte la sensazione di trovarsi in mezzo al teatro più bello del mondo.

Non è dettata solo da una curiosità turistica per uno spettacolo singolare, la presenza che spinge i sulmonesi ad assiepare i lati della piazza e le arcate dell’acquedotto medioevale. Per tutti, ogni anno, l’evento rappresenta il segno tangibile del tempo che, in una logica che supera gli angusti confini del quotidiano, rinasce e ritorna nuovo e perfetto. Una percepibile emozione è sospesa tra un lato e l ‘altro della piazza: l’attesa collettiva si consumerà solo nell’attimo della corsa.

Verso mezzogiorno, terminata la messa solenne nella chiesa di Santa Maria della Tomba, la scorta d’onore spalanca l’antico portone della trecentesca chiesa della Tomba da cui esce la processione delle statue che si snoda con in testa il gonfalone della Confraternita di Santa Maria di Loreto.

I portatori della Confraternita di Santa Maria di Loreto infatti aprono il corteo con la statua di Cristo Salvatore a cui fanno seguito quelle di San Pietro e San Giovanni; l’imponente apparato processionale della Confraternita della Madonna di Loreto dà avvio dunque alla prima parte della rappresentazione; i confratelli in abito di gala, con il caratteristico mozzetto di seta verde, reggono i ceri votivi nel passaggio sotto l’acquedotto medioevale, i giovani portatori di torce votive, entro la perfetta cornice ogivale, sono una immagine che richiama alla memoria la suggestione di situazioni festive e mitiche, oltre la scansione definita del tempo.

Una immagine che ogni anno si ripete sempre uguale a sé stessa e sempre nuova.

Alcuni confrati, con il caratteristico mozzetto verde, sorreggono la statua del Cristo risorto, altri quelle di San Giovanni e San Pietro, le uniche rimaste di un ben più numeroso gruppo di personaggi che animavano un tempo la sacra rappresentazione. Scriveva infatti il De Nino, nella seconda metà del secolo scorso: “Verso le dieci del mattino, esce la processione dalla chiesa di Santa Maria della Tomba. Si vede una filatessa di statue: San Pietro apostolo, San Giovanni Battista, San Giuseppe d’Arimatea, San Pier Celestino, San Tommaso, San Nicodemo, San Giovanni Evangelista, Sant’Andrea pescatore e altri; e poi statue di femmine: Sant’Anna, Santa Maria Maddalena, Maria Salome, Maria Cleofe. Da ultimo la statua di Gesù risorto. E la Madonna? La Madonna si è nascosta in una casa in fondo alla piazza”

Mentre in prossimità dell’acquedotto medioevale la statua del Cristo risorto si ferma, quelle di San Pietro e San Giovanni, ciascuna portata da quattro confratelli lauretani, proseguono verso la chiesa seicentesca di San Filippo Neri, dove la sera del Sabato Santo, con una mesta quanto toccante cerimonia, la Confraternita di Santa Maria di Loreto ha accompagnato la statua della Madonna vestita a lutto. Le statue si fermano sul sagrato. Si reca per primo San Giovanni ad annunciare alla Madonna che Cristo è risorto, ma il portale resta chiuso. Il secondo tentativo è compiuto allora da San Pietro, ma con lo stesso risultato, poiché per i fedeli egli è na ‘nzegne fauzóne (un po’falso), con evidente allusione all’episodio del Vangelo in cui Gesù predice a Pietro: prima che il gallo canti mi rinnegheraitre volte.

È notevole in tale circostanza l’atteggiamento negativo che traspare dal volto di molti fedeli nei confronti del Principe degli Apostoli. Sradicata dal contesto evangelico, l’immagine di San Pietro si carica di segni umani e, secondo precisi schemi antropologici, viene inserito, come molti altri santi, in un quadro religioso contadino, decisamente collegato ai problemi più corposi e concreti della vita quotidiana.

Fallito il tentativo di San Pietro, tocca ancora a San Giovanni annunciare alla Madonna che Gesù è risorto. La Madre, questa volta, non può non credere all’apostolo prediletto dal Figlio: un brusio intenso si alza così dalla folla, mentre pian piano si apre il portale della chiesa di San Filippo.

Per qualche attimo la Vergine, fra il silenzio più assoluto della folla assiepata in piazza, sosta sulla

soglia e il portale assume l’aspetto di una singolare cornice di un quadro in cui spicca il colore nero

del manto che Lei indossa.

Seguita a distanza da San Pietro e San Giovanni, che hanno ormai esaurito il loro compito, la Madre

si incammina lentamente verso la parte opposta della piazza, dove è in attesa il Cristo risorto.

A una distanza stabilita, e corrispondente all’incirca alla metà dell’intero percorso, i portatori sollevano la statua, segno questo che la Madonna ha riconosciuto il Figlio, e danno vita ad una frenetica corsa. Fra un assordante sparo di mortaretti il mantello nero cade e la Madonna riappare nella consueta veste verde.

Sulla mano destra, al posto del fazzoletto bianco che fa parte del corredo da lutto, la Madre regge una rosa rossa, sbocciata quasi d’incanto durante la corsa. Nello stesso istante in cui Le viene fatto cadere il mantello nero, grazie a una cordicella nascosta all’interno della statua, si liberano nell’aria dodici Colombi sistemati in precedenza sotto il piedistallo con accorgimenti circondati dal più assoluto segreto. Dalla direzione che essi prendono, i fedeli traggono auspici per l’annata agricola: sarà eccellente se i colombi, appena liberati, puntano in alto, mentre sono ritenuti segni nefasti il volo radente e l’eventualità che alla Madonna non cada bene il velo.

Non minore attenzione viene rivolta ad episodi di cui si rende protagonista la Madonna stessa. Durante la processione di Pasqua nel 1980, la statua della Madonna corse il rischio di rovinare di fronte al palazzo dell’Annunziata. Non pochi interpretarono l’incidente come malaugurio, tanto più che esso era stato preceduto da altri segnali negativi, come per esempio il manto non caduto bene durante la corsa. Furono fatti allora presagi infausti per il 1980, confermati purtroppo dal terribile terremoto che a novembre di quell’anno, colpì il Meridione.

Più grave apparve l’incidente accaduto nell’edizione della Pasqua del 1987 allorché, durante la corsa, la statua della Madonna si inclinò indietro, a causa di una stanga sfuggita dalle mani di un anziano lauretano. L’episodio gettò nel più amaro sconforto l’enorme folla che assisteva in piazza Garibaldi alla sacra rappresentazione. Gli eventi sociali e politici verificatisi dal 1987 in poi, generalmente positivi su scala mondiale, hanno affievolito per fortuna questa suggestione così radicata nel popolo sulmonese.

Appena ultimata la corsa la Madre può riabbracciare il Figlio creduto morto. Si forma così una grande

processione a cui partecipano le Autorità cittadine e religiose, nonché le confraternite della Madonna

di Loreto e della Trinità, che per l’occasione sfilano insieme in un rinnovato clima di concordia e di pace.

[La manifestazione si svolge a mezzogiorno della domenica di Pasqua in Piazza del mercato. A chi volesse seguire la manifestazione nelle sue varie fasi si consiglia di attendere l’uscita della processione da Santa Maria della tomba. Chi invece predilige una visione della fase conclusiva è opportuno che si sistemi per tempo dalle parti dell’acquedotto medioevale.]

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I MACIGNI E LA FORZA DEL RISORTO

Il Vangelo odierno. Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole.

Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande.

Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”»  (Mc 16, 1-7 – Pasqua B).

Quando abbiamo problemi seri nella vita, spesso, parliamo di “macigni”, che ci sovrastano o incombono su di noi, o che pesano così tanto da distruggerci. Il macigno delle donne al sepolcro non era metaforico era reale: la porta dell’ingresso del sepolcro. Tra il metaforico e il reale, il macigno della porta ci divide da quel Gesù riposto in un sepolcro nuovo dopo la sua passione crocifissione. I macigni sono tali perché sono enormi, troppo grandi per le nostre fragili e deboli vite e, pertanto, non si possono muovere da soli. Eppure, vanno rimossi: e come? Non certo da soli. Superbia, spocchia, divismo e autoreferenzialità riempiono la scena di questo mondo civile, politico ed ecclesiale di persone (fatte salve le rare e nobilissime eccezioni) che mostrano muscoli e credono di spostare macigni come le guerre, le crisi sociali, ambientali ed economiche con la bacchetta magica. Sono solo “squallide figure che attraversano il Paese” – cantava Battiato – e ci riempiono di chiacchiere così stucchevoli e logore che appesantiscono i macigni. Ma torniamo a Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme, di tutt’altra pasta e saggezza.

La mattina della Resurrezione è una lezione per loro e per noi. I macigni si spostano insieme o, il buon Dio, alcune volte ci viene incontro e li “sposta” lui. Come e quando non lo so. Ma il perché è Lui a dirlo: È Risorto! Affermare che il Signore è risorto non è semplicemente dire che il Signore è risorto e risorge ogniqualvolta il bene vince il male, la vita vince la morte e così via. Devo essere sincero: per quanto questa risposta sia vera, essa non convince molto, dal punto di vista cristiano. Se la resurrezione è la sintesi dell’eterna lotta tra bene e male, il tutto mi sembra ridotto a un gioco di forze, di una lotta continua tra bene e male e di un progresso che segna, a suo favore, le vittorie del bene. Ma qui, nei Vangeli, non si parla di forze, ma di persone: Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme e, soprattutto, Gesù. È Lui il Risorto, non la “forza” del bene, ma una persona: Lui crocifisso e risorto.

La resurrezione è un evento fuori della nostra portata, è metastorico, apre la storia umana a prospettive non umane: in essa è vinta la morte, quella morte che chiude la storia di ogni persona. Quella che viviamo come “il” macigno per eccellenza. La resurrezione avviene perché il Cristo, con la potenza del Padre, torna a vivere in una dimensione diversa. Bisogna credere ciò o non crederlo. Altrimenti laicizziamo la resurrezione fino a far scomparire la centralità del Cristo.

Il senso della resurrezione è che noi cerchiamo un crocifisso, mentre è Risorto, noi pensiamo a forze in lotta tra loro e, invece, il Signore Risorto si presenta a noi in vesti diverse. Non è una forza, E’ una persona. E ci precede sulla nostra strada, quella su cui ci sono macigni piccoli e grandi. Se crediamo che è così lo vedremo, nei modi e nei tempi che Lui stabilirà. Infatti, non è risorto solo per sé. È risorto per noi, per guidarci, attraverso sentieri di morte, su sentieri di vita. Dove non c’è macigno che tenga.

Rocco D’Ambrosio

[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]




IL BUON LADRONE E LA SPERANZA

di Mons. Michele Pennisi

Politicainiseme.com, 30 marzo 2024. Soltanto il Vangelo di Luca parla di un buon ladrone, come viene normalmente chiamato nella tradizione cristiana. Il malfattore pentito crocifisso alla destra di Gesù ne difende l’innocenza, lascia spazio al riconoscimento del proprio male, ha la fede e il coraggio di affidarsi totalmente a Lui, che per tutta la vita ha perdonato i peccatori.

Il buon ladrone si rivolge i direttamente a Gesù con confidenza, chiamandolo per nome invocando il suo aiuto. “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” è il grido accorato della sua preghiera. E la risposta di Gesù non tarda a farsi sentire, preceduta dalla formula caratteristica delle sentenze più importanti: «In verità io ti dico: oggi sarai con me nel paradiso».

Mentre il buon ladrone parla al futuro, la risposta di Gesù non si fa aspettare; parla al presente. È un’assicurazione solenne di una salvezza già per “l’oggi”, che è un intreccio tra il presente e l’eternità, perché il futuro escatologico della salvezza è già qui in Cristo Crocifisso. Gesù non gli dice: sarai accolto in paradiso, ma “con me sarai in paradiso”. Il Regno, il Paradiso, è stare con Gesù, è la sua compagnia.

La salvezza del ‘buon ladrone’ è la sintesi e il primo frutto della “buona notizia” del Vangelo della misericordia, che consiste nella comunione con Gesù nel suo Regno. Nell’ora della croce, la salvezza di Cristo raggiunge il suo culmine; e la sua promessa al buon ladrone rivela il compimento della sua missione: è il dono gratuito del regno a chi non ha fatto nulla per meritarselo, è la parola scandalosa della croce che dice che Gesù muore per i peccatori.

Nelle parole di Gesù al ladrone pentito, che ribaltano qualunque nostro criterio di giustizia retributiva, si sottolinea che ogni uomo, anche il più colpevole, può salvarsi fino all’ultimo istante della sua vita, se si apre alla fede in Gesù.

Il “buon ladrone” e la speranza – di mons Michele Pennisi – Politica Insieme




LA DEVOZIONE FASTOSA

[Pubblicato in MISERERE, Menabò Edizioni, Ortona (Ch),1997]

I – Confraternite, conflitti sociali e schemi processionali.

La Madonna che scappa in piazza a Sulmona non rappresenta un tema isolato, ma l’epilogo solenne e spettacolare, da un punto di vista demologico, di una sacra rappresentazione che inizia il Giovedì Santo a sera, prosegue il Venerdì con la Processione del Cristo Morto, gestita dalla Confraternita della Trinità, ed è conclusa la mattina di Pasqua dalla corsa della Madonna, organizzata dalla Confraternita di Santa Maria di Loreto.

La prima confraternita ha sede nella chiesa omonima sita in Corso Ovidio, mentre la seconda in quella medievale di Santa Maria della Tomba. Sembra che la Confraternita della Trinità abbia ereditato il patrimonio spirituale di due fra i più antichi pii sodalizi cittadini fondati da laici, cioè L’Ordine de’Continenti  e quello dei Compenitenti.

I rappresentanti di quest’ultimo, gestores confraternitatis Compenitentiae, intervengono in data 10 marzo 1320 all’atto di fondazione della chiesa dell’Annunziata. Compito dei confrati trinitari era quello di promuovere beneficenza ed assistenza ospedaliera a favore di viandanti e pellegrini che trovavano ricovero nell’Ospedale della SS. Annunziata, sorto nel XV sec. accanto all’omonima chiesa, e soprattutto dei forestieri che per motivi di commercio sostavano a Sulmona.

Però esse non furono le più antiche. Altre associazioni le precedettero. Prima che si realizzasse la grandiosa costruzione dell’ospedale dell’Annunziata esistevano infatti a Sulmona altri senodochi, il più antico dei quali sembra essere quello aggregato alla chiesa di S. Giacomo della Forma, sorta nel 1177. I frati che stipulano l’atto di fondazione di tale chiesa con il vescovo Odorisio sono ospedalieri, frates crucem portantes, appartenenti appunto all’Ordine degli Ospedalieri di S. Giovanni Gerosolimitano. Le cause della proliferazione di tali ospedali sono lucidamente posti dal Cognasso in relazione con gli eventi della prima crociata e con la fondazione dell’ordine dell’ospedale di San Giovanni a Gerusalemme: “La crociata – scrive il Cognasso – determinò un’attività ospedaliera quale prima non si era avuta. I pellegrini affluiscono, sono poveri, sono ricchi. L’ospedale di S. Giovanni assicura a tutti un rifugio contro le intemperie…L’ospedale era logicamente il ritrovo non solo di ammalati, ma di pellegrini ben capaci di portare le armi e di combattere”. In occidente incominciano le donazioni da parte di pellegrini reduci da Gerusalemme e che ringraziano per la ospitalità goduta. Non a caso questi ospedali retti dai Gerosolimitani sorgono anche lungo la direttrice appenninica: i pauperes milites Christi (milites non solo in senso religioso) sono da considerarsi infatti come avanguardia di quel movimento di traffici fra il centro-nord ed il sud della Penisola, che fiorirà nel XIV secolo.

Non sono poche le fonti da cui si evince un frequente passaggio di crociati lungo quell’arteria che sarà chiamata in seguito “la via degli Abruzzi” e di cui un punto fermo di riferimento era proprio Sulmona. A parte alcune leggende araldiche, come per es. quella che si riferisce allo stemma di Navelli, è di una certa importanza la notizia del Romanelli, secondo cui nel 1194 numerose schiere di crociati, accampati alla foce del Sangro in attesa di imbarcarsi, lasciarono tracce di saccheggi e disordini.

Ora, si deve proprio ai crociati la diffusione di omelie drammatiche bizantine, incentrate sugli ultimi episodi della vita di Cristo (Christòs pàschon), che essi non poco dovevano ravvivare con la descrizione del Santo sepolcro e con episodi fantastici, come il preteso rinvenimento della Santa Lancia e di altre reliquie legate alla Passione di Cristo. (Le prime notizie sulle sacre reliquie sono contenute nell’opera manoscritta dello storico sulmonese Emilio De Matteis, sec. XVII, dal titolo Memorie Storiche dei Peligni).

Anche Sulmona vanta il possesso di alcune di queste reliquie ed è assai probabile che la loro leggenda sia sorta, come altrove, proprio nel corso del XIII secolo, (periodo a cui risale il culto per la Corona reliquario delle Sacre Spine, conservata nella Cattedrale di Namur e la Sacra Corona di Boemia, che custodisce altre spine appartenute alla corona di Cristo; soprattutto in Abruzzo tale culto appare assai intenso: L’Aquila, Lanciano e Vasto vantano il possesso di simili reliquie e di altre reliquie conservate a Sulmona, nell’Altare Maggiore di S. Panfilo, fra cui un chiodo della croce di Cristo, si parla in un documento del 1238).

Si tratta della Cinta della Madonna, della spugna con cui fu offerto a Cristo in croce l’aceto, e soprattutto di una Sacra Spina che sarebbe stata staccata dalla corona del Salvatore. Quest’ultima si venerava a Sulmona nella chiesa di S. Agostino (XIII sec.) e dopo la sua distruzione in seguito al terremoto del 1706, fu trasferita nella cattedrale di S. Panfilo.

Va rilevato come il culto della Sacra Spina si sia protratto fino agli inizi del nostro secolo. Si legge infatti in una notificazione del vescovo di Valva e Sulmona, Patroni, datata 30 aprile 1904, ed indirizzata al clero cittadino: “Domani 1° maggio, festa della Santa Spina, molta gente affluisce alla Cattedrale per confessarsi…”. Il Lupinetti poi ricorda che tutte le comitive dei pellegrini dirette a Pratola Peligna la prima domenica di maggio per la festa della Madonna della Libera e transitanti per Sulmona, si fermavano alla Cattedrale di S. Panfilo per adorare la Sacra Spina.Anche la folklorista inglese Estella Canziani, soggiornando a L’Aquila nel 1914, ne descrive l’esposizione da parte del vescovo alla Basilica di S. Maria di Collemaggio, nella ricorrenza dell’incoronazione di papa Celestino V.

Il vescovo Tiberi, che resse la Diocesi di Valva e Sulmona dal 1515 al 1829, giurò e sottoscrisse insieme al Capitolo di “aver osservato con meraviglioso stupore e veduto ocularmente nel giorno di venerdì santo, sull’ora di sesta, l’ammirabile fioritura della Sacra Spina di Nostro Signore Gesù Cristo, che fra le insigni reliquie si venera in questa Sacrosanta Basilica”.

Portate in processione nella Settimana santa ed esposte all’adorazione dei fedeli, tali reliquie dovevano tenere non poco in fermento soprattutto i ceti popolari, incrementando così quella “febbre mistica” che è da considerarsi come cornice ideale per il sorgere di pii sodalizi laicali, la cui attività se espletata preminentemente nel campo assistenziale, non escludeva anche quello culturale, con l’allestimento di spettacoli di soggetto sacro.

D’altro canto è proprio questo clima spirituale che sarà ereditato e potenziato da fra’ Pietro del Morrone, diventato nell’agosto del 1294 Celestino V, cui si deve l’istituzione di quei “rampolli nobilissimi delle fratellanze per laici”.

Si diceva in precedenza, che la sacra rappresentazione scaturisce dal dramma liturgico medievale, di

soggetto sacro: “Il mutamento, per il quale il Dramma liturgico, nato già dal canto alterno e dal cerimoniale ecclesiastico, fece capo a quella nuova forma, che designeremo di preferenza col nome italiano di Sacra Rappresentazione, fu anch’esso fenomeno naturale e quasi necessario”.

Un momento importante nella storia del dramma liturgico è costituito dalla sostituzione del latino con

il volgare, il cui uso, nella rappresentazione sacra, “comunque incominciato e affermatosi, ebbe una

portata immensa. La poesia drammatica usciva dal chiuso del presbiterio e dall’aula scolastica, per irrompere nella piazza.”

Ora, uno dei più importanti frammenti di dramma liturgico, risalente alla metà del XIV sec, è noto come Officium quarti militis ed è conservato presso l’archivio della Cattedrale di Sulmona. La conoscenza dell’Officium si deve a due insigni storici sulmonesi: N. F. Faraglia, che lo scoprì nell’archivio suddetto e G. Pansa, che lo pubblicò appena avutane notizia dal Faraglia.

Monumento mirabile della vita religiosa e culturale sulmonese agli albori dell’Umanesimo, l’Officium ci mostra la parte recitata da quattro soldati. Ma poiché nel gruppo emerge il ruolo svolto da uno di essi e precisamente il quarto, il frammento del dramma viene designato appunto Officium quarti militis. In esso appare anche un personaggio di nome Tristainus. A costui vengono attribuite molte qualità appartenenti all’eroe omonimo descritto nel poema di Gottfried von Strassburg ed il De Bartholomaeis, mentre resta “stupito di ritrovare qui un nome celeberrimo”, ritiene che “la trovata non poteva venire in mente se non ad alcuno che vivesse in un ambiente saturo di letteratura cavalleresca, particolarmente bretone”.

Se, dunque, la parte del quarto soldato risulta nel frammento sulmonese di ben 136 versi, si può immaginare quanto esteso dovesse essere il dramma intero ed il numero degli attori che davano vita ai personaggi del ciclo della Passione. Il fenomeno del resto è europeo. Otto Mann ci dice per es. che “un’antica rappresentazione redatta a Francoforte intorno al 1350, si svolgeva in due giorni ed in un’altra eseguita verso il 1500 nella città di Alsfeld, comparivano 172 personaggi e risultava composta da più di 8000 versi.”

Precisato allora sull’insegnamento del Toschi, che per dramma liturgico debba intendersi ogni “rappresentazione medioevale di soggetto sacro composta in latino”, si pone la domanda se le odierne sacre rappresentazioni, e soprattutto quelle che si svolgono nella settimana di Pasqua, siano da considerarsi come viventi reliquie del primo e quindi se vi siano nel nostro caso dei rapporti fra l’Officium quarti militis e la rappresentazione della Madonna che scappa in piazza.

Al riguardo notiamo subito con il D’Ancona che “non sempre è agevole il riconoscere se queste fogge locali abbiano la loro origine in usi liturgici od in veri e propri spettacoli drammatici. Anzi le rappresentazioni mute appartengono a età più tarda e per più di un indizio, rammentano i tempi della dominazione spagnuola e dell’Inquisizione”.

Ed è proprio a questa considerazione del D’Ancona che si ispira la nostra ricerca, tanto più che, come è stato autorevolmente affermato, “di vere e proprie rappresentazioni sacre non si raccoglie a Napoli alcuna traccia fino alla metà del Quattrocento”.

Con la visita ai Sepolcri, compiuta nella tarda serata del Giovedì santo, si entra nel vivo delle manifestazioni religiose della Settimana Santa. Una sottile atmosfera di raccoglimento pervade tutta la Città, mentre fedeli d’ogni ceto e tendenza politica rivivono un rituale antichissimo arricchitosi negli ultimi tempi di significativi valori umani. Per i Sulmonesi che vivono lontano, il Giovedì Santo rappresenta infatti un importante appuntamento, fissato tacitamente l’anno precedente, per il recupero dell’identità culturale assicurato dal reinserimento, pur temporaneo, nel tessuto della storia e delle tradizioni della propria terra.

La visita alle varie chiese è designata con l’espressione “fare i Sepolcri”, assai comune del resto in tutto il Meridione ed altrove. Lo spazio sacro destinato a rappresentare simbolicamente il S. Sepolcro è delimitato da ceri accesi, lampade e vasi in cui vengono fatti germogliare nei giorni precedenti semi di cereali. [A Pacentro si attribuiscono a tali germogli poteri apotropaici, essi vengono posti anche sulle viti e sugli olivi, importanti per l’economia locale; a Raiano tale funzione protettiva è affidata ai rami d’ulivo benedetti nella Domenica delle Palme.]  

Ancora agli inizi del nostro secolo, l’espressione fare i sepolcri designava anche l’allestimento di una serie di scene o quadri interpretati da attori scelti fra i parrocchiani ed ispirati ad episodi della Passione di Cristo. Apprendiamo al riguardo dal De Nino che “nella Settimana santa, a Pescocostanzo si fanno i sepolcri. In una di quelle sacre rappresentazioni i giudei intorno a Cristo sono uomini vestiti alla medioevale, con corazze, elmi, gladii e picche. Il Venerdì santo poi, nel mentre che si porta via dal Sepolcro il Sacramento, gli occhi del pubblico sono tutti profani: tutti guardano ai Farisei che a un dato segno cadono e muoiono”. Ancora il De Nino ci informa che i sepolcri venivano ripetuti in tale forma a Scanno durante la Processione del Corpus Domini per rappresentare scene del Vecchio e Nuovo Testamento; mentre il Tollis (Pacentro.1979) riferisce che a Pacentro si svolgeva “fino a qualche tempo fa” la scena sacra della resurrezione di Lazzaro, che avveniva però nel giorno di Pasqua dopo il rientro della processione. “Ad Introdacqua – scrive il Susi – nel quadro delle usanze ricorrenti nella Settimana Santa, occupano il primo posto le figure montate su cartone o su legno, rappresentanti scene o personaggi della Passione di Cristo”. Il Finamore precisa anche “Il Sepolcro è rappresentazione scenica di atto della Passione che si fa nelle principali chiese del luogo” 

A tali rappresentazioni accenna il vescovo Bonaventura Martinelli nel Sinodo da lui celebrato a Sulmona nel 1715 e le cui risoluzioni furono pubblicate a Roma due anni dopo: “Repraesentationes virorum ante Sepulchrum adstantium ubi Sanctissima Eucharistia feria quinta in Coena Domini in memoriam Passionis ejus reponitur, omnino prohibemus Sub poena suspensionis a Parocho, ab Actoribus vero excommunicationis illico incurrendae.”.

Mentre dunque da un lato l’importante documento attesta nella stessa Sulmona del XVIII secolo la tradizione dei S. Sepolcri, nell’accezione in precedenza riferita di scene ispirate a Passione di Cristo, dall’altro si apprende da esso la proibizione imposta sulla scia forse delle disposizioni scaturite dal Concilio di Trento che vietavano ad attori di impersonare le figure di Cristo, della Madonna e di altri santi, sostituiti in seguito da statue. E questo particolare risulterà rilevante anche per la Madonna che scappa in piazza. Le statue – secondo direttive stabilite da Urbano VIII nelle sue Constitutiones – dovevano comunque corrispondere a determinati requisiti e suscitare senso di commozione grazie alla loro eccellente fattura artistica. Al riguardo è interessante ciò che prescrive il vescovo di Valva e Sulmona, Tobia Patroni, nella visita pastorale da lui compiuta il 20 luglio 1872 a Villalago: “Resti interdetta la statua di S. Pietro, che deforme com’è, non ispira affatto devozione”

Le scene disegnate su cartone ed ancora in uso ad Introdacqua rappresentano le lontane eredi di quelle pergamene in cui venivano miniate, specie a Montecassino, episodi della Passione e della Resurrezione di Cristo, ispirate, anche sotto il profilo artistico, all’iconografia bizantina.

Questi quadri devozionali sono attestati un po’ ovunque nel Meridione e per Napoli il Mayer segnala nel secolo scorso l’usanza di erigere nelle chiese “grandi pitture con scenari, che rappresentano la tomba del Salvatore”.

Individuare le cause che determinano l’affievolimento di questa particolare forma di devozione popolare non è agevole. Lentamente caddero in disuso, lasciando però traccia di sé nell’allestimento scenografico delle sacre rappresentazioni. Probabilmente le pitture su cartone non dovevano suscitare quei sentimenti di immedesimazione e forte emotività che sono assicurati invece dalle manifestazioni con statue o con attori. Illuminante al riguardo è un episodio riferito dal D’Ancona, secondo il quale durante la rappresentazione della Passione a Montechiaro d’Asti, “i manigoldi – che dovevano accompagnare Cristo al Calvario – pigliavano sul serio la loro parte e s’infervoravano in essa…menarono con tanto ardore le mani… che il povero Cristo, deposto il cilicio, si mise in letto e si trovò pesto in così bel modo da ispirare qualche timore che non si potesse più rialzare”.

II – La processione del Venerdì Santo a Sulmona

L’animazione che si avverte durante il giorno di Venerdì Santo a Sulmona, invasa ormai da turisti provenienti dalle località limitrofe, scompare quasi d’incanto all’imbrunire, allorché dalla chiesa della

Trinità comincia a snodarsi la Processione del Cristo Morto, gestita dall’omonima Confraternita.

La Città, priva nel suo centro storico di ogni segno che rammenti la civiltà delle macchine, riacquista in parte il fascino del tempo passato e si trasforma in un teatro degno di rappresentare il dramma più grande della storia dell’umanità.

Dallo sguardo commosso delle persone anziane si avverte una intensa partecipazione ad un evento rivissuto psicologicamente anche in chiave terrena.

I confratelli della Trinità indossano una tunica rossa, simile a quella della Confraternita dei Pellegrini e Convalescenti fondata a Roma nel 1548 da S. Filippo Neri, e sfilano disposti secondo uno schema codificato che può essere riassunto nel modo seguente: banda, due Mazzieri, fila orizzontale di sette portatori di lampioni (o fanali), quadrato formato da quattro portatori di lampioni, tre Dignitari (simbolo della Trinità) con al centro il caratteristico Tronco (croce processionale, cilindrica, coperta di velluto rosso e ornata da tralci d’argento, vuota all’interno, risalente alla metà del XVIII secolo), altro quadrato formato da quattro portatori di lampioni, fila orizzontale di sette portatori di lampioni, fila di portatori di lampioni lungo i due margini della strada, coro, parroco officiante, altra fila di portatori di lampioni lungo i due margini della strada, statua del Cristo Morto condotta da quattro trinitari, affiancati da altri quattro per il cambio, fila orizzontale di quattro fanali, statua della Madonna Addolorata condotta da quattro trinitari, affiancati da altri quattro per il cambio, seguono altri Dignitari e Confratelli trinitari.

Un cenno a parte merita il cosiddetto Capo dei Sagrestani d’Onore, vero regista dell’imponente processione, da cui dipende tutta la manifestazione. Egli è coadiuvato in tale circostanza da due Capi

Processionieri. È tradizione inoltre che i quattro trinitari che escono dalla chiesa della Trinità con la statua del Cristo Morto, rientrino a processione ultimata con la Statua della Madonna e di conseguenza i portatori iniziali di quest’ultima, con la statua del Cristo Morto. I portatori delle statue del Cristo Morto e della Madonna sono dunque 16, divisi in due gruppi di 8 ciascuno. Essi vengono estratti a sorte nei giorni precedenti insieme ai tre confratelli che portano il Tronco, ai Mazzieri, ai due Capi Processionieri ed al Capo dei Sagrestani d’Onore. [Dei mazzieri, 5 in tutto, 4 sono estratti a sorte, uno è assegnato liberamente dall’Amministrazione della Confraternita.

Fino ad un tempo recente il trasporto dei fanali veniva assegnato mediante asta ai migliori offerenti, mentre oggi la Confraternita della Trinità offre una ricompensa ai fedeli che svolgono volontariamente tale compito.

Interessante è la figura formata dai trinitari nel tratto compreso fra le due file orizzontali dei sette portatori di lampioni, al centro delle quali procede appunto il Tronco, figura corrispondente a due T (Trinità) disposte in senso contrario. Si tratta probabilmente di norme codificate da un vecchio cerimoniale di cui si è perso, col trascorrere del tempo, il vero significato. Allorché perviene all’altezza della chiesa di S. Maria della Tomba, la processione riceve l’omaggio delle Autorità cittadine che ne seguono l’itinerario fino al suo rientro alla chiesa della Trinità, secondo un Cerimoniale che l’Amministrazione Comunale ha iniziato ad osservare dal 1962.

Allorché comincia a snodarsi dalla chiesa della Trinità, la processione imbocca via Ercole Ciofano (direzione Ovest), poi si dirige verso la Cattedrale di S. Panfilo (direzione Nord) e quindi punta in direzione di Porta Napoli (direzione Sud) dopo essere passata per Piazza Garibaldi (direzione Est).

La specificazione del percorso mediante i quattro punti cardinali contribuisce a chiarire una tipica struttura di tali manifestazioni religiose nonché “il significato propiziatorio del segno di croce, che in questo caso viene tracciato sul terreno dalla stessa comunità in processione”.

Questo rituale, che costituisce una proiezione delle processioni delle rogazioni, “si svolge solitamente

lungo i due assi ortogonali nord-sud ed est-ovest, segnati da quattro croci: la processione segna così una croce orientata sul terreno e la benedizione si svolge alle quattro direzioni dello spazio riprendendo un antichissimo rituale di orientamento sacro, cardodecumenico”. [Circa il periodo dello svolgimento delle rogazioni, sono interessanti i seguenti documenti dell’Archivio Vescovile Sulmona, Miscellanea 1900-1910, Primo documento: “Curia vescovile Sulmona, 23 maggio 1908 oggetto: Rogazioni (ore 9 a.m.). Molto rev. Di Signori. Nei giorni 25, 26, 27 c. m. ricorrendo le Rogazioni dette Minori, a differenza di quella di S. Marco chiamata Maggiore, si adempiranno le prescritte processioni. I due cleri interverranno con le loro insegne corali ecc. Nicolaus Jezzoni Episcopus”; Secondo documento: “Curia vescovile Sulmona, 1 maggio 1910. Molto Rev. di Signori. Nei giorni 2, 3 4 c.n1. ricorrendo le Rogazioni dette Minori, si adempiranno le prescritte i processioni muovendo dalla I Nostra Cattedrale Basilica di S. Panfilo, alle ore 9 a. rn. ecc. Nicolaus Jezzoni Episcopus”].

Il coro, che in base ai documenti fotografici esistenti si presenta oggi con un numero maggiore di cantori rispetto al periodo compreso fra le due guerre mondiali, procede come i confratelli trinitari nella tipica tunica rossa, strusciando i piedi con un passo ritmico ed ondulato, donde la denominazione di struscio data al caratteristico incedere. Ciò non costituisce tuttavia una particolarità esclusiva del coro sulmonese trattandosi di un tema una volta assai diffuso nel Meridione e nei paesi cristiani dell’area mediterranea. [A Napoli o struscio indica oggi il semplice passeggio lungo le vie centrali nel giorno di Giovedì santo in occasione della visita ai Sepolcri; in Grecia lo struscio è il passo del corteo ondeggiante che “segue la bara drappeggiata rappresentante Cristo Morto”. Cfr. G. Torselli Feste nel mondo Roma 1972]

Lo struscio è un movimento che imita, anche sonoramente, il faticoso procedere di una persona con le catene ai piedi, un atto di mortificazione e penitenziale che oggi viene solo mimato, ma che in passato dev’essere stato tutt’altro che simbolico. Avveniva, infatti che “chi si metteva in fila nelle processioni del Venerdì Santo, vi partecipava anche direttamente attraverso le sofferenze cui sottoponeva la propria persona”

Il coro canta un bellissimo Miserere composto nel 1913 dal maestro-concertatore Federico Barcone,

nato a Sulmona nel 1862, ed eseguito per la prima volta nella data suddetta dalla banda municipale cittadina diretta dal maestro Gavina. La sua esecuzione si svolge continuamente, senza pause, lungo le strade percorse dalla processione e si avvale dell’accompagnamento di alcuni elementi della banda musicale, che esegue una suggestiva marcia funebre composta dal maestro sulmonese Vella.

Allorché la processione perviene a Piazza Garibaldi, avviene un simbolico scambio di consegne tra i membri della Confraternita della Trinità e quelli della Madonna di Loreto.

Le statue del Cristo morto e della Madonna, come anche il Tronco, vengono cedute infatti per tradizione dai trinitari ai colleghi lauretani in prossimità della zona nota come i tre archi (cioè quel settore dell’Acquedotto Medievale situato di fronte a Largo Faraglia), luogo che funge da vero e proprio limite di “competenza territoriale” fra le due Confraternite, dato che quella della Madonna di Loreto ha sede appunto nella chiesa di S. Maria della Tomba, sita non lungi dai suddetti archi.

Oltrepassata quest’ultima, la processione, dopo aver ricevuto l’omaggio delle Autorità cittadine, imbocca via Panfilo Serafini ed a Porta Napoli ripiega, attraverso Corso Ovidio, in direzione della chiesa della Trinità. All’altezza di Piazza Minzoni i lauretani riconsegnano “l’Arsenale della devozione”, cioè statue e Tronco, ai colleghi trinitari che portano a termine la processione. Va notato che tale consuetudine risale a tempi relativamente recenti. Infatti, dato il prolungarsi dei piati, le due congregazioni laicali furono invitate nel 1932, in occasione del Congresso Eucaristico Missionario Abruzzese svoltosi a Sulmona, a ricercare un accordo ed a “dare un buon esempio” al folto pubblico dei congressi, prescindendo dalla questione dell’anteriorità storica delle due Confraternite, che esplodeva appunto in simili circostanze a proposito del diritto di precedenza durante le processioni. Ed allora si arrivò alla conclusione che nelle processioni le due Confraternite potessero unirsi procedendo insieme, ciascuna conservando comunque la propria identità.

Quelle della Trinità e della Madonna di Loreto sono oggi le uniche superstiti di un maggior numero di Confraternite che, ancora alla metà dell’800, ammontavano a sei. I piati fra tali confraternite esplodevano soprattutto in occasione delle processioni e concernevano il cosiddetto “diritto di precedenza”. Di essi venivano investite le autorità civili e religiose e la particolare giurisprudenza che ne risultava appare ricca soprattutto nel XVIII sec. Si tratta di controversie che animano i pii sodalizi di tutto il Regno di Napoli ed erano causa di “gravi disordini”. La natura di questi piati esplosivi nel XVII sec., nella società meridionale, è stata acutamente messa in evidenza dal Lalli che scrive “La vita cittadina si esprime attraverso organismi religiosi che non hanno più la semplice funzione spirituale del Medioevo. La presenza nelle processioni, o meglio il posto che si occupa … indica anche il peso che si ha nella vita sociale”.  

La processione, fino a tale periodo (1932), entrava nella chiesa di S. Chiara per permettere alle suore di clausura l’adorazione delle statue della Madonna e del Cristo morto.

Durante la sosta, mentre un seminarista faceva il discorso sulla Passione di Gesù, i portatori delle statue rinfrancavano le forze con laute bevute, dopo di che il sacro corteo riprendeva il suo percorso.

Questo particolare del vino merita un cenno di approfondimento. Nel Sinodo indetto da Mons. Martinelli e celebrato nella Cattedrale di S. Panfilo nel 1715, il vescovo proibisce severamente l’usanza popolare, causa di “perturbationis, risus, lasciviae”, relativa all’allestimento di “fontes nempe artificiales”, dalle quali sgorgavano da alcune acqua e da altre vino. Tali fontane venivano preparate lungo le strade cittadine in cui sfilavano le processioni al fine di rinfrancare le forze dei “processionem comitantes”

Si arguisce pertanto dalle rampogne del vescovo che le soste avvenivano di preferenza alle fonti artificiali da cui sgorgava il vino, con tutte le conseguenze facili da immaginare, tanto più che forti libagioni avvenivano anche prima che uscissero le processioni. “Commessationes ac compotationes tam in actu, quam ante Processionem arceantur omnino sub poenis arbitrio nostro infligendis, maxime vero Sodales Confratriarum sacco induti caveant, ne divagentur per loca, cauponas ingrediantur…” (Synodus Diocesana…, Roma 1717.).

A quale rango appartenessero moltissimi esponenti della Confraternita della Trinità, che appare strettamente collegata alla Congrega dei Nobili, istituita dai Gesuiti allorché questi si insediano verso la fine del ‘600 in Città, si apprende da un capitolo dell’opera dello storico sulmonese F. Sardi de Letto, La Città di Sulmona (1979 Sulmona).

Si tratta di nomi prestigiosi di casati cittadini come i Mazara, i Sanità, i Corvi ecc., alcuni dei quali appaiono già protagonisti della vita economica e politica nella Sulmona medievale.

In stretto rapporto con il vescovo ed il Capitolo, essi vantano numerosi appoggi da parte dell’Arciconfraternita della SS. Trinità di Roma, di cardinali legati all’ambiente dei Corsini, del papa Clemente XII e della famiglia Borghese. Grazie a queste conoscenze, essa ottiene nel 1749 il regio assenso di Carlo III e l’elevazione del titolo ad “Arciconfraternita”.

Questo carattere egemone del sodalizio subisce alterazioni all’indomani dell’unità d’Italia quando, in un clima prettamente gattopardiano, la nobiltà scopre le nuove vie politico-amministrative da seguire, suggerite dalle mutate condizioni storiche, lasciando così l’atavica eredità alle nuove forze sociali cittadine che emergevano per lo più nel settore artigianale ed imprenditoriale.

La Confraternita di S. Maria di Loreto sembra invece presentare origini diverse ed è al suo passato che occorre guardare per tentare di comprenderne il “costume di gruppo”. Il borgo formatosi attorno alla chiesa di S. Maria della Tomba (fine sec. XII), al di fuori della nuova cinta muraria di cui la Città si munisce agli inizi del Trecento, raccoglie non solo nuclei familiari appartenenti certamente a strati sociali non egemoni, (è significativo che anche in seguito i palazzi più rappresentativi cittadini sorgano nell’ambito della prima cerchia muraria), ma anche forenses di castelli vicini, che l’esplosione demografica, nella seconda metà del XIII secolo, spinge soprattutto in pianura, grazie alle possibilità di lavoro offerte dai nuovi mezzi tecnici per il dissodamento dei terreni e per la tessitura. Importanti notizie sono contenute al riguardo nell’opera del Sardi de Letto. Apprendiamo in tal modo che la Processione del Venerdì Santo, costituisce una acquisizione da parte della Confraternita della Trinità soltanto a partire dal 1860, in quanto prima essa era “retaggio della Congrega dei Nobili, eretta nella chiesa dei Gesuiti.”

Inoltre, dopo aver ricordato che “la statua del Cristo morto, non l’attuale, era conservata nella cappella

di Palazzo Sardi”, il Sardi de Letto ci dice che la Confraternita della Trinità eseguiva dal 1729 la processione del Cristo Risorto, ma “fino alla Fontana del Vecchio, per non entrare nella zona di pertinenza della Confraternita di S. Maria di Loreto.”

“I lauretani d’altro canto gestivano, come si apprende da un documento del 1753, la processione solenne nel giorno di Pasqua, col concorso di moltissima gente, sempre con sparo de’ mortari ed accompagnamento de’ Musici, e per lo più quasi ogni anno la processione di Cristo Morto, il Giovedì Santo”, ostacolata però, per evidenti motivi concorrenziali, dai “fratelli trinitari”.

Ogni processione aderiva a schemi ben precisi, in modo da evitare sconfinamenti nei quartieri cittadini di pertinenza dell’uno o dell’altro pio sodalizio. Era inevitabile però che nelle cerimonie religiose in cui le due confraternite sfilavano accanto agli altri pii sodalizi cittadini, riaffiorassero gli antichi rancori e ciò dava origine ad interminabili piati e disordini.

Così, nel 1752, la vita della Città fu sconvolta da violente liti esplose fra trinitari e lauretani per il noto diritto di precedenza in occasione della processione delle Rogazioni.

Tale stato di tensione fra le confraternite dovette protrarsi anche negli anni successivi, poiché ad esso si riferisce, come riteniamo, il seguente “Real Dispaccio” da Napoli, che evidentemente era stata investita della questione dal vescovo Filippo Paini: “La Maestà del Re nostro Signore, avendo comprovato coll’esperienza, che le processioni, se queste si fanno di giorno dopo pranzo, invece di riuscire di onore a Dio, e de’ Santi, ed esser motivo di pietà vera e soda religione, siano occasione piuttosto di rissa, scandali, ed altri disordini, che disonorano la religione medesima, con suo Real Dispaccio del diece del corrente decembre per Regal Segreteria di Stato e dell’Ecclesiastico, comunicatoci per mezzo dell’Ill.mo Signor Preside Provinciale, ha risoluto, che le processioni tutte si debbano far di mattina, e non mai il giorno dopo pranzo. Nel partecipare alle SS.VV. questo Sovrano Real comando, che passaranno alla notizia del clero secolare, e regolare, e delle Confraternite tutte, Loro incarichiamo nel Regal nome ad invigilare per l’esatta puntuale osservanza, perché altrimenti, locche (sic) non crediamo giammai, ne saranno responsabili alla M. S., ed a noi, che provederemo severamente contro i trasgressori. Con registrarsi la presente da ciascun Parroco nel solito Libro degl’Editti, nel mentre di tanto ricompromettendoci della di loro prontezza, ci raffirmiamo Da Sulmone (sic) li 26 febbraio 1768. Filippo Vescovo di Valva e Sulmona” (Libro Editti Vescovili. Biblioteca Diocesana Sulmona).

Questo era il clima in cui si svolgevano, non più di pomeriggio e non sappiamo fino a quale periodo, le processioni a Sulmona. Da quanto si apprende dai documenti citati in precedenza, quelle pasquali

hanno subito notevoli modifiche nel corso degli ultimi due secoli e degna d’attenzione appare la notizia, secondo cui anche la Confraternita di S. Maria di Loreto eseguiva, di Giovedì Santo, una processione del Cristo Morto, ma “quasi ogni anno”.

Il che denota forse la preferenza accordata dai Lauretani a quella di Pasqua, eseguita con grande pompa, fra spari di mortaretti ed “accompagnamento di Musici”.

Oggi i compiti delle due Confraternite sono ben distinti, in quanto la Trinità esegue la processione del Cristo morto e quella di Loreto la Madonna che scappa in piazza, nella mattina di Pasqua.

Pure, a ricordo forse delle più complesse manifestazioni religiose dei tempi passati, la Confraternita di S. Maria di Loreto esegue nel pomeriggio di Venerdì Santo una processione che si svolge entro uno spazio cittadino limitato.

Con le ultime note del Miserere, che accompagna il rientro della processione, si spegne lentamente il fervore religioso che ha animato per tutto il giorno la Città e da questo momento non si pensa ad altro che alla manifestazione della domenica di Pasqua.

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UN GOVERNO CONFUSO IN GUERRA CON IL SUD 

di Michele Rutigliano

PoliticaInsieme.com, 29 marzo 2024. Rimarrà nella storia (semiseria) della politica italiana quel foglietto, ripreso furtivamente dalle telecamere al Senato, sui cui Silvio Berlusconi riportò giudizi non molto lusinghieri sull’affidabilità, la coerenza e la statura politica di Giorgia Meloni. Ma non è su di lei che vorrei soffermarmi. Non sarebbe nemmeno tanto carino redarguire sempre il peccatore e ignorare i peccati  del suo Governo, soprattutto quando volge le sue attenzioni al Mezzogiorno.

Conosciamo tutti la polemica che ha ingaggiato il Governatore della Campania Vincenzo De Luca nei confronti del Ministro Fitto e più in generale verso questa spocchiosa noncuranza per la sua Regione.  Conosciamo anche la triste e squallida vicenda in cui è stato coinvolto il Sindaco di Bari, quel galantuomo di Antonio Decaro, uno dei politici meridionali tra i più amati e benvoluti di sempre. In tutto questo clamore, però, è passata sotto silenzio un’altra vicenda. Quella che ha interessato il Governatore della Calabria, Roberto Occhiuto. Il quale è arrivato a minacciare addirittura le dimissioni se il Governo non farà marcia indietro sul ventilato taglio di 1 miliardo e mezzo di euro alla Sanità della sua Regione .

La notizia  della Calabria che si ribella al Governo ha fatto scalpore perché si tratta della prima crisi  tra un presidente di una Regione di centrodestra e il Governo Meloni.  A quanto pare il Governatore non si  è lamentato solo per i  tagli alla sanità,  ma più in generale per la politica antimeridionalista che, a suo parere, non sta girando nel verso giusto. “Io – ha spiegato Occhiuto – devo rappresentare gli interessi della mia Regione che sconta i ritardi dei governi nazionali che in questi anni hanno nominato commissari alla sanità dei Generali dei carabinieri, della Guardia di finanza, e altri ancora. Commissariamenti che hanno lasciato più o meno tutto com’era. E adesso vogliono ulteriormente tagliare.  E allora io non ci sto”.

Il Governo, come al solito, suona uno spartito diverso da quello che seguono i governatori del Sud.   Dice il Ministro Fitto che non si tratterebbe di tagli ma solo di un trasferimento di quelle spese sul fondo per l’edilizia sanitaria.  E qui la vicenda si ingarbuglia.  Perché, a sentire gran parte dei Governatori meridionali, almeno una parte di questi fondi sono già impegnati e pure spesi.

Se così fosse, i bilanci regionali sulla sanità ( che in alcuni casi assorbono il 60-70% del bilancio complessivo) si ritroverebbero pesantemente decurtati. Ma questa “guerra a bassa intensità” che il Governo ha dichiarato  alle Regioni del Sud non si ferma qui. È su un altro fronte, quello dell’autonomia differenziata, che il conflitto sta diventando sempre più aspro e pericoloso. Tralasciamo le sacrosante regioni di Vincenzo De Luca.

Sentite, invece, quello che ha dichiarato Roberto Occhiuto: “Cosa dovrebbe fare Forza Italia rispetto all’autonomia differenziata? In maniera molto meno aulica di quello che richiederebbe un dibattito così importante, noi diremmo dare moneta, vedere cammelli”.

In Calabria si sta muovendo addirittura la Chiesa contro questa sciagurata riforma. L’Arcivescovo di Cosenza, Monsignor Giovanni Cecchinato, partecipando alla marcia anti-autonomia promossa dalla GGIL  ha parlato chiaro:  “La Chiesa è per la solidarietà e la sussidiarietà”. Di rimando, Occhiuto è stato ancora più esplicito:   “È evidente  che per quanto ci riguarda, più importante dell’autonomia differenziata è che si finanzino i diritti sociali e civili secondo i fabbisogni e non secondo la spesa storica.

Se ci fosse il superamento della spesa storica andrebbe bene anche l’autonomia differenziata. Ho spiegato però al ministro degli Affari regionali e delle Autonomie, Roberto Calderoli che per realizzare questo suo disegno di legge, che prevede sì l’autonomia differenziata ma anche il finanziamento dei Lep secondo i fabbisogni, occorrono diversi miliardi.  Se ci sono bene, se non ci sono l’autonomia differenziata e le intese non si potranno fare. Sia chiaro: non siamo fessi e non ci faremo fregare”.

Il Presidente della Fondazione Gimbe ( Gruppo Italiano per la Medicina basata sulle Evidenze)   Nino Cartabellotta è andato giù ancora più duro. Ha detto chiaramente che l’autonomia differenziata porterebbe al collasso la sanità delle Regioni meridionali e ha definito grottesche e autolesionistiche  le posizioni dei governatori meridionali del centrodestra che la appoggiano. Ove mai dovesse andare in porto, questa riforma prevede che le Regioni potranno trattenere il gettito fiscale, che non verrebbe più redistribuito su base nazionale, impoverendo ulteriormente il Mezzogiorno. 

Il problema delle diseguaglianze regionali nella sanità esiste, ma la soluzione non è l’autonomia differenziata. Servono nuovi criteri di riparto delle risorse, una revisione dei Piani di rientro per favorire lo sviluppo organizzativo e soprattutto maggiori capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni. Non si possono ‘distribuire’ oltre 130 miliardi di euro alle Regioni e poi monitorarle con poco più di 20 indicatori che ‘catturano’ solo in minima parte gli enormi disagi delle persone.

Ad ogni buon conto se la Campania, la Calabria e la Sardegna piangono, la Basilicata non ride.  Tra un Governo che taglia i fondi e la dura realtà lucana dello spopolamento delle aree interne, dell’inverno demografico e della fuga dei giovani al Nord, la Regione che fa? Assiste impotente, ma non reagisce. 

È chiaro che solo con le sue forze potrà fare ben poco. Anzi non potrà fare nulla, se il Governo insiste con questa politica fatta solo di chiacchiere e distintivo. Da un lato firma i patti di sviluppo e coesione e dall’altro spinge la sua maggioranza in Parlamento perché approvi una legge che, se andasse in porto,  spaccherebbe l’Italia in due.

Dopo 163 anni di Storia,  ci ritroveremmo, con la gioia dei neoborbonici,  un moderno Regno delle Due Sicilie.  La verità è che questo Governo è sempre  più in uno stato confusionale,  Non solo in politica estera, con un Vicepresidente del Consiglio che scambierebbe due Mattarella con un Putin, ma anche in quella interna.  Un Governo che si comporta come Robin Hood, ma  con finalità esattamente opposte. Da un lato toglie fondi e speranze alle Regioni del Sud, dall’altro fa di tutto per assicurare più benessere e tranquillità a quelle del Nord.

Michele Rutigliano




LA MESSA DEL MERCOLEDÌ SANTO

Prima esibizione pubblica del Coro Accademia Acquaviva Città di Giulianova

Giulianova, 28 marzo 2024. Prima esibizione pubblica in città del Coro Accademia Acquaviva Città di Giulianova, i ragazzi, con I piccoli cantori di Rosburgo e i solisti della classe di canto del Conservatorio, hanno animato la Messa del Mercoledì Santo nella chiesa di San Pietro Apostolo.  Presenti il Sindaco Jwan Costantini e il Vicesindaco Lidia Albani.

Con brani di Giovanni Pierluigi da Palestrina, Haendel, Bach, e canti della tradizione irlandese e americana, il coro Accademia Acquaviva – Città di Giulianova, diretto dalla Maestra Francesca Formichella, ha animato ieri la Messa del Mercoledì Santo nella chiesa di San Pietro Apostolo, al Lido. Alla sua prima esibizione pubblica a Giulianova, la formazione giovanile e di voci bianche si è esibita con I piccoli cantori di Rosburgo e i solisti della classe di canto del Conservatorio Braga. Erano presenti il Sindaco Jwan Costantini e il Vicesindaco Lidia Albani.

L’iniziativa, proposta dal Conservatorio e dall’ associazione Accademia Acquaviva, era patrocinata dal Comune di Giulianova. La Celebrazione Eucaristica, officiata da don Luca Torresi, si è aperta con Tura Lura, ninna nanna popolare irlandese intonata per “ricordare che su ogni natività c’è già l’ombra della croce”, e si è conclusa con lo Spiritual Keep your lamps, invito a tenere accese le lampade in attesa del Cristo Risorto.

“Ringrazio – scrive la direttrice Francesca Formichella – tutti coloro che continuano a  credere al valore della musica e della coralità come momento di forte aggregazione capace di creare legami veri, crescere nella sensibilità ed elevare lo spirito.”




LA COLLETTA PER LA TERRA SANTA

Mons. Fusco: faccio appello alla vostra generosità per il bene delle persone che vivono nei luoghi santi

Sulmona, 28 marzo 2024. Domani, Venerdì Santo, in tutte le Comunità Cattoliche del mondo si terrà la “Colletta per la Terra Santa”, nata dalla volontà dei papi di mantenere forte il legame tra tutti i Cristiani del mondo e i Luoghi Santi.

“La giornata di Terra Santa costituisce un’importante occasione pastorale, una preziosa opportunità per sensibilizzare i fedeli sulla realtà della Chiesa che vive nei Luoghi Santi, dove Gesù ha compiuto l’opera della nostra redenzione”, dichiara Mons. Fusco, vescovo di Sulmona-Valva, “ed è per questo che faccio appello alla sensibilità e generosità di quanti parteciperanno alle funzioni religiose, perché possano contribuire con la preghiera e con le opere di carità al benessere dei nostri fratelli cristiani in Terra Santa”.

In una lettera inviata a Mons. Fusco il Commissariato Generale di Terra Santa spiega che, dopo aver sperimentato più di due anni di incertezza a causa del Covid, improvvisamente il 7 ottobre scorso la Terra Santa è stata sorpresa dallo scoppio di una nuova guerra che ha causato migliaia di morti, non solo a Gaza, e seminato odio ulteriore tra i popoli della Terra Santa. Questo ha bloccato nuovamente il flusso dei pellegrini, costretto per lunghi periodi i giovani del luogo a non andare a scuola e lasciato senza lavoro molti cristiani, specialmente a Betlemme e in Palestina, ma anche nella città vecchia di Gerusalemme e in Israele.

Le offerte raccolte dalle parrocchie vengono trasmesse dai Commissari di Terra Santa alla Custodia di Terra Santa che verranno usate per il mantenimento dei Luoghi e per i cristiani del posto.




TORNA ARROSTILAND

La Pasquetta di Abruzzo di Morris

Tollo, 28 marzo 2024.Appuntamento a Tollo lunedì 1° Aprile per Arrostiland, la festa ideata dalla community di Abbruzzo di Morris che ormai da 8 anni riunisce decine di migliaia di persone nel giorno di Pasquetta per una giornata all’insegna del divertimento e delle tradizioni abruzzesi “rivisitate” in chiave moderna.

Per l’edizione 2024 la località scelta per la manifestazione è Tollo, località a livello nazionale per la produzione di vino, che a inizio febbraio ha battuto la “concorrenza” di Casanditella e Turrivalignani grazie alle forze introdotte dal Comune e dalla giovane ma organizzatissima Proloco Tolle mè.

Già dalle prime ore della mattina di Pasquetta, migliaia di giovani e famiglie invaderanno pacificamente la ridente località tollese per dare vita alla manifestazione che “con la scusa” degli arrosticini in realtà rappresenta una vera e propria giornata di “orgoglio abruzzese” con costumi, maschere, goliardia e folklore.

Come sempre la manifestazione vede protagoniste “le greggi”, gruppi di amici e amiche, che dopo aver prenotato nelle settimane precedenti, raggiungono da tutto l’Abruzzo e centro Italia la festa per trascorrere la Pasquetta cuocendo arrosticini e altre prelibatezze abruzzesi nel centro abitato del paese.

Ma spazio anche per i visitatori occasionali che vorranno fare una passeggiata a Tollo durante la giornata approfittando degli stand della proloco e delle attività ristorative di Tollo per rifocillarsi.

“Siamo molto orgogliosi di poter ospitare Arrostiland” dice il Sindaco Angelo Radica che prosegue “un evento tra i più attesi dell’anno nella nostra regione che ha senza dubbio una rilevanza nazionale. Un momento di festosa aggregazione che riporta alla mente di ognuno di noi le antiche scampagnate  che in compagnia facevano da ragazzi. Oggi al centro dell’evento vi è l’intera aerea urbana di Tollo con la partecipazione convinta di esercenti commerciali, associazioni e attività produttive. Un ringraziamento speciale ad Abbruzzo di Morris ideatore dell’evento, a tutti gli straordinari volontari nella neonata Pro Loco Tolle mè, ai collaboratori esterni ed ai cittadini che accoglieranno gli ospiti con la solita ospitalità abruzzese”. Un ringraziamento speciale ad Abbruzzo di Mortis ideatore dell’evento, a tutti gli straordinari volontari nella neonata Pro Loco Tolle mè, ai collaboratori esterni ed ai cittadini che accoglieranno gli ospiti con la solita ospitalità abruzzese.”

Non mancheranno i concerti, naturalmente gratuiti, nella piazza centrale di Tollo e che vedranno esibirsi sul palco The Arribb, 99 Cosse e Mamy Wata and the Golden Shore’s per i live con spazio subito dopo al DJ set di Vittorio Pettinella e Pietro Sablone. Appuntamento a lunedì con Arrostiland, la festa più abruzzese che ci sia.




L’ALBERO DI FALCONE

È arrivato nella Scuola Secondaria Vincenzo Bindi nell’ambito del progetto nazionale Un albero per il futuro.  Oggi la consegna ufficiale, nel corso di una mattinata entusiasmante.

Giulianova, 27 marzo 2024. La Scuola Secondaria Vincenzo Bindi è tra le tantissime che, in Italia hanno aderito al progetto di educazione alla legalità ambientale Un albero per il futuro promosso dal Ministero della Transizione Ecologica in collaborazione con il Raggruppamento Carabinieri Biodiversità. Da oggi, infatti, la scuola dell’ IC 2 di Giulianova custodisce una talea del famoso ficus che cresce in via Notarbartolo, a Palermo, poco distante dalla casa che fu del giudice Giovanni Falcone.

Stamattina, nell’aula magna della scuola, la consegna ufficiale, nel corso di una mattinata-evento organizzata dalla direzione scolastica con il patrocinio del Comune di Giulianova ed in collaborazione con l’associazione Un albero in più. Il Vicesindaco e assessore alla Pubblica Istruzione Lidia Albani, intervenendo, ha invitato gli alunni a riflettere sulla figura del giudice Falcone, a ripensarlo, come loro,  ragazzino,  alla luce di quanto la sua vita e il suo sacrificio avrebbero rappresentato per l’ Italia di oggi.

L’incontro è stato aperto dall’esibizione di alcuni ragazzi delle classi di strumento, che hanno eseguito, con gli insegnanti, Fratello Sole, sorella luna. In aula magna, presenti anche i genitori rappresentanti di classe, sono intervenuti, oltre al Vice Sindaco, la dirigente Angela Pallini, il Vice Prefetto di Teramo Marinella Iodice, il funzionario Maria De Dominicis per l’Ufficio Scolastico regionale, il Tenente Colonnello Cassandra Vantini, Comandante del Nucleo Investigativo dei Carabinieri Forestali di Teramo, il Maresciallo capo Federica Desprini del Reparto Biodiversità dei Carabinieri di Pescara, il dottor Roberto Fracasso, consulente e coordinatore del progetto.

L’arrivo dell’ Albero di Falcone inserisce la Bindi nella mappa degli istituti che partecipano alla straordinaria idea del bosco diffuso. Il plesso è pertanto da oggi individuabile sul web, tra le  scuole affidatarie del messaggio di impegno sociale e tutela ambientale che, nell’albero di Palermo, ha il suo ideale centro propulsore. Dal sacrificio del giudice Falcone fiorisce nuova vita: dalla sua testimonianza, un seme che non è perduto e che anzi continua a generare significato, a  formare coscienze. La dirigente Angela Pallini ha spiegato come il progetto si situi in un programma educativo ampio e diversificato. I ringraziamenti, suoi e indirettamente delle famiglie, sono andati alle Istituzioni locali, all’ Arma dei Carabinieri, a Nicola Di Battista, Presidente della preziosa associazione Un albero in più, a Cinzia Iezzi di Naturiamo, agli insegnanti Francesca Pistilli, Alessandra Pomante e Michele Alesiani, che, a fronte di un coinvolgimento collegiale, hanno collaborato fattivamente perché la mattinata odierna fosse memorabile.




UN AIUTO PER LA CANTAUTRICE MOMO

Lanciata petizione su change.org per richiedere la Legge Bacchelli in favore dell’artista

Lanciano, 27 marzo 2024. Un aiuto per la cantautrice abruzzese Momo. È stata lanciata su Change.org una petizione per richiedere la concessione della Legge Bacchelli all’artista di Lanciano (nome d’arte di Simona Cipollone), che tutti ricordano per aver portato fuori programma al Festival di Sanremo del 2007 il tormentone “Fondanela”. Lanciata nei giorni scorsi l’iniziativa ha già ottenuto oltre 300 firme, tra cui quelli di numerosi artisti e addetti ai lavori come Alfredo Rapetti Mogol, Ginevra Bompiani e Maddalena Crippa.

“La cantautrice Momo (Simona Cipollone) – spiega l’amico e critico musicale Alessandro Sgritta – si trova in uno stato di grave ristrettezza economica in quanto non è più in grado di provvedere al suo sostentamento: fino a qualche mese svolgeva alcuni lavori saltuari, poi dopo aver avuto un grave problema di salute ha perso il lavoro. La crisi e il Covid hanno fatto il resto. Riteniamo che abbia tutti i requisiti necessari per accedere al Fondo Bacchelli e stiamo raccogliendo le firme per costituire un Comitato promotore”.

La legge Bacchelli (legge 8 agosto 1985, n. 440) è un fondo a favore di cittadini illustri che versano in stato di particolare necessità e che hanno portato lustro al Paese con meriti in campo scientifico, letterario, artistico, economico, lavorativo, sportivo e nel disimpegno di uffici pubblici o di attività svolte a fini sociali, filantropici e umanitari, che possono così usufruire di contributi utili al loro sostentamento.

La richiesta dell’assegno vitalizio, corredata della documentazione necessaria, è poi sottoposta al vaglio di un’apposita Commissione, che resta in carica quattro anni. Dell’ultima, in carica fino al 2025, fanno parte la scrittrice Dacia Maraini e il produttore cinematografico Roberto Cicutto (entrambi già membri della precedente Commissione).

Qui la petizione completa: https://www.change.org/p/petizione-per-concedere-il-vitalizio-della-legge-bacchelli-alla-cantautrice-momo

C’è un punto nel quale ironia e poesia, leggerezza e profondità trasparenza e meraviglia si incontrano. È in quel punto che le parole e le note si prendono per mano per camminare insieme, in equilibrio sull’asse del tempo, sospese a mezz’aria tra terra e stelle. È lì che nasce la musica di Momo, una delle voci più personali e interessanti del panorama della canzone d’autore italiana, tra Piero Ciampi, Gabriella Ferri e Rino Gaetano. Nel 2007 Enzo Biagi nel suo programma Rotocalco su Rai3 l’aveva paragonata a Giulietta Masina nel ruolo di Gelsomina nel film La strada del suo amico Federico Fellini.

Abruzzese di nascita (L’Aquila, 2 luglio 1972), poi romana di adozione anche se ora è tornata a vivere a Lanciano, Momo, all’anagrafe Simona Cipollone (il nome d’arte le è stato suggerito in sogno da Totò), è nota al grande pubblico per il successo della sua Fondanela, brano surreale e ironicamente satirico scritto insieme alla pianista Alessandra Celletti, lanciato al Dopofestival di Sanremo 2007 condotto da Piero Chiambretti.

Un’apparizione folgorante, che ha avuto il merito di accendere i riflettori su un’autrice immaginifica e sensibile, ispirata e incontaminata, che ha nella vena ironica irriverente e pungente, in una satira sociale e politica condotta con anima di giullare e spirito di menestrello, nel taglio, allo stesso tempo, neorealista e surrealista del suo presentare luoghi, storie e personaggi e nella sua capacità di giocare con le parole, plasmandone forma, senso e suono, i punti di forza di una vena espressiva originale, nella quale poesia e realtà si fondono a creare un universo di immagini in grado di suscitare emozioni inedite e di evocare memorie e suggerire orizzonti futuri.

Nel 1996 con la sua Embè arriva seconda al festival Vocidomani in Abruzzo. Il cantautore romano Simone Cristicchi, colpito dal brano, lo fa suo e lo presenta al Festival di Sanremo 2006, con il titolo “Che bella gente”, classificandosi al secondo posto tra i Giovani, segnalando a pubblico e critica la personalità e il talento di Momo.

Nel 2007 viene assegnata a Momo la menzione speciale della critica come artista di Teatro Canzone al Festival Giorgio Gaber 2007. Dal 2001 Momo si esibisce nei principali teatri e locali italiani, accompagnata dal suo gruppo: Luca Venitucci (arrangiamenti e tastiere); Daniele Ercoli (contrabbasso e bombardino); Desirèe Infascelli (fisarmonica e mandolino); Giulio Caneponi (batteria e percussioni) e Federica Principi (pianoforte). È con questi musicisti che Momo ha inciso i suoi primi due album: “Il giocoliere” (Sony/BMG, 2007) , e il secondo “Stelle ai piedi” registrato a Roma nell’estate 2008. I due album sono stati prodotti da Simone Grassi, per Jux Tap Entertainment, “Stelle ai piedi” è anche il titolo del suo primo romanzo (Bompiani, 2009) uscito con il disco allegato. Ancora nel 2009 Momo si aggiudica il Premio Bianca D’Aponte ad Aversa (aperte le iscrizioni per il 2024) con il brano “L’amore sale piano”, vincendo anche il premio della critica. Nello stesso anno partecipa come ospite al Premio Tenco (dove canta “La spazzatura” accompagnata dalla violinista H.e.r.) e approda al cinema con “Ce n’è per tutti“, la pellicola prodotta da Sauro e Anna Falchi, diretta da Luciano Melchionna.

Momo ha fatto parte per anni del cast dello Spettacolo Teatrale “Dignità Autonome di Prostituzione” dal format di Betta Cianchini e Luciano Melchionna per la regia di Luciano Melchionna, uno spettacolo che ha ricevuto il Premio Speciale Golden Graal 2008 e ha ricevuto la Nomination al Premio ETI – Gli Olimpici del Teatro 2009 per la categoria “Miglior spettacolo d’innovazione”. Nel 2011 è tra i Finalisti del festival Musicultura a Macerata con il brano “La Canzone che si capisce” (S. Cipollone- F. Principi).

Nel 2016 pubblica l’EP “Santa” per La Stanza Nascosta Records. Nel 2019 ha pubblicato il suo terzo disco autoprodotto “No tengo n’idea”, arrangiato da Giovanni Block, tuttora disponibile sulle piattaforme digitali, che contiene il singolo “5 alibi” con la partecipazione del cantante e attore Attilio Fontana.




RISERVATO ALLE BICICLETTE!

Piattaforma di valutazione dei servizi dedicati alle biciclette e a chi le usa

Pescara, 27 marzo 2024. La disponibilità di posteggi per bici in un contesto urbano è ancora un problema di grande rilievo. Nonostante vi sia più di una norma, locale o nazionale, che solleciti un maggiore grado di articolazione e diffusione della rete di stalli, soprattutto in prossimità di luoghi di aggregazione, la presenza di biciclette attaccate a pali e alberi rende evidente la forte lacuna di offerta di servizi di sosta in grado di rispondere ad una domanda significativamente alta.

Oltre alla disponibilità di spazi, spesso si riscontrano tipologie di dotazioni più di tipo ornamentale che funzionale, non in grado cioè di accogliere di alcun “velocipede”. Abbiamo selezionato 4 esempi che rendono chiara la situazione.

Ospedale – All’interno dell’area di uno degli ingressi all’accettazione mancano completamente le rastrelliere, per cui coloro che arrivano in bici devono cercare qualsiasi cosa per poter mettere in sicurezza il proprio mezzo. E i pochi pali o le ringhiere sono spesso insufficienti, mentre nell’intorno abbondano auto in rapida e continua rotazione per accompagnare i pazienti meno abili a raggiungere l’ingresso in autonomia.

Supermercato, esterno – L’assenza totale di stalli costringe gli utenti, che pur arrivano utilizzando la bici, a parcheggiare lungo le ringhiere, ai pali dei tabelloni, ai pluviali degli edifici quando possibile, oppure a lasciare il mezzo appoggiato alle vetrine, nel tentativo di tenerlo un po’ a vista dall’interno.

Supermercato, interno – Anche i monopattini, elettrificati o meno, sono mezzi a due ruote. Più facili da portare con sé, seppur non sempre possibile. Quando non ci sono spazi presidiati di alcun tipo, c’è chi, evidentemente con la presunta benevolenza del personale del punto vendita, porta il mezzo all’interno, lasciandolo magari parcheggiato in un posto dove non arrechi fastidio al passaggio né ostacoli gli acquisti.

Esercizi commerciali – La tipologia di stalli e la loro collocazione alcune volte ne rendono impossibile l’utilizzo. Nella foto una classica rastrelliera a “scolapiatti” posizionata in aderenza alla parte dell’edificio dove nessuno potrà mai posteggiare la bicicletta, non essendoci il franco di sporgenza di cui ha bisogno la ruota per poter essere inserita nell’alloggiamento.

Quattro situazioni molto diffuse, e saltate all’attenzione di OSMOCI, che dovrebbero far riflettere circa la qualità dei servizi messi a disposizione dell’utenza vulnerabile della strada, quella che pedala.

Giancarlo Odoardi – Ri-media.net – Direttore Editoriale – Web Content Editor




VIA CRUCIS DEL VENERDÌ SANTO

La Polizia Penitenziaria porterà il Cristo Morto durante la storica processione. Compiacimento dalla FSA CNPP

L’Aquila, 26 marzo 2024. Tra le manifestazioni di pietà popolare del Venerdì Santo, oltre la Via Crucis, spicca la processione del Cristo Morto.

Da secoli, nel capoluogo abruzzese, essa ripropone, nei moduli propri della pietà popolare, in un clima di mestizia, austerità, di silenzio e di preghiera, e con la partecipazione di numerosi fedeli, i quali percepiscono non pochi significati del mistero della sepoltura di Gesù, una delle tradizioni religiose e civili più antiche.

A L’Aquila la processione del Cristo Morto è quella che, dal 1954, esce dalla Basilica di San Bernardino all’imbrunire del Venerdì Santo e attraversa le vie cittadine.

Quest’anno e per la prima volta – dichiarano orgogliosamente Domenico Pelliccia e Giuseppe Merola della Federazione Sindacati Autonomi CNPP – il Cristo Morto sarà portato dal personale di Polizia Penitenziaria di stanza alla Casa Circondariale  Costarelle.

Una grande soddisfazione ed un giusto riconoscimento ad un valoroso Corpo di Polizia –  commentano i sindacalisti – che con zelo e senso del dovere opera a tutela di tutta collettività, nonostante le peculiari difficoltà.

Foto: www.radiolaquila1.it




L’EUROPA DEI DIRITTI UMANI, IL PROGETTO ERASMUS+ PORTA

Gli studenti del liceo linguistico in portogallo. Una bellissima esperienza e tanti premi per gli studenti sulmonesi

Sulmona, 26 marzo 2024. Una settimana intensa di emozioni e ricca attività quella che si è appena conclusa per la squadra del Progetto Erasmus+: L’Europa dei diritti umani – impegnato nella sesta mobilità del progetto, in Portogallo, Covilhã, presso il gruppo di scuole “Frei Heitor Pinto”. Della squadra europea fanno parte anche docenti e studenti del polo liceale “Ovidio” di Sulmona. Insieme, e tutti in lingua francese, si sono confrontati, come in un tribunale per i diritti umani, sul tema dell’handicap e dell’inclusione e sull’impegno necessario ad ogni livello per combattere la discriminazione e promuovere la tolleranza ed il rispetto dei diritti umani (“Le handicap: tisser la diversité”).

Il primo importante appuntamento della settimana si è tenuto lo scorso giovedì, nell’austera ed elegante Sala Consiliare del Comune di Covilha, al cospetto di una Corte composta di 7 giudici e presieduta dal Giudice Sbargatore José Avelino: qui i 29 studenti provenienti da diversi paesi: Italia (Sulmona), Francia (Dunkerque e Villefranche de Rouergue), Bulgaria (Belene), Romania (Bucarest) e Portogallo (Covilhã, AEFHP) hanno dibattuto in francese L1 e L2, nelle vesti di avvocati e assistenti del richiedente e dello Stato accusato, un caso pratico, “L’affaire Ahmet Faki”,in cui uno studente paraplegico  non ha potuto continuare gli studi superiori a causa della mancanza di adeguamenti negli edifici universitari. Gli studenti del Liceo Linguistico “Giambattista Vico”, selezionati per questa mobilità, sono stati: Ritachiara Gorlero, Giulia Giardino, Giulia Malvestuto, Daniele Di Renzo, Angelo Tornifoglia, Stella Renzella. Con la collaborazione ed il supporto del resto della classe 5 IL, e la guida delle tre insegnanti impegnate nel Progetto, Emanuela Cosentino, (coordinatrice), Maria Orsola Boschiero, docente di Diritto, e Cathy Petrucci, lettrice di lingua francese-, dopo aver analizzato e interpretato il caso, hanno discusso e preparato, in lingua francese, le argomentazioni per le difese scritte e orali, teatralizzate davanti alla giuria.  Ben quattro i premi attribuiti agli studenti del polo liceale “Ovidio”:

– ricostruzione dei fatti: Ritachiara Gorlero;

– migliore arringa scritta in difesa dello Stato: “Avvocato” Angelo Tornifoglia;

– migliore risposta degli assistenti alle domande del giudice Giulia Giardino (assistente avvocato richiedente),

– concorso fotografico: primo posto per Giulia Malvestuto con la sua foto di uno scorcio del sito montano di Serra de Estrella dove gli studenti hanno effettuato dei laboratori “en plein air”, mettendosi nei panni di persone in difficoltà, alle prese con sfide più diverse.

La giornata di Simulazione delle arringhe ha chiuso magnificamente la serie di attività proposte ed organizzate dal Liceo portoghese. La classe 5I del Liceo Linguistico “Vico” ritroverà i propri partner a Strasburgo dal 21 al 27 maggio 2024, insieme ai quali sarà accolto, per la presentazione del Progetto, dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, dal Parlamento Europeo e dal Consiglio d’Europa. Il Liceo Giambattista Vico si occuperà dell’organizzazione di quest’ultima mobilità In Francia per la visita alle istituzioni.




TORNA SOTTOCOSTA

Il Salone Nautico del Medio Adriatico.  La decima edizione della manifestazione si terrà dal 3 al 5 maggio 2024 al Marina di Pescara

Pescara, 26 marzo 2024. Riflettori accesi sul mondo della nautica, del mare e degli sport acquatici a Pescara dove, dal 3 al 5 maggio 2024, tornerà “Sottocosta”, il Salone Nautico del Medio Adriatico. Tre giornate in cui sarà possibile fare un tuffo nel blu attraverso un’area espositiva di 4 mila metri quadrati, indoor e outdoor, dove troveranno spazio imbarcazioni e natanti, motori marini entro e fuoribordo, elettronica, accessori nautici, pesca, design, sport acquativi, subacquea, moda mare e tanto altro.

La manifestazione, che quest’anno giunge alla sua decima edizione ed è promossa dalla Camera di Commercio Chieti Pescara e dal porto turistico Marina di Pescara, con la collaborazione tecnica di Assonautica Pescara Chieti, anche per l’edizione 2024 potrà contare su importanti patrocini. Dal 2022, infatti, Sottocosta ha ottenuto il patrocinio di Confindustria Nautica, entrando a far parte della rete degli eventi territoriali che valorizzano la filiera nautica sul territorio dando impulso allo sviluppo dell’economia del mare, così come sono confermati quelli di Assonat, Assonautica Italiana, Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale e Consiglio Regionale d’Abruzzo.

Dopo il successo del 2023, quando il Salone è stato animato da 64 espositori provenienti da 10 regioni italiane per un totale di 160 marchi presenti, quest’anno la manifestazione fieristica punta ad ampliare sia il raggio d’azione territoriale, con un numero maggiore di regioni rappresentante e nuovi espositori che parteciperanno per la prima volta al Salone, sia il numero di imbarcazioni e natanti esposti anche in acqua. Nella parte espositiva, cuore pulsante della manifestazione, sarà possibile visionare tutte le novità e le migliori offerte relative a imbarcazioni, gommoni, canoe, kayak, sup, motori marini, motori elettrici, accessori per la nautica, abbigliamento nautico, editoria nautica, charter e vacanze in barca, attrezzature per sub, elettronica. E non mancherà anche la partecipazione di forze dell’ordine e di soccorso, associazioni, federazioni e circoli nautici.

Così come si preannuncia ricco il programma degli eventi a corredo del Salone che sarà suddiviso in tre sezioni: una relativa a tutti gli appuntamenti che si svolgeranno all’interno del padiglione espositivo Becci, una per le attività che saranno promosse all’esterno, compresi gli appuntamenti in mare, e la terza dedicata alle numerose attività che si terranno negli stand, a cura degli stessi espositori. Convegni, workshop, seminari, uscite in barca, progetti di educazione ambientale, corsi di formazione, laboratori per i bambini, premi internazionali, si alterneranno durante la tre giorni coinvolgendo ogni tipologia di pubblico, dai professionisti del settore nautico agli appassionati del mondo blu, passando per i neofiti, che avranno la possibilità di fare il loro “Battesimo del mare”.   

L’ingresso alla manifestazione è gratuito e le iscrizioni per gli espositori resteranno ancora aperte per un paio di settimane. Per rimanere sempre informati sull’evento è possibile seguire le pagine social (Facebook e Instagram) dell’evento @SottocostaPescara e visitare il sito www.sottocostapescara.it dove, nelle prossime settimane, sarà disponibile l’elenco degli espositori e il programma completo della manifestazione.